FTSE Mib Futures TRADING PITCHFORK (parte 3)

SP tf weekly
Trend rimane rialzista ma nelle ultime settimane i prezzi hanno testato 4 volte il supporto di medio periodo (linea verde). In caso di chiusura weekly sotto 6630/650, l'angolo bianco diventa attrattivo
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MIB weekly
Messo meglio degli yankee, per ora regge l'angolo blu (che invece fa da resistenza su SP). Il primo supporto importante si trova in area 42.5k
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XLF financial oltre al broadening top mi pare che si stia formando la spalla dx di H&S nell'eventuale ritorno con rottura della neck in area 51.80 il tg è in area 48.60 in linea con il tg del broadening
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bitcoin, sulla ribassista attiva da metà ottobre il prezzo potrebbe aver raggiunto il suo scopo in area mediana, potenzialmente è atteso un rimbalzo visto anche il fibo 61.8% Se fallisce più sotto c è la base dell'altro canale (shiff bianca)
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microsoft, sulla "ribassista" celeste a ottobre si è visto il suo riconoscimento, ora è forte del supporto trovato. Difficile dire dove si muoverà, non rimane che attendere gli eventi, certo è che si guarda sul lungo quel megafono si direbbe che è più consono puntare sul ribasso Vedi l'allegato 774832
microsoft si è ritrovata nella stessa identica situazione con le medie posizionate nello stesso modo nel 2021 :)
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Economia

Verizon taglia 15.000 posti di lavoro: licenziamento record negli Usa

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Il colosso delle telecomunicazioni USA riduce il 15% della forza lavoro per affrontare il rallentamento della crescita aziendale: via soprattutto dirigenti e impiegati negli store
  • di F. Q.
  • 14 Novembre 2025
Verizon è pronta a tagliare circa 15.000 posti di lavoro varando il più grande licenziamento mai effettuato dall’azienda di telecomunicazioni statunitense. Le uscite – anticipate da alcuni media Usa e non commentate dall’azienda – riguarderanno circa il 15% della forza lavoro del colosso e dovrebbero avvenire già la prossima settimana. Secondo il Wall Street Journal, Verizon punta a efficientare i costi così da far fronte al rallentamento della crescita del ramo aziendale che si occupa della fornitura di Internet e wireless.

Buona parte dei tagli verranno effettuati con licenziamenti, con un riduzione del 20% delle posizioni dirigenziali, mentre altri impiegati usciranno dal perimetro aziendale – stando a quanto si apprende – con il passaggio di 180 negozi di proprietà a store in franchising. La ristrutturazione è una delle prime mosse del nuovo Ceo Daniel Schulman, già a capo di PayPal e Virgin Mobile, nominato a ottobre. Un intervento a gamba tesa sui costi della struttura che – sostiene – è dettato dalla necessità di non aumentare i prezzi per il cliente, una strategia che a suo avviso porterebbe a un business “insostenibile” senza una maggiore crescita degli abbonati.

L’azienda impiegava circa 100.000 persone negli Stati Uniti neanche due anni fa e aveva già tagliato quasi 20.000 dipendenti nei tre anni precedenti. La situazione sarebbe ulteriormente peggiorata negli ultimi tempi con una forte crescita delle rivali AT&T e T-Mobile in termini di clienti. La perdita di abbonati ha portato a un rallentamento del titolo quotato a Wall Street e a una prima reazione di Verizon che ha lanciato un “prezzo bloccato” per i propri abbonati, ma anche i concorrenti hanno adottato la medesima strategia neutralizzando la scelta del colosso.


