ANALISI - Referendum, quorum accelera disfacimento maggioranza Reuters - 13/06/2011 15:05:45 di Paolo Biondi
ROMA, 13 giugno (Reuters) - E' tutto "merito" suo. Come già ieri sera commentava il direttore di Europa Stefano Menichini, Silvio Berlusconi ha compiuto un nuovo "miracolo italiano" ed ha "resuscitato anche i referendum".
Non succedeva da 16 anni che in Italia un referendum riuscisse a raggiungere il quorum e se oggi ce l'ha fatta, a dire il vero in maniera più agevole di quanto si potesse prospettare, è stato grazie alla pervicace volontà del Cavaliere di politicizzare anche questo appuntamento, di farlo diventare un referendum pro o contro di lui.
Il primo dato rilevante di questa consultazione è che, rispetto al 68% di votanti di appena un mese fa alle amministrative, il partito di Berlusconi, con il suo invito al non voto, ha perso ulteriori consensi, recuperando al fronte opposto oltre che una fetta di propri elettori anche una ulteriore quota di disillusi, di area del non voto.
Non è un caso che già questa mattina più di un commentatore sui giornali ha parlato di "ritrovata voglia di partecipazione" degli elettori italiani.
Ma c'è un secondo dato, più propriamente politico, che incide direttamente sul governo e sulla maggioranza. Il referendum ha mostrato una volta di più l'insofferenza della Lega: molti suoi esponenti di punta, dal ministro dell'Interno Roberto Maroni al governatore del Veneto Luca Zaia, si sono recati a votare, contro il poco convinto invito all'astensione di Umberto Bossi, che è parso più una stampella posticcia al traballante governo di Berlusconi che una scelta convinta.
Il governo non ha più la maggioranza, se non ancora nel Parlamento dove comunque vacilla ogni giorno di più, sicuramente nel Paese. Il suo disfacimento è solo questione di tempo. A questo punto i soggetti che possono determinare la crisi del governo Berlusconi sono la Lega ed il ministro dell'Economia Giulio Tremonti. I due non marciano più all'unisono, soprattutto nella politica di rigore dei conti pubblici, e questo indebolisce ancora di più il governo.
Tremonti pare porsi sempre più come leader di una maggioranza trasversale che potrebbe traghettare il Paese alle urne, come dimostrano anche le sue dichiarazioni del weekend prima al convegno dei giovani confindustriali sabato a Santa Margherita Ligure, poi al convegno della Cisl a Levico Terme domenica. Il ministro dell'Economia parla ogni giorno di più tenendo presente il futuro politico del Paese, oltre che il suo, al di là di ogni iniziativa che possa trarre questo o quel partito, questa o quella maggioranza dalle secche politiche nelle quali il governo si è da tempo arenato.
A urne chiuse si conferma dunque, ancor prima di sapere il risultato (a dire il vero piuttosto scontato) dei quattro quesiti referendari, che quello di ieri e oggi è stato il terzo voto consecutivo (amministrative, ballottaggi e referendum) nel breve volgere di un mese sull'operato del governo e del premier in particolare. Ed è stata una nuova bocciatura.
Il coro sfiatato di ministri che già in queste ore si è affannato di riprendere all'unisono che il risultato referendum "non è un testo per il governo", pare infatti una excusatio non petita.
Ed il dato di oggi segna ancora una volta il declino politico di Berlusconi, rendendo sempre più urgente che maggioranza e Pdl affrontino senza indugi il tema di una nuova leadership ed una nuova fase politica.