genesta
Forumer attivo
Prova a partecipare a qualche concorso.
Se ne indicono tanti ogni anno in tutta Italia.
Io sono orgoglioso di aver vinto un concorso cinque anni fa con questa poesia scritta nel 1988 (però non me l'hanno pubblicata):
Le tribolazioni dell’anima
(la ricompensa)
Domenica sera, raccolti nel tempio, credenti e devoti
dispiegano gli arti siccòme eleganti da farsi apprezzare.
Frollate, le menti già stanche dei giorni v’implorano luce
e tendono gli occhi e le bocche affamate di voli e d’incanti.
Torrenti di sillabe frondano il suono dei tanti beoti;
melodiche esaltano i gesti sublimi fin sopra all’altare,
perché vi si incarni di fiamme infinite l’ardore di pace,
sebbene nefande, morbose, miserrime le avide menti.
Pregate fratelli, affinché vi si ammetta ad arar quella terra
di fìllade e oro che incarna le luci fastose e sapienti,
‘sì, lungo il cammino che voi calcherete la Sua ricompensa matura.
O pavide genti, dareste la vita per qualche sonante gettone
e in quanta oblazione apparente chiedete l’afflato al destin che v’aberra.
Forgiate di comodo enormi membrane e disegni di braccia possenti
e non conoscete nemmànco di striscio la Sua Onnisciente statura.
E usciti al di fuori da genuflessioni e da riti ostentati e salienti,
semmai vi turbasse lo sguardo inforsato di quegli che girano al largo,
fierezza vi sgorghi dal petto, impetuosa, e dal volto estasiato
mostrate sinànco la voce dell’animo sbratto e fastoso.
Munitevi, or dunque, di fèrule labbra, non già per ostare i passanti,
non già per derider le màlve comari che sostano al borgo;
ma siate esegéti dei vostri misfatti, allorché lo mistero elargito,
con esimio contegno vi sia di fomento al passaggio guadoso.
Se ne indicono tanti ogni anno in tutta Italia.
Io sono orgoglioso di aver vinto un concorso cinque anni fa con questa poesia scritta nel 1988 (però non me l'hanno pubblicata):
Le tribolazioni dell’anima
(la ricompensa)
Domenica sera, raccolti nel tempio, credenti e devoti
dispiegano gli arti siccòme eleganti da farsi apprezzare.
Frollate, le menti già stanche dei giorni v’implorano luce
e tendono gli occhi e le bocche affamate di voli e d’incanti.
Torrenti di sillabe frondano il suono dei tanti beoti;
melodiche esaltano i gesti sublimi fin sopra all’altare,
perché vi si incarni di fiamme infinite l’ardore di pace,
sebbene nefande, morbose, miserrime le avide menti.
Pregate fratelli, affinché vi si ammetta ad arar quella terra
di fìllade e oro che incarna le luci fastose e sapienti,
‘sì, lungo il cammino che voi calcherete la Sua ricompensa matura.
O pavide genti, dareste la vita per qualche sonante gettone
e in quanta oblazione apparente chiedete l’afflato al destin che v’aberra.
Forgiate di comodo enormi membrane e disegni di braccia possenti
e non conoscete nemmànco di striscio la Sua Onnisciente statura.
E usciti al di fuori da genuflessioni e da riti ostentati e salienti,
semmai vi turbasse lo sguardo inforsato di quegli che girano al largo,
fierezza vi sgorghi dal petto, impetuosa, e dal volto estasiato
mostrate sinànco la voce dell’animo sbratto e fastoso.
Munitevi, or dunque, di fèrule labbra, non già per ostare i passanti,
non già per derider le màlve comari che sostano al borgo;
ma siate esegéti dei vostri misfatti, allorché lo mistero elargito,
con esimio contegno vi sia di fomento al passaggio guadoso.