MANCANO 3 KG A NATALE

DANY1969

Forumer storico
:d:
Buona settimana a tutti :)
Per gli auguri di Natale c'è tempo :babbo:... meglio pensare ad altro :)
Ancora qualche foto della Sardegna (scatti di mio fratello)

Immagine177.jpg
Immagine178.jpg
Immagine179.jpg
Immagine180.jpg
Immagine181.jpg
Immagine182.jpg
Immagine183.jpg
Immagine184.jpg
 
Trattandosi di un virus para-influenzare o simil-influenzare è normale che ad ogni inverno
ci sia una mutazione. Pari pari con quello che accade con l'influenza.
Questi fanno finta di cascare dal pero.



In queste ultime ore sono tanti gli interrogativi ed i dubbi circa la nuova variante del coronavirus scoperta in Inghilterra,
ma a gettare acqua sul fuoco dell'eccessivo allarmismo è Giorgio Palù, virologo dell'università di Padova.


Un allarmismo, spiega l'esperto durante un'intervista,

"non giustificato dai dati scientifici: si tratta di sequenze genomiche, ma non c'è dietro alcuna biologia".


Nessun riscontro scientifico è in grado di comprovare la maggiore pericolosità di questa variante,
spiega ancora il presidente dell'Agenzia italiana del farmaco (Aifa).

"Non ci sono prove che questa mutazione renda il virus più letale o gli consenta di sfuggire ai vaccini",

spiega ancora Palù, come riferito da AdnKronos.

"Tutti i virus che hanno bassa letalità, e il Sars-Cov-2 lo è poiché sta sullo 0,2-0,5%, tendono ad adattarsi al nuovo ospite ed a replicarsi,
ma è una funzione del virus quella di replicarsi, non certo quella di uccidere l'ospite che necessariamente infetta per sopravvivere, essendo un bioparassita",


precisa ancora l'esperto.


Tale mutazione, comunque, circolerebbe

"già da settembre in Inghilterra, Scozia, Galles, in Sudafrica, ma anche in Olanda e Danimarca".

È bene sottolineare che "dati preliminari mostrano che i mutanti sono neutralizzati dagli anticorpi dell'infezione naturale o dei vaccinati".


"Dal prototipo di Wuhan sono già avvenute migliaia di mutazioni", prosegue l'esperto,

"che ci consentono di tracciare l'evoluzione del virus e classificare i diversi genotipi, che hanno un unico progenitore.

Finora nessuna di queste mutazioni è stata correlata con un aumento della virulenza,
cioè con una capacità del virus di fare più male, di uccidere di più"
.


Insomma, non essendo stata mai registrata un'evoluzione del patogeno più letale delle precedenti già note, è controproducente creare inutili allarmismi.

"Si tratta di mutazioni che fanno crescere la sua contagiosità.

Al momento non abbiamo pubblicazioni o studi approfonditi.

Servirebbe uno studio sull'infettività virale in presenza / assenza di anticorpi specifici, su cellule umane,
su organoidi e infine su un modello animale adeguato. Solo a quel punto ci si potrà esprimere sui rischi"
, puntualizza ancora.


Nessuna certezza neppure per quanto riguarda l'efficacia del vaccino:

"Non c'è prova che il virus sfugga al controllo degli anticorpi.
Dopo il via libera dell'Ema (Agenzia europea dei medicinali) al vaccino Pfizer, atteso per oggi", spiega ancora Palù,
"domani arriverà il timbro formale della Commissione Ue e sempre domani ci riuniremo per la nostra autorizzazione".

Via libera, dunque, per le vaccinazioni, a partire dal prossimo 27 dicembre.

"Bisogna arrivare a una immunizzazione tra il 65% e il 70% della popolazione,
è l'unico modo per proteggere dall'infezione anche chi non si vaccina"
.


Come previsto, si partirà da personale medico e anziani, le categorie considerate più a rischio.


E per quanto riguarda il ventilato obbligo di vaccinarsi?

