Per cortesia ripristinate il 3d di mototopo

Orizzonte48
Le Istituzioni riflettono la società o esse "conformano" la società e ne inducono la struttura? In democrazia, la risposta dovrebbe essere la prima. Ma c’è sempre l'ombra della seconda...il "potere" tende a perpetuarsi, forzando le regole che, nello Stato "democratico di diritto" ne disciplinano la legittimazione. Ultimamente, poi, la seconda si profila piuttosto...ingombrante, nella sintesi "lo vuole l'Europa". Ma non solo. Per capire il fenomeno, useremo la analisi economica del diritto.































domenica 9 dicembre 2018
GLOBAL COMPACT FOR SAFE, ORDERLY AND REGULAR MIGRATION: LA GRANDE PIANIFICAZIONE E IL DIRITTO INTERNAZIONALE PRIVATIZZATO [/paste:font]



Post di Francesco Maimone




Dobbiamo consentire ai migranti di diventare membri a pieno titolo
delle nostre società evidenziando il loro contributo positivo

(Global Compact for Safe, Orderly and Regular Migration)

1 In questi giorni sta tenendo banco sui Social e nei media il tema riguardante l’approvazione del Global Compact for Safe, Orderly and Regular migration (per brevità, GCSORM), ovvero l’accordo promosso in sede ONU e che sarebbe finalizzato a dare una risposta globale al fenomeno della migrazione. Tra le voci che si sovrappongono a favore e contro detto accordo, sembra soprattutto passare inosservato il fatto che il GCSORM non è una misura estemporanea partorita improvvisamente dal nulla, ma costituisce un documento inserito in una logica e ben congegnata “sequenza procedimentale” per dare specifica attuazione ad un disegno molto più vasto che l’Ordine sopranazionale dei M€rcati ha tracciato già da tempo.

2 In questa sequenza, ed evitando di risalire troppo nel tempo (per esempio, alla International Conference on Population and Development tenutasi nel lontano 1994 al Cairo), bisogna innanzi tutto prendere le mosse dalla distopica volontà di “trasformare il nostro mondo” contenuto in quel capolavoro cosmetico chiamato “Agenda 2030 per lo Sviluppo Sostenibile” adottata all’unanimità (quindi anche con il contributo del rappresentante italiano pro tempore) dall’Assemblea Generale dell’ONU con Risoluzione del 25 settembre 2015, entrata in vigore il 1° gennaio 2016 e che ha il compito di orientare i successivi sviluppi per i prossimi 15 anni. Come risulta da documenti parlamentari, l’Agenda “ha sostituito i precedenti Obiettivi di Sviluppo del Millennio (Millennium Development Goals) che avevano orientato l’azione internazionale di supporto nel periodo 2000-2015”. La nuova Agenda globale si propone, in particolare, di raggiungere i seguenti 17 obiettivi pubblicizzati alla stregua di un nuovo e meraviglioso paese di Bengodi, obiettivi ai quali sono associati “169 traguardi … che sono interconnessi e indivisibili” (così al punto 18, pag. 6, dell’Agenda):



2.1 Non è il caso di addentrarsi in un esame dettagliato di detto documento. Si evidenziano tuttavia alcuni principi generali che sono da considerare i pilastri sui quali è stata congegnata la Road Map elitista:
- “L’attività imprenditoriale privata, gli investimenti e l’innovazione rappresentano i motori principali della produttività, di una crescita economica inclusiva e della creazione di posti di lavoro. Riconosciamo la varietà del settore privato, che varia dalle micro imprese alle cooperative, e alle multinazionali. Promuoveremo un settore imprenditoriale dinamico e ben funzionante, salvaguardando contestualmente i diritti dei lavoratori e le norme ambientali e sanitarie…” (punto 67, pag. 29, dell’Agenda). Lo Stato non è contemplato come “motore della produttività”;
- “Il commercio internazionale è il motore per una crescita economica inclusiva e per la riduzione della povertà, ed esso contribuisce alla promozione dello sviluppo sostenibile. Continueremo a promuovere un sistema multilaterale di commercio che sia universale, basato sulle regole, aperto, trasparente, prevedibile, inclusivo, non discriminatorio ed equo nell’ambito dell’Organizzazione Mondiale del Commercio, così come una liberalizzazione significativa del commercio” (punto 68, pag. 29, dell’Agenda). Il Mercato sarà sempre più il nostro pastore;
- “ogni Stato ha la primaria responsabilità della propria economia e del proprio sviluppo sociale e che il ruolo delle politiche interne e delle strategie per lo sviluppo non può essere messo in discussione. Rispetteremo lo spazio politico di ogni Nazione e la loro leadership per implementare politiche per la lotta alla povertà e per lo sviluppo sostenibile, pur rimanendo coerenti con l’importanza delle leggi e dell’impegno internazionali. Allo stesso tempo, gli sforzi per lo sviluppo nazionale necessitano del supporto di un contesto economico internazionale favorevole, attraverso un commercio mondiale coerente e di sostegno reciproco” (punto 63, pag. 28, dell’Agenda). Nel caso dell’Italia, per esempio, verrebbero “rispettate” le politiche deflazionistiche e di impoverimento derivanti dall’appartenenza all’U€ ed al sistema della moneta unica;
- “… Riconosciamo il bisogno di fornire assistenza ai paesi in via di sviluppo affinché raggiungano la sostenibilità a lungo termine del debito, attraverso politiche coordinate, finalizzate a promuovere, a seconda dei casi, il finanziamento, la remissione, la ristrutturazione e la solida gestione del debito. Molti paesi restano vulnerabili alle crisi del debito e alcuni paesi, ivi inclusi alcuni dei paesi meno sviluppati, alcuni piccoli Stati insulari in via di Sviluppo e alcuni dei paesi sviluppati, sono nel mezzo di una crisi. Ribadiamo che i debitori e i creditori devono lavorare congiuntamente al fine di evitare e allo stesso tempo risolvere le situazioni di debito insostenibile. Mantenere livelli di debito sostenibile è responsabilità dei paesi mutuatari ” (punto 69, pag. 29, dell’Agenda). Detto altrimenti, nel farsi sbranare, l’agnello dovrà cooperare al meglio con il lupo, dal momento che sua è la responsabilità di essere la parte più debole del rapporto obbligatorio.

