Sono senza parole e un squarcio nell'anima..................

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Forumer storico
Il drammatico racconto di una madre rilasciata prima del blitz: "Mi hanno costretto ad abbandonare la mia bimba di 6 anni"
"Puoi salvare uno dei tuoi figli"
La scelta impossibile di Zalina
di KIM MURPHY


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BESLAN - Zalina Dzandarova culla tra le braccia Alan, un bimbo che dorme col faccino appoggiato al suo petto. Questo è il figlio che Dzandarova è riuscita a salvare, anzi, il figlio che ha scelto di salvare. Letteralmente. Le immagini dell'altra piccola, Alana, una bimba di appena sei anni, la perseguitano: Alana che si appende al suo braccio, Alana che piange e che la chiama, Alana che singhiozza in lontananza mentre Dzandarova esce dalla Scuola Numero 1, stringendo tra le braccia il piccolo Alan di due anni. Giovedì i terroristi hanno consentito a 26 donne e bambini di andarsene. Circa la metà di loro, come Dzandarova, hanno ottenuto il permesso di portare con sé un figlio solo, lasciandosene un altro alle spalle.

"Non volevo prendere questa decisione" racconta Zalina, sconvolta, nella casa del suocero, a poca distanza dalla scuola. "Tutti mi dicono di essere lieti che mio figlio ed io siamo in salvo, ma come posso essere felice se non so più niente della mia bambina?". La violenza spesso sceglie a caso le sue vittime. Molto più raro è che debba essere una madre a fare la scelta di Sophie, salvare un figlio lasciandone un altro davanti all'eventualità della morte.

Mercoledì Dzandarova aveva accompagnato la figlia a scuola, per il suo primo giorno in prima elementare. Mentre gli alunni e i loro genitori si allineavano nell'atrio, hanno visto i terroristi fare irruzione nella scuola. La giovane donna si è messa a correre, cercando riparo con i figli in un'aula, ma è stata catturata insieme a tutti gli altri e condotta in palestra.

In un primo tempo, stando a quanto racconta, a tutti è stato consentito di bere dai rubinetti, ma in seguito i rapitori l'hanno impedito. Senza acqua il latte in polvere fornito dai terroristi per i bambini ha dovuto essere somministrato a cucchiaiate direttamente in bocca. Anche dopo aver rotto i vetri della palestra, l'ambiente era torrido. In soli due giorni il problema si è fatto gravissimo: "Ci dicevano: vedete, i bambini non potranno sopravvivere perché non hanno acqua a sufficienza. Possiamo solo sperare che superino la notte... ".

I guerriglieri, racconta la donna, correvano avanti e indietro nei locali, agitavano le pistole in faccia agli ostaggi, ordinavano e gridavano loro di stare immobili e stare zitti. Quando Alan ha iniziato a strillare per la fame Zalina è stata autorizzata a unirsi ad un gruppo di madri in un'altra stanza, dotata di rubinetti e più fresca.

Giovedì, alle donne di quella stanza è stato comunicato che sarebbero state rilasciate. "Ci dissero di preparare velocemente le nostre cose e di portare con noi i bambini" continua Zalina. Poi è arrivato l'ordine: doveva scegliere tra suo figlio o sua figlia. Lei aveva con sé entrambi. Ha tentato di passare Alana alla cognata sedicenne, ma i guerriglieri se ne sono accorti e le hanno proibito di portare con sé la figlia maggiore. "Alana mi si è appesa al braccio, mi stringeva forte la mano. Loro ci hanno separato". Mi hanno detto: "Vattene col bambino. Lei può rimanere qui con tua sorella". Io ho pianto, li ho supplicati... Alana strillava, tutte le donne intorno a me piangevano. Uno dei ceceni allora ha detto: "Se non ve ne andate adesso, non ve ne andrete più. Rimarrete qui con i vostri figli e noi vi faremo fuori tutti". La scelta dunque era chiara: non potendo salvarli entrambi, Dzandarova poteva morire con i suoi due figli o salvare uno di loro e se stessa. "Non ho avuto tempo per pensare a quello che stavo facendo... mi sono stretta Alan forte al petto e sono uscita. Mentre camminavo sentivo alle mie spalle le urla di mia figlia. Mi chiamava, piangeva. Ho creduto che il cuore mi si sarebbe infranto in quell'istante".

