Per cortesia ripristinate il 3d di mototopo (2 lettori)

Jolly Roger

L'eretico
Solito attentato della massoneria neo aristocratica e reazionaria x distogliere l attenzione dalla francia


idiozie, vergognati !

spero non ti capiti mai nella vita neppure per un secondo di provare quello che stanno provando i genitori di quel povero ragazzo per colpa di un idiota pseudo-radicalizzato

giocare con queste tragedie per fare dietrologia spicciola è volgare !
 

iulius

Forumer storico
idiozie, vergognati !

spero non ti capiti mai nella vita neppure per un secondo di provare quello che stanno provando i genitori di quel povero ragazzo per colpa di un idiota pseudo-radicalizzato

giocare con queste tragedie per fare dietrologia spicciola è volgare !

Ma quando si è agit- prop ...........è un mestiere.
 

mototopo

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A Strasburgo l’attentato salva-Macron, nei guai in Francia

13/12 •

«Ci risiamo. Puntuale come un orologio svizzero arriva l’attentato che distoglie dai veri problemi politici e sposta l’attenzione sul “terrorismo internazionale”». Massimo Mazzucco non ha dubbi: è davvero micidiale la “sincronicità” con la quale l’11 dicembre il giovane Cherif Chekatt, lasciato circolare liberamente in Francia nonostante le 27 condanne già rimediate in tre diversi paesi, avrebbe aperto il fuoco sulla folla a Strasburgo uccidendo 3 persone e ferendone 16, tra cui il giornalista italiano Antonio Megalizzi (gravissimo, in coma forse irreversibile). «Ormai – scrive Mazzucco, su “Luogo Comune” – la dinamica è talmente prevedibile che bisognerebbe quasi farne una regola: se un certo governo attraversa un periodo particolarmente difficile, state alla larga dai mercatini e dai luoghi affollati di quella nazione». Motivo: «La “cellula dormiente” di turno sarà pronta a risvegliarsi proprio in quelle occasioni». Pensate solo alla coincidenza, aggiunge Mazzucco: fino alla sera prima, tutti i telegiornali e le testate giornalistiche francesi parlavano solo di Macron, di come il suo discorso non fosse riuscito a placare i Gilet Gialli, e di come ormai la fine del suo governo apparisse scontata. Ma dall’indomani «tutto questo passa in secondo piano, perché ora ci dobbiamo occupare di Cherif Chekatt, l’uomo sospettato di aver sparato a Strasburgo e prontamente dato in pasto alla stampa mondiale dall’efficientissimo “Site” di Rita Katz, l’ex consulente del Mossad divenuta il megafono dell’Isis. «Davvero dobbiamo aggiungere altro?».
Sembra un copione già scritto, aggiunge “Informare per Resistere”, eppure anche questa volta viene recitato come le altre. E una volta di più – come dopo Charlie Hebdo, Bataclan e tutti gli altri attentati firmati Isis in Europa – a reti unificate «sentiamo ripetere il mantra del terrorista islamico che dopo l’attentato si dà alla fuga». Non un terrorista qualunque, peraltro, ma il “solito” giovane islamista “radicalizzatosi” e ovviamente “attenzionato” dalla polizia. «Ci uniamo al dolore delle famiglie», aggiunge “Informare per Resistere”, che però rileva come siano «davvero strane» le tempistiche e la modalità dell’attentato, «che arriva puntualmente quando in Francia i Gilet Gialli incalzano il presidente Macron». I fatti sono sotto gli occhi di tutti: «Lo schema è sempre lo stesso, come quello di molti altri attentati: un presunto estremista islamico che poi sparisce nel nulla». Sul versante anti-complottista, “Fanpage” esibisce sconcerto per lo scetticismo degli stessi Gilet Gialli: «Secondo gli esponenti del movimento che da settimane sta inscenando proteste e manifestazioni in tutta la Francia, dietro all’attentato di Strasburgo ci sarebbe la regia del governo e del presidente Macron per distogliere lo sguardo dell’opinione pubblica francese dai disordini sociali delle ultime settimane».
