FTSE Mib Futures Y SOPRAVVISSUTI di Idee e grafici. parte seconda (7 lettori)

dondiego49

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son tornati sui massimi ora
 

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L'analisi del mattino
L'analisi tecnica sui principali listini europei: 2 ottobre

Prodotti di Borsa, PUBBLICATO: 13 ore fa
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Una seduta avviata su toni positivi si è conclusa ieri in deciso ribasso per il future su Euro Stoxx 50 che ha mancato così l’occasione di superare, con conferma in chiusura si seduta, la resistenza di quota 3.115 punti .


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FTSEMIB INDEX

Dopo un’apertura in gap rialzista, la seconda consecutiva, l’indice Ftse Mib si è trovato ieri sopra diverse resistenze rilevanti: la media mobile a 14 giorni e la resistenza discendente dai massimi dell’11 agosto e del 9 settembre, transitanti a 21.347 punti e l’area degli ex-supporti a 21.400 punti. Ha tuttavia invertito la rotta nel corso della seduta, chiudendo al di sotto dei livelli indicati nonché il gap iniziale. L’indice non è riuscito quindi a portare a casa quello che sarebbe stato un segnale importante nel breve termine, in grado di permettere allunghi in direzione di 21.800 punti in prima battuta e area 22.000 successivamente. Lo scenario tornerebbe a peggiorare sotto 20.970.
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Scenario rialzista

L’avvio di posizioni long su chiusura del gap a 20.905 punti con ingresso a 20.950 avrebbe target a 21.120 e 21.223. Lo stop loss scatterebbe a 20.775 punti.
Scenario ribassista

Possibile apertura posizioni short da 21.180 punti proporrebbe obiettivi a 21.000 e 20.905 con uno stop loss posizionabile in area 21.281.
EUROSTOXX 50 FUTURE


Una seduta avviata su toni positivi si è conclusa ieri in deciso ribasso per il future su Euro Stoxx 50 che ha mancato così l’occasione di superare, con conferma in chiusura si seduta, la resistenza di quota 3.115 punti e la media mobile a 14 giorni, discendente a quota 3.123 punti. Potrebbe pertanto ritornare a farsi forte la pressione in vendita e in tal caso l’indice tornerebbe verso la soglia psicologica dei 3.000 punti. Sul fronte opposto un miglioramento dello scenario si avrebbe ora sopra le resistenze indicate anche se un segnale positivo scatterebbe su rottura al rialzo della linea di tendenza discendente dai massimi del 10 agosto e
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Scenario rialzista

Long su test a 3.000 punti potrebbero avere obiettivi a 3.026 e 3.050 punti con uno stop loss che scatterebbe a 2.985.
Scenario ribassista

Nuovi short da 3.045 punti avrebbero possibili target a 3.020 e 3.000. Chiusura di posizione a 3.063.
DAX

La seduta di ieri si è conclusa con un ribasso deciso dopo un’apertura che sembrava presagire ben altri sviluppi. Il Dax ha infatti avviato le contrattazioni a contratto con le resistenze dinamiche costituite dalla linea di tendenza ribassista discendente dai massimi dell’11 agosto e del 9 settembre e dalla media mobile a 14 giorni, entrambe transitanti a quota 9.788 punti. La violazione al rialzo, confermata in chiusura di seduta, dell’ostacolo, avrebbe dato un segnale in grado di riportare le quotazioni verso area 10.000 punti. L’indice è invece arretrato fino a 9.500 e potrebbe ora sottoporre a un nuovo pericoloso test il supporto di quota 9.338 punti, costituito dai minimi di agosto e di martedì.
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Scenario rialzista

Long speculativi potrebbero essere aperti da quota 9.400 punti con obiettivi a 9.481 e 9.520.
Scenario ribassista

L’apertura di posizioni short da 9.469 punti avrebbe per obiettivi quota 9.380 e 9.325. Lo stop loss potrebbe essere collocato a 9.525.
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Contenuti tratti dalla newsletter Borsa in Diretta, pubblicata integralmente sul sito Prodotti di borsa BNP
17 settembre, transitante a 3.167 punti.
 

