L'assalto all'ala nobile
del capitalismo italiano
Dopo Rcs toccherà a Mediobanca: Ricucci e soci mirano al cuore della finanza, ma dietro di loro ci sono uomini ancora senza volto.
di Giuseppe Turani
Da La Repubblica, rubrica "Affari&politica"
di domeica 22 maggio 2005
Sono tornati gli assaltatori. Più di mille miliardi di vecchie lire gettati in azioni della Rcs-Corriere della Sera da uno come Stefano Ricucci, immobiliarista romano ignoto alle cronache fino a uno-due anni fa hanno convinto tutti che qui si sta facendo sul serio. Qui è partito un assalto in piena regola (tipo quelli degli anni Ottanta e Novanta) e la posta è ben individuata: si tratta appunto della Rcs e del Corriere della Sera. Possiamo tralasciare, per il momento, gli altri assalti in corso (e segnatamente Bnl e Antonveneta, anche se poi c’è più di un legame) e chiederci che cosa sta succedendo.
Il primo punto da chiarire è che la Rcs è soltanto una delle possibili prede di questa nuova mobilitazione di assaltatori. E non è nemmeno, forse, la più importante. Dietro la Rcs si intravede infatti la sagoma, ben più corposa e importante di Mediobanca. I due fortini da prendere, per soldi o per
fame, sono questi due. Se si accetta questa premessa, allora tutto diventa abbastanza chiaro. Che cosa sono infatti Mediobanca e la Rcs? Sono i due luoghi (i due ultimi luoghi, si potrebbe dire) dove quella che una volta si chiamava “l’ala nobile del capitalismo italiano” ancora al potere. Certo, si tratta di un’ala nobile che nel frattempo ha visto molti innesti (i vecchi sono in parte proprio morti, fisicamente) e che ha dovuto accettare compromessi. Ma al potere ci sono loro: la Fiat, Mediobanca, la Pirelli, ecc.
L’assalto in realtà non è che contro la Rcs e contro Mediobanca in quanto tali, ma è contro l’ala nobile. Il disegno di chi guida gli assaltatori è liquidare l’ala nobile del capitalismo italiano. Ma qui sorge un primo problema. In realtà, nonostante le decine di ipotesi fatte e le decine di nomi circolati, non sappiamo chi ha armato la mano de vari Ricucci (a meno che non si creda che l’ex odontoiatra ha trovato mille miliardi di lire perché è simpatico). Non lo sappiamo (anche se un giorno verrà a galla). Per ora possiamo solo dire che sono in tanti (nella politica e negli affari) a voler la fine dell’ala nobile del capitalismo italiano.
In politica li vogliono vedere fuori gioco (e magari anche un po’ rantolanti) perché non piace il sostegno che questi signori danno a un’ipotesi riformista e dialogante per la società italiana. E questo spiega perché, probabilmente, hanno nemici sia a destra che a sinistra.
Nel mondo degli affari l’ala nobile non piace, viene messa nel mirino, non perché interessi granché occupare il suo salotto buono (questo sono, fra l’altro, Mediobanca e Rcs), ma perché nonostante gli anni e la ruggine la sua quadreria è ancora quanto di meglio ci sia oggi in Italia. A partire, ovviamente, dalle Generali di Trieste, che restano pur sempre la più interessante struttura finanziaria di questo paese. Ma poi ci sono dentro appunto il “Corriere della Sera” e molte altre cose. Compresa una ragnatela di partecipazioni in tutti i grandi e medi gruppi economici ancora in circolazione. Senza trascurare il fatto che la stessa Mediobanca (benché privata per sempre dalla presenza e dal genio di Enrico Cuccia) rimane in ogni caso la miglior banca d’affari operante sul suolo italiano.
Chiarito tutto ciò, chi è del mestiere può fare in sei minuti un lungo elenco delle persone e dei gruppi interessati a mandare avanti Stefano Ricucci in qualità di bulldozer per cominciare a abbattere qualche muro. Magari quelli della Rcs, che sembrano essere i più fragili. Poi si vedrà.
Qui non faccio l’elenco dei nomi possibili perché sono tantissimi (alcuni anche un po’ impensabili) e nessuno di essi ha più probabilità di altri di essere quello giusto. Si prende solo atto del fatto che è in corso un assalto in grande stile, che quelli in prima linea (Ricucci e soci) sembrano disporre di mezzi illimitati, e si prende nota del fatto che Rcs è solo la prima delle perde: l’obiettivo vero rimane l’abbattimento di quel che resta dell’ala nobile del capitalismo italiano, al fine di saccheggiarne il potere e le proprietà. In passato ci sono state in questo paese moltissime guerre finanziarie, ma questa credo che le superi tutte. Sia per i mezzi impiegati che per la determinazione degli assaltatori. Gli assaltati, per la verità, coltivano forse ancora l’idea di essere al sicuro dentro i loro fortini, protetti dalle mura dei loro patti di sindacato. Ma credo che si sbaglino.
A proposito di queste vicende qualcuno dice: non facciamola tanto lunga, tutta questa roba sta quotata in Borsa, e quindi chi ha i soldi compra e vede che cosa riesce a fare. Ma è proprio così? Penso di no. Ricucci non è uno che sta tentando la scalata alla Rcs per proprio diletto, non è così forte e nemmeno così folle (quando l’ho incontrato mi è sembrato uno con molta testa sulle spalle e poco portato per le scommesse). Qualcuno gli ha messo mille miliardi di vecchie lire (forse anche mille e cinquecento) in mano e gli ha detto: vai e uccidi. E Ricucci è quello che sta facendo. Ecco, quello che non piace di tutta questa storia è che i veri assaltatori dei vecchi santuari della finanza italiana siano signori con il volto coperto, mascherati. In attesa di conoscere il nome dei veri mandanti, per ora il vero scandalo è questo: in Italia si sta giocando un partita decisiva per i futuri assetti di potere, ma, nonostante gli anni, le Consob, le varie autorità, si fa ancora il gioco “coperto”, come se fosse una storia di massoni.
(23 maggio 2005)