la CENSURA PREVENTIVA è FASCISTA: democrazia e censura sono incompatibili

La stringente censura del politicamente corretto

Democrazia e censura sono incompatibili.


La libertà di pensiero, di parola e di docenza, inseparabili e consustanziali ad una società democratica, sono sempre state conculcate nei regimi dittatoriali ed in quelli autoritari.

Non è un caso che nelle poleis greche la libertà di pensiero e la libertà di parola fossero indicate da un unico termine: “parresìa”.

La parresia era il diritto dell’uomo libero, del cittadino, di poter dire tutto ciò che pensava.

Questa pratica distingueva le città stato come Atene dagli altri regimi.

La parresia, dunque, era un diritto per il cittadino ma, nel contempo, anche un suo dovere.

Infatti, la partecipazione alla vita politica tutelava la natura democratica della polis poiché con il libero dibattito si evidenziavano le situazioni critiche all’interno della città e, di conseguenza, si proteggeva il sistema politico da degenerazioni tiranniche e dispotiche.

In tempi più recenti della storia europea, è l’illuminismo che, grazie alla crisi le grandi monarchie, riscopre valori della democrazia classica, forieri dei profondi cambiamenti che prepareranno due cruciali rivoluzioni per l’ occidente; quella francese e quella americana.

Il fermento democratico di quel periodo è rappresentato dal pensiero di Voltaire, ben riassunto dalla celebre frase di Evelyn Beatrice Hall, autrice britannica, nel 1906, di una biografia del grande filosofo: ”Disapprovo quello che dite, ma difenderò fino alla morte il vostro diritto di dirlo”. [lo diceva spesso anche il ns caro presidente Pertini]

Il dialogo, il dibattito, il confronto anche aspro e duro sono l’ubi consistam del sistema democratico.

Nel 1948 tutto questo è posto alla base della nostra Costituzione, influenzata dal pensiero illuministico, ma anche dai contenuti della Costituzione Romana del 1849.

Memori di quanto successo nel ventennio fascista, i nostri Padri Costituenti con l’art. 21 così tutelarono sia la la libertà di pensiero che la libertà di parola: “ Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione.

La stampa non può essere soggetta ad autorizzazioni o censure.


Si può procedere a sequestro soltanto per atto motivato dell’autorità giudiziaria nel caso di delitti, per i quali la legge sulla stampa espressamente lo autorizzi, o nel caso di violazione delle norme che la legge stessa prescriva per l’indicazione dei responsabili. …. omissis…..”.


Quindi , alla libertà di pensiero, che è il diritto a coltivare e a sviluppare il proprio modo di pensare, non condizionato e non soggiogato dalla volontà di chi detiene il potere di qualsiasi natura esso sia, politico, religioso, sociale, familiare, si accompagna la libertà di parola, che garantisce l’espressione di ciò che si pensa e l’ascolto di ciò che pensano gli altri.

Orbene, questo diritto, cardine della nostra vita civile, che ritenevamo definitivamente acquisito, è nei tempi tristi di oggi quotidianamente insidiato e minato da quello che viene definito il “ politicamente corretto”.

Ma cosa si intende per “politicamente corretto”?

Manco a dirlo, esso è nato negli ambienti di sinistra delle università americane tra la fine degli anni ottanta e gli inizi degli anni novanta come risposta all’aumento degli episodi di razzismo tra gli studenti.
Furono approntati ed imposti nelle università dei codici di condotta verbale, con i quali si voleva scoraggiare l’uso di epiteti offensivi.
Il ripetuto mancato rispetto di questi codici veniva sanzionato con richiami ufficiali, che avrebbero potuto influire negativamente sulla carriera accademica.
Alla fin fine il “politicamente corretto” si sostanzia in opinioni e atteggiamenti sociali spesso stucchevoli, di rispetto formale che rifuggono da qualsiasi termine o considerazione che potrebbe cagionare offesa a determinate categorie di persone.

Va anche detto che il pensiero “politicamente corretto”, scevro da qualsiasi pregiudizio razziale, etnico, religioso, di genere, di età e di orientamento sessuale, sembrerebbe una buona cosa, ma come si sa le vie dell’inferno sono lastricate di buone intenzioni.
Infatti esso, invece di pacificare gli animi, fornisce sovente nuovi e infiniti pretesti di conflitto e soprattutto viene impiegato nei confronti di coloro che non condividono l’orientamento generale.
Individuando aggressioni e microaggressioni dietro ogni scambio comunicativo, il “politicamente corretto” è finito per diventare la teoria della “guerra giusta” nei confronti di coloro che esprimono opinioni in contrasto con il pensiero mainstream.
In buona sostanza, il “ politicamente corretto “ è diventato un modo per consolidare il potere delle centrali oligarchiche internazionali e nel contempo per realizzare una società orwelliana dove addirittura la censura si trasforma, per la gioia dei censori, in auto censura per la paura di essere marginalizzati ed additati al pubblico ludibrio.

Pericoloso tale modus operandi, che riesce addirittura a conculcare la libertà d’insegnamento statuita dall’art. 33 della nostra Costituzione.




“ La stringente censura del politicamente corretto sui docenti italiani.” di R. SALOMONE-MEGNA






Una dittatura ancorché gentile è pur sempre una dittatura, per cui l’unico antidoto alla pericolosa deriva dei nostri giorni è nelle parole di Evelyn Beatrice Hall: ”Disapprovo quello che dite, ma difenderò fino alla morte il vostro diritto di dirlo ”.

Raffaele SALOMONE-MEGNA
 
Notevole il riferimento storico alle poleis greche e alla parresìa come diritto-dovere dei cittadini.
E' vero: la censura è tipica dei regimi, non delle democrazie.
 

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