Uscita Grecia dall’Euro: gli effetti negativi sull’Europa
La tragedia greca marcia inesorabile verso la sua scontata conclusione. L'uscita di Atene dall'euro produrrà i suoi effetti negativi anche sui paesi periferici dell'Eurozona tra cui l'Italia
Entro poche ore sapremo se la prospettiva di un’uscita della Grecia dall’euro sia più vicina di quanto pensiamo, oppure se Atene andrà in agonia per qualche altro mese. Perché a studiare bene il caso, si scopre
che la Grecia sia ormai senza via d’uscita, rendendosi quasi certo il ritorno alla dracma, la vecchia moneta nazionale, abbandonata solo otto anni fa, per entrare nell’Eurozona.
L’unica possibilità per la Grecia di restare a galla si chiama governo tecnico
Oggi, alle ore 14.00, i leader di tutti i partiti, ad eccezione di Nikos Michaloliakos del partito neonazista
Alba Dorata e di
Aleka Papariga, a capo dei
comunisti greci del KKE, saranno presenti all’incontro voluto dal presidente Carolos Papoulias, presso il suo palazzo. Il primo non è stato nemmeno invitato, mentre la seconda ha declinato l’invito. Lì, il capo dello stato proporrà la formazione di un governo tecnico, che eviti che la Grecia torni al voto, dopo le elezioni del 6 maggio. L’esito del voto non ha consentito, infatti, la formazione di alcuna maggioranza politica, ma Atene deve attuare le misure previste dal Memorandum, approvato dal Parlamento a febbraio, che prevede ulteriori tagli e aumenti di imposte per complessivi 11,5 miliardi (5 punti di pil) entro la fine di questo giugno. In assenza di queste misure, la UE non rilascerà più aiuti e il Paese andrà in bancarotta, dovendosi rendere necessaria l’uscita anche dall’Eurozona.
I politici greci giocano a carte con i tedeschi
Di questo stanno discutendo in queste ore i politici greci, i quali, tuttavia, non avrebbero trovato alcun accordo per sostenere un esecutivo tecnico. Poco fa, il leader dei
Greci Indipendenti, Panos Kammenos, ha smentito di essere artefice del documento pubblicato dai giornali nelle scorse ore, per cui i suoi 33 parlamentari sarebbero disposti a sostenere un governo tecnico nel caso di “pericolo nazionale”, come l’addio all’euro. Kammenos ha affermato che il suo partito non ha scritto cose simili. Se fosse vero, le speranza di formare un esecutivo sarebbero nulle, visto che anche il leader della sinistra radicale di Dimar, Foutis Kouvelis, accetterebbe di sostenere un esecutivo con i socialisti del Pasok e i conservatori di Nuova Democrazia, a patto che faccia lo stesso Syriza, un’altra formazione di estrema sinistra.
Il leader di quest’ultima, Alexis Tsipras, tuttavia, ha già fatto sapere con certezza che voterà contro un eventuale governo tecnico, forte anche dei sondaggi, che assegnano al suo partito oltre il 20% dei consensi e la prima posizione tra tutte le formazioni elleniche, cosa che farebbe scattare in suo favore il premio di maggioranza di 50 deputati.
L’Eurogruppo di ieri sera si è limitato a fotografare le difficoltà del caso, ma il presidente
Jean Claude Juncker, che già si era dimesso in polemica contro l’asse franco-tedesco, ha affermato che è inaccettabile il clima di minacce con cui si cerca di trattare la Grecia, sostenendo che il suo abbandono dell’Eurozona sarebbe un’ipotesi fantasiosa, nemmeno presa in considerazione da Bruxelles.
Effetti dell’uscita della Grecia dall’Euro: verso un crollo a cascata?
E, invece, le cose stanno diversamente. In Grecia, come nel resto d’Europa, da giorni si fanno i conti con i costi della fuoriuscita di Atene dall’Eurozona e sarebbero davvero enormi, specie per gli stati semi-periferici dell’Area Euro,
come Italia, Spagna e Portogallo, che presto potrebbero avere a che fare con una moltitudine di default delle proprie imprese, fino a non potere più evitare di seguire i greci nella mesta strada dell’addio all’euro (
Uscita Grecia dall’euro: piangerebbero anche Italia e Spagna)
Ma anche nel caso in cui Atene fosse oggi in grado di mettere su un
governo di emergenza nazionale, le probabilità di riuscire a evitare di abbandonare l’euro sarebbero pressoché nulle. I partiti che lo sosterrebbero, infatti, non avrebbero un vero denominatore comune, visto che al di fuori di Nuova Democrazia e Pasok, nessuno condivide le misure del Memorandum e la Germania non sarebbe disposta a trattare stravolgimenti, come richiesti da Dimar o da Greci Indipendenti. Questi ultimi, ad esempio, sono i conservatori espulsi a febbraio da Antonis Samaras da Nuova Democrazia, proprio per la loro ostilità verso le politiche di austerity imposte dalla UE. Non si vede come dovrebbero approvare oggi quanto si sono rifiutati di votare meno di tre mesi fa.
Default Grecia…e la farsa finì
In queste ore, il premier uscente, il tecnico Lucas Papademos, sta cercando di rendere chiara ai leader dei partiti la situazione di collasso dello stato: Atene non avrebbe soldi per pagare gli stipendi e le pensioni, oltre maggio. Se non arrivassero gli aiuti europei, il Paese sarebbe costretto a dichiarare il default in poche settimane. E si tratterebbe di una bancarotta incontrollata, oltre che di un ritorno costosissimo alla dracma.
Lo scenario che si prevede è davvero drammatico. La dracma si svaluterebbe in poche ore dal 40% al 70% sull’euro e la gente farebbe la fila davanti alle banche per ritirare i propri risparmi, ancora denominati in euro, nel tentativo disperato di salvare il salvabile. Ciò, mentre il rapporto tra debito e pil esploderebbe, visto che il debito emesso fino ad oggi sarebbe in euro, mentre la ricchezza nazionale sarebbe convertita in dracme, secondo il vecchio rapporto prefissato nel 2004.
Le scene di disperazione avrebbero un impatto anche sugli altri stati dell’Eurozona e l’Italia potrebbe vivere una situazione simile, che porterebbe al collasso del sistema bancario in poche ore, al massimo in qualche giorno.
Il ministro delle Finanze austriaco, Maria Fekter, ha affermato qualche ora fa che se la Grecia dovesse uscire dall’euro, automaticamente dovrebbe dire addio anche alla UE, perché i Trattati non prevederebbero tale ipotesi. La dichiarazione della Fekter sarebbe frutto della convinzione di molti stati che nel caso in cui qualche membro dovesse abbandonare l’Eurozona, esso si avvantaggerebbe delle esportazioni nel mercato unico, tornando a una valuta nazionale svalutata. Proprio per evitare ciò, gli stati del Nord Europa minacciano di mettere alla porta anche dell’Unione chi lascia la moneta unica.
Sembra davvero una previsione cupa e senza speranze, ma è proprio lo scenario che si frappone tra noi e il futuro imminente. Se tra poche ore la Grecia non fosse in grado di formare un governo, già da domani ci sarebbe il cataclisma sui mercati. Ma non illudiamoci. Anche qualora si andrà verso un governo tecnico, si tratterebbe solo di allungare la vita a un malato terminale, a cui resterebbero poche settimane di vita. Tra i due casi, forse è meglio togliersi il dente subito. Ma il conto sarà salatissimo per tutti!