Tuor - È forse già troppo tardi

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Forumer storico
È forse già troppo tardi
Alfonso Tuor

Verrà sicuramente approvato entro domenica il maxipiano di 700 miliardi di dollari per salvare il sistema finanziario. Nessun partito e nessun membro del Congresso si sente di correre il rischio, a poche settimane dalle elezioni, di essere additato come il responsabile del collasso del sistema finanziario e dell’avvio di una nuova Grande Depressione, soprattutto dopo il drammatico discorso alla Nazione del presidente George W. Bush diffuso mercoledì sera dalle televisioni americane durante l’orario di maggiore ascolto. E infatti si sta delineando al Congresso un compromesso che corregge la proposta iniziale del ministro del Tesoro Paulson, il quale in pratica aveva chiesto i «pieni poteri». Vi saranno quindi organi che controlleranno l’uso di questi fondi. E vi saranno norme che, nonostante l’opposizione dell’amministrazione Bush, limiteranno gli stipendi dei manager delle banche beneficiarie di questi fondi e altre misure tuttora in discussione.
Tra queste un prestito di 25 miliardi di dollari a tassi agevolati alle tre grandi case automobilistiche di Detroit. Ma tutto ciò non cambierà nella sostanza l’impianto della proposta di Henry Paulson: questi capitali verranno usati per comprare titoli illiquidi, ossia senza mercato e quindi senza prezzo, detenuti dalle banche.
Il maxipiano permetterà forse solo di guadagnar tempo, ma non di uscire da questa grave crisi. Esso è il frutto del maxierrore, che sicuramente passerà alla storia, di lasciar fallire la Lehman Brothers. Il mancato salvataggio della banca di investimento americana ha prodotto un’impressionante accelerazione della crisi. In particolare, ha incrinato la fiducia dei risparmiatori americani nei fondi monetari, nei quali sono investiti più di 3’500 miliardi di dollari che vengono usati per i finanziamenti a breve termine alle banche e alle imprese. L’investimento in questi fondi monetari è considerato sicuro dai risparmiatori. Il fallimento della Lehman ha però fatto sì che alcuni di essi accusassero perdite e ha provocato la fuga da essi di circa 200 miliardi di dollari. Se non si fosse arrestato immediatamente il fenomeno, paragonabile ad una corsa agli sportelli, l’implosione del sistema finanziario sarebbe stata inevitabile. Quindi il prestito di 50 miliardi concesso immediatamente dalla Federal Reserve, che verrà pagato con una parte dei 700 miliardi di dollari che il Congresso si appresta ad approvare, era assolutamente indispensabile. Anche la garanzia che una parte di questi 700 miliardi sarà utilizzata per garantire questi fondi monetari appare una misura necessaria. Il fallimento della Lehman ha poi accelerato i tempi della crisi, portando alla nazionalizzazione della compagnia assicurativa AIG e alla chiusura di fatto del mercato interbancario e monetario, dove i tassi per le scadenze superiori al giorno per giorno si sono impennati, nonostante le continue iniezioni di capitali da parte delle banche centrali.
L’acquisto da parte dello Stato dei titoli illiquidi delle banche è sicuramente la questione più controversa e quella destinata a dare risultati solo a breve scadenza. Il proposito non è estrarre dai bilanci delle banche la totalità di questa carta, poiché il suo ammontare complessivo è talmente grande da rendere 700 miliardi di dollari una cifra irrisoria, ma ricreare un mercato e quindi un prezzo per questi titoli. Questo obiettivo è già fallito, come attestano i mercati finanziari. Infatti, dopo la momentanea euforia iniziale, è tornato immediatamente a prevalere il pessimismo più nero. Basta guardare al vero termometro di questa crisi, ossia ai tassi sul mercato interbancario, che ieri hanno toccato i massimi degli ultimi otto anni.
Il risultato pratico di questo piano non sarà quindi molto diverso dalle continue iniezioni di capitali effettuate dalle banche centrali. Verranno dati alle banche «soldi buoni» in cambio di carta, alla quale non si sa dare un prezzo. Questa operazione permetterà forse di guadagnare un po’ di tempo. Altre soluzioni avrebbero avuto maggiore possibilità di successo. La più efficace, la più trasparente e la più corretta sarebbe stata la nazionalizzazione degli istituti sull’orlo del fallimento, come già fatto con AIG. Questa via era stata seguita dalla Svezia all’inizio degli anni Novanta, ottenendo un grande successo. È comunque pressoché certo che gli Stati Uniti e gli altri paesi saranno presto costretti ad imboccare questa strada, poiché il piano attuale non risolleverà il sistema bancario, che anzi dovrà fare i conti con altre perdite dovute ad una crisi del mercato immobiliare che continua a peggiorare (la vendita di case nuove è scesa ai minimi degli ultimi 17 anni) e ad una recessione che secondo gli ultimi dati sarà molto severa. Inoltre l’aumento esponenziale del debito pubblico americano, finanziato in gran parte dalle banche centrali dei paesi asiatici e arabi, fa temere che la crisi del credito si possa trasformare in una crisi del dollaro, che avrebbe conseguenze devastanti per tutto il mondo.
Se si fa un confronto con i precedenti storici di crisi del credito di portata simile a quella attuale, si giunge alla conclusione che molto probabilmente qualsiasi tipo di intervento giunge già fuori tempo massimo. In altri termini, si può solo prolungare l’agonia del sistema finanziario, ma molto probabilmente non è più possibile evitare il collasso degli istituti attivi nella nuova ingegneria finanziaria e i cui manager beneficiano di bonus milionari. In quest’ottica l’obiettivo dovrebbe essere limitare gli effetti devastanti del crollo di un sistema finanziario cresciuto negli ultimi decenni in maniera abnorme e malata. In proposito le ricette sono chiare: nazionalizzazione delle banche che falliscono, grandi pacchetti di rilancio dell’economia e riforma del sistema monetario e finanziario internazionale, come si fece a Bretton Woods. Il sistema finanziario è sull’orlo di un collasso, come ha ammesso lo stesso presidente Bush, che probabilmente non si può più evitare. Seguendo la strada dei Paulson, dei Bush e dei Bernanke, si riuscirà solo a tirare a campare per un po’ più di tempo. E il dramma è che non possono essere i responsabili della crisi attuale a farci evitare di cadere nel baratro.
 
25/09/2008 23:05
 

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