Su Facebook e Twitter, un saggio di quelle che “Fanpage” definisce «le folli teorie dei Gilet Gialli», di cui il sito pubblica estratti esemplari. Esempio: «Ecco, un piccolo attentato per mettere fine ai Gilet Gialli; molto forte questo Macron». Oppure: «Che caso, appena qualche giorno prima del quinto atto per calmare le pecore». E ancora: «E’ strano, non si sentiva più parlare di attentati, ma solo di noi Gilet Gialli e ora c’è stato un attentato a Strasburgo». Morale: «Non ci facciamo impressionare da questo attentato costruito dai servizi segreti». “Follie” dei Gilet Gialli o esaperazione dei francesi sopravvissuti alle mattanze degli anni scorsi, compiute da terroristi inutilmente “attenzionati dalla polizia” che si premuravano di lasciare sul posto il passaporto, prima di essere regolarmente freddati dai cecchini? Nel saggio “Dalla massoneria al terrorismo”, il simbologo Gianfranco Carpeoro svela la regia supermassonica – non islamica – del “neoterrorismo” Isis in Europa, puntando il dito contro precisi settori dell’intelligence Nato. Schema classico: strategia della tensione. Tradotto: si “coltivano” potenziali kamikaze, a cui non necessariamente si racconta che fine faranno. Tecniche collaudate di terrorismo “false flag”, sotto falsa bandiera, infarcite di “fake news” diffuse dai grandi media per depistare l’opinione pubblica.
Di recente, in morte di Bush padre, Gioele Magaldi (autore del bestseller “Massoni”, che illumina il potere occulto di 36 Ur-Lodges sovranazionali) ha ricordato il ruolo nefasto della superloggia “Hathor Pentalpha”, ritenuta coinvolta nell’incubazione dell’11 Settembre. Ipotesi: terrorismo di Stato condotto da frange illegali, le stesse che avrebbero “fabbricato” prima Al-Qaeda e poi l’Isis. Alla “Hathor”, sempre secondo Magaldi, era legato l’ex presidente francese Nicolas Sarkozy. Lo stesso Magaldi non ha dubbi sulla cifra supermassonica di Macron, già banchiere Rothschild e pupillo del supermassone reazionario Jacques Attali, a suo tempo braccio destro di Mitterrand e ispiratore della conversione anti-progressista dell’Eliseo. Il giorno dell’ultimo attentato – martedì 11 – suona sinistro, nella simbologia massonica (l’11 può essere interpretato come “numero della morte”, come fu per l’11 Settembre a New York, data probabilmente non casuale – l’11 settembre del 1973 il massone Pinochet, in Cile, rovesciò con un golpe il massone progressista Allende). Inquietante la scelta della località dell’attentato – Strasburgo, sede francese del Parlamento Europeo – proprio mentre Macron, nel tentativo di sedare la rivolta dei Gilet Gialli, annuncia un deficit che potrebbe sforare il mitico 3% fissato, come limite invalicabile, dall’Unione Europea.
«Ci risiamo. Puntuale come un orologio svizzero arriva l’attentato che distoglie dai veri problemi politici e sposta l’attenzione sul “terrorismo internazionale”». Massimo Mazzucco non ha dubbi: è davvero micidiale la “sincronicità” con la quale l’11 dicembre il giovane Cherif Chekatt, lasciato circolare liberamente in Francia nonostante le 27 condanne già rimediate in tre diversi paesi, avrebbe aperto il fuoco sulla folla a Strasburgo uccidendo 3 persone e ferendone 16, tra cui il giornalista italiano Antonio Megalizzi (gravissimo, in coma forse irreversibile). «Ormai – scrive Mazzucco, su “Luogo Comune” – la dinamica è talmente prevedibile che bisognerebbe quasi farne una regola: se un certo governo attraversa un periodo particolarmente difficile, state alla larga dai mercatini e dai luoghi affollati di quella nazione». Motivo: «La “cellula dormiente” di turno sarà pronta a risvegliarsi proprio in quelle occasioni». Pensate solo alla coincidenza, aggiunge Mazzucco: fino alla sera prima, tutti i telegiornali e le testate giornalistiche francesi parlavano solo di Macron, di come il suo discorso non fosse riuscito a placare i Gilet Gialli, e di come ormai la fine del suo governo apparisse scontata. Ma dall’indomani «tutto questo passa in secondo piano, perché ora ci dobbiamo occupare di Cherif Chekatt, l’uomo sospettato di aver sparato a Strasburgo e prontamente dato in pasto alla stampa mondiale dall’efficientissimo “Site” di Rita Katz», l’ex consulente del Mossad divenuta il megafono dell’Isis. «Davvero dobbiamo aggiungere altro?».
 

