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Sopravvivenze greche: la Festa del muzzuni ad Alcara Li Fusi
Molti etnoantropologi ritengono che sia la festa più antica d'Italia perchè è una festa greca, celebrabata probabilmente in continuità da 4000 anni.
Vi si è giustapposta, ma non sovrapposta la festa di San Giovanni.
Si celebrava originariamente il 21 giugno, solstizio d’estate; venne poi spostata al 24 giugno per farla coincidere con la festa di San Giovanni.
C'è chi la ricollega alle “Antesterie”, soprattutto al giorno dei Chòes, (il giorno delle brocche) il secondo giorno delle Antesterie, anche se il periodo non coincide.
Comunque è sicuramente una festa dedicata a Demetra.
Alcara si chiama Li Fusi dal 1812, antecedentemente si chiamava Alcara Valdemone
E' un paese dei Nebrodi, che sorge ai piedi della dolomitica Rocca Traura, primo contrafforte settentrionale del complesso montuoso delle Rocche del Crasto, le cui pareti rosate conferiscono al piccolo centro montano un fascino tutto particolare. Una zona di grande interesse naturalistico in cui nidificano le aquile.
Le origini di Alcara sembrano risalire al XII sec. a.C., epoca in cui sembra sia sorto il primo nucleo di quella che è la cittadina attuale. Narrano infatti Plinio e Dionigi d'Alicarnasso che, dopo la distruzione di Troia, fra i seguaci di Enea vi fosse un certo Patrone, natio della città di Turio e perciò detto Turiano, che dopo essere sbarcato nel tratto di spiaggia che va da Acquedolci a S. Agata Militello, con molti suoi compagni si diresse verso l'entroterra, dove trovò un luogo ricco di sorgenti d'acqua e riparato dai venti. Vi costruì un castello, da lui detto Turiano, ove prese dimora, costituendo il primo nucleo del borgo turiano che poi divenne Alcara. Il nome potrebbe derivare dal greco alkar che vuol dire difesa, presidio
Nell'anno 885 circa, i Saraceni, che occuparono e distrussero la città di Castro, presero anche il castello Turiano senza però distruggerlo giacché, data la sua posizione strategica che le consentiva di dominare la vallata del Torrente Rosmarino fu ritenuto utile per essere utilizzato come fortezza.
I superstiti Greci di Castro e di Dèmina andarono ad ingrossare l'abitato di Turiano che così divenne una città abbastanza importante per l'avvenuta fusione dei territori e delle popolazioni di tre gruppi civici. Cessato il dominio Saraceno e affermatosi la dinastia Normanna, l'intero abitato assunse il nome di "Alcara", e poiché era compresa nella Valle Démone, si chiamò "Alcara Valdemone".
Già dal 13 giugno, giorno di S. Antonio, le ragazze del paese si riuniscono per preparare le ciotole coi semi di orzo da far crescere al buio (come i famosi “Giardini di Adone”). Il 24 giugno di giorno si celebra la festa religiosa di San Giovanni, la sera la festa dei Muzzuni. Ma già le ragazze del paese, in abiti bianchi, partecipano alla processione spargendo petali di fiori che vengono presi da ampi cesti, particolari più ellenici che cristiani. All'imbrunire inizia la fase preparatoria della festa le cui protagoniste sono esclusivamente donne
Gli angoli più caratteristici del paese vengono preparati per accogliere gli altarini. Attorno ad essi, sulle pareti, sui balconi e sulla strada, vengono stese le pizzare, di origine bizantina, i tipici tappeti tessuti con l'antico telaio pedale utilizzando ritagli di stoffa.
Su queste ultime, disposte intorno e ai piedi dell'altarino, vengono poggiati i piatti con i "Laureddi" (steli di grano fatto germogliare al buio), spighe e oggetti del mondo contadino e spighe di grano intrecciate
Terminata questa fase, le donne rientrano in casa per preparare il "muzzuni". che è costituito da una brocca dal collo mozzo rivestita da uno scialle di seta e adorna di ori appartenenti alle famiglie del quartiere. Questo corredo viene chiamato 'u ntrizzu Dalla sommità della brocca fuoriescono steli d'orzo e grano fatti germogliare al buio, lavanda, spighe di grano già maturato, rametti di rosmarino, e fiori. Completato l'allestimento del Muzzuni, una ragazza del quartiere, simboleggiante le antiche sacerdotesse pagane, lo porta fuori e lo colloca sull'altare già pronto.
