adesso è ufficiale:siamo in RECESSIONE

[ame=http://www.youtube.com/watch?v=C4D9IbXL9xg&feature=related]MAURO CORONA - benvenga la crisi - YouTube[/ame]
 
il potere in italia sta ritornando alla sinistra (nel senso mano destra e sinistra ma della stessa persona ;) )
:D questa è buona... lo vado dicendo da tempo, destra e sinistra
sembrano due parti di una stessa entità
vedere il caso Penati sembra un qualsiasi caso di ladrocinio di centrodx la differenza dov'è?
 
:D questa è buona... lo vado dicendo da tempo, destra e sinistra
sembrano due parti di una stessa entità
vedere il caso Penati sembra un qualsiasi caso di ladrocinio di centrodx la differenza dov'è?
parto dal VESCOVO SICILIANO MICCICHé
per passare da vari politici- mafiosi.... e arrivare a PENATI
seguitemi

MICICCHE'


VI RICORDO CHE FRANCESCO MICICCHE' E' VESCOVO DI TRANI...E CHE IL SUO OPERATO E' STATO DI RECENTE MESSO SOTTO INCHIESTA......
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Trapani, la diocesi locale di monsignor
Miccichè sotto inchiesta dal Vaticano
http://www.ilfattoquotidiano.it/2011/06/07...aticano/116540/
Due fondazioni della Curia sono finite nel mirino della Guardia di Finanza per un buco nel bilancio. C'è di più, l'autista dello stesso monsignore che sarebbe imparentato con una famiglia mafiosa locale
L’ultima volta era successo nel 1985 nella diocesi di Nicosia, in provincia di Agrigento. Ora, dopo più di trent’anni, il Vaticano è tornato di nuovo a inviare ispezioni ufficiali nelle periferiche diocesi siciliane. Proprio oggi infatti è stato reso noto che Papa Benedetto XVI ha nominato Monsignor Domenico Mogavero, vescovo di Mazara del Vallo e componente di spicco della Cei, ispettore della diocesi di Trapani. In linguaggio canonico si chiama “visitatore apostolico”. In realtà Mogavero è un vero e proprio ispettore mandato dalla Santa Sede per indagare e fare luce su i tanti punti ritenuti oscuri nella gestione della Curia trapanese, che dal 1998 è guidata da Monsignor Francesco Miccichè. “Le mie funzioni – ha dichiarato il neo visitatore Mogavero – saranno di tipo istruttorio. Dovrò fare luce su una serie di fatti poco chiari nella diocesi trapanese e riferirne quindi alla Santa Sede”.

Il ruolo di Mogavero sarebbe assimilabile quasi a quello di un commissario, nonostante al momento Miccichè rimarrà al vertice della Curia trapanese. Gli ambienti vaticani hanno mantenuto il massimo riserbo su quali “fatti poco chiari” abbiano portato Ratzinger a inviare Mogavero come “visitatore”, e quindi commissario, nella curia trapanese. Quel che è certo è che al decreto d’ispezione chiesto dal cardinale canadese Marc Oullet, prefetto della Congregazione per i Vescovi, il Vaticano è arrivato soltanto dopo un accurato lavoro di indagine istruttoria condotto da Monsignor Giuseppe Bertello, delegato del Nunzio Apostolico per i rapporti tra la Santa Sede e le diocesi. Le informazioni raccolte da Bertello in pratica non hanno lasciato scelta: a Trapani bisognava per forza mandare un ispettore.

La diocesi più occidentale della Sicilia in effetti negli ultimi tempi ha destato più di un interrogativo. Dallo scorso febbraio infatti la locale sezione di polizia giudiziaria della Guardia di Finanza indaga sulla gestione finanziaria di due fondazioni della Curia: la Auxilium e la Antonio Campanile. Dopo alcuni articoli del quindicinale L’Isola sotto la lente d’ingrandimento delle fiamme gialle sono finite le pratiche di fusione delle due fondazioni nel 2007: nei bilanci della Curia infatti si sarebbe creato un “buco” di oltre un milione di euro. Miccichè dichiarò di essere all’oscuro dell’indagine in corso declinando qualsiasi tipo di accusa. E’ lui che però, in qualità di presule della città delle saline, ricopre di diritto l’incarico di presidente delle due fondazioni.


