PILLOLE DI SAGGEZZA LE ABBIAMO FINITE. PASSIAMO ALLE SUPPOSTE

DANY1969

Forumer storico
:d:
E il nostro Governo ne ha moltissime a disposizione e non vede l'ora di distribuirle :help:
Meglio non pensarci :confused: e continuare il nostro viaggio in Islanda: ghiacciaio Svinafelljokul e Jokulsarlon (laguna glaciale):)
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Pregare in chiesa si può: il culto è uno stato di necessità

Il magistrato Rocchi:

«Basta leggere la Direttiva del Viminale e comunicare che si esercita un diritto primario.
Nessuna norma può autorizzare l'interruzione di una Messa, così è Stato di polizia».

Ristabilire il diritto di culto: ecco perché l'autocertifcazione deve cambiare.
 
Fra i più conosciuti dei parametri previsti nel trattato di maastricht del 1992, era quello di rispettare un rapporto deficit/PIL non superiore al 3%.


L’ideatore di questa regola è il francese Guy Abeille che ha più volte ammesso al pubblico che il 3% non ha alcun fondamento scientifico

Vediamo un breve estratto dalla trasmissione RAI “Presadiretta”, in un servizio del 2015, ripreso anche nel film PIIGS.
Segue trascrizione dei dialoghi.

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1. “RAI Presadiretta Guy Abeille 3% deficit PIL”
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ABEILLE: Una sera del 1981, nel mio ufficio arriva una telefonata dall’Eliseo.
Il nuovo Presidente Mitterrand voleva urgentemente una norma che fissasse un tetto alla spesa pubblica.
Il Presidente cercava qualcosa di semplice, di pratico. Non voleva una teoria economica: solo uno strumento a uso interno.


GIORNALISTA: E hanno incaricato lei

ABEILLE: si, ma tutte le soluzioni ci sembravano troppo complicate. Ci è venuto in mente il deficit e abbiamo detto: “mettiamolo in rapporto con il Pil”.

Allora abbiamo visto quale era il nostro deficit di quell’anno, quale era il Pil, abbiamo fatto una semplice operazione ed è venuto fuori il 3%.

GIORNALISTA: una banale proporzione… e quanto tempo ci avete messo per elaborare questo numero magico?


ABEILLE: Ci abbiamo messo un’oretta circa.

Poi io e il mio collega siamo andati dal nostro capo e abbiamo detto: “Abbiamo la formula: 3%”.

E lui ha risposto: “Perfetto! Per noi la giornata è finita. Possiamo tornare a casa e raccontare la storia agli amici“.

GIORNALISTA: Quindi questo 3% è totalmente casuale: se in quel momento il rapporto deficit/Pil fosse stato del 4 o del 2, ci sarebbe stato un altro numero.

ABEILLE: esattamente: nessun criterio scientifico.

GIORNALISTA: e come arriviamo a Maastricht?

ABEILLE: Dieci anni dopo, quando a Maastricht bisognava trovare una regola per l’Unione Monetaria,
Trichet, che all’epoca era il nostro capo del Tesoro, disse: “Noi abbiamo un numero che ha funzionato benissimo in Francia: il 3%”.


GIORNALISTA: beh una storia incredibile. Un ragazzo di 30 anni in meno di un’ora tira fuori un numero, del tutto arbitrario,
e quella formula diventa il cappio a cui siamo impiccati da 15 anni…


ABEILLE: La cosa interessante di questa storia è che da quando il 3% è diventato una regola
tutti poi hanno dovuto legittimarlo agli occhi dell’opinione pubblica, della gente che vota.


Gli economisti hanno elaborato mille spiegazioni scientifiche, ma io le posso garantire che le cose sono andate esattamente come le ho raccontate.

TIRIAMO LE SOMME
Fatta questa piccola premessa, vediamo l’evoluzione del deficit dal 1999 al 2019 dei dodici paesi che firmarono Maastricht.

Segue tabella su dati AMECO. Tranne per l’Italia, i dati del 2019 non sono ancora definitivi.


