Scuola dei somari, lo straniero non ci sta (5 lettori)

Tometta Piemontese

Nuovo forumer
La scuola italiana «è troppo facile» e «non c'è disciplina». La grande maggioranza degli studenti italiani «fa quel che vuole». E per giunta nelle aule «ci si fa le canne». Gli insegnanti poi «non si fanno rispettare». E i programmi? «Sono più indietro, specie nelle materie scientifiche», rispetto al livello di altri paesi europei e asiatici. Ma soprattutto quella italiana è una scuola «che non premia il merito». Una scuola che non garantisce vantaggi ai più bravi.

Lo dicono quelli che meno ti aspetti: gli studenti stranieri di seconda generazione, figli di immigrati arrivati da paesi con una tradizione scolastica (Romania, Bulgaria, Moldavia, Ucraina, Cina, Sri Lanka) e decisi a sfruttare la scuola come un pass per farsi largo nella vita. Che siano proprio loro a chiedere una scuola meritocratica sembra un paradosso, invece è il fenomeno forse più sorprendente man mano che si evolvono i processi di integrazione.

«Il dato viene fuori da una serie di interviste in profondità sulle seconde generazioni di immigrati - dichiara Stefano Molina, ricercatore alla Fondazione Agnelli -. Alla domanda "C'è qualcosa che vorresti andasse meglio a scuola?" una studentessa cinese risponde: "Le professoresse dovrebbero essere molto più severe". C'è una mediatrice culturale che dice: "La scuola italiana è un posto dove non si combina molto, e le famiglie degli immigrati sono preoccupate perché i loro figli non imparano. O imparano male"». In un meeting di Torino Internazionale il ricercatore della Fondazione Agnelli ha usato la metafora dell'asticella del salto: «Comunità come africani e sudamericani - ci spiega - chiedono che l'asticella sia posta più in basso, in modo che i loro ragazzi possano scavalcarla facilmente. Ma altre comunità come i rumeni, gli ucraini o i cinesi fanno pressione perché l'asticella sia alzata, in modo che i loro studenti possano farsi valere. In molti immigrati cresce la consapevolezza che una scuola senza meritocrazia riproduce le disuguaglianze sociali». Se per accedere al mercato del lavoro e per salire la scala sociale non contano i risultati conseguiti nello studio, allora tornano a contare moltissimo la famiglia benestante o lo zio notaio.

Il fenomeno è stato già studiato in Francia, Germania, Gran Bretagna, Stati Uniti. Le ricerche hanno messo in luce l'aggressività con cui studenti immigrati di seconda generazione combattono a scuola la battaglia per emergere, anche contro il progressismo multiculturale che vorrebbe favorire i processi d'integrazione. Ma nessun paese europeo è riuscito a trovare l'equilibrio fra integrazione e competitività, secondo Jonathan Chaloff, ricercatore inglese che ha lavorato al Cespi e ora è all'Ocse, autore fra l'altro di Scuole e migrazioni in Europa (con Luca Queirolo Palmas): «Direi che hanno fallito tutti, chi per un verso chi per un altro, e non abbiamo un sistema europeo standard per trattare i rapporti fra immigrazione e scuola. In Germania, per esempio, non si sono fatti investimenti sull'apprendimento della lingua tedesca, con il problema che diverse generazioni di immigrati non riescono a padroneggiarla. In Italia è evidente che comunità come gli asiatici o gli ucraini sono deluse dalla nostra scuola. I genitori ucraini che ho intervistato mi dicevano che è “priva di valori”. Inoltre in alcune materie - matematica, musica, lingue - il livello d'insegnamento nelle scuole dell'Est è decisamente più alto che in Italia».