L’Auxilium, in particolare, è una delle più importanti realtà socio assistenziali della Sicilia dato che, disponendo di un gande istituto psico-pedagogico e di un grosso centro fisioterapico in cui lavorano oltre 300 persone, può contare su una convenzione con l’Asp di Trapani del valore di oltre 5 milioni di euro di rimborso all’anno. Dal 2009 tra l’altro il vescovo di Trapani ha nominato procuratore dell’Auxilium l’ex dipendente regionale Teodoro Canepa che è anche suo cognato, avendone sposato la sorella Domenica. Su questo il Nunzio Apostolico Bertello deve aver lavorato prima d’inviare la sua relazione alla Congregazione per i Vescovi. Ma non solo. Nel fascicolo che ha convinto il cardinale Oullet e sua santità Benedetto XVI a mandare qualcuno a Trapani per capire cosa stesse succedendo, ci saranno forse anche alcune lettere spedite in passato da alcuni ignoti fedeli addirittura al Cardinale Tarcisio Bertone. Missive anonime in cui si accusa Monsignor Miccichè d’intrattenere pericolose relazioni con tale Orazio Occhipinti. Sulla carta si tratterebbe soltanto del suo autista. Ma secondo gli autori degli scritti anonimi il potere di Occhipinti proprio in seno alla fondazione Auxilium sarebbe notevole, anche in virtù del suo pedigree di provata fede mafiosa. Occhipinti infatti è erede della famiglia mafiosa di Dattilo, un piccolo comune del trapanese, sterminata negli anni ’80 dopo che suo padre Vito e suo zio Antonino furono trucidati durante la guerra tra le varie fazioni affiliate a Cosa Nostra. Una segnalazione – quella fatta dai fedeli anonimi – che se provata potrebbe aver infastidito molto le alte gerarchie ecclesiastiche.

L’interesse della Santa Sede nei confronti della Curia di Trapani si è accesso anche in relazione alla gestione pastorale della diocesi da parte di Miccichè. L’attenzione sarebbe infatti puntata anche sulla recente promozione da parte di Miccichè di un sacerdote, accusato nei primi anni ’90 di aver celebrato clandestinamente il funerale di un mafioso, ucciso in uno scontro a fuoco mentre era latitante. Una situazione quindi molto complessa quella che si presenta nella diocesi trapanese. Situazione sulla quale dovrà da oggi indagare monsignor Mogavero, che oltre ad essere presidente del Consiglio per gli Affari Giuridici della Cei, ha anche un’esperienza triennale alla guida della vicina Curia di Mazara del Vallo. Una conoscenza pregressa della difficile realtà trapanese che sicuramente gioverà all’incarico del neo ispettore. L’incarico di visitatore apostolico tra l’altro non ha alcuna scadenza. Mogavero potrà in pratica disporre tutti gli accertamenti che riterrà opportuni, riferendo l’esito alla Santa Sede, senza alcun limite di tempo. Toccherà poi al Vaticano decidere se e quali operazioni compiere nella Curia di Monsignor Francesco Miccichè.
 
ora GIANFRANCO MICICCHE'...

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CHI E' GIANFRANCO MICICCHE'
da http://www.meetup.com/beppegrillo-97/messa...?thread=4709532