1999 2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006 2007 2008 2009 2010 2011 2012 2013 2014 2015 2016 2017 2018 2019
Belgio -0,6 -0,1 0,2 0 -1,9 -0,2 -2,7 0,2 0,1 -1,1 -5,4 -4,1 -4,3 -4,3 -3,1 -3,1 -2,4 -2,4 -0,7 -0,7 -1,7
Germania -1,7 -1,6 -3 -3,9 -3,7 -3,3 -3,3 -1,7 0,3 -0,1 -3,2 -4,4 -0,9 0 0 0,6 0,9 1,2 1,2 1,9 1,2
Irlanda 3,5 4,9 1 -0,5 0,3 1,3 1,6 2,8 0,3 -7 -13,8 -32,1 -12,8 -8,1 -6,2 -3,6 -1,9 -0,7 -0,3 0,1 0,2
Grecia -5,8 -4,1 -5,5 -6 -7,8 -8,8 -6,2 -5,9 -6,7 -10,2 -15,1 -11,2 -10,3 -8,9 -13,2 -3,6 -5,6 0,5 0,7 1 1,3
Spagna -1,2 -1,2 -0,5 -0,3 -0,4 -0,1 1,2 2,1 1,9 -4,6 -11,3 -9,5 -9,7 -10,7 -7 -5,9 -5,2 -4,3 -3 -2,5 -2,3
Francia -1,6 -1,3 -1,4 -3,2 -4 -3,6 -3,4 -2,4 -2,6 -3,3 -7,2 -6,9 -5,2 -5 -4,1 -3,9 -3,6 -3,5 -2,8 -2,5 -3,1
Italia -1,8 -2,4 -3,2 -2,9 -3,2 -3,5 -4,1 -3,6 -1,3 -2,6 -5,1 -4,2 -3,6 -2,9 -2,9 -3 -2,6 -2,4 -2,4 -2,2 -1,6
Lussemburgo 3,5 5,9 5,9 2,4 0,2 -1,3 0,1 1,9 4,2 3,3 -0,7 -0,7 0,5 0,3 1 1,3 1,4 1,8 1,4 2,7 2,3
Paesi Bassi 0,3 1,2 -0,5 -2,1 -3,1 -1,8 -0,4 0,1 -0,1 0,2 -5,1 -5,2 -4,4 -3,9 -2,9 -2,2 -2 0 1,3 1,5 1,5
Austria -2,6 -2,4 -0,7 -1,4 -1,8 -4,8 -2,5 -2,5 -1,4 -1,5 -5,3 -4,4 -2,6 -2,2 -2 -2,7 -1 -1,5 -0,7 0,2 0,4
Portogallo -3 -3,2 -4,8 -3,3 -5,7 -6,2 -6,1 -4,2 -2,9 -3,7 -9,9 -11,4 -7,7 -6,2 -5,1 -7,4 -4,4 -1,9 -3 -0,4 -0,1
Finlandia 1,7 6,9 5 4,1 2,4 2,2 2,7 4 5,1 4,2 -2,5 -2,5 -1 -2,2 -2,5 -3 -2,4 -1,7 -0,7 -0,8 -1,1
Facciamo allora un po’ di conti, quante volte è stato sforato il 3% in ordine crescente, dal più “disciplinato” al meno disciplinato.
Sotto in rosso gli anni in cui è stato sforato il limite del deficit.



Lussemburgo – 0 volte su 21 (media +1,78%)

Finlandia 0 volte su 21 (media +0,85%)

Austria 3 volte su 21 (media -2,07%)

Paesi Bassi 5 volte su 21 (media -1,31%)

Germania 6 volte su 21 (media -1,12%)

Belgio 6 volte su 21 (media -1,82%)

Irlanda – 7 volte su 21 (media -3,38%)

Italia – 8 volte su 21 (media -2,92%)

Spagna – 9 volte su 21 (media -3,55%)

Francia – 14 volte su 21 (media -3,55%)

Portogallo – 15 volte su 21 (media -4,79%)

Grecia – 17 volte su 21 (media -6,26%)

20 ANNI DI EURO
Cominciamo dalla fine della classifica.

La Grecia inizialmente non doveva prendere parte all’unione monetaria,
ma nel 2002 fu presente anche il paese ellenico all’arrivo dell’euro nei nostri portafogli (inteso come monete e banconote).

Era già evidente prima, ma anche dopo questa analisi che la Grecia non avrebbe mai dovuto prendere parte all’unione monetaria,
probabilmente più di tutti gli altri paesi dell’eurozona

Il Portogallo, spesso usato come esempio virtuoso, è in realtà fra i peggiori esempio possibile di “rigore dei conti”, con buona pace dei “portogallisti

Al terzultimo posto troviamo la Francia che ha ampiamente sforato sia prima che dopo la crisi del 2008.

