Barclays, l'Italia tornerà in recessione
Barclays racconta la cronaca di una recessione annunciata, con la Brexit che ha dato linfa a un processo di decelerazione già in atto. Il broker taglia le stime di crescita per il 2017 da +1,2% a -0,1%. Colpa dell'instabilità politica e dello stato di salute delle banche
Barclays, l'Italia tornerà in recessione - MilanoFinanza.it
Sono debolezze strutturali quelle che stanno minando la capacità dell'Italia di assorbire lo shock dovuto alla Brexit,
Italia che si troverà a tornare a fare i conti con trimestri di recessione. Questa l'analisi di Barclays, che ha predetto un rallentamento nei prossimi mesi di quella ripresa modesta e fragile che ha interessato il Paese nell'ultimo anno, nonostante condizioni ancora favorevoli di politica monetaria, un basso prezzo delle materie prime, politiche fiscali agevolative e un mercato del lavoro in via di miglioramento.
Nel dettaglio, dopo una media trimestrale di crescita intorno al 0,3%, il broker si attende un +0,2% nel secondo trimestre di quest'anno e un +0,1% nel terzo periodo, seguiti da due trimestri a -0,1% e -0,2% rispettivamente.
Solo successivamente, l'economia italiana tornerà a puntare verso l'alto.
"Prevediamo una crescita media dello 0,8% per l'anno in cors
o e una contrazione dello 0,1% nel 2017, stima tagliata dell'1,3%", ha commentato la banca d'affari.
Secondo gli esperti a remare contro il recupero dello Stivale sono la forte volatilità dei mercati e lo scenario politico domestico instabile, elementi che potrebbero esercitare una forte pressione sulla domanda interna. Infatti, se la pressione del voto britannico ha trovato piena espressione nel settore creditizio del Bel Paese,
con le banche che potrebbero ridurre ancora di più il già debole supporto conferito alle società non finanziarie, le elezioni amministrative di giugno hanno dato chiari segnali del rapido declino di popolarità che sta vivendo il governo di Matteo Renzi.
Questo ha fatto emergere preoccupazioni in vista del
referendum costituzionale di ottobre, diventato indicatore primario per la riconferma dello stesso Renzi e il fallimento del quale potrebbe portare a una brusca svolta dell'attuale sentiment di mercato favorevole. "Una vittoria del no potrebbe avere conseguenze molto più severe delle dimissioni di un giovane primo ministro riformista", ha sostenuto Barclays, notando che, se si andasse al voto, non solo questo sarebbe diverso per ognuna delle due camere, ma potrebbe portare a una situazione di sostanziale stallo, rendendo impossibile per l'Italia l'approvazione di riforme per molti anni e, di conseguenza, rendendo poco appetibili i suoi asset agli occhi degli investitori.
La ragione per cui Barclays attribuisce un peso così forte agli sviluppi politici interni ed esterni si basa sulla convinzione che questa possa portare a una acutizzazione della decelerazione già presente nel primo trimestre dell'anno. Infatti, escludendo
i consumi (+0,3% congiunturale, ndr), l'andamento di
investimenti (+0,2% congiunturale nel primo trimestre contro un +0,6% e un +0,8% nei precedenti periodi, ndr),
importazioni ed esportazioni avevano già dato segnali di frenata.
In particolare, dati i benefici di una moneta più debole, i risultati degli scambi commerciali con l'estero, "si sono rivelati deludenti" e "non ci sono elementi che lascino presagire un rimbalzo a breve termine":
l'export è sceso dell'1,5%, mentre l'import dello 0,9%, dato che ha aiutato ad affievolire l'impatto sulla bilancia commerciale, ma che è indicativo di una domanda interna che sta perdendo il suo vigore.
Brusco crollo a maggio anche per la produzione industriale (-0,6% su base mensile), "dato che porta a pensare a una contrazione anche nel secondo trimestre, flessione che dovrebbe mitigare il +0,5% del periodo gennaio-marzo", hanno proseguito gli analisti. A questo si aggiungono gli indicatori del sentiment economico, che segnalano una più debole fiducia del settore privato e dei consumatori, e un Pmi composito in contrazione, anche se comunque al di sopra della soglia di espansione pari a 50.
A una situazione generale obiettivamente difficile, ha continuato il broker, si va a sommare la delicata situazione degli intermediari italiani, titoli che hanno pagato più dei loro pari europei la frenesia di vendite post-Brexit, con l'indice Msci delle banche italiane che ha riportato un -16% tra il 23 giugno e il 15 luglio (-45% da inizio anno) contro una media europea a -9% (-20% da inizio anno), e che potrebbero trovare difficoltà nel supportare l'economia domestica nel futuro.
"A nostro parere sono stati fatti molti passi avanti dal governo per rafforzare la stabilità del comparto, ma ulteriori misure sono necessarie per migliorare la qualità e la redditività degli asset", ha sottolineato
Barclays, secondo cui questo è da identificarsi come principale motivo di un andamento più debole. "Ripristinare la sicurezza sul sistema creditizio italiano è fondamentale se si vuole evitare un deterioramento dello scenario economico, evento da noi stimato", ha proseguito. "Con il livello dei crediti deteriorati che è tornato a salire, unito allo stress posto dal mercato, il livello di rischio sulle previsioni di investimento aumenta, in quanto le aziende potrebbero trovarsi a mediare un calo dei crediti elargiti alle società non finanziarie".
Per evitare l'instaurarsi di un circolo vizioso, il governo sta studiando differenti soluzioni per affrontare i problemi di capitalizzazione e liquidità delle banche, in particolare in relazione
a Monte dei Paschi
, che dovrà rispondere alla richiesta della Bce di ridurre il carico di
Non performing loans (Npl) nel suo portafoglio di 10 miliardi di euro entro il 2018. Tra le azioni sotto scrutinio, una ricapitalizzazione di Atlante o la costituzione di un fondo similare. "Riteniamo sia meglio implementare una soluzione più ampia, in quanto se tutte le sofferenze iscritte a bilancio dovessero essere cedute a prezzi correnti, il sistema necessiterebbe di un'iniezione di 40 miliardi per coprire la differenza", hanno concluso gli analisti.