Zalina piange mentre parla. Le lacrime scendono su Alan, che dorme nelle sue braccia e che continua a dormire anche quando, cullandolo, ne scuote il corpicino con i suoi singhiozzi.
(Copyright Los Angeles Times-La Repubblica. Traduzione di Anna Bissanti)
 
IL COMMENTO
Democrazie sotto attacco
di EZIO MAURO

È in Ossezia il primo cimitero di bambini del nuovo secolo. Di nuovo quelle immagini che sembrano venire dal fondo più oscuro del Novecento, piccoli corpi insanguinati, madri che abbracciano un cadavere, sguardi innocenti che hanno già visto, e per sempre, tutto il male del mondo.

E invece non bisogna cedere alla suggestione della memoria che cerca di dare forme e significati già conosciuti all'orrore. Tutto è nuovo ciò che stiamo vivendo, ciò di cui stiamo morendo, ciò che fatichiamo a comprendere nelle vecchie categorie della nostra cultura politica sfidata nella sua essenza: la normalità civile, la democrazia quotidiana, la semplice libertà, due grattacieli a New York, un treno a Madrid, una scuola a Beslan.

È nuova la sfida di questo terrorismo islamico che si carica in Ossezia di significati ceceni, uccide Quattrocchi e Baldoni in nome dell'Iraq, minaccia la Francia per il velo. Ma ovunque, replica la stessa condanna totale e definitiva al nostro modo di vivere, ad un sistema di regole, di valori e di diritti che chiamiamo Occidente, a ciò che ha saputo vincere i totalitarismi europei: la democrazia.

Guai a non comprendere che questa è la sfida, e dunque è mortale, perché non è minacciato uno Stato ma un mondo con i suoi valori e a causa di questi. E se quel mondo della democrazia si chiama Occidente, guai a non capire che Europa e Stati Uniti sono uniti per sempre, al di là delle singole volontà, nella buona e nella cattiva sorte, come i terroristi dimostrano di sapere più di noi.

Proprio per questo abbiamo il diritto di contestare fino in fondo la scelta unilaterale di George Bush di ridurre l'Occidente ad un sistema di delega, portando la guerra in Iraq con ragioni false e sbagliate, incrementando il terrorismo dopo aver cacciato il dittatore. Ma possiamo farlo soltanto se insieme con gli Usa - invece di lasciarli soli dopo l'11 settembre - ci facciamo carico della sfida islamista, ripudiamo il terrorismo, condividiamo la necessità per le democrazie di difendersi, restando se stesse.

La vicenda francese, in ogni caso, dimostra che l'Europa può aprire un canale di interlocuzione con l'Islam moderato, separandolo dall'Islam più radicale e assassino, per isolarlo e condizionarlo. Tutto questo, senza cedere ai ricatti e senza ambiguità, sapendo che nessuna cultura politica, nessuna furbizia statuale, e tantomeno nessuna connivenza colpevole ci metteranno al riparo.

Questa globalizzazione del terrore - con dieci arabi trovati tra i terroristi ceceni - ci porta comunque al centro della sfida, ognuno di noi, coinvolti per forza in un teatro di morte lontano come l'Ossezia per un'identità storica, civile e culturale comune. Quella che manda i bambini a scuola, riunisce i parlamenti, crede nella democrazia delle istituzioni e dei diritti. Qualcosa a cui non vogliamo rinunciare, e che dobbiamo imparare a difendere.
 

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