Val
Torniamo alla LIRA
Sulle risorse, sui soldi spesi da Sogin Spa - Società pubblica responsabile del decommissioning degli impianti nucleari italiani
e della gestione dei rifiuti radioattivi per lo smantellamento delle centrali e degli impianti nucleari italiani - si è scritto di tutto negli ultimi anni.
Ma nasce anche il dubbio di fronte all’attività di sicuro e imprescindibile interesse nazionale, perché gestita negli anni con modalità assai discutibili.
E forse è sparare letteralmente sulla Croce Rossa.
È da dire che anche gli amministratori delegati, via via nominati alla guida dell’azienda, alle volte ci mettono del proprio
per rendersi ridicoli con affermazioni piuttosto bizzarre, per non dire contradditorie.
Che non lasciano ben sperare, e poi riservano in chi le ascolta l’amaro sapore dell’inaffidabilità o del bidone che, in questo settore,
si traduce in elemento di insicurezza per la salute dei cittadini coinvolti, non trattando la stessa azienda, per così dire, noccioline e zucchero filato, ma scorie nucleari.
L’ultima chicca, in questa meravigliosa giostra, l’ha fornita l’attuale amministratore delegato, Emanuele Fontani
(toscano, dal 2007 in Sogin dove nell’ultimo triennio è stato Responsabile Disattivazione Impianti),
il 18 dicembre scorso, a ridosso delle vacanze di Natale – e questo ha senza dubbio aiutato a non notare la notizia –
a margine del completamento di un lavoro certamente importante, come la rimozione di un “monolite” di 130 tonnellate
di materiale attivato radioattivamente dal sito di Rotondella in Basilicata, intervistato da una giornalista di Askanews,
ha dichiarato che il materiale in questione è “in attesa di essere trasferito nel futuro deposito nazionale per il quale l’Italia ha una deadline al 2025”
e sul quale chiarisce che la Sogin è ancora in tempo , mentre “per i rifiuti ad alta attività potrebbe far parte di un Consorzio di più Paesi”,
su cui ha precisato inoltre che “le ipotesi sono varie, non solo un’ipotesi di Deposito geologico in Italia, ma molto probabilmente,
per un discorso economico, l’Italia si dovrà associare ad altri Paesi per realizzare un Deposito cosiddetto sovranazionale,
quindi un Consorzio di più Paesi che realizzeranno un Deposito”.
Ora, a parte la più che probabile velleità nell’affermare che la data del 2025 per il Deposito nazionale sia ancora percorribile,
ciò che salta agli occhi è il metodo utilizzato nel rilasciare affermazioni al vento, si vede che in quel giorno ne soffiava molto.
È la prima volta in assoluto che si afferma in modo ufficiale – perché tale è la funzione di un amministratore delegato di una Azienda di Stato –
di accordi sovranazionali per la gestione o lo stoccaggio di rifiuti “ad alta radioattività” in un “Deposito sovranazionale”.
A questo punto la domanda che sorge spontanea è conoscere la destinazione, così tanto per la trasparenza, sempre se non è chiedere troppo!
Ricordiamo che lo scorso 11 luglio 2019, la Corte di giustizia Ue accoglieva il ricorso della Commissione europea contro l’Italia
per non aver comunicato, a quattro anni dal termine previsto dalle norme Ue, la versione finale del programma nazionale
per la gestione del combustibile nucleare esaurito e dei rifiuti radioattivi.
Nelle more della costruzione del Deposito nazionale per i rifiuti nucleari, la Sogin ha in essere accordi a titolo oneroso
con Inghilterra e Francia per lo stoccaggio provvisorio di rifiuti nucleari e gli accordi già esistenti con altri Stati,
europei e non, da quanto risulta, soprattutto, al Parlamento italiano, in nessun caso prevedono la costituzione di siti e/o depositi sovranazionali o soluzioni simili.
Citiamo il Parlamento italiano perché eventuali accordi di tale portata sono materia di sua naturale competenza,
come previsto dall’articolo 80 della Costituzione, e del Presidente della Repubblica, come all’articolo 87, comma 8, per la loro ratifica,
ove non già iscritti in pregressi trattati internazionali, avendo tale materia risvolti di notevole rilevanza
ed a maggior ragione in periodi come questo in cui il materiale fissile e le stesse scorie nucleari assumono una valenza
che va ben oltre lo smantellamento e la bonifica di ex centrali Enel ed ex siti Enea.
Ed eventuali accordi, già stipulati o in itinere, se non, ripetiamo, inseriti nel quadro di pregressi accordi, ignoti ai più,
potrebbero avere un impatto forte e pesante nei rapporti fra Italia e altri Paesi – Francia ed Inghilterra in primis –
tradizionalmente e concretamente ritenuti alleati dal punto di vista tecnologico ed economico sulle materie connesse allo smantellamento del nucleare italiano.
