OGNI GIORNO CERCO IL FiLO DELLA RAGIONE, MA IL FILO NON ESISTE,

Spianata la strada alle banche, il governo prescrive che i creditori adottino procedure per gestire il rapporto con “i consumatori in difficoltà nei pagamenti”.



Di cosa si tratti di preciso non si sa, eccetto che i contenuti di tali procedure potranno essere dettati dalla Banca d’Italia – organismo indipendente che ha notoriamente a cuore la tutela dei consumatori come dimostrano i suoi reiterati tentativi di reintrodurre l’anatocismo, cioè il pagamento degli interessi sugli interessi, pratica vietata dalla legge – “con particolare riguardo agli obblighi di informativa e di correttezza del finanziatore”.


E’ evidente che il risultato di simili norme rischia di essere drammatico per migliaia di famiglie che da un giorno all’altro si ritroverebbero sul marciapiede, con le loro case vendute “al meglio”.



Ma al danno – come sempre – si aggiunge pure la beffa, perché alle banche e agli speculatori è assicurata anche la defiscalizzazione pressoché totale degli importi incassati dalle vendite forzose degli immobili.

Lo stabilisce l’articolo 16 del provvedimento di conversione in legge del decreto sulla riforma del credito cooperativo e la garanzia sulle cartolarizzazioni delle sofferenze:


chi acquisisce gli immobili nell’ambito di vendite giudiziarie per poi rivenderli a un’acquirente finale paga un’imposta sostitutiva di appena 200 euro, contro la tassazione ordinaria del 9%.

“La norma – si legge negli atti parlamentari – ha la finalità di agevolare il collocamento degli immobili in sede di vendita giudiziaria, così come in caso di assegnazione degli immobili stessi ai creditori”.



La dimostrazione palmare di quali interessi difenda in ogni circostanza e sopra ogni cosa il governo Renzi.
 
La Corte dei Conti lancia l’allarme sulle coperture e sull’efficacia degli sgravi contributivi per le assunzioni a tempo indeterminato.
Se la decontribuzione introdotta dal governo Renzi a partire dal gennaio 2015 continuerà a favorire, come sta avvenendo, soprattutto le trasformazioni di contratti già esistenti, e non “incrementi occupazionali effettivi”, sarà necessario “un ulteriore incremento di trasferimenti dal settore pubblico la cui provvista ricadrebbe sulla fiscalità generale”, rilevano per prima cosa i magistrati contabili nella relazione sull’Inps.

La Corte inoltre esprime preoccupazione sulla possibilità che al termine del triennio di sgravi totali previsti per le assunzioni a tempo indeterminato fatte nel 2015 ci sia un aumento delle cessazioni di contratto, cosa che determinerebbe un aumento delle prestazioni a sostegno del reddito come l’indennità di disoccupazione.
 
Vediamo allora quali sono le novità più importanti delle riforma e quali i suoi costi effettivi.
Iniziamo proprio da questi ultimi, anche perché si è trattato di un tema molto dibattuto.

I gay legati da un’unione civile avranno diritto a eredità e anche alla reversibilità della pensione.
La Ragioneria dello Stato ha certificato un conteggio di 3,7 milioni di euro per l’anno in corso e di 6,7 milioni per il 2017.
Costi che saliranno nel 2018 a 8 milioni, nel 2019 a 9,8, nel 2020 a11,7 e nel 2021 a 13, 7.
Si calcola che nel 2025 la spesa si dovrebbe attestare sui 22,7 milioni di euro annui.

Insomma, sono cifre abbastanza consistenti e non sarà facile trovare le necessarie coperture.

