Per me Alinari è originale e significativo, ha espresso gli anni 80 come pochi e tuttora costa una pipa. Ho un paio di grafiche, ma sto aspettando di comprarne uno e, sinceramente, se adesso qualche snob mi lancerà addosso escrementi, rimpiango di non potergli dare appuntamento tra 50 anni
per vedere se aveva più senso Alinari o Uncini, Adami e compagnia Pistolettante.
Secondo me c'è del pregiudizio, e confesso che all'inizio proprio non piaceva nemmeno a me. Poi, visti i vari Calzolari, Agnetti, anninovanta ecc., beh, almeno lui qualcosa sa fare.
In certo senso A. parte proprio dalla cameretta dei bambini (come Rousseau, no?). L'uso dei colori saturi chiaramente rievoca un sentire in gran parte elementare. Alinari li fonde pur lasciandoli brillare. Come soggetto ovviamente resta sul sempice per permettere la leggibilità del tutto. Ma quando tratta i personaggi, io sento la dolorosa conoscenza delle prime degenerazioni anni 80, tipo droghe e materialismo. Il cui riflesso, come fuga dalla realtà, lo leggi anche proprio nel sommarsi mostruoso di tutti quei colori "dolci".
Lui si è creato un suo mondo sognante e lo porta avanti, mi pare anche sia molto personale e riconoscibile. Ho avuto per un anno appesa in studio una sua acquaforte a colori poveri, con personaggi, decisamente drammatica
, e non mi ha disturbato, anzi, mi ha fatto riflettere sulle ambiguità presenti in ogni sogno. Che può sempre scoprirsi parente stretto dell'incubo.
Alinari vuole rientrare a modo suo nella tradizione dei Bosch, dei Bruegel, dei Bresdin, e di Brauer stesso. Solo che lo fa fingendo che di mistero non ce ne sia. Tutto alla luce del sole. Tutto infantilmente gaio. Ma questa non è una soluzione alla Faccincani, del tipo "il mondo mi piace, è bello, vorrei che piacesse a tutti e, uau!, ve lo mostro
", bensì una via per fuggire il mondo, "il mondo non è bello, però il bello vi si può trovare con occhi infantili; il brutto lo nascondo, ma so bene che c'è".
Tant'è vero che in Faccincani il colore rimane un caos inespressivo di intenzioni goderecce, mentre in Alinari mantiene una sua coerenza addirittura composta, in relazione alle scelte fatte.
Quanto a Wesselman, più che a lui posso immaginare che A. abbia guardato ad aspetti di arte "psichedelica", dai fumetti, tipo Crumb, sino a pittori che penso di aver anche visto, ma che non conosco e di cui non mi ricordo.
Capisco che un'arte praticamente fuori dal tempo come la sua irrida al secolo che omaggia Calzolari, o anche Rauschenberg e Tapiès. Ma in nessun pittore va cercato quello che lui non ci ha voluto mettere. La dimensione di un mondo in cui con una certa sapienza si ripropone, rigenerata, la prospettiva emozionale (soprattutto) di un bambino, ovviamente non propone un percorso temporale. Eventualmente si tratta di opere che intendono proprio
agire sull'osservatore sfidandolo ad accettare cose che un pregiudizio sociale vorrebbe riservate ai piccoli, e tutto ciò senza la solita furba strizzata d'occhio, del tipo "vedi che so che sembra ..., però ...". Infatti mi pare che l'artista si immerga in pieno con la sua presenza nelle opere. Ma forse qualcuno lo vorrebbe più distaccato, cioè "più moderno".
Convinto come sono che se un artista oggi non rischia ad ogni passo la volgarità significa che in lui non vi è ricerca, vedo in questo operare border-line un fatto di coraggio, e non di rinuncia. In questo caso, la mancanza di ironia (ammesso che mancanza sia) appare più un pregio che un difetto.
L'opera di Alinari si presenta come una specie di Decò psichedelico-oniroco-infantile ...). Il Decò stilizzava e lisciava, celebrando una borghesia tutta nuova, dedita anche al culto del corpo, agli sport ecc. In fin dei conti Alinari crea un Decò moderno, è una specie di Depero esploso come un fiore. Non ritengo Depero un grandissimo, ma neanche artista di terza fila. Così per Alinari.
Inventarsi un Decò-psichedelico è probabilmente il suo tratto più originale, anche per gli aspetti tecnici relativi al colore. Questa è già una scoperta. Altro tratto nuovo è il trasporre un mondo tipo Bosch/Brauer in una dimensione non più tragico-sarcastica, ma sollevandolo nel sogno "innocente". Lo si confronti con le ricerche sulla luce di Salvo, con cui ha in comune la predilezione per soggetti viventi o meno, ma che lievitano come viventi, invece di essere scavati come minerali. Si vedrà allora che i temperamenti sono opposti, Salvo meditativo e Alinari agitato sanguinico, Salvo classicista del Sud, Alinari gotico-nordico, ecc. E quello che in Salvo è un (anche) "infantile" richiamo alla semplicità della sintesi, un partire da una specie di tabula rasa, in Alinari diventa un insistito multiplo stimolo dell'occhio per "raggiungere" l'infantile, anche nei suoi aspetti di illogicità. Cioè non parte da un sentire infantile, lo raggiunge invece rispettando i percorsi da lui inventati - o scoperti. Proprio come un Depero (mentre Salvo sarebbe il ... Sironi della situazione).
Infine si può dire che in Salvo la luce crea i vari colori che cangiano di continuo, invece in Alinari sono i colori a creare quella particolare luce che non parla tanto ai nostri occhi, quanto al nostro cervello ...