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IL COMMENTO ■ PIERO OSTELLINO
Tre personaggi in cerca d'autore
Fini, Casini e Rutelli hanno firmato assieme una mozione di sfiducia al governo Berlusconi, ma sanno bene che, da soli, non andranno lontano. Se il governo cade e l'Italia va ad elezioni anticipate, rischiano di essere stritolati fra il Popolo della libertà e il Partito democratico, i due partiti del bipolarismo azzoppato, ma ancora egemone nel Paese, che faranno incetta di voti e lasceranno poco spazio ai loro tre partiti. Se il governo Berlusconi resta in sella, il PdL, ancorché in cattive condizioni, continuerà a governare fino a quando non cadrà per un voto parlamentare su qualche legge sgradita alle opposizioni e si andrà a elezioni davvero. Vorrebbero rappresentare un Centro, ma il centro non è, nella topografia politica di ogni Paese di democrazia liberale, un luogo definito, bensì è la collocazione contingente verso la quale sia l'elettorato moderato sia gli schieramenti di destra e di sinistra confluiscono, abbandonando un estremismo privo di sbocchi politici. Così, per dirla parafrasando una commedia di Pirandello, dove i personaggi erano sei, essi sono «tre personaggi in cerca d'autore». Chi sia, poi, questo autore di cui essi vanno in cerca per uscire dalla condizione di impotenza in cui si trovano, comunque vadano le cose, è Berlusconi. Hanno presentato una mozione di sfiducia contro il suo governo, non per andare a elezioni anticipate, né nella prospettiva di un governo di «unità nazionale», senza il PdL e la Lega, che lo stesso capo dello Stato avrebbe non poche difficoltà a favorire, sconfessando l'elettorato che al centrodestra aveva dato fiducia. Fini, Casini e Rutelli, con la mozione di sfiducia, non vogliono, perciò, sfiduciare il governo e farlo cadere, ma spingere Berlusconi a salire al Quirinale dimissionario per
ottenere dal presidente della Repubblica un mandato a cercare una nuova maggioranza, un Berlusconi-bis dentro il quale ci siano anche loro tre. Poiché almeno due di loro, Fini e Casini, erano già nel centrodestra e ne erano usciti dopo aver tentato vanamente di diventare prima gli interlocutori privilegiati, rispetto alla Lega, poi i (potenziali) eredi del Cavaliere, è evidente che l'obiettivo della mozione di sfiducia è di tornare all'ovile senza perdere troppo la faccia e, soprattutto, con qualche ministero in più e un maggiore potere di coalizione, cioè, in altre parole, di ricatto sul governo. Ciò che essi prospettano è un ritorno alle litigiose coalizioni, dove i partiti minori potevano ogni giorno minacciare di far cadere il governo di turno se non ottenevano qualche vantaggio. Nella sua strumentalità, l'iniziativa ha una sua logica. A impotenze estreme, estremi rimedi, per dirla con la parafrasi di un proverbio. Le proba bilità di successo sono, in realtà, modeste proprio perché il progetto è privo di altra sostanza politica che non sia quella di tornare in gioco e poi vedere che fare. Ma nel nebuloso panorama della politica italiana non è neppure privo di un qualche fondamento. Per ora, non sembra neppure destinato ad avere uno sbocco perché Berlusconi insiste a non volersi dimettere, che è il solo modo per riottenere un mandato esplorativo da parte di Napolitano per individuare e costituire una nuova maggioranza parlamentare e formare un nuovo governo. Il Cavaliere si comporta come fece a suo tempo Prodi. Dice ai suoi oppositori: «Se mi volete cacciare fatelo in Parlamento e affrontatene le conseguenze - cioè le elezioni anticipate - perché io, di mia iniziativa, non me ne vado». Anche questa è una carta che presuppone una certa inclinazione a bluffare, ad andare a «vedere» quante carte, leggi voti, abbiano in mano le opposizioni in Parlamento. Da una parte e dall'altra si scommette, al buio, sulla pelle del Paese. Che, nel frattempo, incomincia a chiedersi se, in queste condizioni, la speculazione internazionale sul debito pubblico - che già sta attaccando l'Irlanda, la Spagna e il Portogallo, dopo aver massacrato la Grecia - non ci stia facendo un pensierino. Sarebbe l'ultimo capitolo - la bancarotta nazionale - di una saga che si perpetua ormai da troppo tempo, con la classe politica che balla sull'orlo del burrone, indifferente alle conseguenze che ne deriverebbe se vi facesse precipitare il Paese. Ma questa è la politica in Italia, dove chiamare classe politica questa Armata Brancaleone che la governa è fare torto a un vecchio film comico di successo. Ma, per dirla con la buonanima di Karl Marx, incominciata come tragedia, la storia dell'Italia degli ultimi tempi si sta concludendo in farsa.