C’è un grande andrivieni di gente per i quartieri, mentre attorno agli altarini gli anziani intonano canti antichissimi accompagnati da un tamburo. Si beve, si balla, si scambiano effusioni e si intrecciano nuovi rapporti, che verranno sentiti e rispettati per tutta la vita: si diventa “cumpari a Sangiuvanni” (o “cumari”, naturalmente) bagnando nel vino, nella gioia e nella comunanza questi rapporti, ed offrendo fiori composti con confetti.
A notte i contadini preparano “u zuccu di Sanciuvanni” (il ceppo di San Giovanni), grosso tronco in legno, che viene spogliato dalle spighe che originariamente lo rivestivano e poi dato a fuoco.
Le spighe vengono distribuite come segno beneaugurate agli astanti, mentre il ceppo viene bruciato: attorno al fuoco, fino a tarda notte, si odono i canti, spesso rimbalzati, a mo’, di profferte amorose, tra uomini e donne.
Molti antropologi la considerano un incrocio tra le feste arcaiche pagane in onore di Dèmetra e i riti orfici. Alfredo Cattabiani, uno dei massimi saggisti di tradizioni popolari ed esoterismo, sostiene che la festa del Muzzuni sia da collegare ai riti primaverili che si celebravano nell’antica Grecia, in particolare le “Antesterie”, che coincidevano con il primo assaggio del vino nuovo, e soprattutto con il cerimoniale del secondo giorno chiamato il giorno “delle brocche”
Il rito del Muzzuni sembra comunque strettamente collegato ad antichi riti in onore di Demetra, Adone ed Afrodite.
Non dobbiamo dimenticare che ad Enna esisteva uno dei più antichi e prestigiosi templi di Demetra di tutta l'area ellenica, addirittura c'era la credenza che le vicende mitiche del ratto di Kore-Proserpina da parte del dio dell'oltretomba (mito che è alla base del rito di Eleusi) si fossero svolte in territorio siciliano, proprio in quello prossimo ad Enna, nei pressi del lago di Pergusa.
Molti etnoantropologi ritengono che sia la festa più antica d'Italia perchè è una festa greca, celebrabata probabilmente in continuità da 4000 anni.
Vi si è giustapposta, ma non sovrapposta la festa di San Giovanni.
Si celebrava originariamente il 21 giugno, solstizio d’estate; venne poi spostata al 24 giugno per farla coincidere con la festa di San Giovanni.
C'è chi la ricollega alle “Antesterie”, soprattutto al giorno dei Chòes, (il giorno delle brocche) il secondo giorno delle Antesterie, anche se il periodo non coincide.
Comunque è sicuramente una festa dedicata a Demetra.
Alcara si chiama Li Fusi dal 1812, antecedentemente si chiamava Alcara Valdemone
E' un paese dei Nebrodi, che sorge ai piedi della dolomitica Rocca Traura, primo contrafforte settentrionale del complesso montuoso delle Rocche del Crasto, le cui pareti rosate conferiscono al piccolo centro montano un fascino tutto particolare. Una zona di grande interesse naturalistico in cui nidificano le aquile.
Le origini di Alcara sembrano risalire al XII sec. a.C., epoca in cui sembra sia sorto il primo nucleo di quella che è la cittadina attuale. Narrano infatti Plinio e Dionigi d'Alicarnasso che, dopo la distruzione di Troia, fra i seguaci di Enea vi fosse un certo Patrone, natio della città di Turio e perciò detto Turiano, che dopo essere sbarcato nel tratto di spiaggia che va da Acquedolci a S. Agata Militello, con molti suoi compagni si diresse verso l'entroterra, dove trovò un luogo ricco di sorgenti d'acqua e riparato dai venti. Vi costruì un castello, da lui detto Turiano, ove prese dimora, costituendo il primo nucleo del borgo turiano che poi divenne Alcara. Il nome potrebbe derivare dal greco alkar che vuol dire difesa, presidio
Nell'anno 885 circa, i Saraceni, che occuparono e distrussero la città di Castro, presero anche il castello Turiano senza però distruggerlo giacché, data la sua posizione strategica che le consentiva di dominare la vallata del Torrente Rosmarino fu ritenuto utile per essere utilizzato come fortezza.