mototopo

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qui nessuno gioca con la tragedia e nessuno gioca con la vita delle vittime .....vedi di nn attribuire a terzi tue opinioni......qui nn attacca......le idiozie,che tu reputi tali, le tieni per te e nn le attribuisci a terzi.. ti apri un tuo 3 d e puoi dire tutto cio che vuoi
 

mototopo

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economici.itil mondo visto da un'altra angolazione

analisi e studi dicembre 13, 2018 posted by Nicoletta Forcheri
Eurozona: tutte le eccezioni della Francia. N. Forcheri


L’UE vuole che riduciamo il debito pubblico, per ridurlo dobbiamo aumentare il PIL e la domanda interna, per farlo abbiamo bisogno di investimenti produttivi e di distribuire liquidità (e di ridurre le tasse), ma in questo contesto di moneta debito, non possiamo che aumentare il deficit (o fare moneta fiscale). Ma l’UE NON vuole che aumentiamo il deficit, e se già sappiamo che è campato in aria il valore del 3% per il rapporto deficit/PIL, ancora più infondato lo è quello del 2% non previsto in alcun Trattato UE ! Ma ciliegina, Moscovici ha detto che Macron potrà superare il 3% del rapporto deficit/Pil perché la situazione francese non è paragonabile all’Italia. E’ vero non lo è. Perché, come e più di altri paesi, la sua élite gode di eccezioni pacchiane ed estravaganti, che solo una propaganda capillare che dura da 70 anni è riuscita a relativizzare o a far passare per innocue particolarità “culturali”, tipiche del suo “rayonnement” e dei “generosi” “aiuti allo sviluppo”.

In uno degli ultimi articoli riferivo del franco africano CFA: stampato, coniato e creato dal Trésor francese per 3 zone valutarie africane costituite da 14 paesi africani più le Comore. In cambio della presunta garanzia di convertibilità di detta moneta da parte della Francia, il Trésor richiede in un conto segreto il 50% delle riserve valutarie di ognuno di quei paesi.

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Questo significa che sotto banco, senza che nessun protocollo ai Trattati europei, né che alcuna clausola degli stessi ne preveda la possibilità, lo Stato francese ha continuato a batter moneta, Trésor e Banca centrale francese uniti contrariamente all’articolo 130 dei Trattati sul Funzionamento dell’UE, che prevede l’autonomia delle Banche centrali dell’eurozona da Stati e governi e contrariamente a quello che ci raccontano essere il divieto fondamentale dell’eurozona, quello di battere moneta da parte degli Stati, tranne che per il conio monetine!