3. Quanto delineato per sommi capi rappresenta a ben vedere il manifesto di un neoliberismo incrementale, all’interno della cui cornice di “crescita sostenibile”, ovviamente, svolgono un ruolo non indifferente anche le migrazioni di massa. A queste ultime, si badi bene, viene infatti riconosciuto a priori un:
“… contributo positivo [per] una crescita inclusiva e uno sviluppo sostenibile. Inoltre, [viene riconosciuto] che la migrazione internazionale è una realtà di grandissima rilevanza per lo sviluppo dei paesi d’origine, di transito e di destinazione, che richiede risposte coerenti e comprensive. [perciò si lavorerà insieme] a livello internazionale per garantire flussi migratori sicuri, regolari e ordinati, secondo il pieno rispetto dei diritti umani e il trattamento umano dei migranti, a prescindere dallo status di migrante, rifugiato o sfollato...” (punto 29, pag. 8 dell’Agenda). Insomma, viene affermato in modo perentorio e senza possibilità di smentita che le migrazioni sono un bene, una opportunità di crescita e sviluppo globali.

3.1 E’ da sottolineare, quindi, che sin dall’Agenda 2030 è sancito in nuce che la realizzazione degli obiettivi per lo Sviluppo Sostenibile debbano essere realizzati “all’interno di una struttura di Partnership Globale” (punto 40, pag. 10 dell’Agenda) nell’ambito della quale non poteva mancare il riconoscimento del ruolo svolto dal “variegato settore privato…dalle micro-imprese…[dalle] multinazionali, [dalle] organizzazioni della società civile e… filantropiche [cioè le ONG]” (punto 41, pag. 10 e punto 45, pag. 11 dell’Agenda).
4 Fissata in generale l’Agenda nel 2015, l’oligarchia capitalistica mondiale si è ovviamente mobilitata per dare esecuzione, in particolare, all’obiettivo n. 10 (“ridurre l’ineguaglianza all’interno di e fra le nazioni”), preoccupandosi di dettagliare la disciplina al fine di rendere “… più disciplinate, sicure, regolari e responsabili la migrazione e la mobilità delle persone, anche con l’attuazione di POLITICHE MIGRATORIE PIANIFICATE E BEN GESTITE” (punto 10.7 pag. 21 dell’Agenda).

4.1 Tale disciplina è contenuta nel testo della fondamentale Risoluzione dell’Assemblea Generale dell’ONU del 19 settembre 2016 (“Dichiarazione di New York per i rifugiati ed i migranti”, di cui non è stato possibile reperire il testo in lingua italiana) anch’essa, ovviamente, adottata con il contributo dell’allora rappresentante italiano pro tempore. Secondo quanto previsto al punto 21 della citata Dichiarazione (pag. 5), anche se gli Stati hanno approvato una serie di “impegni” che si applicano indistintamente sia ai rifugiati che ai migranti, il GCSORM darà tuttavia specifica attuazione all’Allegato II con il quale sono state stabilite proprio le “misure per l'adozione nel 2018 di un patto globale per la migrazione sicura, ordinata e regolare”. L’assunzione di un corrispondente patto globale per i rifugiati – oggetto dell’Allegato I – sembra sia stata invece rimandata ad altre sessioni intergovernative.
Ora, al di là delle pletoriche espressioni sparse a piene mani in tutto il testo della Dichiarazione in parola, è necessario passare brevemente in rassegna quelli che sono i principi più importanti in essa sanciti in materia di “migranti economici”. Tali principi sono contenuti nell’Introduzione, nei punti da 41 a 63 (ovviamente in linea con quelli già formalizzati dell’Agenda 2030) e nel citato Allegato II il quale, più specificamente, ha la funzione di anticipare nel dettaglio il contenuto sostanziale e soprattutto organizzativo del GCSORM.

4.2 Ci viene innanzi tutto spiegato che gli uomini si stanno muovendo anche “per cercare … nuove opportunità economiche per fuggire da povertà [e] insicurezza alimentare” (punto 1, pag. 1), anche se non viene mai spesa una parola sulle reali cause della povertà. Tale “movimento” di uomini è ribadito dall’ONU come opportunità per una crescita inclusiva ed uno sviluppo sostenibile nonché per la distopica realizzazione di un “mondo migliore”: “… Quando abbiamo adottato un anno fa il programma di sviluppo sostenibile nell’orizzonte 2030, abbiamo evidenziato chiaramente il contributo positivo che i migranti hanno apportato alla crescita inclusiva e allo sviluppo sostenibile. Questo contributo rende il nostro mondo un posto migliore. I vantaggi e le opportunità associati alla migrazione regolare, sicura e ordinata sono considerevoli e generalmente sottovalutati...” (punto 4, pag. 2).
Di conseguenza, “… Il massiccio spostamento di migranti deve essere pienamente sostenutoe protetto in conformità con gli obblighi del diritto internazionale”, dovendo gli “… obiettivi di sviluppo sostenibile [essere] realizzati a beneficio di tutte le nazioni, dei popoli e di tutti i componenti della società” (punto 11, pag. 3) e potendo i migranti “… contribuire positivamente e profondamente allo sviluppo economico e sociale delle loro società di accoglienza e alla creazione di ricchezza su scala globale” nonché aiutare ad “… affrontare alcune delle tendenze demografiche, carenza di manodopera e altre sfide che affliggono le società ospitanti e fornire competenze notizie e rinnovato dinamismo nelle economie di questi paesi” (punto 46, pag. 10).

4.3 Considerati tutti questi presunti “benefici” apportati dalle migrazioni economiche di massa, che “tutti gli esseri umani nascono liberi e uguali in dignità e diritti [e che] tutti hanno il diritto di essere riconosciuti OVUNQUE come persone di fronte alla legge [a prescindere da motivi di] fortuna, nascita o qualsiasi altra situazione” (punto 13, pag. 3), la conclusione non poteva che essere scontata: “… tutti hanno il diritto di lasciare qualsiasi paese, incluso il proprio, e di ritornare nel proprio paese” perché “la migrazione dovrebbe essere una scelta” (punto 42, pag. 10). In sostanza, la Dichiarazione di New York, sotto il paravento generalizzato e ipocrita dei “diritti umani”, finisce per riconoscere il pieno diritto dei “migranti economici a lasciare il proprio Paese e ad essere accolti da un altro, ricevendo un trattamento praticamente uguale a quello dei rifugiati.
Gli Stati firmatari, d’altronde, si sono impegnati ad “adottare le misure necessarie per migliorare la loro integrazione, se del caso, in particolare per quanto riguarda l'accesso all'istruzione, all'assistenza sanitaria, alla giustizia…ai corsi di lingua” (punto 39, pag. 9) ed a tutti i servizi sociali, assicurandosi così di assestare forse la spallata decisiva a quello che è ormai rimasto del loro sistema di Welfare.
 
