Avete provato a dare un’occhiata agli
spread praticato dalle banche su qualsiasi categoria di nuovi mutui in questo primo scorcio del 2009? Scordatevi (o quasi) quei ricarichi inferiori all’1% che fino a qualche mese fa si potevano trovare se non con facilità, almeno con buona frequenza. Adesso si parte – minimo – da 100 punti base e questa è la vera amara sorpresa di questo primo scorcio del 2009 per chi deve sottoscrivere un finanziamento ex-novo. Lo
spread, infatti, è un costo che ci si porta avanti per tutta la vita (a meno di future rinegoziazioni, surroghe o sostituzioni) e chi sceglie oggi il variabile attratto dal livello storicamente basso degli
Euribor rischia di trovarsi un fardello assai pesante quando i tassi interbancari torneranno inevitabilmente a crescere.
Osservando le condizioni praticate dalle principali banche italiane rilevate dal
broker Mutuionline si può avere un’idea più precisa del rincaro di queste ultime settimane: chi sceglie un finanziamento da 100mila euro a tasso variabile oggi paga in media alla banca (inserire link alla tabella) uno
spread dell’1,34% contro lo 0,98% di fine agosto, cioè il 36% in più; per chi preferisce il tasso fisso il ricarico è passato dallo 0,97% all’1,37% (+41%) e ha in parte riassorbito il drastico calo dei tassi Irs.
Paradossalmente sorride adesso due volte chi ha tirato la cinghia nei mesi scorsi, quando l’Euribor aveva varcato la soglia del 5%, e che magari è pure riuscito con una rinegoziazione o una surroga a spuntare condizioni migliori. Questi “fortunati” si ritrovano non soltanto con tassi bassi, ma anche con un prodotto decisamente più competitivo rispetto a quelli che vengono immessi adesso sul mercato.
La crisi finanziaria
Il processo di graduale erosione degli
spread - un circolo virtuoso innescato negli ultimi anni anche dall’ingresso di operatori stranieri sul mercato italiano - sembra dunque per il momento interrotto. I motivi alla base di un simile fenomeno, come spesso accade, sono molteplici: alcuni contingenti, che potrebbero quindi venire meno in un prossimo futuro; altri invece strutturali, destinati probabilmente a condizionare il mercato dei prestiti-casa per qualche tempo.
Tra i primi non si può ignorare la crisi finanziaria che sta condizionando da alcuni mesi il settore del credito a livello mondiale: è del tutto fisiologico che le banche, colpite al cuore dalla tempesta del secolo e alla costante ricerca di liquidità, si facciano da una parte più caute nel concedere crediti e cerchino dall’altra di recuperare redditività dove ancora possono farlo. Il risultato, ovviamente, è un innalzamento dei margini sui prestiti che scoraggia il ricorso al credito delle famiglie (e delle imprese) e contemporaneamente tende ad aumentare i guadagni. Non è inoltre inusuale (anzi…) che i periodi in cui i tassi tendono a scendere siano accompagnati da una crescita degli
spread (e questo vale naturalmente a maggior ragione per quelli praticati sul fisso), quasi a effettuare una sorta di compensazione della quale il cliente, attratto dalle condizioni finali apparentemente vantaggiose rispetto ai mesi precedenti, non sempre si avvede.
Boomerang Bersani
Fin qui, dunque, le motivazioni temporanee, quelle che potrebbero dissolversi nel momento in cui - c’è da augurarselo – l’economia dovesse riprendere il suo corso usuale. Vale però la pena di guardare anche ad altre ragioni di carattere più strutturale che stanno portando un cambiamento sostanziale allo stesso mercato dei mutui italiano. E qui alcune considerazioni vanno fatte anche sulle innovazioni introdotte ormai da più di un anno dal decreto Bersani sulla portabilità. La possibilità di trasferire a costo zero (o quasi) il proprio finanziamento presso una nuova banca ha infatti dato in molti casi notevoli vantaggi ai mutuatari, ma ha anche tolto agli istituti finanziari quella che fino a pochi mesi prima era la certezza di tenere stretto a sé un cliente per 20 o 30 anni. Quest’ultime si difendono quindi aumentando i margini su ciascun singolo contratto. Una tendenza che, a onor del vero, non è iniziata adesso, ma va avanti se pur in modo graduale da almeno un anno: per un po’ di tempo le forze della concorrenza hanno continuato a operare calmierando l’aumento dello
spread, adesso che la crisi finanziaria ha avuto il sopravvento e che i tassi di base sono ai minimi il fenomeno si manifesta in tutta la sua intensità.
Mutuo Bce
Un capitolo a parte lo meritano i nuovi mutui a tasso variabile che propongono l’indicizzazione al tasso Bce anziché al tradizionale Euribor e qui, duole dirlo, eravamo stati facili profeti fin dall’inizio. Il problema di base, infatti, è che il costo del denaro fissato a Francoforte non è un valore di mercato e le banche, che piaccia o no, prendono i soldi a prestito ai tassi indicati dal mercato interbancario (gli Euribor, appunto). Indicizzare un prestito al saggio Bce implica per gli istituti di credito l’assunzione di un rischio supplementare, quello che si possa assistere a una crisi di liquidità simile a quella degli ultimi mesi (e non ancora del tutto rientrata, nonostante il crollo degli Euribor) durante la quale la differenza fra i tassi dell’interbancario e quelli di Francoforte è salita da pochi decimi fino a oltre l’1,5 per cento. Era quindi in un certo senso da mettere in conto che le banche facessero pagare questo rischio al cliente applicando
spread più elevati. E a poco, sotto questo aspetto, sembra per il momento servire il decreto anti-crisi che, obbligando le banche a offrire anche prodotti indicizzati alla Bce a partire dal 1 gennaio 2009, ha stabilito che “il tasso complessivo applicato in tali contratti è in linea con quello praticato per le altre forme di indicizzazione”: una formula suscettibile di diverse interpretazioni.