tontolina
Forumer storico
da Goofynomics: Roubini vs. Prodi: l’euro (non) ci ha salvato
Qui si tratta di arbitrare un incontro che fa tremar le vene e i polsi, [ame="http://www.youtube.com/watch?v=DevAizeAdfg"]lo scontro finale fra due autentici colossi dai piedi di balsa[/ame], inventori di una storia falsa (anzi, in realtà di due storie false, ma così non farebbe rima). Facciamo così: organizziamolo come il classico duello alla pistola: un colpo a distanza di cinque... passi? No, anni: comincia Roubini nel 2006.
Attacca Roubini (2006)
Il 30 gennaio 2006, su lavoce.info, Nouriel Roubini preconizzava per l’Italia la fine dell’Argentina. Dopo aver fatto le sue scontate devozioni dicendo che lui alla moneta unica gli aveva sempre voluto bene (e ci mancherebbe!), che la moneta unica aveva avuto finora successo determinando convergenza nominale (questa è ovviamente un’[ame="http://www.youtube.com/watch?v=8RCTWY8PrpI"]affermazione opinabile[/ame] e voi sapete perché, visto che ve l’ho spiegato a Cesena, e del resto che le cose non stiano così è chiaro anche a omodossi come Zingales), dopo queste superflue abluzioni rituali, sciacquatasi ben bene la bocca con una sorsata di scemenze, il nostro entrava in medias res dichiarandosi preoccupato perché vedeva che alcune economie, fra le quali quella italiana, crescevano molto poco. Alla convergenza nominale si associava così, guarda un po’, divergenza reale (del prodotto). Ohibò! Ma chi se lo sarebbe aspettato (a parte il buon Tony e uno sparuto stuolo di premi Nobel?).
Diceva quindi il buon Nouriel:
“Il divario nella crescita è anche una grave minaccia per l’Unione monetaria. Sempre più commentatori notano come i diversi paesi reagiscano in modo diverso a queste sfide. Daniel Gros ha mostrato che la Germania ha reagito con ristrutturazione industriale, taglio del costo del lavoro e "deflazione competitiva". Per parte mia, sostengo che l’Italia ha fatto poco e sperimenta una "stagdeflazione", ovvero una combinazione di stagnazione e deflazione. In Italia il costo del lavoro, come ha dimostrato Gros, è cresciuto del 20 per cento se paragonato a quello tedesco, mentre la quota italiana nel commercio è caduta del 20 per cento, sempre in confronto alla Germania. Problemi di competitività simili riguardano Grecia, Portogallo e Spagna.”
(by the way, vedete che non mi sono inventato nulla, e vedete che questa è esattamente la spiegazione che danno i dati riportati in questo blog: che la Germania abbia praticato una deflazione competitiva è cosa chiara ai massimi economisti europei di più stretta ortodossia. Se i troll del FQ non sono d’accordo, ce ne faremo una ragione: non impediremo certo ai nostri avversari di dare ripetuta prova della propria scemenza! Caso mai, vedete, i miei colleghi non arrivano a capire che questa deflazione è stata finanziata con spesa pubblica, e che quindi la Germania è stata sleale due volte:
la prima, perché ha fatto le riforme senza coordinarsi con noi, cioè per fotterci, alla faccia della retorica dell’‘uniti si vince contro la Cina’;
la seconda perché per fotterci ha fatto strame delle regole europee, e in particolare del Patto di stabilità, come vi ho spiegato qui).
E proseguiva, Nouriel, l’angelo del default:
“la mancanza di serie riforme fa crescere il rischio che l’Italia possa finire come l’Argentina. Non è inevitabile, ma se l’Italia non intraprende le riforme necessarie, non si può escludere una sua uscita dall’Unione monetaria nei prossimi cinque anni.
Come l’Argentina, l’Italia affronta infatti una crescente perdita di competitività dovuta a una moneta sopravvalutata, con rischio di caduta delle esportazioni e crescita del deficit di parte corrente. Il rallentamento della crescita peggiorerà deficit e debito pubblico e lo renderà potenzialmente insostenibile nel tempo. E se la svalutazione non può essere usata per ridurre i salari reali, la sopravvalutazione del tasso reale di cambio sarà annullata attraverso un lungo e penoso processo di deflazione di salari e prezzi. La deflazione, però, manterrà alti i tassi reali e renderà più acuta la crisi di crescita e di bilancio. Senza le necessarie riforme, il circolo vizioso della stagdeflazione imporrà all’Italia l’uscita dall’Unione monetaria, il ritorno alla lira e il ripudio del debito denominato in euro.
Alcuni sostengono che l’Italia o altri paesi dell’Unione monetaria nella sua stessa situazione non usciranno dal sistema <...> Ma basta guardare a quello che è successo in Argentina: ha svalutato e dati gli effetti di bilancio del deprezzamento sul debito in dollari, è stata costretta a "pesizzare" il suo debito in dollari.
Allo stesso modo, l’Italia sarebbe costretta a "lirizzare" il suo debito in euro. Se l’Italia dovesse uscire dall’Unione monetaria il ripudio interno e verso l’estero, privato e pubblico, del debito denominato in euro sarebbe inevitabile.
E uno Stato sovrano può fare tutto ciò – uscita dall’Unione monetaria, ritorno alla valuta nazionale e ripudio del debito in euro – senza tener conto dei vincoli legali e formali imposti dal Trattato dell’Unione monetaria con le clausole sulla non ammissibilità di una uscita dall’Unione.