4.4 Anche la Dichiarazione di New York ovviamente ribadisce che, essendo quello delle migrazioni un fenomeno globale, esso “richiede approcci e soluzioni globali” (punto 7, pag. 2), e ciò in quanto nessuno Stato da solo può gestire questi spostamenti. Di conseguenza, gli Stati si sono espressamente assunti l’impegno di “RAFFORZARE LE STRUTTURE DI GOVERNANCE delle migrazioni a livello globale” (punto 49, pag. 11), confermando chiaramente il ruolo di primo piano che in tale governance (a tutti i livelli) dovranno avere - anche per “colmare le lacune nel finanziamento degli aiuti umanitari” (punto 38, pag. 9) - la Banca Mondiale, “le organizzazioni della società civile, comprese le organizzazioni religiose, il settore privato, le organizzazioni dei datori di lavoro e dei lavoratori e altre parti interessate [e] LE ORGANIZZAZIONI NON GOVERNATIVE” (punto 39, pag. 9 e punto 61, pag. 13).

4.5. Per non farsi mancare proprio niente, e sul presupposto indimostrato che “la diversità arricchisce ogni società e contribuisce alla coesione sociale”, gli Stati hanno tra l’altro dichiarato di condannare “fermamente le manifestazioni e gli atti di razzismo, discriminazione razziale e xenofobia nei confronti di rifugiati e migranti”, aggiungendo però alla condanna anche l'intolleranza associata, nonché l'uso frequente di stereotipi” (punto 14, pag. 3), cui segue l’impegno a combatterle. Non sia mai che ai cittadini dei Paesi di accoglienza possa saltare in mente di esternare in qualche modo il proprio legittimo e giustificato disagio.

5. Volendo riassumere quanto detto sin qui, si può dire che, pianificata compiutamente nel 2015 un’Agenda con l’indicazione di 17 macro-obiettivi che la “Comunità Internazionale” ha dichiarato di voler raggiungere nei prossimi quindici anni, l’ONU sin da subito si è spesa con solerzia per la loro concreta definizione e, concentrandosi - come detto - sull’obiettivo n. 10, ha fatto il modo che fossero sottoscritti dagli Stati i principi e gli impegni di cui alla Dichiarazione di New York del 19 settembre 2016. Da quest’ultima data è poi seguito “per fasi” un pervicace percorso di negoziati che dovrebbe concludersi in Marocco con il meeting intergovernativo del 11 ed il 12 dicembre 2018 per l’adozione del “Global Compact for safe, orderly and regular migrationil quale costituisce, dunque, solo l’ultimo atto (anche se non definitivo) della citata sequenza ad “imbuto”.

6. Deve essere subito chiarito che il GCSORM – in conformità alle indicazioni programmatiche inserite nell’Allegato II della Dichiarazione di New York (v. pagg. 24-27) – rappresenta un deciso “salto di qualità” sia rispetto a quest’ultima che rispetto all’Agenda 2030, non tanto per la coerentizzazione e ulteriore specificazione di tutti i principi contenuti in materia migratoria nei due documenti sopra commentati (per esempio, viene dichiarato che “La migrazione ha fatto parte dell'esperienza umana nel corso della storia, e riconosciamo che è una fonte di prosperità, innovazione e sviluppo sostenibile nel nostro mondo globalizzato”, punto 8, pag. 2), quanto perché contiene vere e proprie norme organizzative e procedurali-operative funzionali alla realizzazione di specifiche soluzioni normative all’interno dei singoli Paesi membri (v.infra).

6.1 In primo luogo, il GCSORM [nel quale si legge che è riaffermata la dichiarazione di New York e che lo stesso “è radicato nell'agenda 2030” (pagg. 1 e 2] specifica come al solito di voler offrire “una visione a 360 gradi della migrazione internazionale” e ribadisce che è improntato ad “un APPROCCIO GLOBALE per ottimizzare i benefici generali della migrazione” (punto 11, pag. 3). Ciò, in termini organizzativi, si traduce coerentemente in un impegno degli Stati “a proseguire il dialogo multilaterale presso le Nazioni Unite attraverso un meccanismo periodico ed efficace di continuazione e di revisioneal fine di assicurare che “le parole [del GCSORM] si traducano in azioni concrete a beneficio di milioni di persone in ogni regione del mondo” (punto 14, pagg. 3 e 4).

6.2 A tal fine, l’organismo di cooperazione multilaterale diretto a facilitare “un dialogo ad alto livello sulla migrazione” è stato individuato nell’International Migration Review Forum, il quale fungerà da “… principale piattaforma globale per gli Stati membri per discutere e condividere i progressi compiuti nell'attuazione di tutti gli aspetti del Global Compact…con la partecipazione di tutte le parti interessate”. Il Forum si riunirà ogni 4 anni a decorrere dal 2022 per discutere l’attuazione del Global Compact a livello locale, nazionale, regionale e globale, nonché per consentire l'interazione con le “altre parti interessate” al fine di individuare opportunità di ulteriore cooperazione (punti 48 e 49, pagg. 33-34).

6.3 L’International Migration Review Forum si avvarrà del Forum globale su migrazione e sviluppo, il quale avrà il compito di “fornire uno spazio per lo scambio informale annuale sull'attuazione del patto globale e riferire i risultati, le migliori pratiche e gli approcci innovativi”, mentre gli Stati membri sono incoraggiati a sviluppare “non appena possibile, risposte nazionali ambiziose per l'attuazione del patto globale e a condurre revisioni periodiche e inclusive dei progressi a livello nazionale, ad esempio attraverso l'elaborazione e l'uso volontario di un piano nazionale di attuazione” (punti 51 e 53, pag. 34).

In breve, pare evidente che il GCSORM formalizzi la creazione dell’ennesima ORGANIZZAZIONE SOVRANAZIONALE e mondialista in grado di dettare – sotto forma di immancabile Soft Law - vere e proprie direttive in materia di migrazione in tutto simili a quelle provenienti dall’U€.

