mercoledì 3 agosto 2011
La casta armata: ieri altri 800 milioni di euro per lo sviluppo sono scomparsi dalle casse dello stato.
Oggi la notizia di 9 miliardi di investimenti per il sud. Per sapere che fine faranno, e quanta ipocrisia si nasconda in quest'annuncio, basta volgere lo sguardo indietro nel tempo. Nemmeno troppo indietro nel tempo. Bastano 24 ore.
Ieri infatti la Camera dei deputati ha approvato in modo bipartisan la dissipazione di
800 milioni di euro per il solo secondo semestre 2011. Erano fondi per lo sviluppo del nostro paese, sono finiti da tutt'altra parte.
Di questi 800 infatti 10,8 milioni sono per la cooperazione internazionale (oggi tutti i giornali segnalavano questa cifra), mentre 790 milioni (oggi nessun giornale parla di questa cifra) sono per la proroga degli interventi militari nel mondo, in particolare oltre la metà è destinata alla missione ISAF in Afghanistan.
Significa che ogni 5 minuti spendiamo per mantenere i nostri soldati in quei paesi il corrispondente di uno stipendio parlamentare.
Ogni ora del giorno vanno via 200.000 euro. Ogni giorno 4 milioni e mezzo.
Non siamo ancora ai 20 miliardi di dollari che gli USA spendono ogni anno solo per l'aria condizionata in Iraq e Afghanistan (
http://www.corriere.it/esteri/11_gi...ta_107c64e8-a175-11e0-ae6a-9b75910f192b.shtml), ma poco ci manca.
Per portare avanti le missioni militari in giro per il mondo, il Parlamento ha deciso di sperperare le risorse economiche finalizzare al rilancio dell'economia nel nostro paese:
725.064.192 euro sono stati saccheggiati dal "Fondo per interventi strutturali di politica economica" e 17.000.000 di euro finanche dal "Fondo per le aree sottoutilizzate".
Oggi annunciano miliardi di investimenti per il sud: quanta ipocrisia!
Proroga delle missioni di pace all'estero, così recita l'allegato B del dl 21/11.
Negli altri paesi hanno il coraggio di chiamare la guerra con il loro nome, da noi l'ipocrisia sfacciata della classe politica nostrana cerca goffamente di nasconderla chiamandola nel suo opposto e contrario.
La pace diventa guerra, la guerra diventa pace: il 1984 di George Orwell è qui ed ora.
Centrodestra e centrosinistra, ministri, deputati e presidenti vari, in modo pressocchè unanime, hanno cercato con questo ridicolo escamotage di mettersi a posto con la coscienza, e con i dettami costituzionali.
I nostri ragazzi, poco più che ventenni, continuano a morire: i ministri accorrono all'aereoporto militare di Ciampino per accogliere i loro feretri, un abbraccio caloroso ai familiari, un bel discorso commosso e accuratamente stracolmo di retorica patriottica sul martirio in nome della pace e della libertà. Poi di corsa negli studi televisivi, in aula o in giro per l'Italia, a recitare altri copioni, altri skecth teatrali.
Alle madri, alle mogli e agli orfani , non resta che un mucchio di telegrammi di condoglianze delle più alte cariche dello stato e una pensione di guerra, che in questo caso non hanno avuto la sfrontatezza di chiamarla pensione di pace.
Quasi sempre meridionali, di quel sud dove le Forze Armate sono l'unico settore lavorativo ancora oggi in grado di garantire una stabilità e una prospettiva, i nostri ragazzi sono schierati in una guerra senza senso e senza prospettiva.
Gli stessi analisti militari ci consegnano periodicamente, in modo quasi sempre secretato e riservato alle alte sfere istituzionali, un quadro disarmante della situazione in Afghanistan.
Riporto qui alcuni stralci del
documento n.078 DSC 11 E "TRANSITION IN AFGHANISTAN: ASSESSING THE SECURITY EFFORT" - redatto in occasione della Spring Session 2011 della NATO Parliamentary Assembly.
Il documento afferma non solo le difficoltà dell'intervento militare, ma anche il rischio che si dimostri controproducente rispetto agli obiettivi di stabilità e pacificazione dell'area.
