Ma dove finisce tutta la forza del dolore? (1 Viewer)

Zymurgy

Forumer attivo
Dove finisce la disperazione di chi soffre, di chi sta per essere ucciso? Dove finisce quella forza immensa negli occhi di un bambino tra le bombe quando quel bambino muore?

Nel nulla? O è il nutrimento di Dio?
 

melodia

Forumer storico
se quella mela non fosse stata colta, Dio certamente si sarebbe preso cura di noi con più amore,
ma abbiamo voluto la libertà... ed eccoci qua. lui osserva e forse partecipa alla sofferenza, chi lo sa.
circa il dolore, appunto, ci ha mandato suo figlio in terra per mostrarci come dobbiamo accettarlo.



certo, però, se si palesasse anche ogni 2000 anni, come quella volta lì, sarebbe di maggiore conforto.
 

Zymurgy

Forumer attivo
melodia ha scritto:
se quella mela non fosse stata colta, Dio certamente si sarebbe preso cura di noi con più amore,
ma abbiamo voluto la libertà... ed eccoci qua. lui osserva e forse partecipa alla sofferenza, chi lo sa.
circa il dolore, appunto, ci ha mandato suo figlio in terra per mostrarci come dobbiamo accettarlo.



certo, però, se si palesasse una volta anche ogni 2000 anni, come quella volta lì, sarebbe di maggiore conforto.

Ok, questa è la risposta standard del buon credente.

Ma io, come uomo, di risposte così me ne faccio ben poco. Con tutto il rispetto, nè ...
 

melodia

Forumer storico
Zymurgy ha scritto:
Ok, questa è la risposta standard del buon credente.
eh...

Ma io, come uomo, di risposte così me ne faccio ben poco. Con tutto il rispetto, nè ...
d'accordo, ma dopodichè o si seguono percorsi paranormali per spiegare l'inspiegabile,
ed io onestamente sono moooolto lontana da questi argomenti, oppure ci si arrabbia
e si impreca contro chi,a modo nostro di veder le cose, autorizza il dolore.
ma pure questo percorso, mi pare autodistruttivo.






probabilmente il dolore, come l'amore, serve semplicemente a far girare il mondo.
 

genesta

Forumer attivo
Beh, é strano che una credente dica che esistono soltanto due vie.

Ed entrambe autodistruttive, a suo parere. :rolleyes:

Come dire: le vie del signore sono ... finite! :D

Il perché del dolore. Basta chiederselo.

Provo ad affrontare l'argomento, anche se ciò comporterà un dilungamento poiché non é possibile sintetizzare in due parole una questione che regola e condiziona la vita intera dell'uomo.

Dove finisce la forza del dolore?

Nella comprensione.
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Affanno afflizione amarezza angustia ansietà angoscia, corruccio crepacuore, dispiacere duolo, disperazione, inquietudine, malinconia, macerazione, mestizia, oppressione, patèma, patimento, pena, pianto, rammarico, rodimento, sofferenza, spina, squarcio, schianto, spasim, o strazio, supplizio, tristezza, tribolazione, travaglio, tortura, tormento:

dolore.

Chi è quell'essere felice che può domandarsi: « Cos'è il dolore? ».

No!, non è acqua quella che sostanzia gli oceani, i poli, e rende fertile la terra: sono lacrime versate dal dolore.

Tutte le creature della terra sono segnate e dominate dal dolore.

Si cerca affannosamente il piacere ed affannosamente si trova la sofferenza.

Il dolore, che sia sensazione fisica o sentimento, appare assolutamente dannoso e tanto negativo che l'uomo ne fa la maledizione di Dio.

L'esistenza del dolore è, al tempo stesso, lacerante esperienza e, per gli esseri dotati di raziocinio, paurosa minaccia nonché causa di angosciosi interrogativi.

Generalmente l'uomo accetta piú l'esistenza della morte che quella del dolore. Ed è giusto. Perché mai temere la morte tanto da sognare l'immortalità?

Che sciocchezza!

L'uomo che fosse immortale sarebbe il piú disgraziato degli esseri. La morte è la piú grande benedizione: libera l'umanità dalla tirannia dei potenti, dalla noia dei sapienti, dal peso dei notabili.

Pensate un attimo a che cosa sarebbe l'umanità se nessun uomo del passato fosse morto, specialmente i potenti. Tutti vorrebbero continuare a pesare sulla storia. Ve la immaginate che Babilonia? E quanto è comodo, invece, poterli mettere in disparte, obliarli, seppellirli nel silenzio.