6.4 In secondo luogo, e facendo propri i principi già contenuti nell’Agenda 2030 nonché nella Dichiarazione di New York [in particolare, se quest’ultima ha sancito il diritto di emigrazione economica, si dovrà “consentire ai migranti di diventare membri a pieno titolo delle nostre società” punto 13, pag. 3], sulla scorta del principio del Whole-of-society approach (pag. 5), è dichiarato che il Global Compact possa promuovere “… ampi partenariati multi-stakeholder per affrontare la migrazione in tutte le sue dimensioni includendo migranti… comunità locali, la società civile, il mondo accademico, il settore privato, i parlamentari, i sindacati, Istituzioni nazionali per i diritti umani, i media e altre parti interessate nella governance delle migrazioni”, ovvero gli stessi soggetti che, insieme alle “organizzazioni basate sulla fede, dovranno cooperare all’attuazione del Global Compact (v. punto 15, pag. 5, e punto 44, pag. 33). A sostenere gli sforzi degli Stati membri ed a rafforzare le capacità delle Nazioni Unite nell’attuazione del Global Compact saranno ammesse in modo continuativo anche “le fondazioni filantropiche” (punto 43, pag. 32) alle quali (insieme agli altri soggetti) è permesso perciò di fornire contributi finanziari attraverso l’avvio, anche nell’immediato, di un fondo start up.
A ben vedere, pertanto, in quest’approccio olistico di attuazione del Global Compact, qualunque organizzazione o soggetto abbia un interesse (di qualsiasi natura) da far valere nell’ambito delle politiche migratorie a livello globale, potrà senz’altro aspirare a questi partenariati” (si pensi, per esempio, alle imprese multinazionali, alle Banche internazionali ed alle ONG ad esse direttamente o indirettamente collegate, o addirittura alle istituzioni religiose. Oppure, ancora, si pensi ai colossi delle telecomunicazioni che poi, paradossalmente, dovrebbero fornirci anche una narrazione imparziale sull’argomento!).
Non c'è la prefigurazione di alcuna gerarchia di interessi, di alcuna distinzione, ricognitiva della sostanziale differenza di legittimazione, tra istituzioni democratiche (statali), rappresentative di interessi generali, e enti privati esponenziali dei più diversi interessi di settore, promossi da finanziatori altrettanto privati e spesso celati dietro le quinte di sigle altisonanti; interessi eticamente accattivanti nelle enunciazioni formali ma sostanzialmente opachi nelle loro finalità ultime. Finalità inevitabilmente riguardanti l'assetto del mercato del lavoro globalizzato e equalizzato verso il basso, della tutela e dei salari, per il tramite dell'evidente effetto dell'immigrazione come super-principio insediativo che riplasma le singole realtà statali, rese periferiche e subordinate dalla centralizzazione mondiale della governance.
 
6.4 In secondo luogo, e facendo propri i principi già contenuti nell’Agenda 2030 nonché nella Dichiarazione di New York [in particolare, se quest’ultima ha sancito il diritto di emigrazione economica, si dovrà “consentire ai migranti di diventare membri a pieno titolo delle nostre società” punto 13, pag. 3], sulla scorta del principio del Whole-of-society approach (pag. 5), è dichiarato che il Global Compact possa promuovere “… ampi partenariati multi-stakeholder per affrontare la migrazione in tutte le sue dimensioni includendo migranti… comunità locali, la società civile, il mondo accademico, il settore privato, i parlamentari, i sindacati, Istituzioni nazionali per i diritti umani, i media e altre parti interessate nella governance delle migrazioni”, ovvero gli stessi soggetti che, insieme alle “organizzazioni basate sulla fede, dovranno cooperare all’attuazione del Global Compact (v. punto 15, pag. 5, e punto 44, pag. 33). A sostenere gli sforzi degli Stati membri ed a rafforzare le capacità delle Nazioni Unite nell’attuazione del Global Compact saranno ammesse in modo continuativo anche “le fondazioni filantropiche” (punto 43, pag. 32) alle quali (insieme agli altri soggetti) è permesso perciò di fornire contributi finanziari attraverso l’avvio, anche nell’immediato, di un fondo start up.
A ben vedere, pertanto, in quest’approccio olistico di attuazione del Global Compact, qualunque organizzazione o soggetto abbia un interesse (di qualsiasi natura) da far valere nell’ambito delle politiche migratorie a livello globale, potrà senz’altro aspirare a questi partenariati” (si pensi, per esempio, alle imprese multinazionali, alle Banche internazionali ed alle ONG ad esse direttamente o indirettamente collegate, o addirittura alle istituzioni religiose. Oppure, ancora, si pensi ai colossi delle telecomunicazioni che poi, paradossalmente, dovrebbero fornirci anche una narrazione imparziale sull’argomento!).
Non c'è la prefigurazione di alcuna gerarchia di interessi, di alcuna distinzione, ricognitiva della sostanziale differenza di legittimazione, tra istituzioni democratiche (statali), rappresentative di interessi generali, e enti privati esponenziali dei più diversi interessi di settore, promossi da finanziatori altrettanto privati e spesso celati dietro le quinte di sigle altisonanti; interessi eticamente accattivanti nelle enunciazioni formali ma sostanzialmente opachi nelle loro finalità ultime. Finalità inevitabilmente riguardanti l'assetto del mercato del lavoro globalizzato e equalizzato verso il basso, della tutela e dei salari, per il tramite dell'evidente effetto dell'immigrazione come super-principio insediativo che riplasma le singole realtà statali, rese periferiche e subordinate dalla centralizzazione mondiale della governance.

6.5 Quanto al ruolo (obiettivamente subordinato, in questo quadro istituzionale globalizzato e de-legittimante) degli Stati nell’attuazione delle migrazioni (economiche) di massa, esso è condensato in ben 23 obiettivi che costituiscono la parte più corposa e defatigante del Global Compact. Veramente nulla è lasciato al caso. Ogni obiettivo contiene un impegno seguito da una serie dettagliata di azioni considerate strumenti strategici rilevanti e buone prassi per ottenere una migrazione sicura ed ordinata e sull’attuazione o meno dei quali verranno giudicati gli Stati firmatari. Non è possibile in questa sede analizzare nello specifico tutti gli obiettivi e gli impegni concreti assunti dagli Stati per realizzarli.

Si segnala, per esempio, che nell’ambito dell’obiettivo n. 15 (“fornire accesso ai servizi di base per i migranti”) è addirittura prevista come azione statale l’impegno ad “istituire o incaricare istituzioni indipendenti a livello nazionale o locale…, per ricevere, indagare e monitorare le denunce relative a situazioni in cui l'accesso ai servizi di base dei migranti è sistematicamente negato o ostacolato”, istituzioni indipendenti che dovrebbero addirittura agevolare l’ottenimento del risarcimento del danno da parte del migrante in casi di disservizi, lavorando per un cambiamento della cattiva prassi (punto 31, lett. d), pagg. 22-23).