Quanto al resto, la riforma regolamenta in sostanza le unioni civili tra persone omosessuali e le convivenze eterosessuali.
Quest’ultima viene suggellata davanti a un notaio e perevede diritti e doveri.
Per le coppie di fatto tra un uomo e una donna la Legge Cirinnà prevede l’obbligo degli alimenti dopo la rottura della convivenza.
Si tratta, comunque, di una facoltà, non di un obbligo, come era previsto invece nella stesura originaria della normativa.
In questo si nota una differenza tra convivenza e matrimonio.
Nel caso di specie non sono previste né eredità né reversibilità.
I conviventi etero possono comunque fissare dinanzi al notaio le regole che sovrintendono alla loro vita comune tramite la sottoscrizione di un “contratto di convivenza”.

La parte più rilevante della riforma riguarda comunque le coppie gay.
La legge evita di equiparare le unioni al matrimonio.
Non c’è insomma il riferimento all’art.29 della Costituzione che definisce la famiglia come “società naturale fondata sul matrimonio”.
Per le unioni civile è richiamato invece l’art 2 della Carta, in cui i diritti dell’uomo vengono garantiti come singolo e nell’ambito delle “formazioni sociali specifiche”.
Richiamato è anche l’art. 3 in materia di pari dignità e uguaglianza dei cittadini davanti la legge.
Come per matrimonio anche per le coppie omosessuali dall’unione civile deriva l’obbligo reciproco all’assistenza morale e materiale e alla coabitazione.
E i due “concordano tra loro l’indirizzo della vita familiare”.
I due possono scegliere un cognome comune dichiarandolo dinanzi l’ufficiale di stato civile, scelta che decade alla rottura dell’unione.
Come detto, le unioni gay danno diritto a eredità e reversibilità, mentre è stato espunto dal testo originale l’obbligo alla fedeltà , che invece è previsto per il matrimonio.
Le coppie omosessuali non possono adottare. Come si sa la stepchild adoption è stata stralciata.

Però è stata conservata una formulazione che consente ai giudici di decidere in materia.
Più di una sentenza infatti ha riconosciuto in Italia la adottabilità.
E questo è un altro aspetto della riforma assai controverso.
 
Se il testo è esatto, vorrei capire perchè l'unione di fatto fra un uomo ed una donna non da gli stessi diritti dell'unione fra ..... e ......... C'è discriminazione allora e non parità.
 
Se prima avevo qualche dubbio... oggi ne ho avuto la certezza :(:(
 

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Vabbè... visto che non so se stasera sarò sul forum dato che non ho tanta voglia di parlare... auguro a tutti un felice weekend :)



:rolleyes::rolleyes:
 

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Questa è la triste realtà che il "bomba e compagnia" cercano di falsare.

Se con gli sgravi contributivi triennali previsti dalla legge di Stabilità 2015 per le assunzioni a tempo indeterminato fatte non ci saranno «incrementi occupazionali effettivi», i mancati introiti richiederebbero «un ulteriore incremento di trasferimenti dal settore pubblico la cui provvista ricadrebbe sulla fiscalità generale».

I rischi potrebbero essere superiori alle opportunità.
Se prevalessero le trasformazioni di contratti da temporanei a stabili, la mancata crescita occupazionale si tradurrebbero in un buco certo e certificato dall'Adapt secondo cui già mancano 3 miliardi per coprire interamente il bonus.

Basta confrontare i dati Istat (+109mila posti nel 2015) con il saldo Inps (+606mila contratti) per vedere come il mercato sia stato «drogato» dallo sgravio.

La scadenza delle agevolazioni alla fine del 2017 potrebbe poi determinare un incremento dei «licenziamenti» (il Jobs Act elimina l'obbligo di reintegra nei primi tre anni) con conseguente maggiore spesa per le prestazioni di sostegno al reddito.

«Ancora una volta, i cittadini dovranno pagare di tasca loro le manovre elettorali di un presidente del Consiglio non eletto».

Difficilmente i 100 miliardi garantiti all'Inps dallo Stato potranno aumentare in maniera indolor
Tanto l'incremento delle aliquote contributive quanto l'imposizione di nuove tasse sarebbero impopolari.
Ecco perché i 40 miliardi degli assegni di reversibilità potrebbero costituire l'appiglio giusto.
 

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