Ho trovato una metafora, una parabola, una parabolica forse, per spiegare il rischio che si corre.
"Metti che in Svizzera inizi a prendere piede l'alimentazione vegana. Prima il 5%, poi il 10%, poi il 30%... ad un certo punto, i vegani diventano il 51% della popolazione. A quel punto, animati da qualche loro opinion leader, non si limitano più a voler nutrirsi di vegetali, bensì ritengono doveroso imporre, democraticamente, a tutti i cittadini svizzeri l'abbandono della carne. Gli allevamenti e le macellerie chiudono. La Svizzera diventa, in base a leggi democratiche, uno Stato vegano.
Poi qualche svizzero inizia ad emigrare, portandosi dietro il suo background culturale. Gli svizzeri all'estero vivono, lavorano, mangiano vegano senza chiedere ad altri di diventare vegani...
Certo, ogni tanto qualcuno inscena qualche protesta contro le macellerie, chiede più negozi di verdura, riesce a ottenere che, nelle mense, vengano serviti cibi vegani, ma la convivenza si basa largamente sulla tolleranza.
Però gli svizzeri, via via che crescono di numero, vivono essenzialmente in quartieri dove abitano solo loro. Forse dei ghetti, comunque quartieri senza macellerie.
Continuano ad arrivarne alla frontiera, e vengono accolti considerando che la situazione economica, nel loro paese, è meno prospera della nostra.
E poi, ogni famiglia svizzera mette al mondo almeno cinque figli, mentre in Italia dilaga il figlio unico.
In qualche città che ha richiamato più immigrati di altri, il sindaco è stato eletto tra i figli di emigrati svizzeri e, da allora, non sono state più concesse autorizzazioni ad aprire nuove macellerie. Ne rimangono pochissime.
...Nel giro di poche decina di anni, tra arrivi e riproduzione, gli svizzeri naturalizzati arrivano al 51% dei votanti.
Il parlamento "italiano" approva leggi per chiudere immediatamente le macellerie e gli allevamenti. Democraticamente."