La resa scolastica degli immigrati dipende d'altronde da molti fattori diversi. «Le ricerche americane mettono in evidenza tre aspetti circa le differenze nelle prestazioni scolastiche dei figli di immigrati - dichiara il sociologo Maurizio Ambrosini, milanese che insegna all'Università di Genova, direttore scientifico del Centro studi migrazioni nel Mediterraneo -. Il loro livello dipende da quello socioculturale dei genitori: siamo abituati a collocare gli immigrati in un rango basso, e non cogliamo la qualità della loro istruzione e il capitale umano che rappresentano per i figli. Inoltre più del paese di provenienza pesa il momento dell'arrivo: chi è arrivato da adolescente fa più fatica rispetto a chi è arrivato da bambino, o addirittura è nato nella nuova patria. Infine le ricerche mostrano che vanno meglio i ragazzi di comunità coese, con un controllo sociale sui comportamenti dei singoli».

Che cosa dicono gli insegnanti che affrontano questi problemi nella vita quotidiana? Per Marilena Capellino, preside della scuola media torinese Nevio Matteotti, è del tutto plausibile che dagli immigrati venga una richiesta di meritocrazia. Nel suo complesso, su 950 studenti, il 12 per cento sono figli di colf e badanti: filippini, cinesi, rumeni, ucraini. «Dopo la terza media tutti proseguono gli studi. Li vedo lavorare assai bene. Hanno alle spalle famiglie motivate, desiderose che i figli facciano bene. Molti meritano i complimenti, fanno una grossa fatica: oltre a impadronirsi dell'italiano, la scuola gli chiede altre due lingue. Noi li seguiamo anche per il primo anno delle superiori. La loro riuscita è un feedback importante». Le ricerche della Fondazione Agnelli dicono che questi studenti hanno idee chiare sul futuro: non a caso sognano di diventare magistrati, medici o matematici.

Alberto Papuzzi
 

tontolina

Forumer storico
Tometta Piemontese ha scritto:
La scuola italiana «è troppo facile» e «non c'è disciplina». La grande maggioranza degli studenti italiani «fa quel che vuole». E per giunta nelle aule «ci si fa le canne». Gli insegnanti poi «non si fanno rispettare». E i programmi? «Sono più indietro, specie nelle materie scientifiche», rispetto al livello di altri paesi europei e asiatici. Ma soprattutto quella italiana è una scuola «che non premia il merito». Una scuola che non garantisce vantaggi ai più bravi.

Lo dicono quelli che meno ti aspetti: gli studenti stranieri di seconda generazione, figli di immigrati arrivati da paesi con una tradizione scolastica (Romania, Bulgaria, Moldavia, Ucraina, Cina, Sri Lanka) e decisi a sfruttare la scuola come un pass per farsi largo nella vita. Che siano proprio loro a chiedere una scuola meritocratica sembra un paradosso, invece è il fenomeno forse più sorprendente man mano che si evolvono i processi di integrazione.

«Il dato viene fuori da una serie di interviste in profondità sulle seconde generazioni di immigrati - dichiara Stefano Molina, ricercatore alla Fondazione Agnelli -. Alla domanda "C'è qualcosa che vorresti andasse meglio a scuola?" una studentessa cinese risponde: "Le professoresse dovrebbero essere molto più severe". C'è una mediatrice culturale che dice: "La scuola italiana è un posto dove non si combina molto, e le famiglie degli immigrati sono preoccupate perché i loro figli non imparano. O imparano male"». In un meeting di Torino Internazionale il ricercatore della Fondazione Agnelli ha usato la metafora dell'asticella del salto: «Comunità come africani e sudamericani - ci spiega - chiedono che l'asticella sia posta più in basso, in modo che i loro ragazzi possano scavalcarla facilmente. Ma altre comunità come i rumeni, gli ucraini o i cinesi fanno pressione perché l'asticella sia alzata, in modo che i loro studenti possano farsi valere. In molti immigrati cresce la consapevolezza che una scuola senza meritocrazia riproduce le disuguaglianze sociali». Se per accedere al mercato del lavoro e per salire la scala sociale non contano i risultati conseguiti nello studio, allora tornano a contare moltissimo la famiglia benestante o lo zio notaio.