27 giugno 2002 - ESPRESSO SU POTERE MICCICHE' IN SICILIA
"L' Espresso"
Sicilia/ Dietro il potere di Gianfranco Micciché
Il Viceré
Dal ministero dell'Economia gestisce 50 miliardi di euro per il Sud. Nove sono destinati alla sua isola, dove comanda per Forza Italia. Circondato da molti amici. Chiacchierati di Peter Gomez, Marco Lillo e Stefano Livadiotti
Sono le 15 e 33 minuti del 14 giugno 2001 quando il cellulare numero 335/5682... inizia a trillare. A comporre il numero è Mario Fecarotta, detto "l'ingegnere", arrestato il 5 giugno scorso con l'accusa di avere costituito una società occulta con Salvo Riina, figlio del grande capo della mafia Totò. A rispondere è un avvocato non ancora identificato, che usa un cellulare intestato alla Cisco Italia, azienda di facchinaggio proprietaria di alcuni bar a Roma. Il legale fa scivolare la conversazione sul progetto di un porto a Terracina. "Posso aiutarvi", afferma per tre volte Fecarotta. "Io vi posso dare una grandissima mano per tutto quello che comporta anche un eventuale parziale finanziamento pubblico...", garantisce. E aggiunge: "Perché ora, insomma Gianfranco Micciché è proprio messo a queste...".
Quando parla del potentissimo viceministro dell'Economia, "l'ingegnere" non millanta. Leggendo le carte dell'inchiesta sulle infiltrazioni mafiose negli appalti per il porto di Palermo, si trovano ben 38 contatti telefonici (compresi diversi tentativi di chiamata non andati a buon fine) tra Micciché e Fecarotta, che chiede ad esempio aiuto per risolvere un problema bancario, e saluta l'amico chiamandolo affettuosamente Gianfrancuccio.
Quarantott'anni, tarchiato e riccioluto, i modi spicci e una parlantina siculo-milanese, Giovanni Micciché detto Gianfranco è il coordinatore di Forza Italia in Sicilia, dove alle ultime elezioni politiche ha sgominato i concorrenti conquistando per il Polo 61 seggi su 61. Un trionfo che l'ex ragazzo di Lotta Continua al liceo classico Garibaldi di Palermo ha usato come trampolino per conquistare, da viceministro dell'Economia, la delega per il Sud. E quindi il controllo del dipartimento per le politiche di coesione e sviluppo di via XX Settembre, l'organismo incaricato di gestire i fondi strutturali europei destinati alle aree disagiate: oltre 40 mila miliardi abbondanti di vecchie lire entro il 2006, ai quali vanno sommati i finanziamenti nazionali. In tutto fa qualcosa come 98 mila miliardi di lire, 18 mila per la sola Sicilia.
Un'occasione irripetibile.
Ma anche una partita delicata.
Micciché lo sa. E adotta le cautele del caso.
Un esempio per tutti. Quando l'altro viceministro Mario Baldassarri ("Quel nano di An", lo chiama lui), d'accordo con Giulio Tremonti, ha tentato di imporre alla testa del dipartimento un uomo di Confindustria come Carlo Artusi, Micciché s'è infuriato con Berlusconi ottenendo la nomina del tecnico Fabrizio Barca, già in carica col centro-sinistra.

Seduto su un simile tesoro, il viceré Gianfranco è diventato una potenza. Oggi è l'unico a potersi permettere di apostrofare perfino il premier Berlusconi. È successo ancora poche settimane fa in un vertice a porte chiuse, quando è sbottato lasciando tutti di stucco: "Ma che minchia, Silvio, guarda che io me ne vado e fondo Forza Sicilia". Solo davanti a Marcello Dell'Utri, che chiama con deferenza "dottore", Micciché abbassa lo sguardo ("Non prendo una decisione senza parlarne con lui", ha ammesso).
Qualche tempo fa il coordinatore siciliano di Forza Italia è arrivato in maniche di camicia nell'albergo palermitano dove era in programma un convegno. Dell'Utri non gli ha risparmiato una pubblica lavata di testa: "Ti sembra il modo di presentarsi?".
Del resto, all'ideatore di Publitalia e poi della stessa Forza Italia Micciché deve tutto.
A presentarglielo, tanti anni fa, quando sbarcava il lunario lavorando in banca, è stato Ferruccio Barbera, amico di Fecarotta. Dell'Utri se ne invaghì e lo nominò responsabile siciliano di Publitalia. Il fatturato passò da due a 14 miliardi.
Così, venne messo alla prova a Brescia. E fece il bis. A quel punto si accorse di lui Berlusconi, che lo spedì a creare Forza Italia in Sicilia.

Da allora sono passati otto anni. Micciché non ha perso le abitudini di quand'era ragazzo. Adora tirar tardi la sera, e se passa una bella donna non risparmia i complimenti (una volta, al ristorante romano Camponeschi, rischiò la rissa con un cantante). Ora però si può fregiare dell'incarico di docente all'Università di Reggio Calabria, lui che ha collezionato due bocciature al liceo e non si è mai laureato. Ma soprattutto è riuscito a stendere una rete di rapporti che gli consente di tenere sotto un ferreo controllo l'intera isola. Ogni volta che cala nella casa-quartier generale di fronte al teatro Politeama, inizia la processione dei suoi uomini di fiducia.
Sfila il braccio destro per gli affari, l'avvocato Gaetano Armao, ex allievo di Pintacuda che oggi può permettersi di parlare a nome di Micciché, e che così ha collezionato un'infinità di incarichi. Chiede udienza il consigliori per le questioni edilize, Nino Bevilacqua, sul cui yacht Micciché trascorre le vacanze. Va a rendere omaggio la longa manus nella gestione politica locale, Pippo Fallica, ex commerciante di biancheria che ora siede in Parlamento, e che ha curato la campagna elettorale nel quartiere ad alta densità mafiosa di Brancaccio. Si affaccia il sindaco Diego Cammarata, uno che ha scalato il municipio dopo essersi visto rifiutare la presidenza del Circolo tennis Palermo.
Iscritto precedentemente




