in questa nazione di politicanti traditori succede che
Italia in trappola demografica: popolazione ha smesso di crescere dal 2015
4 Novembre 2019, di
Alessandra Caparello
La popolazione dell’Italia ha smesso di crescere dal 2015, da quando
continua a calare a ritmi crescenti, soprattutto nel Mezzogiorno e l’esaurimento del lungo periodo di transizione si è tradotto in una vera e propria
trappola demografica nella quale
una natalità in declino soccombe a una crescente mortalità. Così quanto rivela Svimez, l’Associazione per lo sviluppo dell’industria nel Mezzogiorno, nel
Rapporto 2019.
Crisi demografica ed emigrazioni accentuano il divario Nord e Sud
La
crisi demografica e le emigrazioni accentuano i divari tra Sud e Centro-Nord dice l’associazione secondo cui dall’inizio del secolo a oggi la popolazione meridionale è cresciuta di soli 81 mila abitanti, a fronte di circa 3.300.000 al Centro-Nord. Nel corso dei prossimi 50 anni, sottolinea il Rapporto Svimez 2019,
il Sud perderà 5 milioni di residenti di cui 1,2 milioni sono giovani e 5,3 milioni persone in età da lavoro, mentre il Centro-Nord perderà 1,5 milioni.
Secondo l’Associazione inoltre, le immigrazioni contribuiscono ad accentuare gli squilibri tra le due aree del Paese. Nel 2018 gli stranieri con 4,4 milioni, sono quasi l’11% della popolazione del Centro-Nord e solo il 4,4% di quella meridionale.
Il
Pil italiano, ipotizzando una invarianza del tasso di produttività, diminuirebbe nei prossimi 47 anni a livello nazionale da un minimo del 13% ad un massimo del 44,8%, cali di intensità differenti interesserebbero il Nord e il Sud del Paese: si ridurrebbero così le risorse per finanziare una
spesa pubblica in aumento per il maggior numero di pensioni e per l’assistenza sociale e sanitaria.
Giovani continuano a fuggire
Il Sud inoltre, dice il Rapporto, continua a
perdere giovani, fino a 14 anni (-1.046 mila) e la popolazione attiva in età da lavoro da 15 a 64 anni (-5.095 mila) per il calo delle nascite e la continua perdita migratoria. Il
saldo migratorio verso l’estero ha raggiunto i -50mila nel Centro-Nord e i -22 mila nel Sud. Dall’inizio del nuovo secolo hanno lasciato il Mezzogiorno 2.015 mila residenti, la metà giovani fino a 34 anni, quasi un quinto laureati. Un’alternativa all’emigrazione è il
pendolarismo di lungo periodo, che nel 2018 dal Mezzogiorno ha interessato circa 236 mila persone (10,3% del totale).
La riapertura del divario Centro-Nord Mezzogiorno, continua l’associazione, riguarda i
consumi, soprattutto della PA. Nel dettaglio i consumi (+0,2%) sono ancora al di sotto di -9 punti percentuali nei confronti del 2018, rispetto al Centro-Nord, dove crescono del +0,7%, recuperando e superando i livelli pre crisi. Ma sono gli investimenti la componente più dinamica della domanda interna (+3,1% nel 2018 nel Mezzogiorno, a fronte di +3,5% del Centro-Nord). In particolare, crescono gli investimenti in costruzioni (+5,3%), mentre si sono fermati quelli in macchinari e attrezzature (+0,1% contro +4,8% del Centro-Nord).
Le previsioni macroeconomiche della SVIMEZ stimano il
Pil italiano a +0,9% nel 2018, + 0,2% nel 2019 e +0,6% nel 2020. In particolare, il Centro-Nord sarebbe al +0,9% nel 2018, al +0,3% nel 2019, al +0,7% nel 2020. Una crescita, come si può vedere, molto modesta anche nelle aree più sviluppate del Paese. Al Sud nel 2018 l’aumento sarebbe del +0,6%, calerebbe a -0,2% nel 2019 e risalirebbe leggermente a +0,2% nel 2020.
Nel 2018 oltre 120mila italiani espatriati: Regno Unito la prima meta prescelta
25 Ottobre 2019, di
Alessandra Caparello
Nell’ultimo anno si contano 128mila partenze dall’Italia all’estero. La cifra è quella che emerge dalla XIV edizione del “
Rapporto Italiani nel Mondo” della Fondazione Migrantes secondo cui da gennaio a dicembre 2018 si sono iscritti all’AIRE 242.353 italiani di cui il 53,1% (pari a 128.583) per espatrio.
Fuga dal sud Italia
Quasi la metà degli
italiani iscritti all’AIRE è originaria del Meridione d’Italia (48,9%, di cui il 32% Sud e il 16,9% Isole);
il 35,5% proviene dal Nord (il 18% dal Nord-Ovest e il 17,5% dal Nord-Est) e il 15,6% dal Centro.
Oltre 2,8 milioni (54,3%) risiedono in Europa, oltre 2,1 milioni (40,2%) in America.
Nello specifico, però, sono l’Unione Europea (41,6%) e l’America Centro-Meridionale (32,4%) le due aree continentali maggiormente interessate dalla presenza dei residenti italiani.
Le comunità più consistenti si trovano, nell’ordine, in
Argentina (quasi 843 mila), in
Germania (poco più di 764 mila), in
Svizzera (623 mila), in
Brasile (447 mila), in
Francia (422 mila), nel
Regno Unito (327 mila) e negli
Stati Uniti (272 mila).
Sono ben 195 le destinazioni di tutti i continenti anche se il Regno Unito, con oltre 20 mila iscrizioni, risulta essere la prima meta prescelta nell’ultimo anno (+11,1% rispetto all’anno precedente). Al secondo posto, con 18.385 connazionali presenti, troviamo la Germania (-8,1%), a seguire la Francia (14.016), il Brasile (11.663), la Svizzera (10.265) e la Spagna (7.529).
I giovani fanno le valigie e non solo
Ad essere interessati dall’attuale mobilità italiana soprattutto i giovani (18-34 anni, 40,6%) e i giovani adulti (35-49 anni, 24,3%). I minori sono 794.467 (15 per cento). Il 55,9 per cento è celibe o nubile mentre il 36,7 per cento è unito in matrimonio.
Da
quali province partono gli italiani? Sono 107 le province che hanno visto i nostri connazionali fare le valigie,
in testa la Lombardia con 22.803 partenze, seguita dal Veneto (13.329), dalla Sicilia (12.127), dal Lazio (10.171) e dal Piemonte (9.702).
Il rapporto analizza anche gli spostamenti degli stranieri che, arrivati in Italia e ottenuta la cittadinanza, si sono poi trasferiti altrove. Secondo il Rapporto, negli anni tra il 2012 e il 2017, degli oltre 744 mila stranieri divenuti italiani sono quasi 43 mila le persone che hanno poi trasferito la residenza all’estero; il 54,1 per cento (oltre 13 mila) di questi solo nel 2016.