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Peccato, onore a una Nazionale valorosa
di Gian Paolo Ormezzano
Siamo andati alla Coppa del Mondo deprecando a priori il fatto di non contare politicamente niente, di avere pagato in sede di composizione - tutta senza Italia - dei direttivi Fifa e Uefa la grande antipatia raccolta in tanti anni di sconvolgimento del mercato, di comportamenti ribaldi in campo e fuori, di litigi e congiure dirigenziali a un po' tutti i livelli del nostro professionismo, anche di pressioni da ricchi e protervi sul settore arbitrale internazionale, a pro specialmente dei club.
Ci eravamo costituiti in bersaglio ideale per i moralismi ed anche la morale di un po' tutto il mondo. Fatto. Le partite da noi disputate in Giappone e Corea hanno confermato infatti questo pronostico. Per attenzione: noi, fatti oggetto di qualche trattamento non privilegiato, non riguardoso, diciamo pure non giusto, ma in un mondo dove gli errori possono pure esistere, abbiamo parlato subito con eccessivo isterismo di ingiustizia programmata. E certe proteste contro ingiustizie vere e (soprattutto) presunte generano esercitazioni di altra ingiustizia.
Non si può dire a priori che un arbitro ci massacrerà sicuramente, e poi pretendere che questo arbitro, dimostrando di essere un pavido, si sdrai ai nostri piedi. Diciamo pure che abbiamo gestito malissimo gli errori arbitrali che pure ci sono stati. Sino al gran finale, quando abbiamo in pratica portato l'arbitro ecuadoriano, fratello di quei calciatori che ci avevano generosamente liquidato la Croazia, a massacrarci per dimostrare di non essere schiavo delle nostre proteste ed anche dei nostri isterismi.
Comunque siamo stati maltrattati, ci hanno tolto dei gol buoni, magari più prima della Corea che "durante". Hanno fatto pagare a Trapattoni ed ai suoi - davvero tutti bravi, volenterosi, onesti - l'antipatia, persino l'odio che abbiamo creato e raccolto nel passato. Dopo quello che si sono detti e fatti i nostri dirigenti, sia di club che di lega e di federazione, per tutto l'ultimo anno in cui Casa Borgia era, rispetto al calcio italiano, un convento di gente molto pia, è fortemente possibile che essi siano riusciti a convincere il mondo che siamo una masnada di truffatori, di disonesti, di banditi.
Alla prima occasione così gli "altri" hanno punito un simbolo del calcio italiano, la Nazionale, piena fra l'altro di giocatori logorati dal più difficile, acre, fetente campionato che esista al mondo. La Nazionale che non doveva diventare campione del mondo, ma aveva la possibilità di andare ancora avanti un bel po'. Però con umiltà e senza scaricare altrove la responabilità anche delle sue pochezze, che pure esistono.
Perché su quattro partite alla fine ne abbiamo vinta una sola, contro il non tremendo Ecuador, perché tutti i nostri gol (o quasi, anche Del Piero ha segnato) sono stati segnati da un solo giocatore, l'immenso Vieri. E adesso i nostri processi (aiuto, c'è sempre Biscardi), prima contro gli arbitri stranieri poi, vedrete, al nostro interno. E adesso il gioco dell'autopsia degli errori. E adesso lo sdegno nazionalpopolare quando arriveranno le punizioni della Fifa, perchè pure questo è un capitolo che dovremo affrontare.
Sperando almeno che ci si riesca a consolare pensando che si tratta di un campionato mondiale ben povero, dove c'è spazio per avventure simpatiche ma, come dire?, scarse, senza consistenza tecnica e men che mai storica. Perché questo è il campionato del mondo dove le più grandi ingiustizie forse non sono state quelle, pur grandi, espletate contro l'Italia, ma quelle espletate a pro del Brasile contro Turchia e Belgio. Per questo, se riusciamo a non piangere troppo ed a conservare gli occhi per vedere anzi guardare, sarà un torneo ancora interessante, brutto e interessante, ingiusto e interessante, sporco e - purtroppo - interessante.
(18 GIUGNO 2002, ORE 17)