Il fenomeno è stato già studiato in Francia, Germania, Gran Bretagna, Stati Uniti. Le ricerche hanno messo in luce l'aggressività con cui studenti immigrati di seconda generazione combattono a scuola la battaglia per emergere, anche contro il progressismo multiculturale che vorrebbe favorire i processi d'integrazione. Ma nessun paese europeo è riuscito a trovare l'equilibrio fra integrazione e competitività, secondo Jonathan Chaloff, ricercatore inglese che ha lavorato al Cespi e ora è all'Ocse, autore fra l'altro di Scuole e migrazioni in Europa (con Luca Queirolo Palmas): «Direi che hanno fallito tutti, chi per un verso chi per un altro, e non abbiamo un sistema europeo standard per trattare i rapporti fra immigrazione e scuola. In Germania, per esempio, non si sono fatti investimenti sull'apprendimento della lingua tedesca, con il problema che diverse generazioni di immigrati non riescono a padroneggiarla. In Italia è evidente che comunità come gli asiatici o gli ucraini sono deluse dalla nostra scuola. I genitori ucraini che ho intervistato mi dicevano che è “priva di valori”. Inoltre in alcune materie - matematica, musica, lingue - il livello d'insegnamento nelle scuole dell'Est è decisamente più alto che in Italia».

La resa scolastica degli immigrati dipende d'altronde da molti fattori diversi. «Le ricerche americane mettono in evidenza tre aspetti circa le differenze nelle prestazioni scolastiche dei figli di immigrati - dichiara il sociologo Maurizio Ambrosini, milanese che insegna all'Università di Genova, direttore scientifico del Centro studi migrazioni nel Mediterraneo -. Il loro livello dipende da quello socioculturale dei genitori: siamo abituati a collocare gli immigrati in un rango basso, e non cogliamo la qualità della loro istruzione e il capitale umano che rappresentano per i figli. Inoltre più del paese di provenienza pesa il momento dell'arrivo: chi è arrivato da adolescente fa più fatica rispetto a chi è arrivato da bambino, o addirittura è nato nella nuova patria. Infine le ricerche mostrano che vanno meglio i ragazzi di comunità coese, con un controllo sociale sui comportamenti dei singoli».

Che cosa dicono gli insegnanti che affrontano questi problemi nella vita quotidiana? Per Marilena Capellino, preside della scuola media torinese Nevio Matteotti, è del tutto plausibile che dagli immigrati venga una richiesta di meritocrazia. Nel suo complesso, su 950 studenti, il 12 per cento sono figli di colf e badanti: filippini, cinesi, rumeni, ucraini. «Dopo la terza media tutti proseguono gli studi. Li vedo lavorare assai bene. Hanno alle spalle famiglie motivate, desiderose che i figli facciano bene. Molti meritano i complimenti, fanno una grossa fatica: oltre a impadronirsi dell'italiano, la scuola gli chiede altre due lingue. Noi li seguiamo anche per il primo anno delle superiori. La loro riuscita è un feedback importante». Le ricerche della Fondazione Agnelli dicono che questi studenti hanno idee chiare sul futuro: non a caso sognano di diventare magistrati, medici o matematici. Alberto Papuzzi

dirò di più

in italia si premia il figlio della FAMIGLIA almeno nella scola media, cioè
gli insegnanti valutano prima la famiglia poi l'alunno.

infine vi sono insegnanti psicotici che scaricano sugli alunni le loro frustazioni
e se hai una femminista come insegnante di latino come è capitata a mio figlio, tale SCoGLIOna, è fatta


negli scritti prendeva a volte 7 a volte 6.5
e subito era interrogato perchè, per dichiarazione verbale ad un colloqio, LEI non voleva dargli la sufficienza in pagella
ed ad ogni sette nello scritto gli dava 3 nell'orale


nello stesso consiglio di classe vi era pure un'insegnante di matematica il cui figlio era amico del mio e devo dire che... intellettivamente faceva pena da tanto era LENTO


ad uno scritto quella scrisse questo commento: problema risolto correttamente ma NON HO CAPITO IL METODO USATO
per cui 4


cioè una profe di mate che non capisce il metodo per cui assegna un 4??????