Questo prova, come dicevamo all’inizio, che i francesi sapevano benissimo che il 3% era una regola arbitraria.

Con buona pace di tutti gli economisti, anche nostrani, che hanno provato a giustificare la regola del 3%

L’Italia si trova all’ottavo posto, tuttavia nella media dei 21 esercizi considerati, l’Italia ha rispettato la regola del 3%.



FONTE: ISTAT – Saldi di finanza pubblica in rapporto al PIL

Come anticipato prima, sul 2019 abbiamo il dato definitivo, un dato che in pochi si aspettavano:
l’1,6% di deficit contro un’aspettativa del 2,2% (questo riportava AMECO come dato provvisorio)

Gli unici paesi “puri e casti” sono Lussemburgo e Finlandia, con una media dei saldi che risulta con segno positivo,
hanno dunque fatto, in media avanzo di bilancio.

I DEFICIT DOPO LA CRISI DEL 2008

2009 2010 2011 2012 2013 2014 2015 2016 2017 2018 2019
Belgio -5,4 -4,1 -4,3 -4,3 -3,1 -3,1 -2,4 -2,4 -0,7 -0,7 -1,7
Germania -3,2 -4,4 -0,9 0 0 0,6 0,9 1,2 1,2 1,9 1,2
Irlanda -13,8 -32,1 -12,8 -8,1 -6,2 -3,6 -1,9 -0,7 -0,3 0,1 0,2
Grecia -15,1 -11,2 -10,3 -8,9 -13,2 -3,6 -5,6 0,5 0,7 1 1,3
Spagna -11,3 -9,5 -9,7 -10,7 -7 -5,9 -5,2 -4,3 -3 -2,5 -2,3
Francia -7,2 -6,9 -5,2 -5 -4,1 -3,9 -3,6 -3,5 -2,8 -2,5 -3,1
Italia -5,1 -4,2 -3,6 -2,9 -2,9 -3 -2,6 -2,4 -2,4 -2,2 -1,6
Lussemburgo -0,7 -0,7 0,5 0,3 1 1,3 1,4 1,8 1,4 2,7 2,3
Paesi Bassi -5,1 -5,2 -4,4 -3,9 -2,9 -2,2 -2 0 1,3 1,5 1,5
Austria -5,3 -4,4 -2,6 -2,2 -2 -2,7 -1 -1,5 -0,7 0,2 0,4
Portogallo -9,9 -11,4 -7,7 -6,2 -5,1 -7,4 -4,4 -1,9 -3 -0,4 -0,1
Finlandia -2,5 -2,5 -1 -2,2 -2,5 -3 -2,4 -1,7 -0,7 -0,8 -1,1
Adesso rifacciamo i conti prendendo i causa gli anni dal 2009 al 2019.

Ecco allora la classifica degli ultimi 11 esercizi, a parità di numero di “sforamenti” avanza chi ha la media del deficit più bassa



Lussemburgo – 0 volte su 11 (media +1,03%)

Finlandia – 0 volte su 11 (media -1,85%)

Germania – 2 volte su 11 (media -0,14%)

Austria – 2 volte su 11 (media -1,98%)

Italia – 3 volte su 11 (media -2,99%)

Paesi Bassi 4 volte su 11 (media -1,95%)

Belgio – 6 volte su 11 (media -2,93%)

Irlanda – 6 volte su 11 (media -7,2%)

Grecia – 7 volte su 11 (media -5,85%)

Portogallo – 8 volte su 11 (media -5,23%)

Spagna – 8 volte su 11 (media -6,49)

Francia – 9 volte su 11 (media -4,35%)

In questa classifica di devozione al sacro vincolo del 3%, mostra come l’Italia abbia fatto i “compiti a casa”, specie negli ultimi 10 anni.



FONTE: Elaborazione su dati AMECO

L’italia in media, ha rispettato il tetto del 3% sia negli ultimi dieci anni, sia dal lontano 1999 (anno del lancio dell’euro).

Gli esempi che – i professoroni euronomani sempre in televisione – ci vendevano come “virtuosissimi”,
come avete visto la realtà è un pochettino diversa. Vedi in particolare Portogallo, Spagna e Belgio.

In questi giorni poi si è parlato molto dell’Olanda e della sua presunta superiorità, ma ha sfortato una volta in più il tetto del 3% rispetto all’Italia.