Fortunatamente si muore di continuo. E se la morte è la regina della terra, in quanto nessun essere vivente ad essa sfugge, il dolore ne è il re.

Vivere è avere un retaggio di dolore.

Non è pessimismo il mio, è constatazione di un fatto estremamente naturale. Riconoscerlo non significa soffocare la speranza.
E' assurdo, per non dire mostruoso, sperare di cambiare l'ordine naturale senza tener conto delle ragioni che lo determinano.

Questo è il punto: la ragione del dolore.

Perché mai tanto dolore affligge ogni essere vivente? E fa dubitare i raziocinanti che la vita sia un dono; e fa pensare piuttosto che introduca in un luogo di pena dove, per qualche oscura ragione, ognuno debba soffrire.

E se fosse - come nella catena alimentare della natura ogni creatura si ciba ed è cibo di altre - che le sensazioni, le emozioni, il dolore degli esseri viventi costituissero alimento per invisibili entità ultraumane?

E se il dolore - che è tormento di ogni essere carnale - fosse il piacere di entità cosmiche immateriali, che si adoperassero in ogni modo per far soffrire i viventi e così trovare, esse, piú godimento?

In tal modo gli esseri viventi tutti - e piú d'ogni altro l'uomo - sarebbero come animali da allevamento, fatti vivere e soffrire per il piacere di invisibili, potenti, sovrastanti, crudeli parassiti.

Questi ed altri sono i dubbi che la dilaniante crudeltà del dolore fa sorgere in chi cerca una ragione di esso.

Il credente, di fronte allo spettacolo del dolore, conosce il dubbio.

Chi soffre perde la fede. Nei momenti di grande dolore anche la piú ferrea delle convinzioni spirituali, vacilla. « Padre, perché mi hai abbandonato? » si chiese lo stesso Cristo all'acne della sofferenza.

Il dubbio che il dolore suscita nel credente si chiama « timore di aver offeso la Maestà divina » ed è intendere il dolore quale castigo.

Ma non in tutti i credenti il dolore evoca sensi di colpa; a molti fa pensare d'essere vittime di ingiustizia ed allora, spesso, diventa ribellione. « Guai a ribellarsi nel dolore! » dicono i padri spirituali.

lo, senza avere la pretesa d'esservi guida, vi dico: ribellatevi pure!

Il dolore non è una cosa piacevole. E' ufficio di ogni uomo essere forte, ed è ufficio dell'uomo forte resistere al dolore.

Ma non sentitevi in colpa se vi manca la rassegnazione, se non sapete accettarlo come se fosse un piacere.

No!, non tento di mettere d'accordo Dio e il dolore dicendovi che è l'uomo l'artefice della propria sofferenza.

E’ un Dio di crudeltà quello che toglie il figlio alla madre, che lungamente lascia le Sue creature nei tormenti tanto da far loro invocare la morte?

E' un Dio spietato quello che fa arrancare i Suoi figli, trascinare fra mille patimenti, e rimane muto alle loro invocazioni disperate? Il peggiore degli uomini talvolta sarebbe piú pietoso.

E' un Dio impotente quello che, invocato, implorato, non dà le poche ore di sollievo che una semplice, insensibile pillola può dare?

Perché Dio, nella Sua incommensurabile perfezione, ha creato il dolore? E se non lo ha voluto o lo vuole Lui, perché lo permette?

« Perché mi è successo questo? Perché devo soffrire? », si domanda il sofferente. Tutti vorrebbero conoscere il perché del loro dolore.

Esistono tante risposte quanti sono quelli che patiscono. E ne esiste una che le riassume tutte: l'uomo soffre perché deve superare l'io personale ed egoistico.

Questa è la risposta. Il resto è dettaglio con poca importanza. Non è tanto un tipo di azione che determina l'effetto, quanto l'intenzione.

Quindi non serve conoscere il dettaglio: conoscete voi stessi, le vostre intenzioni, e saprete il perché della vostra sofferenza.

Non si tratta di sapere, ma di « essere ».

Serve riflettere prima, nella vita di tutti i giorni; porre attenzione ai nostri rapporti con gli altri; vivere con la nostra sensibilità e la nostra considerazione una vita in cui gli altri non siano relegati al solo ruolo di comparsa, in cui ci avviamo a superare l'io personale ed egoistico.

Questo è il solo modo di risparmiarci sofferenza.

