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2)... accettare il meccanismo dell'European Redemption Fund (Fondo di salvezza europeo) proposto da cinque esponenti del German Council of Economic Experts. La novità sta nell'accettazione tedesca di coniugare i principi di un «irrevocabile consolidamento delle finanze pubbliche» nazionali (leggi Unione fiscale) e di una irrinunciabile riduzione dei debiti sotto il 60% del Pil tra 20 anni, con il principio della solidarietà tra gli Stati membri. Il fondo, finanziato con le entrate fiscali dei vari Stati in proporzione al debito eccedente il 60% del Pil, acquisterebbe bond governativi a rendimenti più bassi (4-5%) di quelli pagati oggi dal Tesoro italiano o spagnolo.
Che la data del 9 dicembre possa dunque rappresentare lo spartiacque della crisi (o l'inizio della fine della confederazione europea, se tutto andasse storto) sembra diventare la convinzione dei mercati. Chi, più lucidamente l'ha espressa, è Arnaud Mares di Morgan Stanley, lo stesso che molto tempo fa aveva pronosticato il disastro greco. Secondo l'economista, un vero federalismo fiscale deve esigere «un pieno e permanente controllo» da parte di un organismo comunitario sulla politica fiscale degli stati membri; e, nel contempo, un meccanismo che assicuri il pieno ed equo finanziamento ai governi nazionali. Mares non si nasconde che il processo verso l'unione fiscale non sarà rapido e per questo s'impone un «meccanismo di transizione» in grado di finanziare «i governi e le banche».
Chi, invece, invoca per la Bce il ruolo di prestatore di ultima istanza, analogo a quello della Fed, dimentica che tutti gli interventi straordinari operati dalla banca centrale americana tra il 2008 e il 2009 avvennero sotto espressa garanzia del Tesoro Usa. Prima di pretendere un "bazooka" anche per la Bce, ossia strumenti monetari non convenzionali, i mercati dovrebbero dunque considerare che la banca europea governa una valuta priva di un vero coordinamento fiscale
Che la data del 9 dicembre possa dunque rappresentare lo spartiacque della crisi (o l'inizio della fine della confederazione europea, se tutto andasse storto) sembra diventare la convinzione dei mercati. Chi, più lucidamente l'ha espressa, è Arnaud Mares di Morgan Stanley, lo stesso che molto tempo fa aveva pronosticato il disastro greco. Secondo l'economista, un vero federalismo fiscale deve esigere «un pieno e permanente controllo» da parte di un organismo comunitario sulla politica fiscale degli stati membri; e, nel contempo, un meccanismo che assicuri il pieno ed equo finanziamento ai governi nazionali. Mares non si nasconde che il processo verso l'unione fiscale non sarà rapido e per questo s'impone un «meccanismo di transizione» in grado di finanziare «i governi e le banche».
Chi, invece, invoca per la Bce il ruolo di prestatore di ultima istanza, analogo a quello della Fed, dimentica che tutti gli interventi straordinari operati dalla banca centrale americana tra il 2008 e il 2009 avvennero sotto espressa garanzia del Tesoro Usa. Prima di pretendere un "bazooka" anche per la Bce, ossia strumenti monetari non convenzionali, i mercati dovrebbero dunque considerare che la banca europea governa una valuta priva di un vero coordinamento fiscale
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