Ma chi è davvero l'uomo che in pochi anni è riuscito a conquistare un pezzo d'Italia?
Micciché è stato costretto a ripercorrere il suo esordio come luogotenente di Berlusconi in Sicilia di recente, quando ha testimoniato a Palermo nel processo che vede Dell'Utri imputato per concorso esterno in associazione mafiosa.
In quell'occasione ha preso le distanze da una serie di mafiosi che, dopo aver fondato liste locali su ordine di Leoluca Bagarella (all'epoca capo di Cosa Nostra), fecero confluire i loro voti su Forza Italia.
Così è tornato a fare capolino il nome di Tullio Cannella, factotum di Bagarella e oggi pentito. Micciché ha detto di aver saputo che era mafioso e di averlo perciò evitato. Risulta però a "L'Espresso" che proprio Cannella, nel luglio del 1997, parlò con gli inquirenti di Micciché. In particolare, dei presunti "rapporti tra il fratello del Micciché e i Graviano, in relazione a una movimentazione di capitali consentita dal Micciché, capitali destinati a finanziare l'organizzazione delle stragi del '93", si legge nel verbale secretato.
E ancora: " In relazione a tale episodio", continua Cannella, "Bagarella mi disse che Gianfranco Micciché era persona da rispettare". Le indagini sui rapporti dei fratelli Micciché non hanno mai portato alla loro iscrizione nel registro degli indagati. Però hanno messo in luce una serie di contatti con gli organizzatori delle stragi.
La storia è questa.
Tutto parte dal tentativo del gruppo di fuoco di assicurarsi una base logistica a Viareggio.
L'incarico di reperirla viene affidato all'industriale milanese Enrico Tosonotti (il quale, secondo il settimanale "Sette", ha presentato a Dell'Utri la futura moglie Miranda Ratti; lui ha però smentito).
Intanto però servono assegni circolari per pagare l'affitto. Cercano di procurarseli Giuseppe Vasile, fantino e figlio di un uomo d'onore di Brancaccio, e Agostino Imperatore, proprietario di un'agenzia di scommesse ippiche.
I due si rivolgono alla filiale 27 del Banco di Sicilia di Palermo, diretta da Guglielmo Micciché, fratello di Gianfranco (e neoconsigliere del Palermo Calcio). L'operazione va rapidamente in porto.
Guglielmo, driver dilettante, è infatti in buoni rapporti coi due. Li chiama gli amici del trotto.
Ma Vasile non è uno qualunque: nel suo villino a Santa Flavia, vicino a Palermo, si tenne il summit per pianificare gli attentati, presenti Bagarella, l'allora capo della mafia trapanese Matteo Messina Denaro (condannato per quattro dozzine di omicidi) e i fratelli Graviano, ufficiali di collegamento tra Cosa Nostra e il Nord d'Italia.

Il terzetto Vasile-Imperatore-Tosonotti non è solo una frequentazione del fratello del viceré. Lo stesso Gianfranco ammetterà di conoscere "abbastanza bene" Imperatore, e di averlo incontrato (lui dice forse accompagnato da Tosonotti) nel 1994, quand'era sottosegretario ai Trasporti. Il viceministro ha spiegato il singolare raduno con la richiesta di una raccomandazione. Anche se, interrogato lo scorso gennaio, aveva assicurato: " Non incontravo nessuno se prima non era stata fatta un'indagine per sapere chi fosse".

Le liaison tra la famiglia del viceministro e personaggi in odore di mafia rappresenta una sorta di fiume carsico che ogni tanto riemerge.
Qualche volta solo nelle chiacchiere di imprenditori indagati per mafia come Giuseppe Leone, che così descrive il rapporto tra Gianfranco Micciché e il boss di Terrasini Salvatore D'Anna: "Salvatori è amicu i Micciché... minchia avissi potutu cuntari... ma chiddu chi è quotatu chi porta a Micciché, ma poi cu stu burdellu chi c'è chi fa nnd porta nt Micciché". Leone, secondo i magistrati, sta informando l'interlocutore della possibilità del boss di incontrare il politico, ma non in quel momento perché sono in corso indagini.