Certo è che per il fatto stesso che il dolore esista, è da Dio voluto, ricade su di Lui.
Ma sarebbe un Dio estremamente crudele quello che condannasse al dolore altri restandosene ben al di fuori, nella beatitudine del Suo Olimpo, a guardare chi soffre
.

Tutto quanto esiste, per esistere deve essere « sentito », ed il modo in cui ciascun essere lo « sente » è il modo attraverso al quale lo « sente » Dio; perciò è il modo attraverso al quale esiste.

Attenti a quello che ho detto.

Il dolore fa parte di una dualità della quale - sarei tentato di dire se non temessi di essere retorico - Dio stesso ne soffre e ne gioisce.

Certo è che nulla di ciò che esiste, in senso lato, anche soggettivo, a cominciare dalle sensazioni per finire al sentire divino, esisterebbe se non fosse in Dio, pur essendo Dio tutt'altro dal particolare.

Ma una domanda ricorre in chi riflette sul dolore e cioè se Dio avrebbe potuto evitare di creare la sofferenza, per dirla in termini di creazione.

Una tale domanda rientra nel quesito piú ampio e generale, cioè: se le cose tutte avrebbero potuto essere diverse da come sono congegnate.

Penso di no, ed é una asserzione che può essere accettata solo per fede.

Nel momento che l'uomo chiama su di esso il dolore e poi soffre, sappiate che altro mezzo non v'era per condurlo innanzi d'un passo.

Forse il dolore perde il suo sapore di maledizione ed appare meno crudele se visto in una luce diversa che libera chi soffre dall'idea di patire una punizione divina, che non lo fa sentire in colpa se non riesce ad accettare la sofferenza e che, soprattutto, fa del dolore uno strumento dell'amore divino, un mezzo per farci partecipi dell'esistenza di Dio.

Sono consapevole che quanto dico può essere recepito piú da chi è spettatore della sofferenza che da chi soffre.

Chi patisce non intende ragioni, se non quella che può dare termine al suo soffrire.

Ed è giusto che sia cosí.

Ma nell'ora della disperazione, quando senti di non farcela con le tue sole forze e ti volgi attorno, forse senza speranza, quanta gioia e sollievo ti dà la mano di chi ti aiuta!

Questo è quello che il dolore ci indirizza a farci comprendere, ad insegnarci; ma non già come un fatto di conoscenza, un patrimonio della mente, bensí come un'intima trasformazione: un essere nuovo che in tal modo sente e perciò opera.

Ebbene, se nelle cose che posso spiegare, il dolore, mi appare utile, la stessa utilità deve esserci laddove non arrivo ad afferrare la ragione della sua esistenza.

Ma dunque, se allora il suo esistere è vitale, rifuggirlo, ribellarsi alla sua opprimente presenza è un errore?

Se quale termine di una dualità che dà vita ed evoluzione, il dolore é provvidenziale, perché mai ribellarsi al suo straziante dominio? Giusto parrebbe invece supinamente subirlo.

Sí, è vero: il dolore è una macerazione insostituibile, ma la sua funzione è anche quella di far reagire, imprecare, rompere le situazioni spiritualmente cristallizzate, indurre a ricercare, a chiedersi: « Perché? », a diventare strumenti di speranza e di gioia!

L'esistenza del dolore poggia su precise ragioni, quanto meno su quella di spingere gli uomini a serrarsi, a colláborare, a lavorare uniti per cancellarlo dalla tetra.

Realizzandosi ciò, l'importante tappa raggiunta non sarebbe tanto l'assenza di dolore, quanto l'unione fraterna degli esseri.

Mai identificarsi con il dolore. L'uomo é molto di piú.

Dio é amore. Chi lo trova, non conoscerà mai più il dolore.
 

greg

Nuovo forumer
genesta ha scritto:
L'esistenza del dolore poggia su precise ragioni, quanto meno su quella di spingere gli uomini a serrarsi, a colláborare, a lavorare uniti per cancellarlo dalla tetra.

Realizzandosi ciò, l'importante tappa raggiunta non sarebbe tanto l'assenza di dolore, quanto l'unione fraterna degli esseri.


Dio é amore. Chi lo trova, non conoscerà mai più il dolore.

Mi sembra una razionalizzazione.
Alla maniera di Occam, se è difficile conciliare la presenza di tanta infelicità con quella di un essere supremo che è amore, la spiegazione più logica potrebbe essere che Dio non è quell'essere benevolo che ci piace immaginare.
E se davvero siamo stati fatti a sua immagine e somiglianza, l'ipotesi si rafforza ancora.
 

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