"Oltre che complicata dal punto di vista giuridico, l'obbligatorietà presenta anche un'altra criticità:

noi avremo alla fine 6 vaccini con caratteristiche diverse,

per cui qualcuno potrebbe legittimamente chiedere di farsi iniettare un tipo piuttosto che un altro",


precisa il virologo, che non allontana l'idea del pugno di ferro con gli operatori sanitari che annunciano di non voler procedere con l'inoculazione del siero.

"In generale penso che hanno un dovere morale a farsi vaccinare e per loro, più dell'obbligatorietà,
si potrebbe prevedere che l'avvenuta vaccinazione sia un requisito per lavorare".


Nonostante la corsa alla vaccinazione, tuttavia, è lo stesso presidente dell'Aifa
ad ammettere che potrebbero esserci delle complicazioni,
effetti collaterali a parte:

"A partire che già con la prima dose il sistema immunitario viene stimolato,

la possibilità di contagiarsi e ammalarsi va messa in conto.

È possibile che la prima dose consenta di andare incontro a sintomi più lievi,

ma bisognerà fare comunque il richiamo, anche da positivi.

Sarebbe meglio evitare questa situazione e l'ovvia raccomandazione

è quella di fare molta attenzione nei venti giorni che separano le due iniezioni"
,

conclude il virologo.
 
Buone Feste a tutti... che questo anomalo Natale possa essere ugualmente felice e sereno per Voi e le Vostre famiglie. :)
 

La nostra privacy
ha un prezzo: 150 euro



La privacy è una questione importante.

La privacy è una questione dirimente.

La privacy è un valore assoluto al quale un popolo moderno, responsabile, autonomo e indipendente
non è disposto a rinunciare per nessuna cosa al mondo: è un fatto di dignità, oltre che di libertà.
 
Chi ha preso il Covid ha il 98% di probabilità di non riprenderlo, almeno per qualche mese dall’infezione.

Una speranza che viene dall’ospedale Manzoni di Lecco per uno studio, ancora a livello sperimentale,
condotto insieme al Policlinico San Matteo di Pavia (capofila) e all’ospedale di Piacenza.

Il Policlinico, poi, insieme al Karolinska Institute di Stoccolma, in un recentissimo studio,
ha scoperto che le cellule memoria del Covid, ovvero quelle che si “ricordano” che il corpo è stato attaccato dal virus,
mantengono questo ricordo per almeno 6-8 mesi dall’infezione.

Il che non vuol dire che sia così “breve” il tempo durante il quale le nostre cellule si ricordano del Covid,
ma che, essendo il tempo di osservazione durato massimo da febbraio,
questo è quanto si è potuto notare dopo che i malati sono guariti.


Uno su cinquanta


La risposta immunitaria dura nel tempo e per pochissime settimane.


«Lo studio – spiegano dal policlinico pavese – conferma questo dato ma è ancora allo stadio preliminare.
È stato appena ultimato dal nostro dipartimento di virologia», ci fanno notare dall’ufficio stampa del Policlinico San Matteo.


Ma preliminare o meno che sia, non c’è dubbio sul dato matematico:
i tre ospedali, infatti, hanno tenuto conto di quanti, tra il personale sanitario, hanno contratto la malattia durante la prima ondata
e quanti si sono poi riammalati durante la seconda (ancora in corso).

Ed hanno scoperto che su 9.610 operatori sottoposti al test sierologico a maggio sono risultati positivi in 1.460 (15,2 per cento).

Ma il dato interessante è questo: dei 1.460 operatori sanitari risultati positivi nella prima ondata,
si sono reinfettati in queste settimane solamente 27 e di questi 18 erano asintomatici.

L’1,8 per cento, appunto.

Il che vuol dire che una volta che hai preso il Covid e l’hai superato, la probabilità di rifarlo (a distanza almeno di pochi mesi) è bassa.


