la Germania è un avvoltoio?

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Dietro il dissesto delle banche venete, spunta l'ombra della Germania | Wall Street Italia

Dietro il dissesto delle banche venete, spunta l’ombra della Germania
Francesco Puppato

“In caso di una crisi non risolta delle due banche venete che si sono recentemente trovate a navigare in cattive acque, gli effetti non sarebbero molto inferiori a quelli generati dal default della Grecia“. Queste le parole che Fabrizio Viola, ad della Banca Popolare di Vicenza, ha rilasciato al Corriere della Sera il 2 giugno e poi riportate anche da Business Insider Italia.

Se consideriamo, infatti, che Banca Popolare di Vicenza e Veneto Banca hanno concesso prestiti “buoni” (ovvero al netto di sofferenze ed incagli) per circa 30 miliardi di euro concentrati in gran parte nel nord-est Italia, cioè il territorio più importante per l’economia nazionale, è facile intuire quale sia lo sconquasso che si verrebbe a creare tramite la procedura del bail-in, che impone il rientro forzoso degli impegni a tutela dei depositi.


Il debito è il motore dell’economia ed intervenire in questo modo sarebbe come togliere ossigeno a tutti quegli imprenditori che fanno affidamento sui prestiti ricevuti dalle due banche; da qui, si innescherebbe la chiusura di un numero importantissimo di piccole e medie aziende, ovvero quelle che caratterizzano il tessuto industriale del nord-est ma anche italiano (le piccolissime, piccole e medie imprese costituiscono circa il 95% del tessuto indistriale italiano).

La lente di ingrandimento, secondo opinioni del settore, è stata posta volutamente sulle banche operanti in questo territorio sotto la spinta della Germania; le aziende tedesche hanno un forte interscambio con quelle operanti nel nord-est Italia e potrebbero sostituirsi ad esse o comprarle a basso prezzo in caso di fallimento.

Chiudere il motore dell’economia italiana significherebbe per la Germania avere il controllo del mercato e rafforzare sempre più la propria posizione di leader in tutta Europa. Il processo sarebbe quello di usare la medesima strategia usata con la Grecia, ovvero sollecitare da una parte tramite le autorità europee dei piani di risanamento improntati su manovre “lacrime e sangue” e, dall’altro, acquisire le aziende in totale crisi per una manciata di euro (l’aeroporto di Atene è stato acquisito dalla tedesca AviAllance per 600 milioni, così come altri 14 aeroporti, per lo più turistici, erano stati acquisiti in precedenza sempre dai tedeschi per un totale di 1,2 miliardi).

Il fondato sospetto prende forma studiando a ritroso le strategie messe in pratiche dalla Germania: prima ha salvato le proprie banche impiegando più di 200 miliardi tenendo impegnata l’Italia a recuperare lo spread (2011/2012),
poi ha creato la procedura del bail-il (2015) che vincola l’intervento pubblico ad ultima spiaggia facendo ricorrere gli istituti bancari a salvarsi con i soldi dei correntisti,
infine
sta cercando di accelerare la chiusura dei due istituti bancari tramite le pressioni fatte in sede europea da Jens Weidmann (presidente della Bundesbank e candidato alla successione di Mario Draghi al vertice della BCE nell’autunno del 2018) visto il rischio di elezioni anticipate, che sotto l’effetto dell’onda populista potrebbe mettere i bastoni tra le ruote al progetto tedesco tramite un cambio di governo italiano.

I tedeschi non intendono l’Europa come un processo di progressiva integrazione tra economie tra loro diverse sotto un’ottica di socializzazione, avendone invece una concezione egemonica espressa tramite le misure di austerity fiscale che finora non ha fornito esempi di successo tra gli Stati dell’Unione Europea, se non a favore della Germania stessa.

Tutto questo, insieme al colpevole ritardo con cui le autorità italiane hanno compreso il fine del bail-in, potrebbe mettere in serio rischio l’economia italiana dando il definitivo via libera alla Germania per il controllo dell’Europa.
 
L’ultraricca Casta tedesca che ruba i salari ai suoi operai
Di Maurizio Blondet , il 29 giugno 2018 49 Comment
L’ultraricca Casta tedesca che ruba i salari ai suoi operai - Rischio Calcolato

E’ duro a 74 anni, dopo una vita di anticomunismo, riconoscere che aveva ragione Marx. Aveva ragione nell’aspettarsi la rivoluzione comunista non nella Russia contadina e devota, ma nella Germania industriale, fra la sua base operaia capace e mal pagata.