Un altro imprenditore siciliano, Lorenzo Rossano, metterà a verbale: "Circa il Micciché, ricordo che Pino Mandalari (massone e commercialista di fiducia dei corleonesi, condannato per mafia, ndr) non lo considerava granché e diceva testualmente: "È stato voluto da personaggi importanti, ma non vale niente".

Quando parlo di personaggi importanti", specifica Rossano, "mi riferisco a personaggi di spessore mafioso". E ancora: "Ricordo di aver capito il peso di Micciché dalla deferenza con cui veniva trattato da persone del calibro di Franco Madonia, Onofrio Greco e Bino Catania". Vale la pena ricordare che lo stesso Micciché ha ammesso di essere stato portato dal fratello Guglielmo a pranzo con un Madonia, in seguito arrestato.

Qualche volta i punti di contatto con gli ambienti mafiosi sono più diretti, anche se mai riconducibili in prima persona al viceministro. Come nella vicenda del complesso alberghiero siciliano di Torre Makauda. La quota di maggioranza era intestata all'imprenditore Giuseppe Montalbano, figlio di un esponente di spicco dell'allora Pci. Secondo i magistrati, di fatto era nella piena di-sponibilità della mafia, che ci nascondeva i suoi latitanti (Salvatore Di Gangi, per esempio). Così, è scattato il sequestro. Ed è venuto fuori che un pacchetto di minoranza era all'epoca nelle mani di quella che sarebbe diventata la seconda signora Micciché e del di lei padre Roberto Merra.




e ancora.....
I carabinieri ricostruiscono la vicenda di Alessandro Martello
"Nelle intercettazioni telefoniche si parla del viceministro"
Droga al ministero, i verbali
"Cocaina consegnata a Miccichè"
Ma l'accusato si difende: "C'è qualche deviato nella polizia"

ROMA - Poche righe scritte con lo stile burocratico delle carte giudiziarie per dire che la persona alla quale Alessandro Martello aveva consegnato la cocaina al ministero delle Finanze dovrebbe essere il viceministro Gianfranco Miccichè. Lo testimoniano anche le intercettazioni telefoniche. I carabinieri non hanno dubbi: quel giorno nel palazzo di via XX settembre il collaboratore nella campagna elettorale siciliana di Forza Italia, il "conoscente" (come lo ha sempre e solo definito Miccichè), l'uomo che entrava e usciva senza che nessuno lo fermasse stava portando droga al viceministro.

Ecco le parole dell'informativa consegnata alla procura della Repubblica di Roma: "Circa l'individuazione della persona alla quale Alessandro Martello ha consegnato la cocaina, l'attività informativa posta in essere ha permesso di ipotizzare che questi possa identificarsi verosimilmente in Gianfranco Miccichè, nato il primo aprile del 1954, sottosegretario di Stato all'Economia e finanze. Comunque anche questa volta la consegna è avvenuta all'interno di un edificio e quindi si è stati impossibilitati ad assistere alla cessione".


Un'ipotesi che secondo gli investigatori sarebbe suffragata da un'intercettazione di un colloquio telefonico tra Luca Antinori e Massimo Galletti, due delle persone arrestate, che "è intercorso subito dopo che quest'ultimo ha consegnato la droga, che Antinori ha poi portato direttamente a Martello". Nella conversazione riportata Antinori, facendo riferimento alla consegna fa un riferimento al "viceministro".

Miccichè, in un'intervista al Tg2, si è difeso attaccando: "Sicuramente all'interno di qualche organo di polizia c'è qualche persona deviata che sta puntando a ottenere risultati diversi da quelli che il suo contratto d'onore con l'Arma gli aveva fatto prendere".

Nella deposizione spontanea resa di fronte ai magistrati da Miccichè "non c'è stato assolutamente alcun riferimento" all'informativa, precisa lo stesso viceministro. "La procura, nell'ordinanza di custodia che aveva fatto per le persone implicate non aveva fatto praticamente riferimenti precisi proprio perché non li riteneva verosimili. Il comportamento della procura -osserva - mi sembra molto corretto".