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Amazon taglierà 30 mila posti di lavoro: è il più grande licenziamento collettivo della sua storia​


Amazon taglierà 30 mila posti di lavoro: è il più grande licenziamento collettivo della sua storia
Si tratta del 10% dei dipendenti diretti del colosso e-commerce (che però conta oltre un milione e mezzo di lavoratori totali). La maggior parte delle mansioni sarà sostituita dall'Ia. Continuano i licenziamenti delle aziende tech: nel 2025 già tagliati 60 mila posti di lavoro​
I numeri sono impressionanti: Amazon si prepara al più grande licenziamento collettivo della sua storia e a lasciare a casa 30 mila dei suoi dipendenti diretti. Le prime lettere di partiranno oggi (28 ottobre), le altre a inizio del prossimo anno, dopo le festività natalizie. Per ora il colosso dell’e-commerce non ha rilasciato dichiarazioni ufficiali, ma ne parlano tutti i media internazionali più autorevoli: da Reuters al Wall Street Journal, dal Guardian a Cnbc.

In fondo, lo stesso Ceo di Amazon, Andy Jassy, parla da tempo della possibilità che migliaia di impiegati possano venire sostituiti da un “competitor” più economico (e per certi aspetti più efficiente): l’intelligenza artificiale. “È difficile sapere esattamente dove tutto questo si rifletterà nel tempo, ma nei prossimi anni prevediamo che ciò ridurrà la nostra forza lavoro aziendale complessiva”, ha scritto in una nota al personale lo scorso giugno. Una prospettiva fino a pochi anni fa distopica e che ora, un passo alla volta, sta diventando realtà. Proprio in questi giorni il colosso dell’e-commerce ha annunciato l'introduzione di nuovi processi automatizzati con l'obiettivo di robotizzare fino al 75% delle operazioni. Con risparmi stimati di miliardi di dollari l’anno.

Se rapportata in termini relativi, la cifra rappresenta una “piccola” percentuale dell’oltre il milione e mezzo dei dipendenti totali della multinazionale di Jeff Bezos. Quasi il 10%, però, dei circa 350.000 dipendenti aziendali. Quasi tre anni fa, alla fine del 2022, erano state licenziate altre 27 mila persone. I tagli, sottolineano fonti interne ad Amazon citate dai media internazionali, si spiegano anche con il ridimensionamento della forza lavoro dopo il boom delle assunzioni durante il Covid, quando i servizi e-commerce erano particolarmente richiesti.

Ma quali saranno gli ambiti che verranno più colpiti dai licenziamenti? Principalmente, le divisioni delle risorse umane, dei servizi e di Amazon Web Service. Quelli, cioè, più sostituibili dai processi dominati dall’intelligenza artificiale.

Ma i tagli odierni di Amazon non sono un fulmine a ciel sereno. E non solo perché il Ceo aveva ipotizzato un ridimensionamento dei numeri, o perché già nel 2022 aveva lasciato a casa già migliaia di dipendenti. Ma perché negli ultimi anni tutte le più grandi aziende tech — da Microsoft ad Alphabet, da Meta a eBay — stanno tagliando il proprio personale. Nel 2024, in quest’ambito sono stati oltre 257 mila i licenziamenti. E nei primi mesi del 2025, solo negli Stati Uniti, sono stati 60 mila i posti di lavoro tagliati.
 

