NON E'SUFFICiENTE POSSEDERE UNA BUONA MENTE,L'IMPORTANTE E'SAPERLA USARE.... (3 lettori)

gasto

Banned
I mercati finanziari questa volta lo temono davvero: solo un miracolo potrà salvare la Grecia entro il 19 maggio, quando Atene dovrà rimborsare titoli di Stato per circa 9 miliardi di euro. Il fantasma di un'imminente ristrutturazione del debito – modo gentile per definire un default – aleggia sulle quotazioni di tutti i mercati. Si vede sulle Borse del Vecchio continente, che ieri sono sprofondate mediamente del 3,67% registrando il calo più violento degli ultimi cinque mesi e bruciando 160 miliardi di euro. Si percepisce sulle valute, con l'euro che è caduto al minimo da un anno a 1,3168 dollari e a 122,88 yen. Si sente sulle polizze anti-crack, cioè sui credit default swap, che ieri si facevano beffa degli investitori valutando la Grecia allo stesso livello dell'Argentina (826 punti base). Si respira sulle materie prime, che ieri hanno chiuso in calo (petrolio -2%) per le preoccupazioni sulla tenuta dell'economia. I mercati possono avere torto, certo. Ma il loro orientamento è ben definito: la Grecia, sentenziano, difficilmente sarà salvata. I tempi della politica sono troppo lunghi per un'operazione così delicata. E, a meno di un miracolo, i dolori si estenderanno anche ad altri Paesi. Portogallo in testa.
Ieri la goccia che ha fatto traboccare il vaso è stata versata da Standard & Poor's. Verso le 17,20 l'agenzia di rating ha deciso di tagliare di tre gradini il voto del Paese ellenico, portandolo dal tranquillo "BBB+" allo speculativo "BB+". Un po' come se uno studente vedesse passare il suo voto a scuola, in un batter di ciglia, da 7 a 4. Ovvia la reazione negativa dei mercati. Ancor più ovvia perché, insieme alla Grecia, Standard & Poor's ha declassato da "A+" a "A-" anche il Portogallo. Questo ha rinvigorito la percezione che il rischio-Paese sia effettivamente un problema in Europa. E ha riportato l'attenzione sulla crescita inarrestabile dei debiti statali. Proprio ieri uno studio dell'economista Kenneth Rogoff ha stimato che, storicamente, nei tre anni dopo una crisi i debiti pubblici crescono in termini reali dell'86%.
Il panico forse è eccessivo. Ma la paura nel breve periodo è che la Germania, nonostante le dichiarazioni ufficiali, non sblocchi il piano per Atene in tempo per salvare il salvabile. Nel medio termine, invece, il timore è che il contagio dalla Grecia si estenda ad altri paesi. Così gli investitori ieri hanno punito tutte le Borse, ma si sono accaniti proprio su quelle dei Paesi più deboli: se Francoforte ha perso solo il 2,73% e Wall Street ha limitato i danni a -2,34%, la Borsa greca ha bruciato il 6%, quella portoghese il 5,36%, quella irlandese il 4,48% e quella spagnola il 4,19%. Quasi una scala, in cui si legge la sigla «Pigs». Forti, ma di minore entità, i ribassi in Italia (-3,28%), Francia (-3,82%) e Gran Bretagna (-2,61%). E questa differente performance prosegue da tempo: se da inizio anno la Borsa di Francoforte guadagna il 3,39%, quella spagnola perde il 12,22%, quella greca il 22,74% e quella portoghese il 15,49%. Sembra quasi che gli investitori stiano separando con la forza ciò che Maastricht ha unito.
Le vendite ieri sono cadute ovunque, ma si sono accanite soprattutto sulle banche e sulle società attive nel settore delle materie prime. Le prime hanno perso mediamente il 4,47% perché sono esposte sulla Grecia: secondo i dati della Bri, le banche europee hanno aumentato l'esposizione sulla Repubblica ellenica dai 215 miliardi del giugno 2007 ai 272 miliardi del settembre 2009. Qualcuno ieri sosteneva che tanti istituti stessero disperatamente vendendo obbligazioni greche, ma questo non cambia la sostanza: Bnp Paribas è collassata del 7%, Bbva del 5,74%, National Bank of Greece del 9,99%, Intesa Sanpaolo del 5,66% e UniCredit del 4,4%. Le società attive nel settore delle materie prime hanno seguito il calo delle commodities, perdendo mediamente il 4,84%.
 