6.6 Ed ancora a titolo esemplificativo, si evidenzia come nell’ambito dell’obiettivo n. 17 (“eliminare tutte le forme di discriminazione e promuovere il discorso pubblico basato sulle prove per dare forma alle percezioni della migrazione”) sia previsto che gli Stati si impegnino a “Promuovere la comunicazione indipendente, obiettiva e di qualità dei media, comprese le informazioni basate su Internet, anche sensibilizzando ed educando i professionisti dei media su questioni e terminologia relative alla migrazione, investendo in standard etici e pubblicità” (punto 33, lett. c, pag. 24). Non è dato intendere, però, come possa essere promossa una “comunicazione indipendente” ed imparziale se, come detto sopra, agli stessi media è consentito di essere partners nell’attuazione del Global Compact. Tant’è.
7. Non è qui il caso di dilungarsi nel ribadire quale sia “l’effetto immancabile e programmatico dell'immissione di forza lavoro proveniente da altri Stati, che risulti sistematica, costante e praticamente illimitata nella durata” né quale sia la chiara paternità delle radici ideologiche sottese al paradigma neoliberista che “conduce al lavoro-merce globalizzato”, ai quali i documenti sopra richiamati danno un palese sigillo. Si tratta piuttosto di capire brevemente quali potrebbero essere gli effetti di riverbero sul nostro Ordinamento nel caso di eventuale adozione del GCSORM da parte dell’Italia. Ciò, peraltro, in considerazione di quanto affermato in modo rassicurante dal Ministro degli Affari Esteri, Enzo Moavero Milanesi, nella risposta ad un’interrogazione a risposta immediata presentata dall’On. Giorgia Meloni, ovvero che “il Global Compact … non sarà un atto giuridicamente vincolante”.

8 Ora, gli atti dell'Assemblea generale dell’ONU sono nella maggioranza dei casi denominati “risoluzioni” che, sotto il profilo dell'efficacia giuridica, sono privi di forza vincolante in quanto invitano, ma non obbligano – è vero - gli Stati a uniformarsi al loro contenuto. E’ la Carta stessa, d’altronde, ad attribuire alle risoluzioni dell'Assemblea generale il valore di raccomandazioni (cfr. artt 10-14).
Tuttavia, già alle risoluzioni in generale deve riconoscersi un’efficacia giuridica, seppur limitata, “… consistente nel cosiddetto effetto di liceità… [che] opera nel senso di creare una presunzione di legittimità nell'ambito del diritto delle Nazioni Unite, del comportamento adottato dagli Stati in conformità alla raccomandazione dell'Assemblea generale…” [S. MARCHISIO, Digesto discip. pubbl., 1999, voce, ONU, 520].

9 Alcune risoluzioni dell'Assemblea generale dell’ONU, tuttavia, si presentano “…contenenti in annesso “DICHIARAZIONI DI PRINCIPI”, atti di particolare solennità inquadrati nella categoria della soft law … molto spesso il loro contenuto si colloca in una prospettiva de lege ferenda, vale a dire di modifica del diritto internazionale vigente, consuetudinario o pattizio. È il caso, tra gli altri, della Dichiarazione sul Nuovo ordine economico internazionale (NOEI), annessa alla risoluzione 3201 (S-VI) dell'1-5-1974, in parte ribadita dalla Carta dei diritti e doveri economici degli Stati, annessa alla risoluzione 3281 (XXIX) del 12-12-1974… le dichiarazioni… possono tradursi nel contenuto di norme convenzionali o assumere valore dichiarativo rispetto a norme internazionali preesistenti, consuetudinarie e pattizie, o, infine, presentarsi come autorevoli manifestazioni della prassi degli Stati ai fini della formazione di norme del diritto internazionale non scritto…” [S. MARCHISIO, cit., 521].

10. Orbene, detto ciò, non può escludersi che già l’Agenda 2030 e soprattutto la Dichiarazione di New York esplichino per gli Stati un’efficacia vincolante. Verificato, infatti, che le relative risoluzioni non riguardano l'attività delle Nazioni Unite come organizzazione (per esempio, l’elezione del Segretario Generale), è indubbio che in esse la questione affrontata (quella dei migranti) “is a matter of existing, or nascent, or potential customary law” e che, quindi, le volontà dei singoli Stati devono considerarsi estremamente rilevanti e tali da poter contribuire alla creazione o allo sviluppo del diritto [P. FOIS, Le organizzazioni internazionali e la formazione del diritto internazionale contemporaneo. Il ruolo degli stati membri, in Rivista di Diritto Internazionale, Milano, 2014, 650].

10.1 Si consideri, in proposito, che con l’Agenda 2030 l’Assemblea Generale ha ottenuto il consenso su principi generali, ma gli stessi sono inseriti e collegati ad un quadro consuetudinario già fortemente consolidato e condiviso: “…. La nuova Agenda è stata creata seguendo obiettivi e principi della Carta delle Nazioni Unite, compreso il totale rispetto del diritto internazionale. È fondata sulla Dichiarazione Universale dei Diritti Umani, sui trattati internazionali sui diritti umani, la Dichiarazione del Millennio e i risultati del Vertice Mondiale del 2005…11. Ribadiamo i risultati delle principali conferenze delle Nazioni Unite e i risultati che hanno portato alla creazione di solide fondamenta per lo sviluppo sostenibile e hanno contribuito a dare forma alla nuova Agenda. Fra queste ricordiamo la Dichiarazione di Rio sull’Ambiente e lo Sviluppo5, il Vertice Mondiale sullo Sviluppo Sostenibile, il Vertice Mondiale per lo Sviluppo Sociale, il Programma d’Azione della Conferenza Internazionale sulla Popolazione e lo Sviluppo6, la Piattaforma di Azione di Pechino7 e la Conferenza delle Nazioni Unite sullo Sviluppo Sostenibile. Ribadiamo il seguito di queste conferenze, compresi i risultati della Quarta Conferenza delle Nazioni Unite sui Paesi Meno Sviluppati” (così i punti 10 e 11 dell’Agenda, pagg. 4 e 5).

10.2 Lo stesso, ed a maggior ragione, può dirsi per l’adozione solenne della Dichiarazione di New York, la quale può essere annoverata proprio nell’ambito delle “Dichiarazioni di principio”. Invero, in essa pare essere cristallizzata in versione più dettagliata quella opinio iuris ac necessitatis nell'àmbito della Comunità internazionale e che l'Assemblea “sente” come matura per una disciplina di diritto internazionale [si veda in tal senso B. CONFORTI, Enciclopedia del diritto, Milano, XXXI, 1981, voce “Organizzazione Nazioni Unite”, 273 secondo cui “… le dichiarazioni di princìpi costituiscono una delle manifestazioni più autorevoli dell'opinio iuris ac necessitatis nell'àmbito della comunità internazionale…”]:
Ribadiamo gli scopi e i principi della Carta delle Nazioni Unite. Riaffermiamo inoltre la Dichiarazione universale dei diritti umani e richiamiamo i principali strumenti internazionali relativi a tali diritti. Riaffermiamo e continueremo a proteggere pienamente i diritti fondamentali di tutti i rifugiati e migranti, indipendentemente dal loro status; tutti hanno diritti. La nostra azione dimostrerà il nostro pieno rispetto per il diritto internazionale e la legge internazionale sui diritti umani e, se del caso, per la legge internazionale sui rifugiati e il diritto internazionale umanitario...” (così al punto 5 della Dichiarazione, pag. 2).