USA: OLTRE UN MILIONE DI LICENZIAMENTI PER L'IA​

Economia E Lavoro
| 2 novembre 2025
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Trento, 2 novembre 2025 - Il 2025 si conferma un anno difficile per il mercato del lavoro americano. Negli Stati Uniti sono già oltre un milione i licenziamenti annunciati, con una tendenza destinata a proseguire nei prossimi mesi. Dopo i tagli nel settore pubblico, la contrazione occupazionale ha investito anche il settore privato, colpendo in particolare retail, media, finanza e tecnologia.
Il precedente equilibrio fra mancate assunzioni e stabilità dei posti di lavoro — riassunto nello slogan “no hire, no fire” — è stato sostituito da una nuova fase, quella del “no hire, more fire”: niente assunzioni e più licenziamenti. Le difficoltà si fanno sentire soprattutto tra i più giovani: le candidature presentate dai laureati del 2025 sono quasi raddoppiate rispetto all’anno scorso, ma con risultati sempre più insoddisfacenti.
Secondo la società di outplacement Challenger, Gray & Christmas, nei primi nove mesi dell’anno i licenziamenti sono aumentati del 55% rispetto al 2024, raggiungendo quota 950mila e superando già in ottobre la soglia del milione. Si tratta di livelli che non si registravano dal 2020, durante la crisi pandemica.
Grandi aziende come UPS, Amazon, Meta, Target e Paramount Skydance hanno avviato piani di riduzione del personale che in alcuni casi coinvolgono migliaia di dipendenti. Anche istituti finanziari come JP Morgan e Goldman Sachs, e gruppi come Walmart, hanno annunciato politiche di blocco delle assunzioni e strategie di efficienza basate sull’intelligenza artificiale. Secondo il Ceo di Ford, Jim Farley, l’AI sostituirà “letteralmente la metà dei colletti bianchi”.
I dati confermano che il fenomeno attraversa trasversalmente l’economia: nel settore tecnologico i tagli superano i 107mila, nel commercio al dettaglio oltre 86mila (+203% in un anno), nei media più di 14mila. La riforma della pubblica amministrazione avviata dall’amministrazione Trump ha comportato ulteriori 300mila licenziamenti.
Di fronte a questo scenario, la Federal Reserve ha reagito con due tagli consecutivi dei tassi di interesse, nel tentativo di attenuare l’impatto sociale di un mercato del lavoro in rapido deterioramento. La creazione di nuovi posti si è ridotta a 27mila al mese e i disoccupati di lunga durata hanno superato i due milioni, il livello più alto degli ultimi tre anni.
Nell’opinione pubblica cresce il pessimismo: secondo i sondaggi, oltre la metà degli americani giudica “pessimo” lo stato del mercato del lavoro. L’intelligenza artificiale, pur rappresentando la nuova frontiera dell’innovazione, sta quindi diventando anche il simbolo di una trasformazione che rischia di lasciare profonde cicatrici nel tessuto occupazionale e sociale del Paese.
 

Usa: fallimenti grandi imprese in aumento a ottobre​

Secondo S&P Global Market Intelligence nel 2025 i default potrebbero toccare il record degli ultimi 15 anni

Di
Redazione
-
14 Novembre 2025
https://www.linkedin.com/shareArtic...allimenti+grandi+imprese+in+aumento+a+ottobre
fallimenti-USA
Negli Stati Uniti il numero di fallimenti di grandi aziende è leggermente aumentato a ottobre rispetto al mese precedente, dopo il rallentamento registrato a settembre. I dati vengono da S&P Global Market Intelligence, secondo cui le istanze di fallimento di grandi aziende sono aumentate a 68 a ottobre, rispetto al totale di 66 di settembre. Il perimetro preso in considerazione riguarda società quotate (o con obbligazioni quotate) con attività o passività di almeno 2 milioni di dollari e le società non quotate con attività o passività di almeno 10 milioni di dollari.

Dall’inizio dell’anno le istanze di fallimento sono state 655 e sono sulla buona strada – sottolinea una nota di S&P – per raggiungere a dicembre il massimo degli ultimi 15 anni.
Alcuni fallimenti di grandi imprese (First Brands Group LLC e Tricolor Holdings LLC) avevano messo sotto pressione le banche esposte con quelle società e inizialmente «avevano offuscato le prospettive di performance bancarie, poiché gli analisti temevano che i rischi sottostanti e le frodi stessero iniziando a diffondersi nei mercati del credito».