silpla2000

che bello il yo yo
I mercati finanziari questa volta lo temono davvero: solo un miracolo potrà salvare la Grecia entro il 19 maggio, quando Atene dovrà rimborsare titoli di Stato per circa 9 miliardi di euro. Il fantasma di un'imminente ristrutturazione del debito – modo gentile per definire un default – aleggia sulle quotazioni di tutti i mercati. Si vede sulle Borse del Vecchio continente, che ieri sono sprofondate mediamente del 3,67% registrando il calo più violento degli ultimi cinque mesi e bruciando 160 miliardi di euro. Si percepisce sulle valute, con l'euro che è caduto al minimo da un anno a 1,3168 dollari e a 122,88 yen. Si sente sulle polizze anti-crack, cioè sui credit default swap, che ieri si facevano beffa degli investitori valutando la Grecia allo stesso livello dell'Argentina (826 punti base). Si respira sulle materie prime, che ieri hanno chiuso in calo (petrolio -2%) per le preoccupazioni sulla tenuta dell'economia. I mercati possono avere torto, certo. Ma il loro orientamento è ben definito: la Grecia, sentenziano, difficilmente sarà salvata. I tempi della politica sono troppo lunghi per un'operazione così delicata. E, a meno di un miracolo, i dolori si estenderanno anche ad altri Paesi. Portogallo in testa.
Ieri la goccia che ha fatto traboccare il vaso è stata versata da Standard & Poor's. Verso le 17,20 l'agenzia di rating ha deciso di tagliare di tre gradini il voto del Paese ellenico, portandolo dal tranquillo "BBB+" allo speculativo "BB+". Un po' come se uno studente vedesse passare il suo voto a scuola, in un batter di ciglia, da 7 a 4. Ovvia la reazione negativa dei mercati. Ancor più ovvia perché, insieme alla Grecia, Standard & Poor's ha declassato da "A+" a "A-" anche il Portogallo. Questo ha rinvigorito la percezione che il rischio-Paese sia effettivamente un problema in Europa. E ha riportato l'attenzione sulla crescita inarrestabile dei debiti statali. Proprio ieri uno studio dell'economista Kenneth Rogoff ha stimato che, storicamente, nei tre anni dopo una crisi i debiti pubblici crescono in termini reali dell'86%.
Il panico forse è eccessivo. Ma la paura nel breve periodo è che la Germania, nonostante le dichiarazioni ufficiali, non sblocchi il piano per Atene in tempo per salvare il salvabile. Nel medio termine, invece, il timore è che il contagio dalla Grecia si estenda ad altri paesi. Così gli investitori ieri hanno punito tutte le Borse, ma si sono accaniti proprio su quelle dei Paesi più deboli: se Francoforte ha perso solo il 2,73% e Wall Street ha limitato i danni a -2,34%, la Borsa greca ha bruciato il 6%, quella portoghese il 5,36%, quella irlandese il 4,48% e quella spagnola il 4,19%. Quasi una scala, in cui si legge la sigla «Pigs». Forti, ma di minore entità, i ribassi in Italia (-3,28%), Francia (-3,82%) e Gran Bretagna (-2,61%). E questa differente performance prosegue da tempo: se da inizio anno la Borsa di Francoforte guadagna il 3,39%, quella spagnola perde il 12,22%, quella greca il 22,74% e quella portoghese il 15,49%. Sembra quasi che gli investitori stiano separando con la forza ciò che Maastricht ha unito.
Le vendite ieri sono cadute ovunque, ma si sono accanite soprattutto sulle banche e sulle società attive nel settore delle materie prime. Le prime hanno perso mediamente il 4,47% perché sono esposte sulla Grecia: secondo i dati della Bri, le banche europee hanno aumentato l'esposizione sulla Repubblica ellenica dai 215 miliardi del giugno 2007 ai 272 miliardi del settembre 2009. Qualcuno ieri sosteneva che tanti istituti stessero disperatamente vendendo obbligazioni greche, ma questo non cambia la sostanza: Bnp Paribas è collassata del 7%, Bbva del 5,74%, National Bank of Greece del 9,99%, Intesa Sanpaolo del 5,66% e UniCredit del 4,4%. Le società attive nel settore delle materie prime hanno seguito il calo delle commodities, perdendo mediamente il 4,84%.
credi ancora nelle favole adesso ci pensa papy, se l'accatta tutto lui la grecia geciane comprese:-o:-o:-o ha già pronto 5.5 mld per il compromesso il saldo davanti al notaio:up::up:
 

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