Vero è che i Trattati NON parlano di monete diverse dall’euro, definendo come unica moneta a corso legale nell’eurozona le banconote e le monetine in euro, il che significa che:

  1. niente è previsto per il caso in cui uno Stato membro dell’eurozona stampasse ed emettesse euro NON a corso legale nell’eurozona, e infatti la Germania ha coniato monetine sui generis (da 5 euro) non previste dalla BCE, ma non solo, la regola è stata scritta un po’ “lassa” in modo da consentire il flou artistique al sistema bancario che moltiplica gli strumenti di pagamento che fungono da moneta (visa, carte, bonifici e depositi scritturali, ma anche app, paypal ecc, o anche crypto e btc). Non per niente molti sovranisti insistono sulla possibilità di emettere moneta fiduciaria come le statonote (Nino Galloni), i CCF (Costa, Bossone, Cattaneo, Sylos Labini), senza parlare dei minibot di Borghi che hanno inizialmente provocato un pandemonio tra i cosiddetti “mercati”;
  2. che niente è previsto per il caso in cui uno Stato membro dell’eurozona battesse euro a corso legale fuori dall’eurozona, come si è visto con la “tolleranza” per il caso della Francia, che stampa ed emette franchi CFA per le sue colonie africane o come l’Olanda nelle Antille olandesi, dove la Banca centrale olandese controlla la Banca di Curaçao che stampa, sotto il suo controllo, una valuta agganciata al dollaro.
E il punto è proprio che in quei territori d’oltremare, paesi come il Regno dei Paesi Bassi e la Francia, hanno mantenuto dei legami coloniali e imperialisti tali da passare attraverso le maglie dei Trattati permettendosi di battere moneta oltremare, ni vu ni connu, “incognito”. A ben guardarci non c’è neppure bisogno di alcun protocollo aggiuntivo ai Trattati perché questi sono stati formulati in modo tale che niente è detto della prerogativa di battere moneta NON in euro in territori FUORI dal perimetro dell’Unione europea. Che è chiaramente il caso per i CFA in Africa e la valuta delle Antille olandesi.

Che ne è invece del perimetro, labile, dell’Unione europea con paesi associati e regioni ultra periferiche, dove la Francia stampa ed emette franchi CFP in 3 di essi ed euro in 6 altri paesi ?

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Per la moneta a corso legale NON in euro “fuori dall’eurozona” ma in paesi associati all’UE (lo statuto di queste isole è ibrido, sono esterne ma “associate” ad alcune politiche di sviluppo e cooperazione dell’UE), la Francia ha ottenuto un protocollo, in “autotutela”, con la scusa dei suoi “legami storici” con la Nuova Caledonia, la Polinesia francese e Wallis e Futuna. E’ il protocollo 18 dei Trattati sul Funzionamento dell’Unione europea.

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Grazie al protocollo 18, la Francia crea i franchi CFP, “franchi della Comunità Finanziaria del Pacifico”, o più letteralmente Sportelli [Comptoirs] Francesi del Pacifico attraverso un istituto di emissione, lo IEOM (Istituto di Emissione di Oltre Mare) che è un istituto a sé stante e che insieme alla Banca centrale di Francia definisce le politiche monetarie di queste tre isole.

Ad ogni modo il Tesoro francese incamera tutti gli utili dichiarati nel conto economico + il conto d’operazioni di questi tre paesi, attraverso l’IEOM:

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Tratto dalla Relazione annuale 2016 http://www.ieom.fr/IMG/pdf/rapport_annuel_2016_ieom_-_comptes_annuels.pdf

Queste le monetine e le banconote in CFP coniate e stampate dall’IEOM, filiale della Banque de France espresse in migliaia di euro:

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E qua il totale dei conti creditori degli istituti bancari dei tre paesi, crediti che l’IEOM “concede” in cambio di garanzie e conti bloccati all’attivo del suo stato patrimoniale, manna per lo Stato francese e i suoi mandarini (non per il popolo che corre le strade in giubbotto giallo!):
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Bene, si noti una cosa: sia per il franco CFP che per il franco CFA, il Trésor, cioè un ministero di uno Stato membro, agisce come un istituto bancario consentendo il deposito e l’apertura di conti chiamati “comptes d’opérations” ad altre banche centrali degli Stati “colonie”. Per i paesi africani, i conti presso il Trésor sono in riserve valutarie, per i 3 paesi d’oltre mare della zona finanziaria pacifica esiste un “conto d’operazioni” tenuto da un servizio di ragioneria dello Stato chiamato SCBCM del ministero del Tesoro, conto tenuto verosimilmente in euro.

