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Migranti, Di Maio tira in ballo Conte: deve occuparsi della crisi o scopre il fianco a Salvini
Il malcontento del ministro degli Esteri dopo le fughe dei migranti in Sicilia. L'obiettivo è proteggere i voti dei 5 Stelle dal Pd e accendere i riflettori sul premier
di Francesco Verderami
Per i successi c’è Conte, per tutto il resto ci sono il governo, i ministri, i partiti. Dallo scontro sul Mes ai guai della scuola, lo schema che si ripete quotidianamente nella maggioranza è sempre lo stesso: al premier gli onori, ai suoi supporter gli oneri. Così ieri Di Maio ha dato voce a un malcontento diffuso nella coalizione e nell’esecutivo, rompendo il meccanismo politico-mediatico creato da palazzo Chigi.
Senza citarlo, il titolare della Farnesina ha messo in mezzo il presidente del Consiglio sul delicato problema dell’immigrazione, dal quale finora era abilmente rimasto fuori, quasi il tema non lo riguardasse.
Commentando i drammatici eventi in Sicilia, «una questione di sicurezza e di salute pubblica», il ministro degli Esteri ha detto ciò che il Viminale non può dire. E visto che ha solidarizzato con i sindaci isolani e con il responsabile degli Interni, è stato chiaro a chi si riferisse quando ha parlato del «dovere dello Stato di occuparsi del problema». L’idea che l’abbia fatto per pararsi il fianco dalla Lega appare riduttiva, nonostante un rappresentate del governo tendenza-Conte abbia ironizzato sulla sua sortita: «Non è chiaro se la dichiarazione fosse di Di Maio o di Salvini. Potrebbe averla scritta Salvini per Di Maio».
In realtà l’obiettivo dell’esponente grillino è duplice: proteggere i voti rimasti dei Cinquestelle dall’Opa del Pd in vista delle Regionali e accendere i riflettori sul capo dell’esecutivo, che «opera ormai in assoluta indipendenza e autonomia dai partiti che lo sostengono».
Una gestione che Di Maio considera «politicamente inaccettabile».
E se il premier oggi è forte nei sondaggi, è per effetto di questa tattica in salsa casalina, con cui decide di scegliere su cosa apparire e su cosa scomparire. E sull’immigrazione si è eclissato, nonostante da tempo il segretario del Pd avesse riservatamente lanciato l’allarme: «È l’unica carta rimasta a Salvini e gliela lasciamo giocare?».
La sensibilità di Zingaretti sul tema è comprensibile: nella scorsa legislatura si schiantarono due governi di centro-sinistra. Ora, è vero che rispetto al passato l’opinione pubblica non considera più l’emergenza come una priorità, ma l’accostamento al Covid 19 — sollevato sul Foglio dall’ex ministro democratico Minniti — cambia la percezione del problema. Perciò secondo Di Maio (e secondo una parte della delegazione democrata al governo),
Conte non può esimersi dall’intervenire, chiedendo contemporaneamente la proroga dello stato di emergenza per motivi sanitaria [MA SOLO PER LA SICILIA..... per tutta l'Italia è ICOSTITUZIONALE].
Altrimenti la richiesta apparirebbe una mossa strumentale per «scudare» la sua posizione in vista dell’autunno.[Togliere il condizionale]
E sono in tanti nell’esecutivo che iniziano a pensarla come l’esponente dell’opposizione Rotondi: «Dopo l’uso politico della giustizia, ecco l’uso politico della sanità. Il virus va e viene, sale e scende, a seconda delle convenienze del governo».
Citofonare a Di Maio. Che al contrario di quanto sussurrano i suoi avversari in maggioranza, non è il solo a voler sfidare il modello presidenzial-presenzialista di Conte. Basta annotare quanto è accaduto ieri.
Nel bel mezzo di una situazione che rischia di sfuggire di mano, con gli hotspot stracolmi, da Palazzo Chigi è filtrata la notizia che il premier stasera presiederà un vertice sulla gestione dei (futurissimi) fondi europei. «E l’immigrazione?», è esploso un vice ministro del Pd: «Conte pensa di venire da Marte?».
L’autunno è più vicino di quanto non si pensi, perché le forze di governo non potrebbero passare l’estate a contastare Salvini su «migranti e virus», prima di chiedere il voto per le Regionali a settembre. Conte o non Conte, poi i conti potrebbero non tornare.
Citofonare anche a Zingaretti...