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Le strategie per il mese di ottobre
A Piazza Affari è bene giocare in difesa: bancari sotto la lente

News alert: Unicredit, Intesa Sanpaolo, Banca Pop Milano, Banco Popolare, Mediobanca, Unipol, UnipolSai Davide Pantaleo, PUBBLICATO: 3 ore fa


Per gli analisti è bene non illudersi perchè il trend dei mercati azionari si conferma negativo, motivo per cui viene adottata una strategia più difensiva. Le indicazioni sui principali bancari di Piazza Affari.


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Il mese di settembre è stato archiviato con una performance negativa a Piazza Affari dove il Ftse Mib ha ceduto oltre due punti e mezzo percentuali. Gli analisti di Equita SIM segnalano che il mese scorso si è avuta una sensibile contrazione dei volumi di scambio a dimostrazione dell'incertezza dello scenario. I dati macro relativi ai Paesi sviluppati sono confortanti, mentre continua la sofferenza nei mercati emergenti e non è chiaro quale delle due tendenze sia destinata a prevalere.
Confermata la fase negativa per i mercati azionari

Gli eventi e l’andamento degli indici delle ultime settimane hanno convinto gli analisti che rimaniamo saldamente in una fase negativa per i mercati azionari.
Il calo del 15% delle esportazioni di Corea del Sud e Taiwan dicono sul PIL cinese molto di più delle statistiche ufficiali e inducono a pensare che sarà tutt’altro che indolore la transizione da un’economia sostenuta da investimenti e debito, ad una basata sui consumi.
Gli esperti segnalano inoltre che i mercati emergenti sono oggi molto più rilevanti per l’economia mondiale rispetto al '97-'98 quando c'è stata la precedente crisi. Allora rappresentavano il 20% del PIL mondiale e il 30% della crescita del PIL, oggi rispettivamente il 40% e 60%. Questo significa secondo Equita SIM che sarà più difficile impedire che la crisi degli emergenti abbia un impatto significativo su Europa e Stati Uniti.
In un quadro globale già a luci ed ombre si somma lo scandalo Volkswagen, che indebolisce l’Europa, mentre in America l’indice S&P500 non subisce una correzione superiore al 10% da quasi 4 anni e il record diventa sempre più difficile da migliorare.
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Inoltre, l'argomento che con tassi di interesse così bassi sia inevitabile che rimanga elevata la domanda di azioni, ha perso validità secondo gli analisti, a causa del balzo storico della volatilità delle azioni. Accontentarsi dell’1% annuo o anche meno che offrono i bond non appare più così insensato alla luce dell’andamento delle azioni nelle ultime settimane.
Equita riduce il peso dei bancari in portafoglio

Alla luce di queste considerazioni gli esperti di Equita SIM hanno deciso di rendere il portafoglio ancora più difensivo, aumentando il sottopeso rispetto al benchmark, scendendo così all'87,7% rispetto al 95%.
Gli analisti hanno sostituito in portafoglio Unipolsai con Unipol Holding in seguito all'ingresso di quest'ultimo nel paniere del Ftse Mib. Su entrambi i titoli però la strategia resta "buy", con un fair value rispettivamente a 2,6 e a 5,25 euro.
Quanto alle banche si è avuta una riduzione di 250 punti base, portando il settore sottopeso, con un taglio che ha riguardato Banco Popolare, Banca Popolare di Milano, Intesa Sanpaolo nella versione risparmio, Mediobanca e Unicredit.
Strategie sui singoli titoli

Tra questi bancari gli analisti di Equita SIM mantengono comunque una view positiva su Banco Popolare e Banca Popolare di Milano, per i quali viene confermata la raccomandazione "buy", con un prezzo obiettivo rispettivamente a 16,8 e a 1,15 euro.
Lo stesso rating "buy" viene ribadito per Intesa Sanpaolo nella versione risparmio con un target price a 3 euro.
Positiva anche la view su Mediobanca che resta da acquistare con un fair value a 11,3 euro, mentre per Unicredit il giudizio è più cauto con una raccomandazione "hold" e un prezzo obiettivo a 6,9 euro.
 

dondiego49

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i misteri non svelati dell'asia
Nuovo allarme Cina: 790 miliardi di debito non verranno pagati

News alert: Fed, BCE Rossana Prezioso, PUBBLICATO: 7 ore fa


Ormai dalla Cina le notizie che arrivano peggiorano di volta in volta: il miracolo che si è perpetrato nei 30 anni passati si sta trasformando in un incubo che potrebbe durare per i 30 anni futuri.