Nel discutere dei fallimenti durante la conference call sui risultati finanziari del 14 ottobre, il presidente e CEO di JPMorgan Chase & Co., James Dimon, aveva avvertito che «quando vedi uno scarafaggio, probabilmente ce ne sono altri, quindi tutti dovrebbero essere avvisati». Tuttavia, le preoccupazioni si sono successivamente attenuate poiché gli analisti hanno concluso che l’impatto di questi fallimenti potrebbe essere limitato. «Considero questi pochi incidenti idiosincratici, ma mi aspetto che si verifichino altri di questi “incidenti isolati”, potenzialmente in altri settori come il software, che ha aumentato la leva finanziaria mentre i capitali confluiscono nelle spese in conto capitale per l’intelligenza artificiale», ha dichiarato a Market Intelligence Clayton Triick, responsabile della gestione del portafoglio di strategie pubbliche presso Angel Oak Capital Advisors.

Gli spread sul mercato dei credit default swap ad alto rendimento – un indicatore tradizionale sulla possibilità dei default – hanno registrato un’impennata a ottobre. Si sono attenuati alla fine del mese, ma non sono tornati ai minimi precedenti. Lo spread dell’indice CDX North American High Yield ha chiuso a 328,61 punti base a fine ottobre, in calo rispetto al recente picco di 343,44 punti base di metà ottobre, ma rimanendo elevato sopra il recente minimo di 302,55 punti base registrato a settembre.

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Economia

Germania: +12,2% insolvenze aziendali. La “locomotiva” europea perde colpi?​


L’economia tedesca sta affrontando un’ondata di fallimenti. I dati mostrano un aumento a doppia cifra (+12,2%) con settori chiave come trasporti ed edilizia in grave difficoltà. L’allarme non è solo sul numero, ma sul valore dei debiti, più che raddoppiato.

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Pubblicato

2 giorni fa
il

14 Novembre 2025
Di

Fabio Lugano
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Qualcosa scricchiola nel cuore economico dell’Europa. La Germania, da sempre considerata la “locomotiva” dell’Unione, sta registrando un’impennata preoccupante nel numero di insolvenze. Sebbene per anni i tassi d’interesse a zero e i massicci aiuti di Stato (specialmente durante la pandemia) abbiano tenuto a galla molte aziende, ora la musica sembra cambiata.

Per approfondire:

I dati dell’Ufficio federale di statistica (Destatis) parlano chiaro e delineano un quadro che merita un’analisi attenta, senza inutili allarmismi ma con sano realismo.

Ecco il relativo grafico (con traduzione in italiano:


Asse Y: Indice 2015 = 100 Legenda: Linea blu: Risultato definitivo Linea rossa: Risultato provvisorio (indicatore rapido sperimentale) Testo esplicativo in basso: Obbligo di presentazione dell’istanza di insolvenza sospeso: per le aziende colpite dal Corona. in caso di sovraindebitamento. in caso di mancati pagamenti degli aiuti. Ripristino dell’obbligo di presentazione dell’istanza di insolvenza. Fonti: Quellen: Statistisches Bundesamt (Ufficio federale di statistica), neu.insolvenzbekanntmachungen.de

I dati che contano (quelli definitivi)​

Il dato più recente e consolidato riguarda agosto 2025. Rispetto allo stesso mese dell’anno precedente, i tribunali tedeschi hanno segnalato un aumento del 12,2% delle insolvenze aziendali, per un totale di 1.979 casi.

Ma il numero assoluto, in un’economia di quella portata, potrebbe non dire tutto. Ciò che colpisce davvero è l’ammontare dei crediti vantati dai creditori, ovvero la dimensione del “buco” lasciato da questi fallimenti.

  • Agosto 2025: I crediti vantati ammontavano a circa 5,4 miliardi di euro.
  • Agosto 2024: I crediti erano circa 2,3 miliardi di euro.
In un solo anno, il valore dei fallimenti è più che raddoppiato. Questo non è un buon segno: suggerisce che a fallire non sono solo piccole imprese marginali, ma anche realtà aziendali di dimensioni più significative.

Il trend sembra destinato a continuare. I dati preliminari di ottobre 2025 (che, come specifica Destatis, hanno un ritardo di circa tre mesi tra la richiesta e la statistica) mostrano un ulteriore aumento del 6,5% delle istanze di insolvenza regolari rispetto a ottobre 2024.