Eppure i verbali dei carabinieri raccontano un'altra storia: "La conferma dell'avvenuta vendita di un congruo quantitativo di cocaina (verosimilmente 20 grammi), con il successivo passaggio alla "personalità", si ha alle ore 22 e 27, dello stesso giorno quando Antinori cerca di contattare Martello che è però irreperibile". Antinori cerca Martello per avere notizie sulla riscossione dei soldi della vendita. Una ricerca spasmodica che è dimostrata anche dal messaggio che Luca Antinori lascia sulla segreteria telefonica di Martello: "Alessà hai superato i limiti. Te li porto a casa e lui te sfonna il c... a te e agli amici tua!!!" I carabinieri spiegano: "Antinori è evidentemente preoccupato del fatto che, a sua volta, dovrà procedere in tempi ristretti al pagamento della partita di cocaina verso i suoi fornitori, che non ammettono evidentemente ritardi".

E in un altro messaggio, lasciato sempre sulla segreteria telefonica di Martello, sollecita: "Bisogna dare i soldi a quello che è incazzato!". Il giorno successivo, i carabinieri annotano: "Molto probabilmente il pagamento da parte di Martello, nelle mani di Antinori, è avvenuto il giorno dopo...in un bar sito in piazza Campo dè Fiori..."

Nel corso di un'altra conversazione intercettata tra Antinori e Martello del 12 aprile si torna a parlare del "capo" del giovane palermitano. Miccichè ha sempre ribadito che non ci sono rapporti professionali tra lui e Martello. Quest'ultimo risponde: "Non lo so perché e partito, sta a Palermo (la città di Miccichè ndr), infatti i soldi li ho dovuti mettere io". I carabinieri commentano: "Si chiarisce, in tale dialogo, che la droga era destinata al 'capo' di Alessandro Martello. Si percepisce altresì che tale superiore in quei giorni si trova a Palermo e che il denaro è stato anticipato, per lui, dallo stesso Martello".

E ancora: "Il fatto che il giorno 10 aprile 2002 Martello è stato visto entrare all'interno del ministero dell'Economia e delle Finanze senza essere in alcun modo fermato per l'identificazione da parte del personale di servizio preposto, fa dedurre che in quel luogo questi è conosciuto".
 
IL FRATELLO CHE STA A BANCA INTESA E CONTROLLA UN RUOLO CHIAVE DELLA BANCA...L'ELARGIZIONE DEI PRESTITI (un potere politico enorme..e l'articolo che segue fa sorgere molti dubbi...)


da http://www.linkiesta.it/penati-intesa-banc...e#ixzz1Wdlvam2W

Sesto e Serravalle: con Penati c’è sempre Intesa

Lorenzo Dilena

Serravalle fu scalata dalla Provincia di Milano con i soldi di Banca Intesa. Il grande progetto sulle aree Falck di Sesto San Giovanni fu gestito dallo stesso istituto bancario, che tirava le fila anche dell’altro grande progetto di sviluppo milanese, Santa Giulia a Rogoredo. Un sistema di sostegno che i Pm stanno indagando all’interno dell’inchiesta che ha travolto il Partito Democratico milanese.



31 agosto 2011 - 20:31

Sono tanti i nomi che saltano fuori dalle grandi operazioni che Filippo Penati ha condotto prima da sindaco ds di Sesto San Giovanni e poi da presidente della Provincia di Milano. Ma, seguendo il filo della storiaccia di tangenti e corruzione, ce n’è uno che ritorna costantemente: sia che si parli delle aree ex Falck ed ex Marelli alla periferia nord est del capoluogo lombardo, sia della società di gestione autostradale Milano Serravalle. Il “sistema” di potere e affari che ruotava attorno a Penati aveva una banca di fiducia, ed era la banca di sistema per definizione: Intesa Sanpaolo.

E il nome della banca risuona ancora nel progetto Santa Giulia a Rogoredo, che con Sesto ha avuto in comune anche l’immobiliarista Luigi Zunino e alcune cooperative di costruzione emiliane. Di fronte a queste ricorrenze, non è necessario sposare né le dichiarazioni degli accusatori di Penati né le tesi della Procura di Monza – le indagini sono ancora in corso e, comunque, la parola definitiva spetta ai giudici – per notare che la presenza dell’istituto milanese, guidato dal 2002 dall’amministratore delegato Corrado Passera, è una costante. Dal lato della semplice erogazione di credito ai costruttori-immobiliaristi, ma anche da quello della regia finanziaria delle operazioni condotte, inclusa la scelta dell’imprenditore su cui di volta in volta puntare.