La Francia negli ultimi dieci anni è stato il paese che ha sforato di più,
se al prossimo aggiornamento di Ameco verrà confermato il dato del 2019 (cosa plausibile viste le rivolte che ci sono state).

E come detto prima, questo conferma che il regola del deficit al 3% è paragonabile a un feticcio inutile.
 
L’Italia è in preda ad una gravissima crisi economica e di liquidità.

Il rischio che si corre in questo periodo così fragile è che le aziende estere in maniera nascosta si approprino di aziende italiane.

Sembrerebbero 15 i milioni di fondi stanziati da istituti di credito a soggetti esteri per favorire l’acquisizione di aziende italiane a prezzi stracciati.


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Si tratterebbe dunque di un campanello di allarme alquanto pericoloso.

Proprio per questo interverrà il Copasir, Comitato parlamentare per la sicurezza della Repubblica.

Il presidente Volpi mercoledì avrà incontri con i vertici dei principali istituti di credito tra cui
”Unicredit, Generali, Mediobanca, Ubi banca, Credit Agricole Italia, Intesa San Paolo e Mps,
per verificare se nel breve-medio periodo si intravedano azioni internazionali per il controllo proprietario di Borsa italiana
e se tra gli istituti di credito auditi ve ne sia alcuni che con la raccolta dei risparmi degli italiani
abbiano direttamente o indirettamente aperto linee di credito ingenti a soggetti fuori dal Paese
ascrivibili forse addirittura a quell’elenco di attori interessati all’aggressione degli asset nazionali.”


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Oltre all’epidemia, si dovrà fare i conti con “avvoltoi” che cercheranno di toglierci piano piano,
pezzo dopo pezzo il sistema produttivo della nostra Nazione.

Il governo deve intervenire con misure straordinarie.

Serve liquidità, servono aiuti concreti e sufficienti.

Non possiamo consentire che avvenga la svendita dell’Italia.
 
La realtà è questa. I dati sono inconfutabili. Un bravo ai vari cogliao.

Le imprese artigiane di Lecco, Como e Sondrio pagano un prezzo altissimo in questo primo trimestre 2020,
già adombrato dall’emergenza coronavirus.

E se le costruzioni sono quelle con il saldo più negativo almeno nelle prime due province,
in proporzione l’allarme è particolarmente elevato nel manifatturiero.

Questo quanto emerge dal rapporto di Confartigianato Lombardia.

Sono 1.814 le imprese artigiane in meno nei primi tre mesi del 2020 rispetto un calo di 1.590 dello stesso trimestre del 2019.

Anche le iscrizioni calano ed è proprio questo il dato che incide in modo più drammatico:
infatti tra gennaio e marzo si registrano 5.084 nuove aperture, 1.132 in meno rispetto all’anno precedente.

Sono invece 6.898 le chiusure registrate, contro le 7.806 del 2019.

Fermo restando le ferite del manifatturiero, l’edilizia resta sorvegliata speciale
e lo conferma il presidente per la categoria di Confartigianato Lombardia Virgilio Fagioli.

«Si lotta per la sopravvivenza - dice -. Questo era un anno già iniziato male e adesso abbiamo preso un’ulteriore batosta.
Ad aprile avremo fatturato zero, al di là di qualche fattura vecchia, che si potrà riferire a febbraio.
Ma il vero problema si vedrà a maggio. E in realtà per questi tre mesi temiamo di non poter fatturare».

È vero che il primo trimestre è tradizionalmente caratterizzato da un bilancio negativo tra iscrizioni e cessazioni
per via del concentrarsi di queste ultime alla fine dell’anno precedente.

Ma il paragone con il 2019 mostra come le sofferenze siano pesanti. E appena iniziate.
 
Prendetemi per scemo, pensatela come volete, c'è la libertà di pensiero,
ma io la penso così.
In definitiva stiamo parlando di 206.773 morti per ipotetico virus, su una popolazione di 7.780.554.000 di persone,
con 45.027.000 di nati e 18.904.000 di morti.
Un saldo positivo di 26.124.000 persone in più - nel mondo - in 4 mesi.


"Un’altra lunga e confusa conferenza stampa di Conte per dirci che, in sostanza, la fase due è quasi identica alla fase uno".
È dura nel dire che il premier "condivide le scelte sul futuro di ognuno di noi, probabilmente con il suo entourage, sicuramente non con il Parlamento italiano".