E’ così anche oggi, in modo sorprendente. “Gli stipendi in Germania sono in stagnazione da più di dieci anni”, mi scrive un lettore, uno dei 250 mila emigrati “di qualità” che ogni anno regaliamo al sistema produttivo tedesco (“Premetto che sono emigrato in Germania perché a funzione simile mi pagavano il doppio che in Italia”, scrive il nostro amico), ma lamentando per esempio il sistema pensionistico garantisce “la povertà in vecchiaia” (alle vedove monoreddito, il 25-55 per cento della pensione massima teorica, 2500 euro lordi, cifra che pochissimo raggiungono eppure, anche quando percepita integralmente, pone sotto il livello di povertà in molte città germaniche); per scongiurare la povertà in vecchiaia,il lavoratore decurtare dal suo salario fermo da 10 anni (e più) le quote per la pensione privata integrativa, e conclude: La Germania appare un paradiso solo perché pochi italiani capiscono il tedesco” .

Tenere bassi i salari a scopo competitivo è una politica deliberata. E – come ha spiegato Sergio Cesaratto nel suo saggio “Chi non rispetta le regole?”, lo è dal 1951. Allora, il commercio mondiale era regolato dal regime di Bretton Woods, un sistema di cambi fissi fra le valute, come è oggi quello dell’eurozona. Ludwig Erhard, il”padre del miracolo economico germanico”, scriveva: “Se attraverso la disciplina interna siamo capaci di mantenere stabile il livello dei prezzi [e salari] in misura superiore agli altri Paesi, la forza delle nostre esportazioni crescerà”. E il banchiere centrale tedesco di allora, Willhelm Vocke: “Aumentare le esportazioni è per noi vitale, e questo dipende a sua volta dal mantenere un basso livello relativo dei prezzi e dei salari […] al disotto degli altri Paesi.

All’interno della zona euro, la Germania pratica esattamente la stessa politica. “Lascia fare il keynesismo agli altri paesi, sì che essi esportino di più in Germania, mentre essa si mantiene competitiva col rigore interno”, scrive Cesaratto (p.53): “La Germania è un paese che vive deliberatamente al disotto dei propri mezzi. Si tratta di una palese violazione delle regole del gioco in un sistema di cambi fissi”.

Questa violazione era riconosciuta – tenetevi forte! – da un economista di nome Giancarlo Padoan, il futuro ministro piddino, in un saggio del 1986: “Il rifiuto quasi sistematico della Germania di perseguire politiche più espansive ha ridotto lo spazio disponibile agli altri Paesi membri di crescere. La strategia restrittiva della Germania è in grande misura responsabile della stagnazione dell’economia europea dell’ultima decade”. Quindi la stagnazione europea data dagli anni ’70, e Padoan sapeva benissimo che era causata dai tedeschi. Il fatto che, da ministro di Renzi e Gentiloni, abbia poi sempre dato ragione alla Germania praticando l’austerità che essa ci impone, è uno di quei misteri per cui gli economisti hanno una doppia verità quando scrivono testi scientifici, e quando sono messi al potere dal Sistema.

Appena instaurato l’euro, “la Bundesbank ha svolto il ruolo di guardiano della stabilità dei salari, minacciando i sindacati di generare disoccupazione attraverso politiche restrittive, qualora avessero presentato richieste salariali fuori linea” (Cesaratto,p.55) . Ovviamente i sindacati, essendo tedeschi, hanno disciplinatamente collaborato, per patriottismo competitivo, non chiedendo aumenti nemmeno in questi anni di boom in cui la Germania ha accumulato il mostruoso surplus delle esportazioni, squilibrato e squilibrante, esso stesso una violazione delle regole del gioco europee (il surplus non dovrebbe superare il 6% del Pil), il folle 257 miliardi di euro.

Germania: la povertà cresce INSIEME alla crescita economica!
Si può dire che parte di quei 257 miliardi sono gli aumenti mancati ai lavoratori tedeschi, la loro produttività regalata alla Patria.

E dove è finito questo regalo dei lavoratori? Non precisamente alla Patria. E’ finito nella “enorme concentrazione di ricchezza in mano alle elites tedesche”, come rivelava un articolo a firma “Mitt Dolcino”(pseudonimo sotto cui si cela un manager di multinazionali) apparso su Scenari Economici il 2 dicembre 2014.

Vale la pena di rileggerlo, anche se è un po’ per addetti ai lavori.