Che si sappia: l’IEOM è relativamente recente, essendo stato istituito solo nel 1966 dopo avere sostituito la Banca coloniale d’Indochine, che operava in quei paesi dal 1888 come banca di emissione. La Banque d’Indochine è la banca antenata di Indosuez dopo la sua fusione nel 1974 con la Banca di Suez, la banca creata dalla Compagnia di Suez (1858) per costruire e privatizzare il Canale di Suez da parte dei governi francese e inglese con i fondi di qualche Rothschilds (da cui deriverà il gruppo SUEZ). Indosuez è stata recentemente acquisita dal gruppo Crédit Agricole. Indochine era stata costituita anche dalla Banque de Paris et des Pays-Bas che diventerà poi BNP Paribas, banca sia specialista in titoli di Stato per l’Italia che coazionista di Bankitalia attraverso BNL, e anche coazionista della Banca centrale della Libia dal 2007…

Indochine ha ceduto la facoltà di battere moneta in quei territori solo nel 1966 ma le banche che l’hanno costituita sono state lautamente ricompensate dal governo francese con compartecipazioni agli utili dell’industria del debito dei territori d’oltremare e africani tant’è vero che si legge nella relazione annuale dell’istituto che i tre grossi gruppi presenti sono: la BPCE che è un polo cooperativo misto pubblico privato, la Société Générale e…BNP Paribas. Insomma, un bel sodalizio tra banche e governo!

Altro dettaglio non di poca importanza, la Nuova Caledonia, è stata praticamente fin dalla fine del XIX secolo un possedimento dei Rothschilds almeno attraverso la società Le Nickel che ne ha pesantemente sfruttato le miniere di nickel (cfr. https://www.sln.nc/histoire-de-jules-garnier-a-aujourdhui%E2%80%A6).(1) Mentre in Polinesia francese negli anni 60, Murora fu scelta nel 1962 come sito ufficiale di test nucleari francesi.

La Banca di Francia, assieme ai ministeri francesi controlla e dirige una bell’attività bancaria in quei territori, di emissione monetaria, di controllo del credito, di centralizzazione dei conti delle filiali bancarie, di politica monetaria, di agevolazione creditizia a determinati settori ritenuti prioritari da Parigi. Non solo, ma l’IEOM si coordina con l’AFD, l’Agenzia francese di sviluppo che è nel contempo un’azienda pubblica francese dipendente dal ministero dello Sviluppo e una banca in piena regola che crea crediti per i poveri paesi “beneficiari” e, da quest’anno!, un istituto finanziario. Immaginatevi una banca dipendente dal ministero allo Sviluppo italiano che funga da banca di investimento per i paesi di mezzo mondo: pensate solo alle reazioni dei nostri “partner”!! Giusto così, tanto per prendere la misura della peculiarità della situazione asimmetrica in cui ci troviamo. (Già ma che scema, noi avevamo l’IRI. che qualcuno ha voluto eliminare!)

L’AFD fu voluta e creata nel 1941 a Londra dal Général de Gaulle, il fautore del franco CFA e dei patti coloniali strozzini con i paesi africani. Il suo obiettivo era quello di dotare l’amministrazione della Francia “libera” di un’istituzione finanziaria che fosse nel contempo Tesoro pubblico, banca centrale e banca di sviluppo per i territori coloniali francesi. Peculiare che noi invece istituzioni come l’IRI, le banche popolari, le partecipazioni statali, il demanio, tutto abbiamo dovuto e dobbiamo smantellare quasi con la scusa che sarebbero cose un po’ troppo “fasciste”, “nazionaliste”, “populiste” ! Fossimo stati sani di mente non l’avremmo MAI fatto e MAI lasciato fare.