Né è certo una notizia che l’ascesa di Zunino sia stata accompagnata dall’appoggio di Gaetano Micciché, il banchiere a capo della divisione corporate di Intesa e braccio destro dell’amministratore delegato. Senza la generosità dei rubinetti di Intesa, un fenomeno come Zunino – per buona metà dello scorso decennio l’immobiliarista per antonomasia – non sarebbe stato possibile. Né è una novità che, nel 2005, l’acquisizione del 15% della Milano Serravalle – 8,93 euro per azione, per un totale di 238 milioni – sia stata finanziata sempre da Intesa.

ecc......
 
i ti diranno ancora che è colpa dei komunisti che hanno lasciato un debito enorme
sorvolando sul fatto che questo governi berlukino lo ha raddoppiato in breve tempo

e come mai?

segnalo:
da
BLOG_cultcorner.info: Silvio, quanto ci costi di Primo Di Nicola
Silvio, quanto ci costi di Primo Di Nicola


Conti fuori controllo, 1.400 dipendenti di troppo, milioni buttati per gli show del Cavaliere, segretarie pagate come direttori. Ecco come Berlusconi ha trasformato la presidenza del Consiglio in una reggia

Una vera reggia, dove si moltiplicano dipendenti e sprechi. Con oltre un miliardo di euro l'anno bruciato per alimentare una burocrazia di corte che si allarga a dismisura e conta già 1.400 persone più del previsto. Mentre per allestire i set televisivi degli show del sovrano si spendono cinque milioni e si arriva a pagare 250 euro il noleggio di un computer per una sola giornata. E dove ci sono segretarie con la stessa qualifica e retribuzione dei grandi capi. Una follia, impossibile da immaginare nell'Italia normale dove aziende ed enti pubblici tagliano e licenziano a tutto spiano per fare quadrare i conti. Ma non alla presidenza del Consiglio

ecc....

continua a leggere e vedrai che alla fine sarai schifato come me

questo articolo mette in evidenza che questi ceffi sperperano denaro pubblico per poi risparmiare sulle pensioni

vi ricordo che l'ultima manovra sulle pensioni pubbliche [una delle tante.... non si contano neppure più.... quando hanno un problema tagliano pensioni-asili-salute-... a noi non di certo a loro] ha portato al risparmio di 1 miliardo all'anno
quando berlusconi ... sperpera molto di più
 
Ocse, crescita ferma per l'Italia: nel terzo trimeste pil a -0,1%

Ocse, crescita ferma per l'Italia: nel terzo trimeste pil a -0,1% - Adnkronos Economia
ultimo aggiornamento: 08 settembre, ore 11:58


Parigi - (Adnkronos/Ign) - Lo scrive l'Organizzazione nell'Interim Economic Assessment precisando tuttavia che il margine di errore è alto vista "l'elevata incertezza" della situazione. Nel quarto trimestre previsto un +0,1%. Crescita col segno meno anche per la Germania. Economia europea vicino alla stagnazione. Piazza Affari, lieve calo in apertura poi subito in rialzo
 
Ciao Tontolina, leggo sempre i tuoi interessanti articoli, qualche giorno fa leggevo su un Tuo post che tradavi in opzioni naked (non ricordo di preciso se vendevi o acquistavi), volevo chiederti se secondo te si possono acquistare opzioni call/put senza avere il sottostante future...
Grazie ed a risentirci
 
Ciao Tontolina, leggo sempre i tuoi interessanti articoli, qualche giorno fa leggevo su un Tuo post che tradavi in opzioni naked (non ricordo di preciso se vendevi o acquistavi), volevo chiederti se secondo te si possono acquistare opzioni call/put senza avere il sottostante future...
Grazie ed a risentirci

certo

le opzioni hanno come sottostante le azioni o l'indice

il FIB.... è utilizzato impropriamente a titolo di copertura quando le mibo creano problemi
ma è un utilizzo spurio che le banche/sim non compensano nel calcolo dei margini


per coprire un'opzione o utilizzi sempre un'altra opzione con strike diverso
oppure il contante
 
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