L’enorme concentrazione di ricchezza delle elites tedesche è alla base degli indirizzi EU pro-austerity a vantaggio del proprio paese (e a scapito dei periferici): la ricchezza privata in EU

Qui gli ultraricchi sono denominati UHNWI (sigla inglese per “Individui con ultra-reddito netto, ossia sopra i 30 milioni di dollari). Le tabelle, di non facile lettura ma affascinanti e su cui vale la pena soffermarsi, dicono che:

La fonte è UBS X-Wealth, studio della Union des Banques Suisses sugli ultraricchi, con almeno 30 milioni di dollari dei rendita personale ciascuno.
della ricchezza totale privata tedesca, che ammonta a 11.700 miliardi di dollari, la casta degli ultraricchi tedeschi ne accaparra per sé il 20 per cento! Ossia 2345 miliardi!

Al confronto, gli ultraricchi italiani si prendono solo il 2,3 % della ricchezza privata. Persino gli ultraricchi francesi di prendono “solo” il 4%; anzi, financo i veri stramiliardari degli USA, ritenuto il paese più iniquo del mondo, in fondo si accaparrano “solo” il 15% delle ricchezze private nazionali. Il prelievo dei miliardari tedeschi sul proprio popolo è scandaloso: da lotta di classe.

E non solo: gli ultraricchi tedeschi, che prelevano più di tutti al loro paese, sono pochissimi rispetto alla popolazione, e “ciò significa che le elites tedesche sono proporzionalmente poche, unite e potentissime”. Superati in questo solo dalla Svezia –il paese che noi crediamo massimamente egualitario, poveri ingenui.

Risulta anche che “ l’Italia ha una delle migliori (meno ingiuste) distribuzioni di ricchezza del mondo occidentale, molto meglio della Germania. Il paese di Goethe sembra anzi un paese in cui le elites sono ricchissime e la popolazione vive senza infamia e senza lode, governata come bestia politica dalla Bild per muovere sfide popolari nelle direzioni che via via più servono a chi dirige. In fondo in Germania esiste un patto sociale, da secoli: è permesso ai super ricchi di essere tali ma a condizione che la gente abbia da che vivere discretamente, ossia deve esserci lavoro possibilmente di qualità –

Ovviamente “le elites tedesche abbienti sono le stesse che rappresentano la Germania a Bruxelles, spesso dietro le quinte, ad es. nelle vesti degli esportatori e della Bundesbank”.

Mitt Dolcino continua: “E’ chiaro che, con queste sproporzioni, è assolutamente necessario tenere calma la massa, ossia dargli lavoro. Ecco perchè al di là del Gottardo si è dovuti essere estremamente aggressivi nel trattare male i periferici dopo la crisi del 2008 al fine di spostare lavoro e ricchezza in Germania a fronte del disastro che stava travolgendo il mondo tedesco (fallita Opel, Porsche, Gruppo Merkle, con problemi enormi anche per ThyssenKrupp e salvataggi bancari a iosa)”.

Dunque, la spoliazione dei periferici (Italia, Spagna, Grecia, Portogallo) è diventata anche più necessaria per risucchiare lavoro e salari ai lavoratori tedeschi, contenti dei loro stipendi non eccezionali, mentre la loro casta dei miliardari si accaparra il 20 per cento della ricchezza. Ma alla lunga questo modello è insostenibile: i paesi che la Germania impoverisce sono anche i suoi clienti, e adesso la minaccia di Trump di imporre dazi in risposta allo squilibrato surplus tedesco, mette in pericolo anche i posti di lavoro.

I lavoratori tedeschi sono addormentati, cullati dalla semi-pornografica Bild nella loro idea di superiorità produttiva e morale, convinti delle loro virtù, e ignari che loro miliardari, potentissimi e riservati, zitti zitti prelevano dalle loro tasche la fetta più grossa della ricchezza che producono. La critica sociale, compresa all’ingiusto sistema sociale – sempre storicamente malvista dal tedesco medio – è ai minimi. I loro media sono persino più ottusi di nostri, e mancano persino i blog alternativi e critici che fioriscono in Italia, Francia, Usa. Temo che le loro elite siano pronte a spolpare fino al midollo noi mediterranei, per tenere addormentati i loro operai. Con il patriottismo competitivo. Essi non si risveglieranno fino a quando la crisi e i dazi produrranno centinaia di migliaia di disoccupati in Germania …

Viene da dare ragione a Marx: gli interessi dei lavoratori sono comuni al di là delle frontiere, per loro il patriottismo è un inganno indotto dalle elites degli sfruttatori, devono solo riconoscere “Il nemico di classe”. E vien voglia di esortare i lavoratori tedeschi proprio come Marx:

“Lavoratori di tutto il mondo unitevi, non avete nulla da perdere se non le vostre catene”.

