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DAl corriere del 11/3
Lui l’ha lanciata e ha difeso le sue inchieste senza mediazioni: telecamera digitale in mano e dritti al cuore del problema. A ogni costo. Lei gli ha sempre mostrato gratitudine e dato atto di averle lasciato libertà di azione. A tutto campo. Ma ora tra Milena Gabanelli, autrice di «Report», e Giovanni Minoli che da direttore di Raitre battezzò uno dei pochi programmi Rai «contro-pelo», è calato il gelo.
A parole tutto fila liscio. «Per lei provo affetto e stima», assicura Minoli. E lei: «Gli devo molto. Mi ha dato fiducia e io ho fatto il possibile per esserne all’altezza». Ma la verità è tutta nelle carte di una citazione per danni da 20 milioni di euro, chiesti da Autostrade spa come risarcimento di una puntata di «Report» nella quale, lamenta l’azienda, è stato «negato il diritto di replicare in contraddittorio».
Replica che in realtà era stata offerta dalla Gabanelli con ripetuti inviti scritti. Ma che Autostrade aveva respinto per «lealtà» nei confronti di Minoli con cui aveva «assunto un obbligo di esclusiva». Un vincolo che l’azienda ha chiesto alla Gabanelli di «rimuovere», «individuando un percorso condiviso con il dottor Minoli». A nulla sono valse le obiezioni della giornalista e del direttore di Raitre, che decide comunque di trasmettere l’inchiesta: l’interesse pubblico dell’argomento non dovrebbe essere oggetto di esclusiva.
Conseguenza: doppia azione legale di Autostrade. Oltre al risarcimento danni in sede civile - nei confronti della Gabanelli, della Rai, dell’autrice del servizio Stefania Rimini (freelance come tutti gli inviati di Report e come tale non coperta da tutela legale) e di Marco Ponti consulente dell’Ocse intervistato sulle tariffe autostradali - quella puntata è costata alla conduttrice anche una denuncia per diffamazione aggravata.
La Gabanelli, in un suo intervento, ha detto: «Una spiegazione sull’uso del denaro pubblico è per autostrade merce da esclusiva come le memorie di Marlon Brando». Una frase che per Autostrade, si legge nella citazione, sottintende «mercimonio». Un prezzo caro per la Gabanelli che non ha chiesto mediazioni, nel silenzio di Minoli che, pur essendo stato al corrente della disputa, come risulta dal carteggio agli atti, non è intervenuto. In attesa di una telefonata della giornalista che non è mai arrivata.
Nella puntata incriminata si analizzava la ricaduta sui cittadini degli effetti delle privatizzazioni. E sulle tariffe autostradali l’inchiesta sosteneva: «Anche nel caso di Autostrade l’utente viene tosato come una pecora, a vantaggio del gruppo Benetton». Passaggio che nella citazione viene attribuito «all’intento di mettere in cattiva luce la famiglia e di ridicolizzare l’attività imprenditoriale nel settore autostradale».
Veniva interpellato Marco Ponti, ex esperto del Nars, nucleo di valutazione tecnica del ministero dell’Economia, organismo che dovrebbe impedire aumenti ingiustificati di tariffe. E lui affermava: «Gli extraprofitti ci sono stati e in modo clamoroso nei primi cinque anni in cui è valso questo contratto con lo Stato». Raccontando poi di essere «stato costretto a dare le dimissioni dopo aver proposto di abbassare le tariffe».
A replicare a queste accuse e alle interpellanze parlamentari citate, la giornalista aveva invitato il presidente Autostrade, Gian Maria Gros Pietro, e Gilberto Benetton. Ma l’azienda aveva opposto il vincolo di quell’impegno d’onore preso dall’ad Vito Gamberale, con il direttore di Rai Educational, a cui lo legano anche rapporti di lunga amicizia. Tra l’altro la figlia Chiara lavora per RaiEdu. Gamberale offriva a «Report» la disponibilità ma posticipata a quell’obbligo morale. Ad oggi quell’esclusiva non è stata ancora realizzata.
Ma che cos’era, una scusa avallata da Minoli? La Gabanelli si rifiuta di commentare: «Primo: il nome del destinatario dell’esclusiva non l’ho fatto nemmeno dentro al mio programma. Secondo: mi rifiuto di entrare in questa polemica». Dopo una gavetta fatta dall’81 come freelance, prima nelle sedi Rai regionali e poi in vari programmi, fu proprio Minoli a darle la grande occasione, nell’89, con «Mixer».
E lei riconosce: «Gli devo molto, è una persona che si è fidata di me e io ho fatto il possibile per esserne all’altezza». Ma lo dice a distanza. Una distanza lunga come un’autostrada.
Sempre più soli......che schifo!!!!!
