Tuor - Il rischio di stampare troppa moneta

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Il rischio di stampare troppa moneta
Alfonso Tuor

La Banca Centrale americana ha implicitamente ammesso il fallimento dei numerosi interventi effettuati finora con l’obiettivo di riaprire il mercato del credito e quello di evitare che gli Stati Uniti piombino in una spirale deflazionistica. Infatti, martedì sera la Federal Reserve non ha solo comunicato la decisione di azzerare i tassi di interesse, ma ha anche promesso nuovi interventi per sventare «con tutte le armi possibili» il pericolo che il Paese piombi in una catastrofica depressione.
In pratica, gli Stati Uniti verranno inondati di dollari, che la Federal Reserve provvederà a stampare in quantità crescenti fino a quando l’economia americana ricomincerà a dare segnali di vita. La strada intrapresa da Washington è irta di pericoli. I maggiori sono una caduta del tasso di cambio del dollaro e l’iperinflazione. Ma procediamo con ordine.
I dati economici provenienti dagli Stati Uniti vanno in un’unica direzione: l’economia americana sta cadendo ad una velocità impressionante in una spirale deflazionistica. L’economia in questo quarto trimestre si sta contraendo, secondo le stime più accreditate, ad un tasso annualizzato superiore al 6%, la crisi del mercato immobiliare è lontana dalla fine, i prezzi in novembre sono scesi dell’1,7% e, se si osservano i dati degli ultimi tre mesi, gli Stati Uniti sono già in deflazione. Il crescere delle aspettative deflazionistiche è confermato dai tassi dei titoli di Stato a tre mesi, che sono vicini allo zero, e dall’andamento dei titoli di Stato a tasso variabile, che sono un barometro delle aspettative inflazionistiche. Se l’economia reale sta male, ancora peggiori sono le condizioni del sistema finanziario, che sta ancora in piedi solo grazie agli aiuti dello Stato e della Federal Reserve.
La conclusione è evidente: gli interventi effettuati finora sono falliti e occorre prendere atto, come ha giustamente osservato André Sapir dell’Università libera di Bruxelles, che «non bisogna evitare il 1929, poiché è già avvenuto. Ora, invece, bisogna evitare la Grande Depressione degli anni Trenta». Questo giudizio è sicuramente condiviso dal presidente della Fed, Ben Bernanke, che ha addirittura incoraggiato gli economisti della Banca Centrale americana a proporre nuove idee, che vadano al di là dell’ortodossia economica, per uscire da questa devastante crisi.
I primi risultati di questo grande esperimento sono sotto gli occhi di tutti. La Federal Reserve ha avviato una dozzina di nuovi programmi che vanno dal sostegno dei fondi monetari all’acquisto dei titoli con cui si finanziano a breve le imprese, dai 600 miliardi di dollari stanziati per acquistare le obbligazioni di Fannie Mae e Freddie Mac ai 200 miliardi per l’acquisto dei titoli in cui sono impacchettati i prestiti per l’acquisto delle automobili, i prestiti agli studenti e i debiti delle carte di credito. La lista potrebbe continuare a lungo, ma questa politica può essere riassunta in una battuta: la Federal Reserve sta diventando la più grande banca commerciale del mondo con una somma di bilancio che cresce a vista d’occhio ogni settimana e che ha già superato i 2.000 miliardi di dollari.
La Banca Centrale americana non ha alternative: l’elevato livello di indebitamento delle famiglie, delle imprese, dello Stato federale e del Paese trasformerebbero una deflazione in una depressione economica ancor più grave di quella degli anni Trenta. Quindi, la Federal Reserve continuerà ad inondare gli Stati Uniti di liquidità ed è disposta a giungere, come aveva scritto Bernanke all’inizio di questo decennio (per questo motivo viene anche chiamato «Elicopter Bernanke»), a distribuire soldi alla popolazione per far ripartire l’economia. Quindi, e questo deve essere chiaro, le autorità americane temono a tal punto la deflazione da essere disposte a correre il rischio della caduta del dollaro e dell’iperinflazione.
Questa medicina piace soprattutto all’oligarchia finanziaria, poiché un grande incendio inflazionistico permetterebbe di bruciare anche l’enorme quantità di carta straccia prodotta in questi anni a Wall Street, a Londra e anche a Zurigo. Questo incendio inflazionistico distruggerebbe le pensioni e i risparmi di milioni di persone, ma faciliterebbe il risanamento di un sistema bancario, oggi in uno stato comatoso. Tutto ciò appare ancora più allettante, poiché permetterebbe all’oligarchia finanziaria responsabile della crisi di rimanere in sella e di non vedere intaccato il proprio potere.
Le possibilità di successo di questo inedito «Grande Esperimento» sono incerte.
Si possono comunque ipotizzare alcuni scenari. Il primo è quello di un successo degli sforzi della Federal Reserve: l’economia americana si riprende e i mercati finanziari ricominciano a funzionare. In tal caso l’enorme quantità di liquidità immessa nel circuito economico dalla banca centrale provoca una grande inflazione.
Il secondo scenario, evocato dall’economista americano Nouriel Roubini, è che questi interventi eviteranno una depressione, ma condurranno a un lungo periodo di stagnazione economica e di calo dei prezzi, in pratica l’economia americana si appresta ad imitare le gesta del Giappone.
Vi è però un terzo scenario, che appare molto probabile: l’inondazione di liquidità provoca una crisi di fiducia nei confronti del dollaro e quindi riduce l’afflusso di capitali asiatici ed arabi indispensabili per finanziare il debito estero americano. La sfiducia nei confronti della valuta statunitense costringe la Fed a inondare ancor più l’economia di liquidità con il risultato che si produce contemporaneamente iperinflazione e depressione. In sintesi, gli Stati Uniti si incamminano sulla strada tedesca della Repubblica di Weimar. Il futuro dirà se qualcuno di questi scenari si è avvicinato alla realtà.
Un’avvertenza è comunque d’obbligo: Eurolandia, grazie al governo tedesco e alla Banca centrale europea, non ha per il momento intenzione di seguire la politica americana. Quindi, l’Europa non corre alcun pericolo di inflazione. Vi è da sperare che i governi europei non si facciano ammaliare dalle sirene dei portavoce della finanza che soprattutto attraverso gli organi di stampa della City londinese invocano politiche più incisive contro la crisi. Scelte del genere provocherebbero unicamente una grave crisi dell’Unione monetaria europea ed un caos politico. Vi è quindi da sperare che la classe politica europea non segua i pressanti inviti di coloro che hanno provocato l’attuale disastro e che addirittura lo stanno aggravando.

18.12.08 04:27:29

http://www.cdt.ch/articolo.php?id=1
 
Quindi, l’Europa non corre alcun pericolo di inflazione. Vi è da sperare che i governi europei non si facciano ammaliare dalle sirene dei portavoce della finanza che soprattutto attraverso gli organi di stampa della City londinese invocano politiche più incisive contro la crisi. Scelte del genere provocherebbero unicamente una grave crisi dell’Unione monetaria europea ed un caos politico. Vi è quindi da sperare che la classe politica europea non segua i pressanti inviti di coloro che hanno provocato l’attuale disastro e che addirittura lo stanno aggravando.
:eek: Da scolpire nella pietra :up: Finalmente si ha il coraggio di uscire dai forum, e scriverlo chiaramente anche sui quotidiani più ufficiali :up::up::up::up::up:
Grande Tuor :mano:
 

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