La commistione tra governo e banca centrale francesi non è solo evidente nell’istituzione del franco africano, ma è chiarissima anche qua dove ad esempio, il Consiglio di vigilanza dell’IEOM, è costituito dal governatore della Banca di Francia assieme al Direttore generale del Tesoro francese, quello del ministro dell’Economia francese, 2 rappresentanti del Ministro dell’Oltremare francese, 1 rappresentante della Banque de France (e solo 3 personalità della Nuova caledonia, della Polinesia francese e delle isole Wallis e Futuna) tutti insieme appassionatamente. Buon per loro, ma noi perché dobbiamo autocastrarci in una Unione con una NON moneta NON unica, per lasciar libero spazio all’élite di paesi come la Francia continuando a stringerci la cintura in nome di una religione, l’austerity, che dal punto di vista economico ha dimostrato tutta la sua inefficienza?

L’attività bancaria controllata da Parigi nell’Oltre mare, oltre alle banche centrali, annovera sedici istituti bancari di cui nove in Nuova Caledonia, sei in Polinesia francese e uno a Wallis e Futuna dove anche il Trésor garantisce un’attività di tipo bancario presso i privati. Peculiare no?

Ma non è tutto, perché esiste anche il caso di uno Stato membro che batte euro a corso legale, in paesi considerati facenti parte dell’UE come regioni ultra periferiche, e quindi dentro l’eurozona e l’UE. Che dire infatti degli euro emessi da una filiale/ufficio della Banque de France, insieme al governo e al Tesoro di Parigi in 6 paesi d’Oltre Mare?

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Estratto da un sito della Banque de France

Si tratta dell’IEDOM, Istituto di Emissione dei territori d’oltre mare, che stampa ed emette moneta in euro per la Guadalupa, la Guyana, la Martinica, l’isola della Riunione, Saint Pierre et Miquelon, e Mayotte. Abbiamo cioè il caso peculiare di una filiale di una banca centrale di uno Stato dell’eurozona, che crea moneta e finanzia DIRETTAMENTE gli enti pubblici e locali di paesi ex colonie considerati parte integrante della République e quindi dell’UE, come regioni ultra periferiche, considerate europee a tutti gli effetti (ma esenti dalla normativa UE sull’IVA)!. Abbiamo cioè uno Stato membro dell’eurozona che finanzia quegli enti pubblici, creando direttamente moneta per loro, banconote, monetine e depositi, sia per enti territoriali pubblici ed aziende pubbliche che per aziende private (attraverso AFD attraverso la sua filiale Proparco) controllando completamente l’economia e le risorse di quei paesi. Anche qua si noti la coesione e la dipendenza tra l’istituto di emissione, IEDOM, filiale della Banque de France, e il governo e lo Stato francesi che governano l’emissione monetaria, il credito e gli istituti di credito di quei paesi. E’ come se Roma decidesse di stampare euro per la Sicilia, o per la Val d’Aosta, o per la Sardegna, o per qualche comunità montana periferica. Come pagatrice di ultima istanza, fatto vietato per la BCE e le BC nell’eurozona!

L’IEDOM nel 2017 ha emesso il valore di 12 miliardi di euro in banconote, e di 145 milioni in monetine in euro. Sappiamo che esiste anche la moneta bancaria, cioè i crediti, molto più numerosi delle banconote di cui non ho potuto scoprire l’importo. Inoltre i conti correnti dei Tesori dei paesi d’oltre mare sono gestiti dalla Banque de France !! Vuol dire semplicemente che quei paesi sono dei puri e semplici possedimenti delle istituzioni esagonali!!

Che ne è delle norme dei Trattati che vietano di finanziare gli enti pubblici da parte della Banca centrale o di una sua filiale? E del divieto di stampare moneta in euro, a corso legale, in un territorio di uno Stato membro dell’eurozona?

In totale la Francia, per stessa ammissione della Banque de France, controlla attraverso l’IEDOM, sua filiale, l’IEOM, che ha uno statuto più misterioso, e le 3 banche centrali africane, oltre al credito e alla politica monetaria di Monaco, la politica monetaria di 24 paesi, in 6 dei quali, considerati Regioni ultra periferiche dell’Unione, emette direttamente gli euro per gli enti pubblici e locali come pagatrice di ultima istanza, e per le aziende e i progetti di quei paesi!