I superstiti Greci di Castro e di Dèmina andarono ad ingrossare l'abitato di Turiano che così divenne una città abbastanza importante per l'avvenuta fusione dei territori e delle popolazioni di tre gruppi civici. Cessato il dominio Saraceno e affermatosi la dinastia Normanna, l'intero abitato assunse il nome di "Alcara", e poiché era compresa nella Valle Démone, si chiamò "Alcara Valdemone".
Già dal 13 giugno, giorno di S. Antonio, le ragazze del paese si riuniscono per preparare le ciotole coi semi di orzo da far crescere al buio (come i famosi “Giardini di Adone”). Il 24 giugno di giorno si celebra la festa religiosa di San Giovanni, la sera la festa dei Muzzuni. Ma già le ragazze del paese, in abiti bianchi, partecipano alla processione spargendo petali di fiori che vengono presi da ampi cesti, particolari più ellenici che cristiani. All'imbrunire inizia la fase preparatoria della festa le cui protagoniste sono esclusivamente donne
Gli angoli più caratteristici del paese vengono preparati per accogliere gli altarini. Attorno ad essi, sulle pareti, sui balconi e sulla strada, vengono stese le pizzare, di origine bizantina, i tipici tappeti tessuti con l'antico telaio pedale utilizzando ritagli di stoffa.
Su queste ultime, disposte intorno e ai piedi dell'altarino, vengono poggiati i piatti con i "Laureddi" (steli di grano fatto germogliare al buio), spighe e oggetti del mondo contadino e spighe di grano intrecciate
Terminata questa fase, le donne rientrano in casa per preparare il "muzzuni". che è costituito da una brocca dal collo mozzo rivestita da uno scialle di seta e adorna di ori appartenenti alle famiglie del quartiere. Questo corredo viene chiamato 'u ntrizzu Dalla sommità della brocca fuoriescono steli d'orzo e grano fatti germogliare al buio, lavanda, spighe di grano già maturato, rametti di rosmarino, e fiori. Completato l'allestimento del Muzzuni, una ragazza del quartiere, simboleggiante le antiche sacerdotesse pagane, lo porta fuori e lo colloca sull'altare già pronto.
C’è un grande andrivieni di gente per i quartieri, mentre attorno agli altarini gli anziani intonano canti antichissimi accompagnati da un tamburo. Si beve, si balla, si scambiano effusioni e si intrecciano nuovi rapporti, che verranno sentiti e rispettati per tutta la vita: si diventa “cumpari a Sangiuvanni” (o “cumari”, naturalmente) bagnando nel vino, nella gioia e nella comunanza questi rapporti, ed offrendo fiori composti con confetti.
A notte i contadini preparano “u zuccu di Sanciuvanni” (il ceppo di San Giovanni), grosso tronco in legno, che viene spogliato dalle spighe che originariamente lo rivestivano e poi dato a fuoco.
Le spighe vengono distribuite come segno beneaugurate agli astanti, mentre il ceppo viene bruciato: attorno al fuoco, fino a tarda notte, si odono i canti, spesso rimbalzati, a mo’, di profferte amorose, tra uomini e donne.
Molti antropologi la considerano un incrocio tra le feste arcaiche pagane in onore di Dèmetra e i riti orfici. Alfredo Cattabiani, uno dei massimi saggisti di tradizioni popolari ed esoterismo, sostiene che la festa del Muzzuni sia da collegare ai riti primaverili che si celebravano nell’antica Grecia, in particolare le “Antesterie”, che coincidevano con il primo assaggio del vino nuovo, e soprattutto con il cerimoniale del secondo giorno chiamato il giorno “delle brocche”
Il rito del Muzzuni sembra comunque strettamente collegato ad antichi riti in onore di Demetra, Adone ed Afrodite.
Non dobbiamo dimenticare che ad Enna esisteva uno dei più antichi e prestigiosi templi di Demetra di tutta l'area ellenica, addirittura c'era la credenza che le vicende mitiche del ratto di Kore-Proserpina da parte del dio dell'oltretomba (mito che è alla base del rito di Eleusi) si fossero svolte in territorio siciliano, proprio in quello prossimo ad Enna, nei pressi del lago di Pergusa.