Non è fantascienza, l’Argentina lo dimostra.”
Qui si tratta di arbitrare un incontro che fa tremar le vene e i polsi, [ame="http://www.youtube.com/watch?v=DevAizeAdfg"]lo scontro finale fra due autentici colossi dai piedi di balsa[/ame], inventori di una storia falsa (anzi, in realtà di due storie false, ma così non farebbe rima). Facciamo così: organizziamolo come il classico duello alla pistola: un colpo a distanza di cinque... passi? No, anni: comincia Roubini nel 2006.
Attacca Roubini (2006)
Il 30 gennaio 2006, su lavoce.info, Nouriel Roubini preconizzava per l’Italia la fine dell’Argentina. Dopo aver fatto le sue scontate devozioni dicendo che lui alla moneta unica gli aveva sempre voluto bene (e ci mancherebbe!), che la moneta unica aveva avuto finora successo determinando convergenza nominale (questa è ovviamente un’[ame="http://www.youtube.com/watch?v=8RCTWY8PrpI"]affermazione opinabile[/ame] e voi sapete perché, visto che ve l’ho spiegato a Cesena, e del resto che le cose non stiano così è chiaro anche a omodossi come Zingales), dopo queste superflue abluzioni rituali, sciacquatasi ben bene la bocca con una sorsata di scemenze, il nostro entrava in medias res dichiarandosi preoccupato perché vedeva che alcune economie, fra le quali quella italiana, crescevano molto poco. Alla convergenza nominale si associava così, guarda un po’, divergenza reale (del prodotto). Ohibò! Ma chi se lo sarebbe aspettato (a parte il buon Tony e uno sparuto stuolo di premi Nobel?).
Diceva quindi il buon Nouriel:
“Il divario nella crescita è anche una grave minaccia per l’Unione monetaria. Sempre più commentatori notano come i diversi paesi reagiscano in modo diverso a queste sfide. Daniel Gros ha mostrato che la Germania ha reagito con ristrutturazione industriale, taglio del costo del lavoro e "deflazione competitiva". Per parte mia, sostengo che l’Italia ha fatto poco e sperimenta una "stagdeflazione", ovvero una combinazione di stagnazione e deflazione. In Italia il costo del lavoro, come ha dimostrato Gros, è cresciuto del 20 per cento se paragonato a quello tedesco, mentre la quota italiana nel commercio è caduta del 20 per cento, sempre in confronto alla Germania. Problemi di competitività simili riguardano Grecia, Portogallo e Spagna.”
(by the way, vedete che non mi sono inventato nulla, e vedete che questa è esattamente la spiegazione che danno i dati riportati in questo blog: che la Germania abbia praticato una deflazione competitiva è cosa chiara ai massimi economisti europei di più stretta ortodossia. Se i troll del FQ non sono d’accordo, ce ne faremo una ragione: non impediremo certo ai nostri avversari di dare ripetuta prova della propria scemenza! Caso mai, vedete, i miei colleghi non arrivano a capire che questa deflazione è stata finanziata con spesa pubblica, e che quindi la Germania è stata sleale due volte:
la prima, perché ha fatto le riforme senza coordinarsi con noi, cioè per fotterci, alla faccia della retorica dell’‘uniti si vince contro la Cina’;
la seconda perché per fotterci ha fatto strame delle regole europee, e in particolare del Patto di stabilità, come vi ho spiegato qui).
E proseguiva, Nouriel, l’angelo del default:
“la mancanza di serie riforme fa crescere il rischio che l’Italia possa finire come l’Argentina. Non è inevitabile, ma se l’Italia non intraprende le riforme necessarie, non si può escludere una sua uscita dall’Unione monetaria nei prossimi cinque anni.
Come l’Argentina, l’Italia affronta infatti una crescente perdita di competitività dovuta a una moneta sopravvalutata, con rischio di caduta delle esportazioni e crescita del deficit di parte corrente. Il rallentamento della crescita peggiorerà deficit e debito pubblico e lo renderà potenzialmente insostenibile nel tempo. E se la svalutazione non può essere usata per ridurre i salari reali, la sopravvalutazione del tasso reale di cambio sarà annullata attraverso un lungo e penoso processo di deflazione di salari e prezzi. La deflazione, però, manterrà alti i tassi reali e renderà più acuta la crisi di crescita e di bilancio. Senza le necessarie riforme, il circolo vizioso della stagdeflazione imporrà all’Italia l’uscita dall’Unione monetaria, il ritorno alla lira e il ripudio del debito denominato in euro.
Alcuni sostengono che l’Italia o altri paesi dell’Unione monetaria nella sua stessa situazione non usciranno dal sistema <...> Ma basta guardare a quello che è successo in Argentina: ha svalutato e dati gli effetti di bilancio del deprezzamento sul debito in dollari, è stata costretta a "pesizzare" il suo debito in dollari.
Allo stesso modo, l’Italia sarebbe costretta a "lirizzare" il suo debito in euro. Se l’Italia dovesse uscire dall’Unione monetaria il ripudio interno e verso l’estero, privato e pubblico, del debito denominato in euro sarebbe inevitabile.
E uno Stato sovrano può fare tutto ciò – uscita dall’Unione monetaria, ritorno alla valuta nazionale e ripudio del debito in euro – senza tener conto dei vincoli legali e formali imposti dal Trattato dell’Unione monetaria con le clausole sulla non ammissibilità di una uscita dall’Unione.
Non è fantascienza, l’Argentina lo dimostra.”