ma è proprio deficiente come il figlio... e così ho scoperto da chi aveva preso [talis mater talis filio]
ho dovuto ricommentare sotto e sgridare la profe... che si è poi scusata dicendo che era esaurita...


vi sono altri esempi non proprio esaltanti

In un noto Liceo scientifico della mia città c'è un prof. di filosofia detto PRIMATE per l'aspetto che non insegna nulla ma pretende tutto ma proprio tutto a memoria
 

Sharnin 2

Forumer storico
Tometta Piemontese ha scritto:
Lo dicono quelli che meno ti aspetti: gli studenti stranieri di seconda generazione, figli di immigrati arrivati da paesi con una tradizione scolastica (Romania, Bulgaria, Moldavia, Ucraina, Cina, Sri Lanka)
Cioè lo dicono quelli delle Università di serie B e C, ma per favore!
 

Tometta Piemontese

Nuovo forumer
sono uscito dal liceo nella prima metà degli anni 90 e fatto elementari e medie negli anni 80, quindi non ho metro di paragone con quello che accade adesso anche se la situazione da come viene descritta sembra agli antipodi di quando c'ero io....
Non credo che in tutte le scuole sia così, ci sono scuole e scuole come suol dirsi.....
Ho fatto elementari e medie al collegio san carlo di milano, c'era una organizzazine ottima buoni insegnati, disponibili e soprattutto strutture e servizi d' alto livello, x non parlare del liceo che ho frequentato ( d' azeglio di torino) considerato uno tra i migliori d' italia ex alunni Norberto Bobbio, garrone G Agnelli ecc ecc

Le nostre scuole ormai hanno programmi troppo troppo vecchi, noto anche troppe troppe materie ....che senso ha far studiare ad un bambino delle elementari 2 lingue estere :-? oppure "storia dei frizzipazzi" :-? solamente xchè bisogna dare un posto a tutti :-? idem nelle università (Giavazzi 2007)
Ti racconto un aneddoto : Facoltà di Economia di Torino ( una delle + selettive e migliori d' Italia ) ogni anno + di 2000 iscritti circa...esame di matematica generale (primo anno) 70% non riesce a passarlo :help: gli altri ottengono voti non superiori al 20 tranne eccezioni, è tutta matematica da liceo nulla di + nulla di meno ........... che succede allora :-? Chi ha fatto arrivare a quel punto tutti sti studenti che non sanno risolvere un equazione di primo grado (spesso con diploma di liceo scientifico :eek: ) chi li ha promossi alla maturità :-?
Poi esami di diritto ...... un mio amico assistente a legge (sempre a torino) dice che moltissimi non hanno padronanza lessicale ed ovviamente all' orale è un dramma quando si devono esporre concetti tecnico-giuridici :rolleyes:
 

Tometta Piemontese

Nuovo forumer
ricpast ha scritto:
BBBBUAHAHAHHAHAHHAHAHHAHAHHAHA

facce ride!!
:D :D :D :D

:rolleyes:

lo è sempre stata visto che è anche tra le + antiche forse la seconda dopo la bocconi a fare studi economici a livello universitario, in facoltà si sono formati molti tra i migliori economisti della storia italiana ed odierni ( garibaldi tabellini beltratti ecc ecc ) ;) , vuoi mica confrontarla con quel diplomificio x pochi intimi d' economia di padova nè :rolleyes: :D :D le uniche degne di nota nel nordest sono bologna e modena e un gradino sotto venezia anche se non brilla come le altre 2 x ricerca e poi è facile mi hanno riferito ( come i soliti veneti con la valigia di cartone che arrivavano in piemonte poka voglia id tribulà :rolleyes: :D ) , tanto fra un pò non fate la nordest university a rete di sedi stile california :-? idea deprimente ma che interesserà un pò tutta l' italia; poi è sempre stato risaputo che torino ed anche il politecnico sono molto molto impegnativi come atenei

e te lo dice uno che è molto critico verso le univ italiane e che nulla ha avuto a che vedere x fortuna mia :up:

