Dal 2008 al 2030 le rinnovabili faranno guadagnare al sistema Paese italiano
fino a 49 miliardi di euro, grazie alle ricadute sull'occupazione, al risparmio sull'import di combustibili fossili e non ultimo all'effetto che hanno sul prezzo dell'elettricità: nel solo 2012 tagliando il PUN nelle ore diurne, cioè quando entra in azione il fotovoltaico, ci hanno fatto risparmiare 1,4 miliardi di euro. E' questo probabilmente il dato più significativo contenuto nel
RAPPORTO IREX 2013 di Althesys, presentato questa mattina nella sede dell GSE a Roma.
Il rapporto da un'interessante
fotografia dell'industria italiana delle rinnovabili e di come sta cambiando. Il forte calo dei costi delle tecnologie (-30% in un anno per i moduli FV), non è però accompagnato da un analogo calo delle spese burocratiche, mentre il taglio degli incentivi si fa sentire duramente non solo nel mercato italiano ma anche in Europa e il costo dei capitali sta diventando determinante (vedi immagine sotto). Ciononostante nel 2012 le aziende italiane delle rinnovabili hanno mosso 10,1 miliardi di euro, con sempre più
investimenti all'estero e un aumento della concentrazione. Ma quello che più ci interessa del report è la valutazione dei costi-benefici che le energie pulite comportano per l'Italia.
La
cost-benefit analysis di Althesys è costruita comparando due scenari: da un lato l’effettivo mix di fonti dal 2008 e la sua prevedibile evoluzione al 2030, dall’altro una situazione ipotetica in cui la produzione elettrica è solo realizzata con fonti fossili. Nel valutare l'evoluzione delle rinnovabili poi si considerano altri
due percorsi possibili: uno
Business as Usual assume che si raggiunga al 2020 una copertura del 35% dei consumi elettrici tramite rinnovabili e 42% al 2030; l'altro definito
Accelerated Deployment Policy, ipotizza che invece si arrivi al 38% al 2020 e al 45% al 2030. Risultato: nel primo caso le energie pulite darebbero un beneficio netto di
18,7 miliardi, nel secondo il vantaggio netto per il Paese arriverebbe a
49 miliardi di euro.
Ma andiamo a vedere le voci dell'analisi di Althesys (vedi anche tabella, clicca per ingrandire). Tra i costi la voce principale è quella degli
incentivi: circa 221 miliardi, volendo arrivare al 2030 con il 42% di rinnovabili nel mix elettrico e circa 238 puntando al 45% al 2030. Altro costo gli
adeguamenti del sistema elettrico necessari ad accogliere le fonti pulite non programmabile nel sistema elettrico: 1,5 e 1,8 miliardi.
Tra le principali voci di beneficio del bilancio, invece, vi sono le
ricadute occupazionali lungo tutte le diverse fasi della filiera. Gli occupati incrementali nelle rinnovabili italiane, cioè solo i posti di lavoro che non esisterebbero in assenza di rinnovabili, dalla fabbricazione di impianti e componenti fino all’O&M, sarebbero tra i 45.000 e i 60.000 al 2030. I benefici valutati lungo tutta la vita utile degli impianti sono compresi
tra gli 85 e i 96,6 miliardi di €. Le
ricadute sul PIL che considerano il valore aggiunto generato dall’indotto, al netto di quanto spetta agli occupati diretti, porterebbero invece i benefici
tra i 28 e 33 miliardi.
C'è poi il
risparmio nell'import di fonti fossili e la riduzione del
fuel risk:
tra 8 e 10 miliardi di euro anche se, avvertono gli autori, le ricadute sul sistema potrebbero essere anche maggiori, soprattutto in situazioni di tensione sui prezzi dei combustibili.
La voce di beneficio che, rispetto alle precedenti edizioni dell'analisi Althesys, ha subito la maggiore variazione è quella relativa alla
riduzione delle emissioni di CO2. Il beneficio economico è stato rivisto al ribasso dato
il crollo del prezzo della CO2, sceso del 43% nel 2012. Nel 2030 dunque le emissioni di CO2 evitate grazie alle rinnovabili, tra i 68 e gli 83 milioni di tonnellate, avranno un valore tra i 2,9 e i 3,6, a cui vanno aggiunti tra i 2,8 e i 3,4 miliardi di euro per evitate emissioni di NOx e SO2.
Infine, l'ultima voce appartenente ai beneficio anche se poco considerata è molto consistente:
il risparmio che le rinnovabili provocano
sui prezzi dell'elettricità, il cui valore cumulato al 2030 è compreso
tra i 41 e i 47 miliardi. Questa voce è quella che è più aumentata di peso rispetto all'analisi dell'anno scorso e che sarà sempre più importante con la maggiore penetrazione delle rinnovabili sul mercato elettrico.
Come sappiamo, infatti, l'energia a costo marginale nullo immessa sul mercato dalle rinnovabili taglia il prezzo dell'elettricità in Borsa nelle ore del picco di domanda diurna, quando produce il fotovoltaico, il cosiddetto effetto
peak-shaving. Nel 2012 la differenza tra il PUN nelle ore di picco in cui è immessa in rete l’energia prodotta dagli impianti FV e il PUN delle ore di picco non solari è variata, in base al livello della domanda, tra gli 8 e i 42 €/MWh, contro i 2-14 €/MWh dell’anno precedente (vedi grafico sotto). Ciò ha permesso un risparmio stimabile in quasi
1,42 miliardi di euro nel 2012, contro i 396 milioni del 2011.
Contemporaneamente si è assistito però a un
rialzo dei prezzi nelle ore serali, nei quali gli impianti convenzionali recuperano i guadagni erosi di giorno dal fotovoltaico: questo rialzo del picco serale ha portato un maggiore onere nel 2012 rispetto all’anno precedente di 586 milioni di euro. Quindi, volendo fare una valutazione prudenziale del
beneficio del peak-shaving nel 2012 si può ipotizzare di sottrarre da 1,42 miliardi di euro risparmiati nelle ore diurne circa 586 milioni imputabili al rialzo dei prezzi nelle ore serali. Di conseguenza, il valore inserito nell’analisi costi-benefici è
l’effetto peak shaving netto complessivo conseguito nel 2012 e imputabile al solo fotovoltaico. Questo è stato dunque pari a circa
838 milioni di euro
berlu si semp na me...