Bisogna, come sempre, operare i dovuti "distinguo".
Penso che qui nessuno voglia tessere le lodi dei ladri e dei fannulloni.
Ma, nell'ambito di coloro che vorrebbero fare qualcosa per guadagnarsi da vivere dignitosamente, con l'accezione personale che ciascuno attribuisce a questo termine, usufruendo anche di un piccolo finanziamento, penso sia quanto meno aberrante, da parte dello Stato pretendere che tutti debbano avere un volume d'affari prestabilito.
Faccio un esempio concreto:
Un ragazzo, rassegnatosi alla realtà di non avere appoggi da parte di nessuno, nemmeno della propria famiglia (non perché non trovasse affetto da parte di questi, ma perché il loro status quo era quello comune a più o meno tutte quelle famiglie semplici, prive di conoscenze - che non per forza debbono essere interpretate nel senso di "raccomandazione") ha deciso di intraprendere una attività in proprio con il fine, non di fare chissà quali profitti (si può condannarlo per questo?), bensì, per cercare un'alternativa, lodevole a mio avviso,visto che non aveva mai, prima di allora, nemmeno immaginato cosa volesse dire fare l'imprenditore.
Invogliato anche dalla possibilità di finanziamento di cui era possibile usufruire, aveva chiesto e ottenuto la somma di 48 milioni per comperare dei macchinari da stampa per iniziare quest' attività.
Ben presto (dopo tre anni) si accorse però che il settore, unitamente al fatto che lui era svantaggiato dalla mancanza di conoscenze, al fatto che niente di originale vi era nell'attività intrapresa, al fatto che non é propriamente un genio, e quant'altro, ma non certamente alla sua mancanza di volontà, altro non poteva offrirgli che un giro affaristico il quale, al massimo, poteva garantirgli di "campare".
Questo é il punto cruciale della questione.
L’articolo 53 della Costituzione Italiana stabilisce in buona sostanza che le imposte i cittadini devono pagarle secondo la loro “capacità contributiva”.
Per capacità contributiva è da intendersi il possesso di redditi (cioè guadagni).
Senonché, interviene lo Stato, il quale, con apposite leggi stabilisce che tu non puoi avere una attività del genere ma che devi pagare le tasse in base alle risultanze degli studi di settore, nell'abito dei quali è possibile operare un accertamento di tipo analitico presuntivo.
Che tu lo voglia oppure no, che tu ne sia capace oppure no.
Se qualcuno avvisa in questo atteggiamento una qualche forma di democrazia, si faccia avanti.
Voler fare, come si sta facendo, pagare le imposte su delle PRESUNZIONI DI REDDITO è una negazione del principio costituzionale appena esposto.
Se ci fosse vera giustizia fiscale, un qualsiasi professionista o imprenditore, dovrebbe documentare il reddito prodotto dalla propria attività con le scritture contabili (come in effetti oggi si è obbligati a fare) e dichiarare quanto da esse risultante.
L'evasione fiscale deve essere accertata e non presunta.
Torniamo al nostro esempio.
Il ragazzo era, tutto sommato, contento di lavorare in proprio e di guadagnare quel tanto che basta per non andare elemosinando nulla a nessuno, ed era ancora più contento di constatare che ogni anno, seppur minimamente, la propria attività produceva incrementi ottimistici, tali da far sperare che, nel giro di una diecina d'anni, avrebbe anche potuto ritenersi una impresa a tutti gli effetti.
E ciò non é poco, se si pensa a tutte quelle aziende nel mondo che generano centinaia di milioni di euro di passivo e che sono intoccabili per i motivi che tutti conosciamo.
Per non dilungarmi oltre, nel 2004 si vede arrivare una cartella di accertamento fiscale relativo al 1999, secondo il quale, presuntivamente, secondo i parametri stabiliti dalla legge, egli ha evaso e per questo deve al fisco la somma totale di lire 27 milioni.
La somma che questa povera persona non ha guadagnato nemmeno nei due anni consecutivi li deve allo Stato solo come tasse.
Ovviamente, oggi l'attività é chiusa, tutte le belle speranze buttate al mare, e vi é un disoccupato in più che, oltre a pregare ogni giorno che non gli arrivino gli accertamenti per gli altri anni, ben si guarda dall'intraprendere, SE NON IN NERO, una qualunque altra iniziativa.
A nulla sono valsi, fino ad ora, i ricorsi. Naturalmente, continueremo a lottare fino ad arrivare in cassazione, ma mi chiedo: se avessimo avuto una piccola conoscenza in commissione tributaria, la pratica serebbe andata avanti lo stesso?
Questa bella legge che stabilisce a priori come lavorare e quanto lavorare senza nemmeno prendere in considerazione la capacità di ciascun individuo é messa in pratica per tutti alla stessa stregua?
Certamente no, con un sistema come questo, che é una sorta di Robin Hood all'incontrario.
Cosicché, possedendo questa persona la sola casa (2 vani + servizi) lasciatagli in eredità dal padre e nient'altro, si ritrova a contare i giorni fino a quando non vedrà togliersi anche quella per pagare i debiti PRESUNTI con lo Stato.
Personalmente, quando lo sento disperarsi mi si stringe il cuore e quando sento certuni fare considerazioni superficiali che non rendono giustizia a quella parte di popolo dimenticata, la prima cosa che mi viene in mente e di prendere costoro, metterli con il culo all'aria e dargliene tante, ma tante fino a fargli dire :
Basta, ho capito!