giuseppe.d'orta
Forumer storico
La vicenda dei piani finanziari del gruppo Monte dei Paschi di Siena è ormai stata macinata dal tritacarne dell'informazione.
Le centinaia di azioni giudiziaria avviate nel 2004 però vanno inevitabilmente avanti.
La strategia del gruppo Monte dei Paschi di Siena, sul piano giudiziario, è ormai molto chiara: transare il più possibile salvo le cause male impostate o nelle quali, per varie ragioni, si sentono forti in modo da avere una grande base di sentenze a loro favore.
Da quanto ci risulta, questa strategia sta funzionando molto bene salvo pochissimi casi, in maggioranza legate a cause seguite dagli avvocati che collaborano con l'Aduc.
Così, di tanto in tanto, arrivano sentenze molto importanti, anche perché motivate in maniera tetragona, come quella che riportiamo di seguito relativa alla questione del così detto ius poenitendi.
Ricapitoliamo la questione a beneficio di coloro che non l'hanno seguita nei anni passati.
Quando scoppiò il caso dei piani finanziari "MyWay" e "4You" l'Aduc sollevò una questione di diritto che riguardava, principalmente, i piani finanziari MyWay venduti attraverso promotori finanziari (si veda il comunicato stampa del 16 Giugno 2003 a questo indirizzo: http://investire.aduc.it/php/mostra.php?id=62862 .
La questione riguarda il "diritto di ripensamento" (ius poenidenti, come dicono i giuristi) indicato all'art. 30 del D.Lgs. 58/98 (Testo Unico della Finanza). Tale articolo prevede che "L'efficacia dei contratti di collocamento di strumenti finanziari o di gestione di portafogli individuali conclusi fuori sede ovvero collocati a distanza ai sensi dell'articolo 32 è sospesa per la durata di sette giorni decorrenti dalla data di sottoscrizione da parte dell'investitore. Entro detto termine l'investitore può comunicare il proprio recesso senza spese né corrispettivo al promotore finanziario o al soggetto abilitato; tale facoltà è indicata nei moduli o formulari consegnati all'investitore... L'omessa indicazione della facoltà di recesso nei moduli o formulari comporta la nullità dei relativi contratti, che può essere fatta valere solo dal cliente."
Bene. Il problema è che questi piani finanziari sono nati, originariamente, per essere collocati in banca e non attraverso la rete di promotori finanziari (né, tantomeno, attraverso i dipendenti bancari che vanno in giro per le aziende, cosa che non possono fare mai per gli investimenti finanziari). Il solo contratto che riporta l'indicazione dello ius poenitendi è il contratto 4You su moduli dell'ex Banca 121. Tutti i piani finanziari MyWay, collocati da promotori finanziari, violano questo dispositivo così come tutti i piani 4You (e Visione Europa, come nel caso della sentenza che riportiamo sotto) venditi dai dipendenti bancari fuori dalla sede della banca.
Come si difende la banca in questo caso? Sostenendo che lo ius poenitendi vale non per l'intero contratto ma solo per il collocamento dei fondi comuni d'investimento. Secondo la banca l'indicazione dello ius poenitendi sarebbe nei prospetti informativi allegati al contratto.
Ovviamente nessuno mai ha ricevuto questi prospetti informativi, ma la cosa interessante è che i giudici del Tribunale di Lodi hanno sposato la tesi da sempre sostenuta dall'Aduc, ovvero che la clausola doveva essere nel corpo del contratto anche perché il "piano finanziario" costituisce un prodotto finanziario a se stante i cui elementi sono inscindibili gli un dagli altri. Lo ius poenitendi, quindi doveva quindi valere per l'intero piano finanziario e per una singola parte.
Per dirla con le parole del giudice:
"Il diritto di recesso (ed il relativo avviso) avrebbe dovuto riguardare le operazioni finanziarie nel loro complesso, non soltanto la singola operazione di investimento e cio' in quanto entrambi i piani finanziari sottoscritti sono composti da singoli contratti avvinti da un unico vincolo causale, tale da non consentire la configurabilita' di un'autonomia funzionale dei loro singoli aspetti (come gia' detto il finanziamento era infatti vincolato ed esclusivamente finalizzato all'acquisto delle obbligazioni e delle quote di fondi comuni); pertanto, i contratti presentano una struttura talmente blindata da non lasciar configurare, neppure astrattamente, la possibilita' per il cliente di recedere dalla singola operazione di sottoscrizione delle quote di fondi".
