il mondo in una stanza

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E’ strano che le parole giapponesi abbiano un suono così dolce anche quando indicano cose spiacevoli e dure. E’ stato il caso di “tsunami”, è il caso di “hikikomori”.
Hikikomori significa “ritiro” e indica una modalità con cui alcune centinaia di migliaia di giovani giapponesi hanno "deciso" di esprimere il proprio male di vivere.
Una mattina, quando aveva 15 anni, Takeshi si chiuse alle spalle la porta della sua stanza e non vi uscì più per i successivi quattro anni.
Non andò più a scuola, non lavorò, non incontrò amici. Mese dopo mese, 24 ore al giorno, visse (se vita si può chiamare) in una stanza non più grande di un grosso materasso, mangiando gnocchi, riso e altre pietanze che sua madre cucinava, guardando giochi televisivi e ascoltando i Radiohead.
”Qualcosa” diceva “che fosse scuro e suonasse disperato”.
Anche Y.S., quando aveva 14 anni e dopo anni di maltrattamenti psicologici da parte dei compagni di scuola, si era ritirato nella sua stanza e aveva continuato a guardare la televisione, a navigare su internet e a costruire modellini di automobili per 13 anni. Metà della sua vita.
Sono queste due delle tante storie di hikikomori raccontate in un lungo e bell’articolo del New York Times del 15 gennaio scorso.

La parola hikikomori fu coniata dal dott.Tamaki Saito, direttore del Sofukai Sasaki Hospital, quando cominciò a rendersi conto della similarità sintomatologica in un numero sempre crescente di adolescenti che mostravano letargia, incomunicabilità e isolamento totale.
Il dott. Saito è oggi il maggior esperto di questo disturbo e ha scritto diversi articoli e libri sull’argomento, compreso: “Come salvare vostro figlio dall’hikikomori”.

La diffusione del fenomeno in Giappone ha avuto luogo negli ultimi 10 anni e il dott. Saito stima che un milione di giapponesi ne siano coinvolti, praticamente l’1% della popolazione.
Stime più caute parlano di un range compreso fra 100.000 e 320.000 individui.
Sebbene esistano anche ragazze, circa l’80% di hikikomori sono maschi, i più giovani hanno 13-14 anni, e i ritiri, questa sorta di “autosequestri”, possono durare anche più di 15 anni.

Sulle cause del fenomeno si fanno solo ipotesi. Come l’anoressia, la cui diffusione è pressocchè limitata alle culture occidentali, anche l’hikikomori sembra essere una sindrome culturale che si sviluppa in un paese specifico durante un particolare momento della sua storia.
I giapponesi hanno dato la colpa a qualunque cosa: alle madri oppressive e a quelle assenti, ai padri troppo impegnati, al bullismo scolastico, all’economia in recessione, alle pressioni accademiche e ai video game.
Ma il tutto va probabilmente collocato sullo sfondo di una società sociologicamente in crisi e che, soprattutto, si nutre di una cultura dalle caratteristiche uniche al mondo e non sempre "sane".
James Roberson, antropologo culturale al Tokyo Jogakkan College ed editore del libro “Uomini e mascolinità nel Giappone contemporaneo” punta il dito su un particolare atteggiamento giapponese nei confronti del successo personale.
Secondo Roberson i ragazzi cominciano a percepire una forte pressione all’autorealizzazione già nella scuola media e l’hikikomori potrebbe essere una resistenza a questa pressione.
Anche il dott. Saito, che ha trattato più di 1000 hikikomori, attribuisce il disagio al contesto familiare e sociale, all’interdipendenza fra genitori e figli e alle pressioni su di essi, in particolare quelli più grandi, perché siano eccellenti negli studi e nella professione.
Se un ragazzo non segue un preciso percorso verso un’università d’elite o un’ azienda di prestigio molti genitori, e di conseguenza i loro figli, vivono questo come un grave fallimento.
Molti fra gli stessi pazienti raccontano di anni scolastici da incubo, di episodi di bullismo, in cui venivano maltrattati per essere troppo grassi o troppo magri o persino per essere migliori di qualcun altro nello sport o nella musica. Come usano dire i giapponesi: “Il chiodo che sporge va preso a martellate”...

