Già, e come li chiudiamo questi conti? La domanda è questa.
Il filosofo e storico dell'arte Arthur Danto, in un saggio del 1984, ha teorizzato come saprete la fine dell'arte.
Secondo la sua concezione, con la Pop-art è perlomeno finito un certo tipo di narrazione dell'arte cominciato con Vasari e proseguito fino a Clement Greenberg e basato su una logica progressiva
Per Vasari, Giotto è il superamento degli antichi, Masaccio il superamento di Giotto, Leonardo e Raffaello il superamento di Masaccio e il suo contemporaneo Michelangelo il punto di arrivo. Dopo Leonardo, Raffaello e Michelangelo, non era facile per gli artisti trovare altre vie, ci fu infatti la generazione dei Manieristi, ma poi arrivò lo sconvolgimento del Caravaggio e tutto si rimise in moto. Questa per dirla in soldoni, ovviamente.
Per Greenberg il punto di arrivo è la generazione degli espressionisti astratti newyorchesi degli anni '50.
Danto si chiede: come fa una Brillo Box di Andy Warhol ad essere opera d'arte quando essa è indistinguibile da una vera Brillo Box, cioè da una scatola di pagliette per cucina? Vuol dire che a questo punto non esiste più nessuna regola per definire un'opera d'arte, non c'è più una direzione univoca da seguire, anzi, non c'è più alcuna direzione.
Mi piacerebbe che il discorso si sviluppasse da qui.
Credo di averlo scritto più volte nei forum.
Altro è il risultato artistico, l'oggetto, il quadro, chiamiamolo come vogliamo, e, di riflesso, il "godimento" dello spettatore.
Altro è l'operazione estetica, le teorie sul modo di guardare.
Per fare esempi semplici: i divisionisti partirono da una osservazione scientifica e produssero arte. Però un Signac rimane assai inferiore a Seurat, pur essendo la guida teorica la medesima.
Duchamp fece un'operazione di estetica, portò a osservare come la bellezza si possa nascondere negli oggetti della vita quotidiana, coinvolse il modo di guardare il mondo. Non produsse arte, ma stimolo estetico. Operazione analoga fecero gli happening degli anni 60. E pure la Pop Art della Brillo Box. Solo che essendo la Brillo Box non particolarmente armoniosa, si volle appiccicarvi una visione estetica (non artistica) cianciando di società dei consumi di massa e simili. In tal modo, a differenza di Duchamp, che evidenziava quantomeno anche il bello, la Pop Art evidenziava la decadenza del gusto estetico. In pratica, mostrava come, nell'abbondanza di brutture, il nostro gusto si fosse corrotto, la nostra capacità di operare discriminazioni visive spenta. Questo è esatto, ma non è un risultato artistico. Così come un quadro di
denuncia del sistema capitalistico è altro se dipinto da Orozco o se prodotto da Eulisse.
Capisco di scrivere controcorrente. Gli adoratori della ruota di bicicletta capovolta la troveranno un prodotto artistico. Io no: vedo una proposta estetica.
Per riallacciarci a quanto scriviamo su altro 3d, il prodotto artistico attiva le varie facoltà dell'uomo mettendole in armonia (non un'armonia statica e paradisiaca, ma dinamica, in quanto legata al proprio tempo). La proposta (meglio sarebbe: proposizione) estetica si rivolge alla mente e alla coscienza, ma non alle altre parti, se non in forma temporalmente e sostanzialmente subordinata.
Si potrebbe anche dire che l'artistico muove le operazioni dello spettatore in forma costruttiva verso la vita (parlavo di anabolismo, ma qui meglio dire armonia tra anabolismo e catabolismo), mentre il teorizzare estetico muove meritevolmente la comprensione mentale delle cose, però, agendo preminentemente sul piano del pensiero, mostra un agire quasi del tutto nel catabolismo. Che non è un "male", e tuttavia non è nemmeno l'agire "artistico".
Possiamo dunque dire che nel '900 è nata una nuova figura, che non è un critico, non è un artista, ma un critico che si esprime con opere piuttosto che con parole. Un altro campo, uno in più, nel territorio della cultura.