ovviamente c'è anche chi mette in risalto una cosa molto importante
dove tutte le banche in difficoltà cercano l'aiuto dello Stato
Unicredit invece provvede da sola e con molta dignità e determinazione.
da
http://www.corriere.it/economia/08_...ti_8ee2a168-942f-11dd-a0d8-00144f02aabc.shtml
Unicredit, 3 mosse e un insegnamento
Il doppio aumento di capitale di Unicredit è stato promosso dalla Borsa nel giorno del tracollo generale. Ieri il titolo ha perso solo il 6% quando la manovra determina una diluizione del valore dell'azione del 10-15%. Da un punto di vista matematico si potrebbe perfino azzardare che Unicredit ha guadagnato.
In realtà, conviene non dimenticare mai quanto siano volatili i numeri di questi tempi: nell'imbarcare Capitalia, per dire, Unicredit valeva 80 miliardi di euro e Intesa Sanpaolo 69; adesso vale 39 miliardi contro i 44 di Intesa, che ieri ha perso il 12% e prudentemente non si è mai vantata del sorpasso in discesa. Ma il caso Unicredit si presta a tre osservazioni.
1) In un mondo che riscopre la paternità dello Stato, Unicredit sta cercando di mettersi al sicuro con le sue forze. Le buone parole di Silvio Berlusconi gli hanno regalato un tonico; del resto, nessun premier potrebbe permettersi il lusso di una crisi del credito. Ma la banca guidata da Alessandro Profumo è riuscita in un weekend a migliorare del 20% i suoi ratios patrimoniali senza chiedere un centesimo al Tesoro. Basterà? Per quello che valgono oggi i bilanci, Unicredit si colloca al vertice del sistema. Profumo ha riconosciuto un eccesso di ottimismo che, in verità, aveva contagiato anche gli altri banchieri e ha detto quanto calerà l'utile. Gli analisti lo rimproverano di aver negato fino all'ultimo l'urgenza di ricapitalizzare. Ma il loro pulpito è lo stesso dal quale si plaudiva al riacquisto delle azioni proprie e ai dividendi straordinari che riducono il capitale per esaltarne il rendimento.
Oggi Profumo e il governatore della Banca d'Italia, Mario Draghi, fermi assertori dell'iniziativa privata, segnano un punto all'attivo. Bisogna sperare che i 6,6 miliardi bastino. Diversamente, il timone passerebbe alla mano pubblica, e non sarebbe una bella notizia. Ma quel che i privati possono dare lo stanno dando.
2) La manovra è condizionata dall'emergenza. Confermare il monte dividendi dell'anno scorso, pari a 3,6 miliardi, ma pagare con azioni di nuova emissione costituisce un aumento di capitale forzoso. Se non si fosse dato alcun dividendo spiegando che era il momento di saltare un giro per rafforzare il patrimonio, sarebbe stato sostanzialmente lo stesso.
D'altra parte, anche l'aumento di capitale di 3 miliardi a 3,083 euro per azione, seconda parte della manovra, può far discutere. Alle quotazioni correnti, l'emissione rischia di restare inoptata. Di qui il paracadute di equivalente importo organizzato da
Mediobanca e Merrill Lynch. Il paracadute consiste
nell'emissione di obbligazioni che pagano un interesse pari al tasso Euribor a 3 mesi più un premio del 4,5% e che saranno convertibili in azioni Unicredit a 3,083 euro da parte dei sottoscrittori a loro scelta, mentre la banca le potrà convertire d'autorità solo dopo 7 anni se le quotazioni del titolo superassero i 4,6 euro. La comunicazione ufficiale non aggiunge altro. Si capisce che l'alternativa sarebbe stata un aumento di capitale classico, e cioè a sconto, contro cui avrebbe potuto insistere la speculazione, mentre così si blinda il prezzo.
Ma non si capisce, dalla nota, perché obbligazioni così redditizie non vengano offerte in opzione ai soci. In realtà, questi bond, ricalcati su quelli preparati da Merrill Lynch per il Monte dei Paschi, non hanno scadenza, pagano la cedola solo se la banca eroga il dividendo e nel caso di fallimento vengono trattati come le azioni. Sono strumenti finanziari che concorrono al capitale e che la Banca d'Italia riserva a investitori, come si suol dire, provveduti.
Tali sono i soci eccellenti di Unicredit che, dalle fondazioni bancarie ai libici, dai tedeschi di Allianz agli inglesi di Aviva, da Pesenti a Maramotti fino alla Regione Sicilia, si sono impegnati formalmente a ritirare queste speciali obbligazioni fino a 2,2 miliardi. La differenza, che potrà calare in seguito a nuove prenotazioni, viene coperta da tre nuovi azionisti: Mediobanca, Generali e De Agostini.
3) In questa operazione Mediobanca dimostra la sua collaudata perizia nell'organizzare in 48 ore un'operazione complicata, ma non sta salvando Unicredito.
Profumo paga il servizio e conserva piena libertà verso la sua partecipata che avrà meno dell'1% di Unicredit. L'impegno concreto di Mediobanca e Generali (Profumo ha concertato l'operazione con Nagel, Pagliaro e Perissinotto) è pari a un massimo di 700 milioni su 6,6 miliardi. E questo è un bene per i bilanci della banca d'affari e della compagnia. Che, probabilmente, dovranno intervenire anche altrove, assieme o disgiunte. Se nei prossimi giorni la Borsa confermerà il giudizio su Unicredito, e di questi tempi nulla è scontato, l'outing di Profumo e l'arrocco oneroso dei suoi azionisti potranno far scuola. Forse anche nell'altra grande banca italiana, quell'Intesa Sanpaolo che oggi potrebbe essere un po' pentita di aver comprato Carifirenze pagandola con azioni proprie acquisite a caro prezzo per la bisogna, anziché attraverso un più normale scambio azionario, e di aver promesso ai soci un massiccio extradividendo che, di questi tempi, farebbe comodo trattenere nelle casse sociali.
Massimo Mucchetti