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SINTESI - UniCredit, Palenzona nega uscita Rampl, ma tema esiste
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Reuters - 28/10/2010 19:03:43
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di Stefano Bernabei e Gianluca Semeraro
ROMA/MILANO, 28 ottobre (Reuters) - Le ipotesi di dimissioni del presidente di Unicredit Dieter Rampl sono fesserie. Lo ha detto così, chiaramente, il vice di Unicredit Fabrizio Palenzona, che è tra i più autorevoli rappresentanti delle Fondazioni azioniste. Il nuovo amministratore delegato della banca Federico Ghizzoni è "assolutamente" d'accordo: le dimissioni di Rampl sono da smentire. E poi lo stesso Rampl ha ricordato sempre oggi di essere stato eletto dall'assemblea con un mandato che scade ad aprile del 2012.

Problema inventato o già superato? La lettura di un Rampl in difficoltà dopo la definizione di una governance che ha costretto all'uscita il capo del corporate and investment banking Sergio Ermotti è stato il leitmotiv di gran parte dei commentatori. In Italia e fuori.

Questa mattina il quotidiano tedesco, di Monaco di Baviera, Sueddeutsche Zeitung ha dedicato un profilo a Rampl. Dentro si scrive: "Adesso Rampl, per quello che si apprende, sta cercando una strada per salvare la faccia. Ancora prima del prossimo consiglio di amministrazione del 9 novembre, - secondo fonti del cda - vorrebbe ottenere dal comitato strategico una chiara conferma dell'importanza dell'investment e corporate banking con un forte successore per Ermotti".

Secondo il quotidiano di Monaco, se Rampl ottiene una risposta soddisfacente, cioè il riconoscimento che a Unicredit serve anche una forte guida nell'investment e corporate banking, in tempi ragionevoli, pare di capire alla scadenza del suo mandato, lascerà la banca in modo non traumatico, altrimenti "questo banchiere alto due metri farà casino e per l'ennesima volta lotterà per la sua causa".

Oggi Rampl non ha voluto dire nulla di diretto sulle sue possibili dimissioni, ma ha solo dichiarato: "Per quanto ne so, sono eletto dall'assemblea fino all'aprile 2012".

Da Roma, dove partecipavano alla 86° Giornata mondiale del risparmio, Palenzona e Ghizzoni, tra i dieci (Rampl incluso) che partecipano al Comitato permanente strategico, hanno iniziato a rispondere al loro presidente.

Dimissioni? "Sono tutte fesserie", ha detto Palenzona mentre Ghizzoni ha "assolutamente" smentito la possibilità di uscita di Rampl. Anche Carlo Pesenti, consigliere di Unicredit ha commentato da Milano con un "non penso proprio".

Le ipotesi di un'uscita di Rampl sono state imputate alla presunta insoddisfazione per la nuova governance che ha determinato il ridimensionamento dell'investment banking e le dimissioni del deputy Ceo e capo del corporate di Unicredit, Sergio Ermotti, che Rampl aveva fortemente appoggiato.

Queste perplessità, si vede, non sono un tema di contrapposizioni personali ma riguardano la strategia della prima banca italiana. Sempre la Sueddeutsche Zeitung sostiene che "in ambienti della banca si dice che perlomeno Manfred Bischoff e Lucrezia Reichlin condividerebbero i dubbi di Rampl per la futura strategia". Bischoff è anche nel comitato strategico che, di regola si riunisce una volta al mese e una settimana prima del cda.

In una analisi di Breakingviews oggi Peter Thal Larsen scrive che, dopo Profumo e Ermotti "il futuro del presidente Dieter Rampl è anche in dubbio", con la banca che corre il rischio "di essere trascinata indietro nelle pastoie della politica".

Il governatore di Bankitalia Mario Draghi ha parlato oggi di governance delle banche e dell'ingerenza della politica. Ha detto che la governance spetta al management ma che deve avere chiare linee di riporto. E sull'influenza della politica è stato netto: "Da queste logiche siamo usciti, con grande e consapevole sforzo, venti anni fa: altri Paesi guardano ora all'esperienza italiana. Nessuno vuole tornare indietro".

Il problema, sottolinea BreakingViews non è solo di rispetto dei ruoli, ma anche di redditività della banca. E qui il tema della governance e i dubbi di Rampl si legano.

"Sotto Profumo la banca ha cercato di affrancarsi dalla sua base italiana, prima espandendosi nell'est Europa e poi facendo la fusione con la tedesca Hvb", scrive BreakingViews.

Unicredit, secondo l'editorialista, "non può ignorare il suo business domestico: due terzi dei suoi asset vengono dall'Italia. Ma le prospettive di crescita in casa appaiono limitate".

Certamente la nomina di Ghizzoni non aveva allarmato per una marcia indietro nella strategia internazionale ma "la partenza di Ermotti non gioca a favore del futuro della divisione investment banking, che ha portato il 50% in più di utile pre tasse nel primo semestre di tutte le altre attività della banca insieme".

Il governatore della banca centrale libica Farhat Omar Bengdara - anch'egli nel Comitato strategico - nel giorno della nomina di Roberto Nicastro alla direzione generale e dell'annunciata uscita di Ermotti si è affrettato a dire che l'investimento (il suo 5%, ma c'è anche il 2,6 della Lybian Investment Authority e anche il quasi 5% del fondo di Abu Dhabi) è stabile e "finché la strategia continua a essere quella di banca universale e internazionale noi stiamo con la banca".

Il Roe di Unicredit nel primo semestre è stato appena del 2,7% e, dice BreakingViews, "c'è poca speranza di un cambiamento positivo se la banca torna a essere preminentemente una banca commerciale basata sull'Italia".
 

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