I sintomi. Oltre all'isolamento sociale gli hikikomori soffrono tipicamente di depressione e di comportamenti ossessivo compulsivi, ma non è facile comprendere se questi siano una conseguenza della reclusione forzata a cui si sottopongono o una concausa del loro chiudersi in gabbia.
Alcuni hikikomori si fanno la doccia per diverse ore al giorno e indossano guanti spessi per tenere a bada i germi, mentre altri strofinano le mattonelle nella doccia per ore e ore.
Nonostante lo stereotipo sia quello di un uomo che non lascia mai la sua stanza, molti reclusi si avventurano fuori, una volta al giorno o una volta alla settimana, per andare in un Konbini, un supermarket aperto 24 ore.
Lì possono trovare colazioni a portar via, pranzi e cene, e poiché di solito si svegliano a mezzogiorno e vanno a dormire al mattino presto, il konbini è una scelta sicura e anonima a tarda notte. La cassiera non parla e tutti gli altri stanno a casa a dormire.


Perchè il Giappone?
In altre società i problemi di adattamento giovanile sono i medesimi, quello che cambia sono probabilmente le risposte che un ragazzo occidentale può fornire.
Si può entrare in una gang, si può diventare "gotici" o diventare parte di qualche altra subcultura.
In Giappone invece, dove l’uniformità è ancora la norma e la reputazione e le apparenze esteriori sono importantissime, la ribellione si trasforma in forme mute come l’hikikomori.
Quello che in altre culture si esplica con l’abuso di sostanze o altri fenomeni “rumorosi”, in Giappone si tramuta in apatia e in altre "proteste silenziose".

La clinica. Nell'articolo del NYT si descrive il programma "New Start" che offre un alloggio in comunità e un programma di formazione-lavoro.
Gli operatori sono per lo più ragazze, che lavorano, anche molti mesi, per instaurare un legame che costituisca un ponte sicuro fra l'hikokomori e il mondo esterno.
Una volta a settimana, l'operatrice fa visita al ragazzo convincendolo gradatamente a uscire dalla sua stanza e poi a lasciare la propria casa per cominciare il programma New Start.
In qualche caso ci vogliono molti mesi, in qualche altro anche anni.


Alla quinta visita Y.S. si rifiutava ancora di parlare.
Così Kawakami, l'operatrice, gli chiese di scrivere una lettera su sé stesso.
Y.S. scrisse la sua data di nascita e che amava fare modellini di automobili.
Quando Kawakami gli chiese di creare un'automobilina per alcuni bambini del centro diurno, due settimane dopo Y.S. gliene diede una, meticolosamente dettagliata e dipinta.
Sembrava molto contento. Era come se nessuno gli avesse mai chiesto di fare qualcosa per qualcun altro prima di allora.
Le visite dell'operatrice continuavano, ogni settimana per sei mesi lei incoraggiò Y.S a porsi l' obiettivo di lasciare la sua stanza e la sua casa prima del suo compleanno.
Il giorno prima del suo 28 esimo compleanno, lo scorso aprile, dopo 13 anni di isolamento Y.S. ha messo due scatole dentro la macchina di Karakami e hanno guidato per due ore verso la comunità di New Start...il nuovo inizio.

Hikikomori - Wikipedia, the free encyclopedia

[ame="http://www.youtube.com/watch?v=r0Z2IJuS5Ks&feature=player_embedded"]Life of a Hikikomori - YouTube[/ame]
 
una canzone che farà inquazzare la Cico. :D
ma a me piaceva e piace ancora.
come lei. :wall::bow:

e poi parte cor Cuppolone!!!! :eek::D

[ame="http://www.youtube.com/watch?v=5CzZjTSjpr8"]Julio Iglesias ... "Momenti" - YouTube[/ame]
 
Ultima modifica di un moderatore:
Tuttavia si sta molto bene quando si approfondisce...quando si scava...la mia è stata una necessità e allo stesso tempo una opportunità...
 
Tuttavia si sta molto bene quando si approfondisce...quando si scava...la mia è stata una necessità e allo stesso tempo una opportunità...

il mare in questa stagione è quanto di più terapeutico ci possa essere , in tutti i sensi. e hai voglia a scavare. a piedi nudi sulla sabbia fredda e umida ...

:)
 

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