"Intanto posso dire che non condivido minimamente la scelta di riaprire le attività produttive per settori
e lasciare fermi per molte settimane interi comparti economici, esponendoli a una chiusura quasi certa".
Si decide che qualcuno non deve avere speranza.

Imprenditori, artigiani e commercianti sono pronti a riaprire subito in sicurezza,
ritardi e incertezze faranno chiudere migliaia di aziende e perdere milioni di posti di lavoro.

Senza contare il nulla a favore delle famiglie o del turismo.

"Ripartire in sicurezza, ma riaprire".

"Ribadisce che occorrono buon senso e coraggio, bisogna fidarsi degli italiani e farli tornare a sperare, guadagnare, camminare, lavorare, sognare.
Lavoratori, imprenditori, artigiani, ristoratori, commercianti, precari, partite Iva e padri di famiglia non possono più aspettare"

"Tantissimi cittadini ci chiedono di organizzarci, non solo in rete, per farci vedere e sentire.
Sicuri, con le mascherine, a distanza, pacifici e determinati, noi siamo pronti".

"Oltre al virus, fame e mancanza di libertà? Non lo possiamo permettere. Prima di tutto, l’Italia e gli italiani".

"Hanno creato 15 task force per arrivare a chiusure fino a maggio e forse al permesso di andare a trovare mamma e papà,
ma se abitano nella nostra città e previa autocertificazione. Possiamo dire basta? Dopo 47 giorni di reclusione diciamo basta,
fateci uscire, e guadagnare e lavorare, e fare la nostra vita, certo mai come prima".

"Perché questa mancanza di coraggio e di certezze? Perché aprire a giugno molte attività?
Al governo qualcuno ha capito che molte non riapriranno, se vanno avanti così? Che così porteranno i libri in tribunale".

"Il merito delle misure andrà esaminato nel dettaglio perché non ci si può limitare
a commentare una sorta di parziale e insufficiente televendita dell’avvocato Conte.
Trovo comunque sconcertante che una comunicazione, da tempo programmata e non dovuta a fatti improvvisi,
non sia stata preceduta da una comunicazione di garbo e quantomeno di rispetto nei confronti dei leader dell’opposizione",

"In una democrazia e in un momento così difficile occorre un rispetto reciproco che noi stiamo avendo in tante occasioni,
che il governo non ha mai nei confronti delle opposizioni.
Una persona che gestisce così i rapporti non è in grado di guidare il Paese in un momento così difficile".

"Mi chiedo poi cosa avverrà per le misure economiche che il Paese attende,
perché rinviando l’apertura di molte attività di settimane o di mesi serviranno soldi a fondo perduto per tantissime di loro.
E di questo dove si dovrà discutere? Il metodo è ancora peggiore del merito. Ma da Conte non mi aspettavo nulla di più.
Io certo in Parlamento non farò da cameriere a un personaggio di questa fatta".

"Conte deve essersi autonominato ministro della propaganda, perché stasera, per l’ennesima volta,
ha sequestrato la prima serata degli italiani per annunciare quello che già gli italiani purtroppo sapevano,
tra excusatio non petite sui soldi che ancora non arrivano e cantieri che dovevano riaprire domani e invece non riaprono".

Di fronte alla tragedia di imprenditori che rischiano di perdere per sempre la propria azienda,
di fronte a milioni di italiani che si vedono ancora negata la libertà di muoversi, ci si aspettava almeno
un cronoprogramma preciso illustrato con un intervento breve e chiaro.
E non un’altra invasiva quanto inutile esternazione a reti unificate di un uomo solo al comando
che continua peraltro a ignorare le opposizioni e il Parlamento, ossia l'espressione della volontà popolare e la casa degli italiani.

"Regna sovrana la confusione a Palazzo Chigi sulla ripartenza il 4 maggio.
Non sarebbe stato più utile avere nelle Task force meno professori e più imprenditori?"
 
Pregare in chiesa si può: il culto è uno stato di necessità

Il magistrato Rocchi:

«Basta leggere la Direttiva del Viminale e comunicare che si esercita un diritto primario.
Nessuna norma può autorizzare l'interruzione di una Messa, così è Stato di polizia».

Ristabilire il diritto di culto: ecco perché l'autocertifcazione deve cambiare.


se si può andare in chiesa allora si può riaprire tutto, non vedo perchè una messa sia meno pericolosa di un ristorante, un cinema o qualsiasi altra attività commerciale
 

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