SINIBALDO
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«Se qualcuno pensa di spaventarmi per costringermi ad andarmene, si sbaglia: solo io deciderò quando è il momento»
IL "CAIBIUN" E' AVVERTITO !!!!!!!!!!!
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Dalle stelle alle stalle.
Così si potrebbe riassumere l’avventura dell’ex Ad di Bpi, Giampiero Fiorani, finito in manette martedì sera, insieme ai suoi due uomini di
fiducia, il direttore finanziario, Gianfranco Boni, e il consulente Silvano Spinelli - agli arresti domiciliari - nell’ambito dell’inchiesta milanese sulla scalata di Antonveneta.
L’accusa: associazione per delinquere finalizzata all’appropriazione indebita aggravata, aggiotaggio e falso a vario titolo.
Un’inchiesta che, purtroppo, promette di rivelare un’altra vergognosa pagina di corruzione nella storia del nostro Paese.
Secondo i magistrati, infatti, il “tesoro” dell’ex Ad della Banca Popolare Italiana nasconderebbe addirittura “patrimoni illeciti superiori a Tangentopoli”, con numerosi nomi di politici coinvolti, per il momento coperti da ‘omissis’.
L’ipotesi dei giudici milanesi è che Fiorani, Boni e “altri da identificare” abbiano accumulato “una montagna di soldi”, un bottino che secondo
indiscrezioni sarebbe addirittura superiore di ben 10 volte ai 25 milioni di euro già sequestrati lo scorso 29 ottobre nel blitz anti-riciclaggio che ha
aperto un nuovo filone sulle appropriazioni indebite da parte dei protagonisti di questa triste vicenda.
Nell’ordinanza del gip, Clementina Forleo, si parla addirittura di una “prassi consolidata da anni” di cui la scalata ad Antonveneta era solo l’ultimo grande colpo.
Secondo l’ordinanza di custodia cautelare che ha portato l’ex numero uno di Bpi in manette, i tre protagonisti si spartivano regolarmente somme di
denaro, frutto di operazioni illecite della Bpi, mentre le perdite delle operazioni finanziarie venivano ‘scaricate sui conti correnti dei
risparmiatori’ sotto forma di addebiti fittizi e commissioni.
Un giro di affari illeciti di cui Bpi era solo l’epicentro, che avrebbe portato gravi ricadute sul sistema bancario e notevoli danni ai piccoli e medi risparmiatori.
Secondo la ricostruzione fatta dagli inquirenti, l’istituto apriva dossier personali di clienti che venivano gestiti direttamente dalla banca e separati dai loro conti correnti normali.
Alle 3 menti dell’operazione spettava circa il 60% dei proventi delle operazioni speculative compiute con i conti dei clienti privilegiati, che a loro volta ricevevano il rimanente 40%.
In caso di perdite, come già detto, secondo quanto hanno rivelato alcuni collaboratori, il danno veniva ‘spalmato’ sui conti dei risparmiatori, ignari - e magari un po’ distratti - sia delle operazioni sia delle motivazioni per cui venivano loro imputate somme ingiustificate.
La ‘Banda Fiorani’ - come l’ha definita ieri il quotidiano MilanoFinanza - poteva contare all’interno dell’istituto su referenti e complici importanti,
motivo per cui, secondo l’ordinanza del Gip, tali operazioni non potevano avvenire “all’oscuro di altri vertici”.
Quasi sicuramente gli stessi manager presso cui, nella giornata di ieri, le Fiamme Gialle hanno compiuto le nuove 15 perquisizioni e tra i quali figurano anche l’attuale presidente della Bpi, Giovanni Benevento, e il vicepreseidente, Desiderio Zoncada.
La rete di complicità si estendeva anche a livello istituzionale e mirava, sempre secondo l’ordinanza, non già “a proteggere l’italianità tout court del sistema bancario, ma chi dall’italianità avrebbe continuato a trarre illeciti profitti”.
Tra gli omissis, a quanto sembra, figurerebbe anche il nome di una persona che a Roma indicava i nomi dei politici nazionali da finanziare, ai quali andava parte delle somme incassate dal trio.
La rimanente parte, secondo la ricostruzione degli inquirenti, veniva dirottata sui conti esteri di Fiorani - cosa peraltro ammessa dallo stesso Fiorani - e di altri indagati e poi spostata su alcuni paradisi fiscali.
Spinelli, proprietario del 50% delle partecipazioni di Liberty, una società riconducibile per i magistrati a Fiorani, era invece incaricato delle operazioni riservate per conto dei clienti più importanti della Bpi.
L’ordinanza della Forleo cita chiaramente Giovanni Consorte come persona che ha partecipato alla scalata e indica altri soci della Lodi, tra i quali l’imprenditore Giuseppe Besozzi, indagato a piede libero per
concorso, e i due gestori del fondo delle Cayman Victoria and Eagle, accusati di associazione per delinquere finalizzata al riciclaggio e sui quali pende un mandato di cattura.
A motivare l’arresto di Fiorani, comunque, il sospetto che il gruppo stesse preparando una contro mossa in vista dell’assemblea della Bpi, prevista per fine gennaio in vista dell’elezione del nuovo CdA, e il rischio che la ‘vecchia gestione’ riprendesse le redini del controllo.
Ma se l’arresto di Fiorani era forse scontato, i futuri sviluppi dell’inchiesta lo sono un po’ meno.
C’è però da scommettere che tra i nomi degli arrestati, prima o poi, figurerà anche qualche nome ‘illustre’, perché - inutile nasconderlo
- non si tratta più dei soliti ‘furbetti del quartierino’ ma di un vergognoso intreccio tra politica e affari, un legame di cui ben poco finora si è stati disposti a parlare. (D.Pugliese)
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