beccati sta kikka

Gli atenei del Nordest? «Troppi e poco competitivi»
di Michele Scozzai

«L’idea di un Politecnico è buona ed è sicuramente compatibile con un territorio che, avendo una forte specializzazione produttiva, necessita per evolvere di risorse umane adeguatamente formate. Ma il progetto ha un senso e può partire solo se si avrà il coraggio di ridurre le attuali sedi universitarie. Otto atenei nelle tre regioni di Nordest sono decisamente troppe e non sono un modello sostenibile». A parlare, in un’intervista rilasciata a Nordesteuropa.it, è l’economista Tito Boeri, docente di economia del lavoro alla Bocconi di Milano, direttore della fondazione «Rodolfo Debenedetti» ed ex consulente del Fondo monetario internazionale e della Commissione Ue.

:D :D :D :D ciappel :-o
 

tontolina

Forumer storico
però nella SQuola italiota qualcosa si impara.... non proprio quello che vorrebbero i genitori

Scuola hard/ Ancora video scandalo. Sesso orale in classe, bacio lesbo e.. un ragazzo si spoglia e si fa toccare da un amico
Venerdí 08.06.2007 11:00

http://canali.libero.it/affaritaliani/cronache/scuolaancorasessonuovivideo.html?pg=1

naturalmente le maestre elemntari si sfogano sui bambini indifesi
Violenza a scuola/ Condannata a due mesi una maestra. Ha fatto scrivere per 100 volte a un bambino sul quaderno: sono un deficiente
Venerdí 08.06.2007 11:00

http://canali.libero.it/affaritalia...zamaestraduemesipermaltrattamentibambino.html

La condanna a due mesi di reclusione per il reato di abuso dei mezzi di correzione è stata chiesta a Palermo dal pubblico ministero Ambrogio Cartosio per una professoressa che aveva punito un suo alunno di 12 anni imponendogli di scrivere per cento volte sul quaderno: "Sono un deficiente".

Il processo, che si svolge davanti al gup Piergiorgio Morosini, ha avuto origine dalla denuncia presentata ai carabinieri dal padre del ragazzino. La docente, di 56 anni e finora senza alcuna censura nella sua carriera, si difende sostenendo di aver inflitto la punizione dopo che il dodicenne aveva assunto atteggiamenti da bullo nei confronti di un compagno, al quale aveva impedito di entrare nel bagno dei maschi dicendogli: "Tu sei gay, sei femmina, e qui non puoi
stare".

Per tutela dei minorenni coinvolti, non viene reso noto il nome dell'insegnante nè della scuola, una media nei pressi del Policlinico di Palermo. Il pm Cartosio, nel sollecitare la condanna, ha chiesto al gup di concedere la sospensione della pena. Il padre del dodicenne si è costituito parte civile con l'avvocato Mario Violante per chiedere i danni. La professoressa e' assistita dall'avvocato Sergio Visconti, che ne ha chiesto l'assoluzione.
 

tontolina

Forumer storico
mio figlio in seconda media beccò uno schiaffo dalla profe di inglese perchè l'aveva guardata male

è partita una denuncia penale
e la profe è andata in pensione senza capelli

lo stress l'ha resa calva perchè non poteva più atteggiarsi a colonnello in classe

alcuni genitori si erano accorti che il servizio militare è stato abolito e comunque non è da fare a 12anni
 

Tometta Piemontese

Nuovo forumer
con mia moglie ne abbiamo già parlato anche se non abbiamo ancora figli, scuole in svizzera ....

scuole italiane percarità di dio :rolleyes: :help: prima di tutto noi dobbiamo lavorare e non stare a pensare se abbiamo scelto la scuola giusta oppure se la maestra domani farà la matta oppure no :rolleyes: e poi alla fine dei conti ci costa pure meno :help: :ops:

la mia vita non me la rovino manco un secondo con sti qui, oltretutto pericolosi xchè un bambino può anche disaffezionarsi allo studio
ì
 

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