Vi sono poi altri aspetti che riguardano i costi e le ricadute occupazionali correlate ai progetti di smantellamento nucleare
e alla gestione dei rifiuti connessi, con particolare riferimento a quelli ad alta attività: i criteri di calcolo di tali costi,
avendo essi impatto notevole anche sull’occupazione, sullo sviluppo e sulla tutela dei territori e sulla gestione delle commesse che ne deriverebbero,
sono talmente complessi da dover essere considerati nella loro complessità prima di decidere soluzioni certamente “spettacolari”,
ma che senza l’esplicitazione delle considerazioni citate appaiono con la stessa autorevolezza di una discussione fra amici al bar.
È legittimo a questo punto chiedersi anche se fosse opportuno affidare il compito di amministratore delegato ad un manager interno che,
da quanto risulta, non abbia rinunciato al proprio rapporto di lavoro dipendente come dirigente della stessa Sogin.
È lecito chiedersi quanto l’attuale amministratore delegato abbia le capacità decisionali occorrenti per poter compiere delle scelte
per un cambiamento reale nell’azienda Sogin, perseguendo l’interesse di questa o più banalmente assicurarsi solo un rientro morbido in essa, alla scadenza naturale del proprio mandato.
A questo punto in molti si incominciano a porre il quesito, cioè se riesca ad arrivare a fine mandato.
Dai rumors interni e da alcun fonti nei corridoi ministeriali incomincia a trapelare un certo imbarazzo
e in questa sorta di gioco del non decidere tale staticità assume sempre più la caratteristica di mancanza di coraggio in alcune decisioni cercando,
di fatto, la ridistribuzione di responsabilità all’intero cda aziendale.
In un simile scenario, tanto per far vedere, ogni tanto qualche dichiarazione “atomica” (tipo “balle spaziali”) qua e là ci sta bene,
non considerando l’imbarazzo che potrebbero suscitare tali esternazioni allo stesso azionista, cioè il Ministero dell’Economia.
La considerazione alla quale si giunge, che fa scorgere un amaro sorriso, è il pensare che si sia finiti in un fumetto,
come quello che è comparso (più volte diffuso all’interno della stessa azienda Sogin) in una sorta di divertente parodia ispirata ad Asterix
in cui viene riportata la figura di un dirigente toscano dalla statura non alta definito (riportiamo la definizione di seguito in una forma meno volgare dell’originale
e ce ne scusiamo anche con i toscani) come “mezzo toscano senza attributi”.
E il monolite? A questo punto viene da pensare che questo sia solo quello che portava sempre dietro la schiena il simpatico Obelix.
e della gestione dei rifiuti radioattivi per lo smantellamento delle centrali e degli impianti nucleari italiani - si è scritto di tutto negli ultimi anni.
Ma nasce anche il dubbio di fronte all’attività di sicuro e imprescindibile interesse nazionale, perché gestita negli anni con modalità assai discutibili.
E forse è sparare letteralmente sulla Croce Rossa.
È da dire che anche gli amministratori delegati, via via nominati alla guida dell’azienda, alle volte ci mettono del proprio
per rendersi ridicoli con affermazioni piuttosto bizzarre, per non dire contradditorie.
Che non lasciano ben sperare, e poi riservano in chi le ascolta l’amaro sapore dell’inaffidabilità o del bidone che, in questo settore,
si traduce in elemento di insicurezza per la salute dei cittadini coinvolti, non trattando la stessa azienda, per così dire, noccioline e zucchero filato, ma scorie nucleari.
L’ultima chicca, in questa meravigliosa giostra, l’ha fornita l’attuale amministratore delegato, Emanuele Fontani
(toscano, dal 2007 in Sogin dove nell’ultimo triennio è stato Responsabile Disattivazione Impianti),
il 18 dicembre scorso, a ridosso delle vacanze di Natale – e questo ha senza dubbio aiutato a non notare la notizia –
a margine del completamento di un lavoro certamente importante, come la rimozione di un “monolite” di 130 tonnellate
di materiale attivato radioattivamente dal sito di Rotondella in Basilicata, intervistato da una giornalista di Askanews,
ha dichiarato che il materiale in questione è “in attesa di essere trasferito nel futuro deposito nazionale per il quale l’Italia ha una deadline al 2025”
e sul quale chiarisce che la Sogin è ancora in tempo , mentre “per i rifiuti ad alta attività potrebbe far parte di un Consorzio di più Paesi”,
su cui ha precisato inoltre che “le ipotesi sono varie, non solo un’ipotesi di Deposito geologico in Italia, ma molto probabilmente,
per un discorso economico, l’Italia si dovrà associare ad altri Paesi per realizzare un Deposito cosiddetto sovranazionale,
quindi un Consorzio di più Paesi che realizzeranno un Deposito”.
Ora, a parte la più che probabile velleità nell’affermare che la data del 2025 per il Deposito nazionale sia ancora percorribile,
ciò che salta agli occhi è il metodo utilizzato nel rilasciare affermazioni al vento, si vede che in quel giorno ne soffiava molto.