Il testo della sentenza è alla pagina: http://investire.aduc.it/php/mostra.php?id=140118
Le centinaia di azioni giudiziaria avviate nel 2004 però vanno inevitabilmente avanti.
La strategia del gruppo Monte dei Paschi di Siena, sul piano giudiziario, è ormai molto chiara: transare il più possibile salvo le cause male impostate o nelle quali, per varie ragioni, si sentono forti in modo da avere una grande base di sentenze a loro favore.
Da quanto ci risulta, questa strategia sta funzionando molto bene salvo pochissimi casi, in maggioranza legate a cause seguite dagli avvocati che collaborano con l'Aduc.
Così, di tanto in tanto, arrivano sentenze molto importanti, anche perché motivate in maniera tetragona, come quella che riportiamo di seguito relativa alla questione del così detto ius poenitendi.
Ricapitoliamo la questione a beneficio di coloro che non l'hanno seguita nei anni passati.
Quando scoppiò il caso dei piani finanziari "MyWay" e "4You" l'Aduc sollevò una questione di diritto che riguardava, principalmente, i piani finanziari MyWay venduti attraverso promotori finanziari (si veda il comunicato stampa del 16 Giugno 2003 a questo indirizzo: http://investire.aduc.it/php/mostra.php?id=62862 .
La questione riguarda il "diritto di ripensamento" (ius poenidenti, come dicono i giuristi) indicato all'art. 30 del D.Lgs. 58/98 (Testo Unico della Finanza). Tale articolo prevede che "L'efficacia dei contratti di collocamento di strumenti finanziari o di gestione di portafogli individuali conclusi fuori sede ovvero collocati a distanza ai sensi dell'articolo 32 è sospesa per la durata di sette giorni decorrenti dalla data di sottoscrizione da parte dell'investitore. Entro detto termine l'investitore può comunicare il proprio recesso senza spese né corrispettivo al promotore finanziario o al soggetto abilitato; tale facoltà è indicata nei moduli o formulari consegnati all'investitore... L'omessa indicazione della facoltà di recesso nei moduli o formulari comporta la nullità dei relativi contratti, che può essere fatta valere solo dal cliente."
Bene. Il problema è che questi piani finanziari sono nati, originariamente, per essere collocati in banca e non attraverso la rete di promotori finanziari (né, tantomeno, attraverso i dipendenti bancari che vanno in giro per le aziende, cosa che non possono fare mai per gli investimenti finanziari). Il solo contratto che riporta l'indicazione dello ius poenitendi è il contratto 4You su moduli dell'ex Banca 121. Tutti i piani finanziari MyWay, collocati da promotori finanziari, violano questo dispositivo così come tutti i piani 4You (e Visione Europa, come nel caso della sentenza che riportiamo sotto) venditi dai dipendenti bancari fuori dalla sede della banca.
Come si difende la banca in questo caso? Sostenendo che lo ius poenitendi vale non per l'intero contratto ma solo per il collocamento dei fondi comuni d'investimento. Secondo la banca l'indicazione dello ius poenitendi sarebbe nei prospetti informativi allegati al contratto.
Ovviamente nessuno mai ha ricevuto questi prospetti informativi, ma la cosa interessante è che i giudici del Tribunale di Lodi hanno sposato la tesi da sempre sostenuta dall'Aduc, ovvero che la clausola doveva essere nel corpo del contratto anche perché il "piano finanziario" costituisce un prodotto finanziario a se stante i cui elementi sono inscindibili gli un dagli altri. Lo ius poenitendi, quindi doveva quindi valere per l'intero piano finanziario e per una singola parte.
Per dirla con le parole del giudice:
"Il diritto di recesso (ed il relativo avviso) avrebbe dovuto riguardare le operazioni finanziarie nel loro complesso, non soltanto la singola operazione di investimento e cio' in quanto entrambi i piani finanziari sottoscritti sono composti da singoli contratti avvinti da un unico vincolo causale, tale da non consentire la configurabilita' di un'autonomia funzionale dei loro singoli aspetti (come gia' detto il finanziamento era infatti vincolato ed esclusivamente finalizzato all'acquisto delle obbligazioni e delle quote di fondi comuni); pertanto, i contratti presentano una struttura talmente blindata da non lasciar configurare, neppure astrattamente, la possibilita' per il cliente di recedere dalla singola operazione di sottoscrizione delle quote di fondi".
Il testo della sentenza è alla pagina: http://investire.aduc.it/php/mostra.php?id=140118