il costo del lavoro è più alto e le ripercussioni sono sulle esportazioni, sugli investimenti e sulla profittabilità
da Ocse, il caro prezzo della pressione fiscale | Trend Online
Ocse, il caro prezzo della pressione fiscale
Se confrontiamo il caso italiano con altri paesi europei, vediamo che il nostro cuneo fiscale è piuttosto allineato con quello francese e tedesco. L’Ocse però è cosciente del fatto che sono associazioni delicate perché non esistono dei valori assoluti.
Di Azzurra Zaglio
Dal Rapporto Ocse "Taxing Wages" emerge che
l’Italia riscuote in media alte tasse e oneri previdenziali sui redditi da lavoro. Il cuneo fiscale italiano, come ha anche spiegato la Banca d’Italia, è superiore del 5,5% alla media europea: andrebbe ridotto, ma è difficile perché comporterebbe la diminuzione delle entrate delle amministrazioni pubbliche.
Avere un cuneo superiore alla media europea comporta due conseguenze: un ritardo sulla competitività delle imprese e delle merci, perché a parità di reddito percepito dal lavoratore, l’impresa spende di più, il costo del lavoro è più alto e le ripercussioni sono sulle esportazioni, sugli investimenti e sulla profittabilità.
L’altra conseguenza è sulla domanda interna, perché comprime il potere di acquisto; a parità di costo del lavoro per le imprese, le famiglie italiane percepiscono un reddito inferiore con conseguenze sui consumi e indirettamente sugli investimenti.
Singoli contribuenti con alti redditi, single o coppie di lavoratori con bambini nel 2011 hanno fronteggiato la loro terza più alta pressione fiscale.
Infatti, secondo gli economisti dell’organizzazione singoli contribuenti con redditi medi hanno portato a casa
il 53% in meno rispetto a quello che essi stessi costano al datore di lavoro e quelli con
redditi medio-alti il 47% in meno.
Dal 2010 al 2011, l’onere fiscale complessivo è aumentato per tutti, principalmente per l’effetto combinato del congelamento delle imposte sul reddito e dei crediti d’imposta. Infatti l’Italia per salario netto medio annuo in busta paga si posiziona al 22°posto, con 25.155 dollari (dati Ocse 2010).
Non da sola…
Se confrontiamo il caso italiano con altri paesi europei, vediamo che il nostro cuneo fiscale è piuttosto allineato con quello francese e tedesco. L’Ocse però è cosciente del fatto che sono associazioni delicate perché non esistono dei valori assoluti: il cuneo fiscale è un indicatore comprensivo delle aliquote contributive, quindi dei contributi sociali, pensionistici, ma anche dell’Irpef e dell’Irpeg, che sono progressive. L’Italia si colloca al quinto posto tra i Paesi Ocse per differenza tra il costo del lavoro per l’impresa (versamenti contributivi) e
il netto percepito in busta paga dal lavoratore, con il 46,9%. Ma prima ci sono il Belgio, la Francia, la Germania e l’Austria, con rispettivamente il 55,4%, il 49,3%, il 49,1% e il 47,9%.