Non solo: lo studio preliminare mette in evidenza il fatto che degli 8.150 risultati invece negativi al test durante la prima ondata,
si sono contagiati in 540 (ovvero il 6,6%).

Una percentuale inferiore alla metà rispetto alla prima ondata, segno che, nel frattempo, negli ospedali di Lecco, Pavia e Piacenza,
si sono messi in atto percorsi differenziati Covid/No Covid efficaci e che i dispositivi di protezione individuale hanno funzionato.


Gli sviluppi


Gli sviluppi di queste scoperte, però, aprono scenari di grande speranza:
il vaccino anti Covid ha un’efficacia, da confermare, intorno al 90% (quello per l’influenza del 70-80 per cento, per intenderci).

Aver fatto la malattia, rende “sicuro” il 98 % degli ex malati di Covid dal riprenderlo.
 
Alcuni giorni fa, il Ministro per il Sud e la Coesione territoriale, Peppe Provenzano,
ha annunciato su twitter che “La Strategia Aree interne passa dalla fase di sperimentazione a vera e propria politica strutturale.
Nel 2019 erano 41 le aree, oggi 71: oltre 1 mld di interventi su scuola, salute, mobilità, digitale.
Ora al via la selezione di 2 nuove aree per Regione”.

La strategia prevede una molteplicità di interventi a favore dei luoghi marginali, con uno stanziamento complessivo pari a 1,142 miliardi di euro.


Nel mare magnum della spesa pubblica, probabilmente questo programma non è dei peggiori.

C’è, però, un aspetto di metodo su cui vale la pena soffermarsi.

Nel comunicato stampa che annuncia l’estensione della fase di sperimentazione e il rifinanziamento,
si dice testualmente che “è tempo di un primo bilancio”.

Ebbene: dov’è questo bilancio?

Quali sono gli esiti della sperimentazione?

Sulla base di quali evidenze si è deciso di confermarla e, anzi, ampliarla?

Sono stati apportati dei correttivi?

Sono domande alle quali non si trova risposta nella comunicazione istituzionale del Ministero.

A specifica nostra richiesta, alcuni dirigenti del Ministero di Provenzano hanno segnalato vari documenti più o meno ufficiali.

Da nessuna parte, purtroppo, è stato possibile trovare il “bilancio” di cui parla il comunicato stampa,
né una descrizione dei risultati della fase sperimentale, né una illustrazione dei motivi per cui il Governo ha scelto di aumentare l’impegno politico e finanziario.


Ecco: questi fatti mostrano che c’è un enorme problema nella comunicazione politica e istituzionale.

Che senso ha parlare di “sperimentazione”, se poi si procede imperterriti senza neppure tentare di imparare dall’esperienza?

O “sperimentazione” è solo un termine utilizzato per dire che i soldi non bastano per soddisfare tutti gli appetiti
e, allora, qualcuno dovrà rassegnarsi e restare a bocca asciutta?

Il Ministro Provenzano, prima di fare il politico, era uno studioso, e in teoria dovrebbe essere sensibile a questi temi.

Invece, ha dimostrato di essere particolarmente sordo alle richieste di chiarimenti.

Per questa ragione, l’Istituto Bruno Leoni ha deciso di fargli omaggio di una copia di “Morire di auti”,
il libro in cui Antonio Accetturo e Guido de Blasio fanno il punto sulla valutazione delle politiche per lo sviluppo del Mezzogiorno
e spiegano come si conduce una seria campagna di policy evaluation.


Non siamo ingenui: praticamente nessuna politica in Italia è corredata da strumenti di valutazione, men che meno in un momento come questo.

Ma allora, perché parlare di “sperimentazione”?

Perché scimmiottare un linguaggio che lascia intendere un impegno serio e un cambio di passo,
quando poi non si fa altro che replicare le vecchie prassi?


Ministro Provenzano, anche a Natale è importante tenere a mente un importante precetto: le parole sono importanti.
 

Users who are viewing this thread

Back
Alto