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58. Sulla strategia per la costruzione dello Stato afgano, i comandanti militari responsabili a livello tattico hanno avanzato delle riserve sull'attuabilità della strategia nel lungo periodo. Le loro preoccupazioni si concentrano in particolare sull'incapacità di trovare un'autorità afgana credibile in grado di occupare lo spazio creato dai successi tattici dell'ISAF. La dottrina della lotta contro l'insorgenza, e l'approccio civile globale che essa supporta, rappresenta un quadro operativo ad uso dei militari piuttosto che una strategia vera a propria per la costruzione di uno Stato, in particolare in un paese sottosviluppato come l’Afghanistan. Molte voci critiche fanno notare che un'impostazione «più leggera e a lungo termine», basata su un impegno sostenibile e più contenuto che preveda l'intervento di consiglieri «incorporati», forze speciali e droni, sia l'opzione da preferire.
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60. Un altro motivo di preoccupazione è il calo del consenso della popolazione locale rispetto alla presenza dell'ISAF in Afghanistan. Diversi incidenti occorsi durante l'anno passato dimostrano che anche tra la popolazione afgana la pazienza comincia a mancare, e lo testimoniano le critiche sempre più aperte del presidente Karzai in occasione degli incidenti che hanno causato vittime civili, o ancora le diffuse manifestazioni contro gli USA e l'ISAF nell'aprile del 2011.
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24. Finora in Afghanistan la situazione generale della sicurezza è migliorata solo lentamente.
In questo settore si sono registrati successi tattici localmente circoscritti, ma a questi non hanno fatto seguito risultati sul piano strategico. In molte regioni problemi seri e significativi nel settore della sicurezza e della governance attendono ancora una soluzione. In determinate aree i ribelli continuano a essere forti. Tra i mesi di marzo e di settembre 2010 la violenza ha raggiunto livelli senza precedenti, con un aumento delle azioni di combattimento di quasi il 55 % rispetto al trimestre precedente.
In linea con questa evoluzione, la percezione della sicurezza riferita dalla popolazione afgana ha raggiunto il livello più basso da quando sono stati avviati i sondaggi di opinione nel settembre 2008. Le autorità militari fanno rilevare che l'aumento della violenza è dovuta a una più forte presenza dell'ISAF e delle Forze di sicurezza afgane nelle zone in passato controllate dagli insorti.
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41. Al momento attuale la Missione NATO di addestramento in Afghanistan gode di un finanziamento di un miliardo di dollari dagli Stati Uniti e di altri 400 milioni messi a disposizione dalla stessa Alleanza. Della spesa annua sostenuta per l'Afghanistan, pari a oltre 110 miliardi di dollari, il comandante della Missione prevede altresì che le forze di sicurezza afgane necessiteranno da 6 a 8 miliardi di dollari all'anno per funzionare a organico pieno nel periodo post transizione. Visto che il Pil annuale dell'Afghanistan viene valutato in 16,63 miliardi di dollari, l'interrogativo è ovviamente se, una volta conclusa la fase di transizione, gli afgani saranno in grado di mantenere le loro forze di sicurezza senza l'aiuto economico massiccio e prolungato degli Stati membri della NATO.
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59. E' innegabile che i paesi contributori auspicano di arrivare presto alla fine dell'operazione.
La pazienza dell'opinione pubblica rispetto al conflitto si sta esaurendo. Da un sondaggio realizzato negli Stati Uniti nel marzo 2011 risulta che il 64% delle persone interpellate «pensano che non vale la pena combattere la guerra». Consapevole del problema, il generale Petraeus, nella sua relazione al Congresso nel marzo scorso ha riconosciuto che l'obiettivo principale è stato ampiamente raggiunto: attualmente i membri di Al Qaida presenti sul territorio del paese sono meno di cento.
Gli Stati Uniti si sono impegnati a condurre operazioni di combattimento fino al 2014.
L'anno scorso i Paesi Bassi sono stati il primo paese membro della NATO a porre fine alla missione di combattimento in Afghanistan e a ritirare i 1900 soldati olandesi.
Il Canada richiamerà i suoi 2.800 militari prima della fine dell'anno.
La Polonia ha segnalato che il rimpatrio dei suoi 2.600 soldati si concluderà entro il 2012.
In gennaio il Parlamento tedesco ha votato a favore del ritiro dei suoi 4.900 uomini prima della fine del 2011: è la prima volta che il terzo contributore più importante dell'ISAF stabilisca una scadenza per il rientro dei suoi soldati.
Il Regno Unito, che con 9.500 uomini ha schierato il secondo contingente più importante in Afghanistan ha dichiarato in dicembre che è possibile che le sue forze cominceranno a lasciare il paese nel corso di quest'anno.
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