E’ dura, dopo una vita da anticomunista.


L’accumulazione di ricchezza ad un polo corrisponde all’accumulazione di miseria, fatica del lavoro, ignoranza, brutalità, degrado mentale dall’altro polo
L’articolo L’ultraricca Casta tedesca che ruba i salari ai suoi operai proviene da Blondet & Friends.

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Andrea Capanna
1 h ·
<<Deusche Bank sta crollando.

Ha un debito di 75 mila miliardi di dollari.
15 volte il Pil della Germania.
Quanto l'intero PIL della Terra, più o meno.
Sono 5000 Monte dei Paschi di Siena....

Allora la Germania propone di usare i fondi Mes, Meccanismo Europeo di Stabilità.
Lo avevamo chiesto noi quando avevamo banche in difficoltà per 8 Miliardi. La Germania rispose che erano troppi......

Mi vien da ridere anzi da piangere perchè nessuno ha posto il veto.

Giovanni Bignotti
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Ricordo l'antefatto: la Germania accettò di accollarsi un bel pò di derivati tossici dagli USa in cambio del placet di questi a "papparsi" il sud Europa. Nell'ordine Grecia, Portogallo, Spagna, Italia.
A Washington sono cambiati nocchiero e rotta.

Niente più Europa da "papparsi " ma la zeppa dei derivati, che si è rivelata gigantesca, è rimasta.

Lo dissi 4 anni fa: La Germania pensava di essere il lupo, invece si era alleata col lupo.
E "chi si allea col lupo, il lupo se lo magna">>

[Francesco Neri]
 
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Germania: “Surplus commerciale sta diventando tossico”
Alessandra Caparello
Germania: "Surplus commerciale sta diventando tossico" | Wall Street Italia

Il surplus commerciale della Germania rischia di diventare tossico.
A lanciare l’alert è il direttore dell’Ifo secondo cui il fatto che la prima economia dell’area euro esporta molto più di quanto importa sta diventando un grosso problema.

“(L’eccedenza commerciale) si sta rivelando una questione cruciale non solo con gli Stati Uniti ma anche con altri partner commerciali ed anche all’interno dell’Unione Europea.

Così Gabriel Felbermayr, il direttore dell’Ifo Center for International Economics parlando alla CNBC.

“L’eccedenza sta diventando tossica, e anche all’interno della Germania molti sostengono che ora dobbiamo fare qualcosa al riguardo con lo scopo di abbassarla. Si tratta di una passività piuttosto che di un’attività”.

L’economia manifatturiera tedesca orientata all’esportazione e il conseguente surplus commerciale – il valore delle sue esportazioni supera quello delle sue importazioni – sono stati a lungo oggetto di critiche e Berlino è stata sottoposta a pressioni per incoraggiare una maggiore spesa interna e incrementare le importazioni.

In realtà l’avanzo commerciale nei confronti dei paesi europei, sebbene elevato, è nei limiti dei vincoli: è quello con il resto del mondo che è eccessivo e la Germania, secondo gli esperti, non può più andare avanti così, facendo affidamento quasi esclusivamente sull’export e non sulla domanda interna.

Gli ultimi dati a disposizione dicono che l’avanzo commerciale della Germania è sceso nel 2017 per la prima volta dal 2009, toccando quota 300,9 miliardi di dollari, come dimostrano i numeri pubblicati a febbraio dall’Ufficio federale di statistica del paese, Destatits.

Eppure, il surplus commerciale tedesco con gli Stati Uniti era di 64 miliardi dollari. Una cifra che preoccupa non poco il presidente americano Donald Trump.

Proprio le eccedenze commerciali sono considerate un incoraggiamento delle pratiche di stampo protezionista e un peggioramento dei problemi economici di altri paesi partner commerciali della Germania.

“Certo, ci sono delle lacune nelle infrastrutture pubbliche, le scuole devono essere rinnovate e così via, ma quello che ci preoccupa veramente è che la Germania non è abbastanza attraente per gli investimenti delle imprese.

Da qui il monito al governo tedesco guidato dalla Cancelliera Angela Merkel, che secondo Felbermayr dovrebbe modernizzare il quadro legislativo che governa la sua economia, deregolamentare ed essere pronto a maggiori cambiamenti tecnologici.
 

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