È la prima volta in assoluto che si afferma in modo ufficiale – perché tale è la funzione di un amministratore delegato di una Azienda di Stato –
di accordi sovranazionali per la gestione o lo stoccaggio di rifiuti “ad alta radioattività” in un “Deposito sovranazionale”.
A questo punto la domanda che sorge spontanea è conoscere la destinazione, così tanto per la trasparenza, sempre se non è chiedere troppo!
Ricordiamo che lo scorso 11 luglio 2019, la Corte di giustizia Ue accoglieva il ricorso della Commissione europea contro l’Italia
per non aver comunicato, a quattro anni dal termine previsto dalle norme Ue, la versione finale del programma nazionale
per la gestione del combustibile nucleare esaurito e dei rifiuti radioattivi.
Nelle more della costruzione del Deposito nazionale per i rifiuti nucleari, la Sogin ha in essere accordi a titolo oneroso
con Inghilterra e Francia per lo stoccaggio provvisorio di rifiuti nucleari e gli accordi già esistenti con altri Stati,
europei e non, da quanto risulta, soprattutto, al Parlamento italiano, in nessun caso prevedono la costituzione di siti e/o depositi sovranazionali o soluzioni simili.
Citiamo il Parlamento italiano perché eventuali accordi di tale portata sono materia di sua naturale competenza,
come previsto dall’articolo 80 della Costituzione, e del Presidente della Repubblica, come all’articolo 87, comma 8, per la loro ratifica,
ove non già iscritti in pregressi trattati internazionali, avendo tale materia risvolti di notevole rilevanza
ed a maggior ragione in periodi come questo in cui il materiale fissile e le stesse scorie nucleari assumono una valenza
che va ben oltre lo smantellamento e la bonifica di ex centrali Enel ed ex siti Enea.
Ed eventuali accordi, già stipulati o in itinere, se non, ripetiamo, inseriti nel quadro di pregressi accordi, ignoti ai più,
potrebbero avere un impatto forte e pesante nei rapporti fra Italia e altri Paesi – Francia ed Inghilterra in primis –
tradizionalmente e concretamente ritenuti alleati dal punto di vista tecnologico ed economico sulle materie connesse allo smantellamento del nucleare italiano.
Vi sono poi altri aspetti che riguardano i costi e le ricadute occupazionali correlate ai progetti di smantellamento nucleare
e alla gestione dei rifiuti connessi, con particolare riferimento a quelli ad alta attività: i criteri di calcolo di tali costi,
avendo essi impatto notevole anche sull’occupazione, sullo sviluppo e sulla tutela dei territori e sulla gestione delle commesse che ne deriverebbero,
sono talmente complessi da dover essere considerati nella loro complessità prima di decidere soluzioni certamente “spettacolari”,
ma che senza l’esplicitazione delle considerazioni citate appaiono con la stessa autorevolezza di una discussione fra amici al bar.
È legittimo a questo punto chiedersi anche se fosse opportuno affidare il compito di amministratore delegato ad un manager interno che,
da quanto risulta, non abbia rinunciato al proprio rapporto di lavoro dipendente come dirigente della stessa Sogin.
È lecito chiedersi quanto l’attuale amministratore delegato abbia le capacità decisionali occorrenti per poter compiere delle scelte
per un cambiamento reale nell’azienda Sogin, perseguendo l’interesse di questa o più banalmente assicurarsi solo un rientro morbido in essa, alla scadenza naturale del proprio mandato.
A questo punto in molti si incominciano a porre il quesito, cioè se riesca ad arrivare a fine mandato.
Dai rumors interni e da alcun fonti nei corridoi ministeriali incomincia a trapelare un certo imbarazzo
e in questa sorta di gioco del non decidere tale staticità assume sempre più la caratteristica di mancanza di coraggio in alcune decisioni cercando,
di fatto, la ridistribuzione di responsabilità all’intero cda aziendale.
In un simile scenario, tanto per far vedere, ogni tanto qualche dichiarazione “atomica” (tipo “balle spaziali”) qua e là ci sta bene,
non considerando l’imbarazzo che potrebbero suscitare tali esternazioni allo stesso azionista, cioè il Ministero dell’Economia.
La considerazione alla quale si giunge, che fa scorgere un amaro sorriso, è il pensare che si sia finiti in un fumetto,
come quello che è comparso (più volte diffuso all’interno della stessa azienda Sogin) in una sorta di divertente parodia ispirata ad Asterix
in cui viene riportata la figura di un dirigente toscano dalla statura non alta definito (riportiamo la definizione di seguito in una forma meno volgare dell’originale
e ce ne scusiamo anche con i toscani) come “mezzo toscano senza attributi”.
E il monolite? A questo punto viene da pensare che questo sia solo quello che portava sempre dietro la schiena il simpatico Obelix.