10.3 Non dovrebbe perciò disconoscersi che già gli atti dell’Assemblea Generale dell’ONU sopra citati nella sostanza possano atteggiarsi - nella loro specifica singolarità – a vere e proprie fonti di diritto consuetudinario internazionale, ovvero “norme del diritto internazionale generalmente riconosciute” alle quali “l’ordinamento giuridico italiano” afferma di conformarsi secondo quanto previsto dall’art. 10, comma I, Cost. (c.d. adattamento automatico):


… con questa formula … si è voluto porre una “norma sulla produzione”, cioè determinare il procedimento sufficiente a introdurre automaticamente la regola di diritto interno che manca (o a sostituire quella esistente, ma in contrasto con l’altra derivabile dal diritto internazionale) in virtù di deduzione della medesima, per opera dell’interprete, dai principi del diritto internazionale. In questo modo, mentre si conferma la posizione di autonomia dei due ordinamenti, si pone il meccanismo affinché quello statale si uniformi all’altro, imponendo alle autorità gli opportuni comportamenti e concedendo ai cittadini di poterne richiedere l’adeguamento alla norma internazionale.
Si dà vita, in altri termini, ad una specie di “ordine di esecuzione in bianco”, valido cioè per tutte le norme presenti ed avvenire, che rende quindi non necessario l’intervento del legislatore diretto ad imporre l’esecutività interna. L’eventuale mancato funzionamento di tale congegno di adattamento dà vita ad un illecito internazionale e quindi all’assunzione della correlativa responsabilità dello stato
” [C. MORTATI, Istituzioni di diritto pubblico, Padova, 1969, II, 1344-1345].

10.4 “… A nostro avviso, siffatti princìpi [contenuti nelle relative Risoluzioni/Dichiarazioni] non sono altro che delle norme consuetudinarie sui generis, a formare le quali concorrono, da un lato, la loro uniforme previsione ed applicazione nell'àmbito degli ordinamenti statali e, dall'altro, la circostanza che i valori che esse perseguono siano sentiti come internazionalmente obbligatori, corrispondano cioè a valori di cui la comunità internazionale si faccia inequivocabilmente assertrice” [B. CONFORTI, cit.]. Ed al riguardo, bisogna considerare che tali norme, alle quali l’Italia si conforma in modo automatico, sono fonti “paracostituzionali”, cioè hanno una efficacia gerarchica superiore alle leggi ordinarie che alle prime devono quindi cedere. Di conseguenza, rilevata un’ipotetica antinomia tra una norma di diritto internazionale consuetudinaria ed una norma ordinaria interna, quest’ultima dovrebbe essere dichiarata incostituzionale per violazione dell’art. 10, comma I, Cost.
.
11. Con riferimento specifico al GCSORM, poi, per gli Stati membri il quadro giuridico diventerebbe di certo ancora più rigoroso. Ed infatti, il Global Compact non si limita semplicemente a fissare “principi, ma introduce per i firmatari impegni che istituiscono veri e propri standards di regolazione nazionale (con correlativo obbligo di adeguamento, a tutti i livelli, delle relative strutture giuridico-amministrative), standards che spaziano in modo totale dal campo della legislazione sulle condizioni di entrata alle condizioni di informazione e valutazione dell'immigrazione nel Paese di arrivo, dagli obblighi di salvataggio (obiettivo n. 8) all’obbligo di adozione di norme tese alla inclusione ed integrazione di ogni singolo migrante economico (obiettivo n. 16) la cui sfera giuridica, in definitiva, risulta ampliata mediante la previsione di dettagliate “posizioni pretensive” nei confronti dello Stato di accoglienza.
 
11.1 Bisogna altresì considerare che le conseguenti norme di recepimento (o di mancato recepimento) del Global Compact - potenzialmente censurabili all'interno degli Stati con clausole costituzionali come il citato art.10 Cost. o, all’esterno, tramite il Rule of Law della Corte internazionale di giustizia - sarebbero altresì sindacabili dalle nuove organizzazioni sovranazionali di Governance globale collegate all’ONU mediante ulteriori raccomandazioni/censure di sostanziale infrazione.
E se si tiene presente, in particolare, che la miriade di soggetti sopra elencati, in quanto partners (finanziatori) e parti direttamente interessate al fenomeno migratorio, avranno certamente diritto a partecipare all’International Migration Review Forum, al Forum globale su migrazione e sviluppo e ad altri simili consessi, ne discende che SOGGETTI PRIVATI (si pensi per tutti proprio alle ONG di sorosiana memoria) avranno il potere di influire sulle decisioni e/o sanzioni da imporre agli Stati membri, sottraendo loro ulteriore sovranità in una materia di così vitale impatto per la vita di milioni di cittadini. Insomma, ancora una volta siamo di fronte, oggi più che mai, a quello che Lordon chiama diritto internazionale provatizzato.

11.2 Siamo cioè in presenza di quel fenomeno purtroppo ormai usuale e patologico per cui “… i soggetti privati, facendosi legislatori, possono provare a parlare non solo in nome di interessi provati, ma anche attraverso il linguaggio degli “argomenti” e dei “diritti…”, con “procedure di governance che [li] vedono partecipare attivamente a decisioni pubbliche, sia all’interno degli Stati, sia in ambito internazionale”, dando così vita ad “assetti giuridici creati del tutto privatamente” [M.R. FERRARESE, Enciclopedia del diritto, Milano, Annali, IV, 2011, voce “Globalizzazione giuridica”, 560-562].

12. E’ certo, in conclusione, che la mancata adozione del GCSORM costituirebbe veramente un segnale forte di discontinuità (anche se del tutto in controtendenza rispetto alla prassi purtroppo seguita sino ad oggi dall’Italia nella materia de quo), soprattutto se si considerano i devastanti effetti che l’attuazione di tale Global Compact è in grado di riverberare sul nostro Ordine costituzionale.
In un Ordinamento a Costituzione “rigida” come il nostro, ed in cui anche le “norme del diritto internazionale generalmente riconosciute” in ogni caso non possono mai travalicare i principi fondamentalissimi (fungendo questi ultimi da “limite all’ingresso” delle prime), gli effetti dell’eventuale (ed insipiente) adozione anche del GCSORM potrebbero essere facilmente sterilizzati da una Corte Costituzionale che operasse a doverosa tutela della democrazia sostanziale per mezzo del paramentro di cui all’art. 10 e, si ritiene - nel caso specifico - anche di quello fissato all’art. 11 Cost.. Tuttavia, l’antica incomprensione del fenomeno globale in salsa €uropeista da parte della nostra Corte Costituzionale non lascerebbe ben sperare.
Pertanto: se fino ad oggi i rappresentanti istituzionali dell’Italia hanno “errato” nell’adottare quanto di meglio le oligarchie internazionali hanno saputo apparecchiare nel loro interesse ed a danno della sovranità dei Popoli, al di là degli effetti che già dispiegano l’Agenda 2030 e la Dichiarazione di New York, l’adozione del GCSORM non si rivelerebbe forse come un diabolico perseverare?
 