Lui l’ha lanciata e ha difeso le sue inchieste senza mediazioni: telecamera digitale in mano e dritti al cuore del problema. A ogni costo. Lei gli ha sempre mostrato gratitudine e dato atto di averle lasciato libertà di azione. A tutto campo. Ma ora tra Milena Gabanelli, autrice di «Report», e Giovanni Minoli che da direttore di Raitre battezzò uno dei pochi programmi Rai «contro-pelo», è calato il gelo.
A parole tutto fila liscio. «Per lei provo affetto e stima», assicura Minoli. E lei: «Gli devo molto. Mi ha dato fiducia e io ho fatto il possibile per esserne all’altezza». Ma la verità è tutta nelle carte di una citazione per danni da 20 milioni di euro, chiesti da Autostrade spa come risarcimento di una puntata di «Report» nella quale, lamenta l’azienda, è stato «negato il diritto di replicare in contraddittorio».
Replica che in realtà era stata offerta dalla Gabanelli con ripetuti inviti scritti. Ma che Autostrade aveva respinto per «lealtà» nei confronti di Minoli con cui aveva «assunto un obbligo di esclusiva». Un vincolo che l’azienda ha chiesto alla Gabanelli di «rimuovere», «individuando un percorso condiviso con il dottor Minoli». A nulla sono valse le obiezioni della giornalista e del direttore di Raitre, che decide comunque di trasmettere l’inchiesta: l’interesse pubblico dell’argomento non dovrebbe essere oggetto di esclusiva.
Conseguenza: doppia azione legale di Autostrade. Oltre al risarcimento danni in sede civile - nei confronti della Gabanelli, della Rai, dell’autrice del servizio Stefania Rimini (freelance come tutti gli inviati di Report e come tale non coperta da tutela legale) e di Marco Ponti consulente dell’Ocse intervistato sulle tariffe autostradali - quella puntata è costata alla conduttrice anche una denuncia per diffamazione aggravata.
La Gabanelli, in un suo intervento, ha detto: «Una spiegazione sull’uso del denaro pubblico è per autostrade merce da esclusiva come le memorie di Marlon Brando». Una frase che per Autostrade, si legge nella citazione, sottintende «mercimonio». Un prezzo caro per la Gabanelli che non ha chiesto mediazioni, nel silenzio di Minoli che, pur essendo stato al corrente della disputa, come risulta dal carteggio agli atti, non è intervenuto. In attesa di una telefonata della giornalista che non è mai arrivata.
Nella puntata incriminata si analizzava la ricaduta sui cittadini degli effetti delle privatizzazioni. E sulle tariffe autostradali l’inchiesta sosteneva: «Anche nel caso di Autostrade l’utente viene tosato come una pecora, a vantaggio del gruppo Benetton». Passaggio che nella citazione viene attribuito «all’intento di mettere in cattiva luce la famiglia e di ridicolizzare l’attività imprenditoriale nel settore autostradale».
Veniva interpellato Marco Ponti, ex esperto del Nars, nucleo di valutazione tecnica del ministero dell’Economia, organismo che dovrebbe impedire aumenti ingiustificati di tariffe. E lui affermava: «Gli extraprofitti ci sono stati e in modo clamoroso nei primi cinque anni in cui è valso questo contratto con lo Stato». Raccontando poi di essere «stato costretto a dare le dimissioni dopo aver proposto di abbassare le tariffe».
A replicare a queste accuse e alle interpellanze parlamentari citate, la giornalista aveva invitato il presidente Autostrade, Gian Maria Gros Pietro, e Gilberto Benetton. Ma l’azienda aveva opposto il vincolo di quell’impegno d’onore preso dall’ad Vito Gamberale, con il direttore di Rai Educational, a cui lo legano anche rapporti di lunga amicizia. Tra l’altro la figlia Chiara lavora per RaiEdu. Gamberale offriva a «Report» la disponibilità ma posticipata a quell’obbligo morale. Ad oggi quell’esclusiva non è stata ancora realizzata.
Ma che cos’era, una scusa avallata da Minoli? La Gabanelli si rifiuta di commentare: «Primo: il nome del destinatario dell’esclusiva non l’ho fatto nemmeno dentro al mio programma. Secondo: mi rifiuto di entrare in questa polemica». Dopo una gavetta fatta dall’81 come freelance, prima nelle sedi Rai regionali e poi in vari programmi, fu proprio Minoli a darle la grande occasione, nell’89, con «Mixer».
E lei riconosce: «Gli devo molto, è una persona che si è fidata di me e io ho fatto il possibile per esserne all’altezza». Ma lo dice a distanza. Una distanza lunga come un’autostrada.
Sempre più soli......che schifo!!!!!