Per riassumere, per i paesi africani, paesi chiaramente FUORI dall’Unione europea, la Francia non ha chiesto nessun protocollo, perché nessun divieto è previsto per questo tipo di casi; per i 3 paesi del franco del Pacifico, ha chiesto per sicurezza un protocollo in quanto l’associazione all’UE di quei paesi è più labile, più vaga, sono più associati, chissà forse un giorno, la questione è meno netta. Infine i 6 paesi in cui stampa l’euro, invece, sono parte integrante dell’Unione europea ma la Banca centrale di uno Stato membro, la Francia, attraverso una sua filiale crea euro e finanzia enti pubblici e locali assieme al suo Trésor.

E qua abbiamo esaminato solo la Francia, il caso più eclatante, ma esistono le colonie del Regno dei Paesi Bassi, mentre la Danimarca, paese già con deroga, ha la Groenlandia, e la Gran Bretagna ha innumerevoli isole e proprietà nel mondo che comunque sta negoziando la Brexit e che non ha mai aderito all’euro.

A chi paragona stoltamente l’Europa a un condominio, posso solo rispondere che se proprio dobbiamo essere un condominio, bisogna che per lo meno le stesse regole valgano per tutti e che siano decise insieme in modo paritetico da tutti i condomini – come da trattato – e non da due di loro e basta !!

Mi sa tanto che qua dentro siamo gli unici fessi (oltre alla Grecia!).

Nforcheri 13/12/2018



Note

(1)

Adesso la società ha avuto dei rimaneggiamenti e fa capo al gruppo SLN-ERAMET partecipato da:

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la famiglia Duval, 36.93%, l’APE, agenzia delle partecipazioni statali francese 25.57%, la STCPI, Société Territoriale Calédonienne de Participation Industrielle, delle province della Nuova Caledonia: 4.02&, dal BRGM, Ufficio di Ricerca minerale e geologica dello Stato francese: 1.34%. Un sodalizio République-Rothschild? (cfr. http://www.eramet.com/en/investors/governance/our-shareholding)
 

iulius

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idiozie, vergognati !

spero non ti capiti mai nella vita neppure per un secondo di provare quello che stanno provando i genitori di quel povero ragazzo per colpa di un idiota pseudo-radicalizzato

giocare con queste tragedie per fare dietrologia spicciola è volgare !

Antonio è morto!
Paradiso per lui ed Inferno eterno al suo assassino.
 

mototopo

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PER ABBANDONARE L’EURO BASTA UN DECRETO LEGGE E IL 96% DEI TITOLI DI STATO NON VA RIMBORSATO IN EURO (QUESTO TEME LA UE)
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Mentre si avvicinano le elezioni olandesi dove è molto probabile che il partito anti euro e anti Ue di Wilders, alleato di Salvini e della Le Pen, ottenga un risultato incoraggiante e quelle francesi sono previste per primavera inoltrata, la Germania ed il suo braccio armato Ue stanno tentando il tutto per tutto per commissariare l’Italia e spolpare tutto quello che è rimasto da spolpare del nostro Paese su modello greco, dove l’arroganza nazista è arrivata a chiedere garanzie in oro e immobili al governo ellenico in cambio di altri “caritatevoli” aiuti da parte della troika.

Perché questa fretta? Per riuscire a divorare i risparmi degli italiani prima che gli USA stacchino definitivamente la spina a questo mostro di stampo nazista che è la Ue. Non a caso la Germania preme perché il nostro governo applichi una patrimoniale dell’8-10% sull’intero valore dei beni posseduti dagli italiani. Un vero e proprio furto che dovrebbe finire dritto nelle casse del “reich”, un po’ come i 60 miliardi pretesi dal Regno Unito per poter uscire dalla unione.