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Ormai dalla Cina le notizie che arrivano peggiorano di volta in volta: il miracolo che si è perpetrato nei 30 anni passati si sta trasformando in un incubo che potrebbe durare per i 30 anni futuri.
Di tutto di più

Dopo lo scoppio della bolla di Shanghai, il rallentamento del settore manifatturiero, il prodotto interno lordo che potrebbe scendere ben oltre la soglia psicologica del 7%, tutti dati che confermano il calo costante del gigante mondiale, adesso arriva l’ultimo schiaffo alle speranze di chi ancora ci crede. Secondo uno studio di Macquarie mancherebbero circa 790 miliardi di dollari all’appello sui debiti contratti da quasi 800 società cinesi, ovvero il 23,5% delle passività totali. Lo studio in questione prende come parametri gli interessi sul debito e gli utili prima delle imposte
Quello del debito privato made in China è una questione ampiamente risaputa e forse altrettanto ampiamente sottovalutata visto che il settore sta moltiplicando i suoi numeri a differenza di quanto avviene sul fronte della ricchezza generata dal paese.
I numeri che fanno tremare

Numeri alla mano si può notare come la percentuale sia più che raddoppiata nel giro di nemmeno 7 anni: a giugno 2015 era pari al 207% del Pil contro il 125 di 7 anni fa. Unendo il debito pubblico, ancora gestibile, a quello privato, la cifra finale supera il 280%
Il debito delle imprese, in particolar modo è a sua volta un problema ulteriore dal momento che supera in graduatoria quello delle Corporate statunitensi con la leggera differenza che la Cina è una potenza in fase calante i cui dati economici ufficiali sono spesso non perfettamente corrispondenti alla realtà dei fatti. Il che costituisce un punto interrogativo che si potrebbe trasformare in una pericolosa deflagrazione futura. Infatti i numeri si riferiscono a dati del 2014 ma le proiezioni parlano di un pericolo da oltre 28mila miliardi nei prossimi 5 anni, praticamente poco meno della metà (40%) di tutti i debiti delle imprese private del pianeta.
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Le cause (s)conosciute

Tutto questo è il risultato di una serie di fattori contingenti. Prima di tutto la politica accomodante della Banca Popolare Cinese che si è via via allineata al trend finanziario mondiale e che, nell’ambito di una strategia mirata allo stimolo della domanda e dei consumi interni, ha favorito anche una serie di prestiti alla popolazione. Purtroppo però la popolazione, particolarmente variegata e mentalmente eterogenea, non sembra essere attirata più di tanto dagli standard occidentali. Inoltre la proverbiale predisposizione degli orientali al risparmio non facilita il movimento del denaro. Come se ciò non bastasse, un’ultima nota potrebbe dare un’idea più chiara della situazione: la corrente demografica che si spostava costantemente dalle campagne verso le città ha recentemente iniziato a cambiare rotta. Si tratta di un cambiamento ancora poco evidente ma che lascia intuire a sua volta un’altra realtà sottostante: i cinesi stanno invecchiando e la popolazione invecchiata è una popolazione non produttiva e che non consuma. Quindi non spende.
La causa primaria

Tornando invece all’argomento principale e cioè l’indebitamento delle imprese cinesi e, soprattutto della mancanza di liquidità per ripagarlo, nasce immediatamente il dubbio: da cosa nasce lo squilibrio?
E la risposta è sempre la stessa: il rallentamento economico della nazione che ha portato a un calo della domanda di materie prime e a difficoltà per chi opera in questo settore di riuscire a far fronte agli impegni presi. Come detto, poi, i dati già di per sè allarmanti, si riferiscono all’anno scorso e visto che a causare tutto il crollo sono state per tre quarti le industrie legate alle materie prime è bene ricordare che il settore delle commodity da allora ha registrato un ulteriore calo, il peggiore da 13 anni a questa parte. Cosa significa questo? Che se le condizioni erano difficili e precarie nel 2014 adesso saranno per giunta anche peggiorate.
 

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