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Il malcontento del ministro degli Esteri dopo le fughe dei migranti in Sicilia. L'obiettivo è proteggere i voti dei 5 Stelle dal Pd e accendere i riflettori sul premier
di Francesco Verderami
E Di Maio tira in ballo Conte: deve occuparsi dei migranti o scopre il fianco a Salvini
Il malcontento del ministro degli Esteri dopo le fughe dei migranti dai Cara in Sicilia. L'obiettivo è proteggere i voti dei 5 Stelle dal Pd e accendere i riflettori sul capo dell'esecutivo
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Per i successi c’è Conte, per tutto il resto ci sono il governo, i ministri, i partiti. Dallo scontro sul Mes ai guai della scuola, lo schema che si ripete quotidianamente nella maggioranza è sempre lo stesso: al premier gli onori, ai suoi supporter gli oneri. Così ieri Di Maio ha dato voce a un malcontento diffuso nella coalizione e nell’esecutivo, rompendo il meccanismo politico-mediatico creato da palazzo Chigi.
Senza citarlo, il titolare della Farnesina ha messo in mezzo il presidente del Consiglio sul delicato problema dell’immigrazione, dal quale finora era abilmente rimasto fuori, quasi il tema non lo riguardasse.
Commentando i drammatici eventi in Sicilia, «una questione di sicurezza e di salute pubblica», il ministro degli Esteri ha detto ciò che il Viminale non può dire. E visto che ha solidarizzato con i sindaci isolani e con il responsabile degli Interni, è stato chiaro a chi si riferisse quando ha parlato del «dovere dello Stato di occuparsi del problema». L’idea che l’abbia fatto per pararsi il fianco dalla Lega appare riduttiva, nonostante un rappresentate del governo tendenza-Conte abbia ironizzato sulla sua sortita: «Non è chiaro se la dichiarazione fosse di Di Maio o di Salvini. Potrebbe averla scritta Salvini per Di Maio».
In realtà l’obiettivo dell’esponente grillino è duplice: proteggere i voti rimasti dei Cinquestelle dall’Opa del Pd in vista delle Regionali e accendere i riflettori sul capo dell’esecutivo, che «opera ormai in assoluta indipendenza e autonomia dai partiti che lo sostengono».
Una gestione che Di Maio considera «politicamente inaccettabile».
E se il premier oggi è forte nei sondaggi, è per effetto di questa tattica in salsa casalina, con cui decide di scegliere su cosa apparire e su cosa scomparire. E sull’immigrazione si è eclissato, nonostante da tempo il segretario del Pd avesse riservatamente lanciato l’allarme: «È l’unica carta rimasta a Salvini e gliela lasciamo giocare?».
La sensibilità di Zingaretti sul tema è comprensibile: nella scorsa legislatura si schiantarono due governi di centro-sinistra. Ora, è vero che rispetto al passato l’opinione pubblica non considera più l’emergenza come una priorità, ma l’accostamento al Covid 19 — sollevato sul Foglio dall’ex ministro democratico Minniti — cambia la percezione del problema. Perciò secondo Di Maio (e secondo una parte della delegazione democrata al governo),
Conte non può esimersi dall’intervenire, chiedendo contemporaneamente la proroga dello stato di emergenza per motivi sanitaria [MA SOLO PER LA SICILIA..... per tutta l'Italia è ICOSTITUZIONALE].
Altrimenti la richiesta apparirebbe una mossa strumentale per «scudare» la sua posizione in vista dell’autunno.[Togliere il condizionale]
E sono in tanti nell’esecutivo che iniziano a pensarla come l’esponente dell’opposizione Rotondi: «Dopo l’uso politico della giustizia, ecco l’uso politico della sanità. Il virus va e viene, sale e scende, a seconda delle convenienze del governo».
Citofonare a Di Maio. Che al contrario di quanto sussurrano i suoi avversari in maggioranza, non è il solo a voler sfidare il modello presidenzial-presenzialista di Conte. Basta annotare quanto è accaduto ieri.
Nel bel mezzo di una situazione che rischia di sfuggire di mano, con gli hotspot stracolmi, da Palazzo Chigi è filtrata la notizia che il premier stasera presiederà un vertice sulla gestione dei (futurissimi) fondi europei. «E l’immigrazione?», è esploso un vice ministro del Pd: «Conte pensa di venire da Marte?».
L’autunno è più vicino di quanto non si pensi, perché le forze di governo non potrebbero passare l’estate a contastare Salvini su «migranti e virus», prima di chiedere il voto per le Regionali a settembre. Conte o non Conte, poi i conti potrebbero non tornare.
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