I settori più colpiti: edilizia e trasporti in affanno​

L’analisi settoriale è forse la più interessante. Non tutti i comparti soffrono allo stesso modo. L’incidenza media dei fallimenti in Germania ad agosto 2025 era di 5,7 casi ogni 10.000 aziende.

Tuttavia, alcuni settori chiave mostrano tassi di insolvenza decisamente superiori:

  1. Trasporti e stoccaggio: 10,1 casi ogni 10.000 aziende.
  2. Edilizia: 8,9 casi ogni 10.000 aziende.
  3. Settore alberghiero: 8,2 casi ogni 10.000 aziende.
Non è difficile ipotizzare le cause, che suonano come un campanello d’allarme anche per l’Italia.

L’edilizia è la prima vittima del deciso rialzo dei tassi d’interesse imposto dalla BCE: con mutui più costosi, la domanda di nuove costruzioni crolla. Se a questo si aggiunge l’alto costo dei materiali e dell’energia, il quadro è completo.

I trasporti e la logistica soffrono per ragioni simili (costo dell’energia e dei carburanti) ma anche per il rallentamento generale del commercio e della produzione industriale, che riduce la necessità di movimentare merci.

E i privati?​

La debolezza non si limita alle imprese. Anche le famiglie tedesche sono in difficoltà. Ad agosto 2025, le insolvenze dei consumatori, cioè i privati, sono aumentate dell’8,1% rispetto ad agosto 2024 (6.132 casi).

È l’inevitabile conseguenza: se le aziende (specialmente nei settori ad alta intensità di manodopera come edilizia e alberghiero) vacillano, la pressione sull’occupazione e sui salari aumenta, mettendo in difficoltà i bilanci familiari, già erosi dall’inflazione.

In sintesi, la fine delle sospensioni degli obblighi di fallimento (introdotte durante il Covid) e una politica monetaria restrittiva stanno presentando il conto. La Germania sta forse pagando il prezzo della lotta all’inflazione? Probabile. E come insegna la storia economica recente, quando la locomotiva tedesca rallenta, è bene che gli altri vagoni (Italia inclusa) si preparino all’impatto.



Domande e risposte​

Quali sono i settori più in difficoltà in Germania? I dati di agosto 2025 mostrano che il tasso di insolvenza più alto si registra nel settore dei “Trasporti e stoccaggio” (10,1 casi ogni 10.000 aziende). Seguono immediatamente il settore dell'”Edilizia” (8,9 casi) e quello “Alberghiero” (8,2 casi). Questi comparti sono particolarmente sensibili ai costi energetici e, nel caso dell’edilizia, al forte aumento dei tassi di interesse che ha frenato la domanda di mutui e nuove costruzioni.

Perché i debiti legati ai fallimenti sono aumentati così tanto (€5,4 miliardi)? L’aumento del numero di fallimenti (+12,2%) è preoccupante, ma l’esplosione del valore dei crediti (da 2,3 a 5,4 miliardi di euro, più del doppio) lo è ancora di più. Questo dato suggerisce che non stanno fallendo solo piccole attività, ma anche aziende di medie o grandi dimensioni. Quando un’impresa strutturata fallisce, l’impatto economico e l’esposizione debitoria verso fornitori e banche sono molto più elevati.

Questo aumento dei fallimenti in Germania avrà un impatto sull’Italia? Sì, quasi certamente. La Germania è il principale partner commerciale dell’Italia. Un aumento delle insolvenze tedesche significa due cose per le imprese italiane: 1) Meno domanda, perché le aziende tedesche (clienti) riducono gli ordini o chiudono. 2) Maggior rischio di credito, poiché le aziende italiane che esportano in Germania rischiano di non veder pagate le proprie fatture da clienti diventati insolventi.
 

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