Farneticazioni belle e buone a cui si dovrebbe rispondere in un solo modo: uscire immediatamente dall’euro e chiedere l’applicazione dell’art. 50 del trattato dell’unione europea per l’uscita anche da quest’ultima.

Come ben evidenziato dall’avvocato costituzionalista Giuseppe Palma, è possibile uscire dall’euro anche con decreto legge d’urgenza da convertire successivamente in legge dello stato, e questo in virtù del fatto che gli articoli 130 e 140 del TFUE non escludono in alcun modo il passaggio tra “stati la cui moneta è l’euro” e “stati “in deroga”, ovvero la cui moneta non è l’euro e viceversa. Con buona pace delle roboanti dichiarazioni del governatore della BCE, l’euro è un processo assolutamente e totalmente reversibile.

Detto questo, vediamo di sfatare i “falsi miti” delle cassandre pro euro che immaginano (e probabilmente sotto sotto sperano) una bancarotta dell’Italia in caso di uscita dall’euro.

Per comodità, chiamiamo la nuova moneta “ducato”, per non confonderla con la vecchia lira. Nell’uscita dall’euro, dovrebbe essere previsto la conversione 1:1 tra euro e ducato, quindi 1.000 euro = 1.000 ducati, dopodiché, la moneta sarebbe libera di oscillare sui mercati valutari. Le cassandre pro euro a questo punto inizierebbero a stracciarsi le vesti affermando che se il ducato si svalutasse del 30% sull’euro, il nostro debito pubblico crescerebbe di altrettanto.

Niente di più falso!


Circa il 96% del debito pubblico italiano è ancora soggetto alla legislazione italiana e non a quella estera (normalmente inglese) e quindi agli articoli 1278 e 1281 del codice civile italiano, che recitano “se la somma dovuta è determinata in una moneta non avente corso legale nello Stato, il debitore ha facoltà di pagare in moneta legale al corso del cambio nel giorno della scadenza e nel luogo stabilito per il pagamento…. le norme che precedono si osservano in quanto non siano in contrasto con i principi derivanti da leggi speciali”. Passando all’atto pratico, il governo con “legge speciale” contenuta nel medesimo decreto legge di uscita dall’euro, potrebbe stabilire che il debito pubblico venga pagato non con il cambio legato al giorno di scadenza, ma con il cambio del giorno di introduzione della nuova moneta legale, quindi in rapporto di 1:1 e questo per tutti i titoli di stato aventi ancora riferimento la normativa italiana e non internazionale.

Il tutto dovrebbe essere unito all’abolizione dell’infausto “divorzio” tra bankitalia e tesoro voluto da Andreatta e Ciampi: tornando la nostra banca centrale prestatore d’ultima istanza (come ogni banca centrale degna di questo nome), il debito pubblico sarebbe sottratto dalle grinfie della speculazione internazionale, dato che l’eventuale debito pubblico non acquisito dagli investitori internazionali al prezzo desiderato dal governo, verrebbe sottoscritto da bankitalia. Fantascienza? Beh, inglesi e giapponesi, giusto per citare due nazioni con banche centrali prestatrici di ultima istanza, non ci sembrano proprio dei marziani.

Concludiamo, infine, riportando uno studio dell’Ofce, prestigioso centro studi francese da sempre legato ai servizi segreti d’oltralpe, secondo cui in caso di uscita dall’euro, non solo il debito pubblico italiano sarebbe assolutamente gestibile, ma esso sarebbe il meno pericoloso di tutta l’area post euro. Chi avrebbe più problemi per le proprie economie da un ritorno delle monete sovrane sarebbero la Germania ed i paesi nordici legati a quest’ultima. Confermando quindi quanto detto dal presidente USA Trump sul fatto che l’euro è solo uno strumento di sfruttamento messo in campo degli oligarchi tedeschi per portare avanti il IV Reich e, d’altra parte quello della moneta unica europea così concepita, era un pallino di Funk, il governatore della banca centrale del reich nazista.
 

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