Solito attentato della massoneria neo aristocratica e reazionaria x distogliere l attenzione dalla francia

Il de cazzatibus tutto in questo 3d

Ma quando si è agit- prop ...........è un mestiere.

Abbiamo letto che l' attentato di Strasburgo è servito per aiutare Macron.
Successivamente l' Isis ha confermato che l' attentatore era un suo soldato.
Ne discende che l' Isis fa capo ai servizi segreti francesi.in combutta con la massoneria.
Però!!
 
Ecco la vera natura dell’Ue: un sistema neo-feudale (di Giuseppe PALMA)


Dalla caduta dell’Impero romano d’Occidente alla Rivoluzione francese il mondo si è retto su un sistema che, negli ultimi settant’anni, sembrava ormai lontano e dimenticato, come se fosse stato definitivamente…

Continua a leggere...


Buonasera, in genere non commento le opinioni politiche perché non amo lo scambio di opinioni con gli integralisti (di destra, di sinistra, di centro, religiosi, tifosi, etc.) ma non posso non commentare l’articolo da Lei riportato e attribuito all’avvocato Giuseppe Palma.

Non so quale sia il curriculum vitae dell’esperto ma quello che so è che manifesta enormi lacune in termini di conoscenza del diritto comunitario (in alternativa potrebbe conoscerlo approfonditamente ma per questioni ideologiche o di pecunia ignorarlo).

Al vertice della piramide c’è la BCE il nuovo Sovrano.

Risulta alquanto inusuale che il Sovrano sia democraticamente eletto e poi possa governare da monarca assoluto. A tale proposito riporto l’articolo 11 comma 2 dello Statuto della BCE che dice: ”Conformemente all'articolo 283, paragrafo 2, secondo comma, di detto trattato (ndr. TFUE), il presidente, il vicepresidente e gli altri membri del comitato esecutivo sono nominati tra persone di riconosciuta levatura ed esperienza professionale nel settore monetario o bancario dal Consiglio europeo che delibera a maggioranza qualificata su raccomandazione del Consiglio previa consultazione del Parlamento europeo e del consiglio direttivo. Il loro mandato ha una durata di otto anni e non è rinnovabile. Possono essere membri del comitato esecutivo soltanto cittadini degli Stati membri.

Pertanto abbiamo dimostrato* che il Sovrano non è messo lì per diritto ereditario, divino, o teletrasportato da altri pianeti, ma è semplicemente eletto facendo intervenire tutti gli organi delle Istituzioni europee e cioè il Consiglio europeo (capi di Stato e/o di governo degli Stati membri eletti democraticamente) con il supporto del Consiglio (in questo caso i ministri dell’economia degli Stati membri) e del Parlamento europeo (anche questi eletti democraticamente).

Inoltre appare alquanto bizzarro se non masochistico sostenere che i feudatari eleggano democraticamente un Sovrano e poi attribuiscano a questi poteri assoluti.

Ed infatti ci viene in aiuto l’articolo 2 dello Statuto della BCE: ”Conformemente agli articoli 127, paragrafo 1 e 282, paragrafo 2, del trattato sul funzionamento dell'Unione europea, l'obiettivo principale del SEBC è il mantenimento della stabilità dei prezzi. Fatto salvo l'obiettivo della stabilità dei prezzi, esso sostiene le politiche economiche generali dell'Unione al fine di contribuire alla realizzazione degli obiettivi dell'Unione definiti nell'articolo 3 del trattato sull'Unione europea. Il SEBC agisce in conformità del principio di un'economia di mercato aperta e in libera concorrenza, favorendo un'efficace allocazione delle risorse, e rispettando i principi di cui all'articolo 119 del trattato sul funzionamento dell'Unione europea”.

Questo ci suggerisce che oltre che essere democraticamente eletto, questo Sovrano non può fare quello che gli pare ma deve agire nel solco dei Trattati (TUE e TFUE).

Pertanto la BCE è un Sovrano eletto democraticamente (storicamente inusuale) e che non può comandare come gli pare ma deve sottostare ad un perimetro di azione ben definito dai nuovi feudatari (capi dei governi, governi e parlamenti nazionali).

Anche da un punto di vista gerarchico mi permetto di sottolineare l’ignoranza dell'illustre esperto (da ignorante e cioè colui che ignora) sul funzionigramma nel quale al 2° posto della piramide del potere egli colloca la Commissione europea.
Il Presidente della Commissione ed i membri della Commissione vengono eletti dal Parlamento europeo (eletti anche dal popolo degli Stati membri) su proposta del Consiglio europeo (capi di stato e di governo eletti dai parlamenti eletti dal popolo).
Nell’immaginario collettivo i commissari sono rappresentati come quelli brutti sporchi e cattivi ma in realtà svolgono il ruolo di parafulmine attribuito loro dai Trattati: per farla semplice la Commissione ha lo stesso potere che ha il due di briscola quando ancora non è uscito l’asso (Consiglio europeo) il tre (Consiglio) ed il re (Parlamento europeo).

In conclusione al vertice della piramide del potere (colui che può modificare i Trattati) c'è il Consiglio europeo (organo composto da Capi di Stato e di governo dei Paesi membri della UE) che rappresenta le idee politiche del popolo che democraticamente ha manifestato le sue preferenze (dal 1994 chi detiene la maggioranza relativa è il PPE mentre il secondo partito è rappresentato dai socialdemocratici).

* considerazioni espresse su dati di fatto (le parti in blu) che rappresentano le Leggi (in questo caso i Trattati) e non su articoli di giornalisti, giuristi, economisti o presunti tali che possono avere finalità meno nobili rispetto alla libera informazione indipendente.
 
Ultima modifica:
Buonasera, in genere non commento le opinioni politiche perché non amo lo scambio di opinioni con gli integralisti (di destra, di sinistra, di centro, religiosi, tifosi, etc.) ma non posso non commentare l’articolo da Lei riportato e attribuito all’avvocato Giuseppe Palma.

Non so quale sia il curriculum vitae dell’esperto ma quello che so è che manifesta enormi lacune in termini di conoscenza del diritto comunitario (in alternativa potrebbe conoscerlo approfonditamente ma per questioni ideologiche o di pecunia ignorarlo).

Al vertice della piramide c’è la BCE il nuovo Sovrano.

