Panama Papers (1 Viewer)

tontolina

Forumer storico
Ecco, tanto per gettare uno sguardo dietro le notizie, tanto per non farci sempre abbindolare dai pifferai di turno...


Coscienze in rete
21 h ·
Perchè, ci siamo chiesti, tanto clamore per la "scoperta" che i ricchi tengono i soldi nei paradisi fiscali?
Subito dopo ci siamo chiesti: CHI ha fatto questa "straordinaria" scoperta?
E perchè c'è solo la faccia di Putin sui giornali di tutto l'occidente?

Ecco cosa sta succedendo: http://198.211.125.74/…/2693-paradisi-fiscali-perche-voglio…
 

tontolina

Forumer storico
Panama Papers, il vero scandalo è un altro
Il commento di Marcello Foa sul caso dei Panama Papers
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Una veduta di Panama.
© Keystone

di MARCELLO FOA - I Panama Papers di clamore ne hanno suscitato. Indignazione, anche, com'è inevitabile quando vengono rivelati i conti milionari di centinaia di personalità di caratura mondiale. Ma siamo sicuri che si tratti di giornalismo? La risposta non è affatto scontata. Certo, sarebbe molto facile e comodo unirsi al coro di indignazione e di condanna per le rivelazioni. La stampa internazionale tende ad essere conformista e se un pool di prestigiose testate pubblica i risultati di quella che viene presentata come una straordinaria inchiesta giornalistica la «verità» trasmessa al mondo diventa univoca e incontestabile.

I dubbi, in realtà, sono doverosi: ciò a cui assistiamo in queste ore non ha per nulla le stigmate del giornalismo di inchiesta, semmai di qualcos'altro ben più ambiguo e poco onorevole. Di certo rappresenta il bis di un altro scandalo esploso esattamente tre anni fa. Ricordate? Nell'aprile del 2013 l'International Consortium of Investigative Journalism – lo stesso che oggi propizia i Panama Papers – diffuse i nomi di 130'000 conti nei paradisi fiscali e delle fiduciarie di tutto il mondo che avevano aiutato i loro prestigiosi clienti ad aprirli; uno scandalo che lambì anche la Svizzera e naturalmente anche il Ticino con la diffusione dei nomi di alcuni studi. Lo schema mediatico di allora è identico a quello che emerge ora: una fonte passa al Consorzio di giornalismo una quantità enorme di documenti segreti, talmente colossale da indurlo a coinvolgere un certo numero di testate giornalistiche nella lettura e nella selezione di migliaia di documenti, la cui autenticità, però, è assicurata. Da chi? Ma dalla fonte stessa, che però non viene rivelata alle testate. Garantisce il direttore dell'International Consortium of Investigative Journalism.

E questo è il punto: giornalismo di inchiesta presuppone un lavoro faticoso, duro, talvolta rischioso, in cui i giornalisti seguono una prima traccia, trovano riscontri, cercano più testimoni incrociando le prove. È un esercizio ben diverso sia dall'Offshore leaks che dai Panama Papers, in cui ai giornalisti è stato semplicemente chiesto di setacciare montagne di carte, senza indagare, senza approfondire, senza incrociare, svolgendo una mansione più che da reporter investigativo, da speleologo dell'informazione.


Pochi commentatori, sia allora sia oggi, si sono posti la domanda fondamentale: com'è possibile che una sola fonte abbia potuto avere accesso a segreti custoditi gelosamente da studi professionali iperprotetti, trafugando dossier di dimensioni tali da non poter essere sottratti da un solo impiegato infedele?
Parliamo di 11 milioni di documenti, che riguardano 200 mila società in un arco di tempo lunghissimo, 40 anni! Chi e per quale ragione ha potuto compiere un'operazione così ampia, così sofisticata e così strumentale nei bersagli finali?

Non abbiamo una risposta certa, ma sappiamo che le guerre moderne si combattono non solo con la forza militare, bensì anche – e talvolta soprattutto – con strumenti asimmetrici come la pirateria informatica, dunque con il trafugamento di informazioni sensibili. E avendo letto attentamente e con angoscia le rivelazioni di Edward Snowden, l'ex analista dei servizi segreti americani, non ci stupiamo più di nulla. Nessun archivio è davvero al sicuro, nulla di quanto scriviamo su un computer è davvero soltanto nostro. C'è chi ha accesso alla vita digitale di ogni uomo e di ogni società, in qualunque parte del mondo, e può disporne a piacimento. Anche a Panama, un tranquillo lunedì di aprile, usando i media come straordinario, compiacente e compiaciuto detonatore.


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marofib

Forumer storico
Non abbiamo intenzione di interrompere i nostri servizi e andare a piantare banane o cose del genere", ha poi assicurato il 68enne Mossack facendo chiaramente intendere che lo spettacolo deve continuare.


io direi di mandarceli invece hahahahahhahahahaha
 

marofib

Forumer storico
e qualcuno deve pure perdere tempo a smentire sto pazzo fuggito da un manicomio

La regia dei Panama Papers, in sostanza, secondo Giulietto Chiesa sarebbero gli Stati Uniti. Una teoria già prontamente smentita dall’Espresso a poche ore dalla diffusione delle prime informazioni sui documenti rubati al Massock Fonseca. Il settimanale, unico giornale italiano ad aver partecipato al lavoro del consorzio internazionale dei giornalisti d’inchiesta, ha chiarito che nell’elenco dei creatori di società offshore ci sono «migliaia di nomi di cittadini americani». Sull’Espresso ha scritto Stefano Vergine:


Giulietto Chiesa, l'ultimo complotto: «Panama Papers? Non ci sono miliardari americani» | Giornalettismo
 

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