Risulta alquanto inusuale che il Sovrano sia democraticamente eletto e poi possa governare da monarca assoluto. A tale proposito riporto l’articolo 11 comma 2 dello Statuto della BCE che dice: ”Conformemente all'articolo 283, paragrafo 2, secondo comma, di detto trattato (ndr. TFUE), il presidente, il vicepresidente e gli altri membri del comitato esecutivo sono nominati tra persone di riconosciuta levatura ed esperienza professionale nel settore monetario o bancario dal Consiglio europeo che delibera a maggioranza qualificata su raccomandazione del Consiglio previa consultazione del Parlamento europeo e del consiglio direttivo. Il loro mandato ha una durata di otto anni e non è rinnovabile. Possono essere membri del comitato esecutivo soltanto cittadini degli Stati membri.

Pertanto abbiamo dimostrato* che il Sovrano non è messo lì per diritto ereditario, divino, o teletrasportato da altri pianeti, ma è semplicemente eletto facendo intervenire tutti gli organi delle Istituzioni europee e cioè il Consiglio europeo (capi di Stato e/o di governo degli Stati membri eletti democraticamente) con il supporto del Consiglio (in questo caso i ministri dell’economia degli Stati membri) e del Parlamento europeo (anche questi eletti democraticamente).

Inoltre appare alquanto bizzarro se non masochistico sostenere che i feudatari eleggano democraticamente un Sovrano e poi attribuiscano a questi poteri assoluti.

Ed infatti ci viene in aiuto l’articolo 2 dello Statuto della BCE: ”Conformemente agli articoli 127, paragrafo 1 e 282, paragrafo 2, del trattato sul funzionamento dell'Unione europea, l'obiettivo principale del SEBC è il mantenimento della stabilità dei prezzi. Fatto salvo l'obiettivo della stabilità dei prezzi, esso sostiene le politiche economiche generali dell'Unione al fine di contribuire alla realizzazione degli obiettivi dell'Unione definiti nell'articolo 3 del trattato sull'Unione europea. Il SEBC agisce in conformità del principio di un'economia di mercato aperta e in libera concorrenza, favorendo un'efficace allocazione delle risorse, e rispettando i principi di cui all'articolo 119 del trattato sul funzionamento dell'Unione europea”.

Questo ci suggerisce che oltre che essere democraticamente eletto, questo Sovrano non può fare quello che gli pare ma deve agire nel solco dei Trattati (TUE e TFUE).

Pertanto la BCE è un Sovrano eletto democraticamente (storicamente inusuale) e che non può comandare come gli pare ma deve sottostare ad un perimetro di azione ben definito dai nuovi feudatari (capi dei governi, governi e parlamenti nazionali).

Anche da un punto di vista gerarchico mi permetto di sottolineare l’ignoranza dell'illustre esperto (da ignorante e cioè colui che ignora) sul funzionigramma nel quale al 2° posto della piramide del potere egli colloca la Commissione europea.
Il Presidente della Commissione ed i membri della Commissione vengono eletti dal Parlamento europeo (eletti anche dal popolo degli Stati membri) su proposta del Consiglio europeo (capi di stato e di governo eletti dai parlamenti eletti dal popolo).
Nell’immaginario collettivo i commissari sono rappresentati come quelli brutti sporchi e cattivi ma in realtà svolgono il ruolo di parafulmine attribuito loro dai Trattati: per farla semplice la Commissione ha lo stesso potere che ha il due di briscola quando ancora non è uscito l’asso (Consiglio europeo) il tre (Consiglio) ed il re (Parlamento europeo).

In conclusione al vertice della piramide del potere (colui che può modificare i Trattati) c'è il Consiglio europeo (organo composto da Capi di Stato e di governo dei Paesi membri della UE) che rappresenta le idee politiche del popolo che democraticamente ha manifestato le sue preferenze (dal 1994 chi detiene la maggioranza relativa è il PPE mentre il secondo partito è rappresentato dai socialdemocratici).

* considerazioni espresse su dati di fatto (le parti in blu) che rappresentano le Leggi (in questo caso i Trattati) e non su articoli di giornalisti, giuristi, economisti o presunti tali che possono avere finalità meno nobili rispetto alla libera informazione indipendente.



Come non condividere quello che scrivi con l'aggiunta che questo genere di errori è molto comune oltre che nell'autore del post che è stato commentato anche negli altri appartenenti alla categoria degli illustri sconosciuti che non hanno mai scritto un articolo su rivista scientifica e che come dal nulla sono apparsi sulla scena con un libro di banalità e imprecisioni se non errori.

Ormai ho una cartella intera di questi presunti esperti invitati nei talk show che sono liberi di dire castronerie in sequenza infinita.

Spiace segnalare che anche nell'opposizione all'attuale governo, oltre che in illustri esponenti dello stesso, e nei giornalisti vi è una continua confusione sull'ABC delle regole di formazione delle istituzioni UE, a partire dalla Commissione per finire con la UE. Conoscenza che potrebbe essere acquisita anche con la banale lettura delle pagine relative di wikipedia ...


Purtroppo rispondere a questi post, serve a poco. L'importante per chi posta queste (pseudo)informazioni è disinformare (sia nell'accezione inglese disinformation che misinformation).

Chiunque potrebbe verificare la massa di stupidaggini che si dicono sulla UE con un manualetto elementare o con la lettura degli stessi trattati. (Troppa fatica ...)
 
Ultima modifica:
Come non condividere quello che scrivi con l'aggiunta che questo genere di errori è molto comune oltre che nell'autore del post che è stato commentato anche negli altri appartenenti alla categoria degli illustri sconosciuti che non hanno mai scritto un articolo su rivista scientifica e che come dal nulla sono apparsi sulla scena con un libro di banalità e imprecisioni se non errori.

Ormai ho una cartella intera di questi presunti esperti invitati nei talk show che sono liberi di dire castronerie in sequenza infinita.

Spiace segnalare che anche nell'opposizione all'attuale governo, oltre che in illustri esponenti dello stesso, e nei giornalisti vi è una continua confusione sull'ABC delle regole di formazione delle istituzioni UE, a partire dalla Commissione per finire con la UE. Conoscenza che potrebbe essere acquisita anche con la banale lettura delle pagine relative di wikipedia ...


Purtroppo rispondere a questi post, serve a poco. L'importante per chi posta queste (pseudo)informazioni è disinformare (sia nell'accezione inglese disinformation che misinformation).

Chiunque potrebbe verificare la massa di stupidaggini che si dicono sulla UE con un manualetto elementare o con la lettura degli stessi trattati. (Troppa fatica ...)

Quì se può far comodo al circolo mediatico si arriverebbe a sostenere che Cristo è morto dal freddo.
 

Users who are viewing this thread

Back
Alto