Titoli di Stato Italia Trading Titoli di Stato "volume V" (Gennaio 2013 - Dicembre 2013) (1 Viewer)

camaleonte

Forumer storico
Salgo in campo dato che seguo la vicenda da tempo...:)
L'autore dell'articolo mi sembra molto invidioso e poco informato.
Il cantiere si dovrebbe chiudere a fine anno.

Dagli anni Cinquanta non si costruivano nuove stazioni in Italia e con le stazioni Av di ultima generazione fra cui Reggio Emilia, ha concluso l’Ad di Ferrovie dello Stato Italiane, “esse fanno qualità territoriale, che è il presupposto per poter attirare l’attenzione in un mondo che compete e in cui la gente sceglie i territori in base alla qualità che essi offrono: Reggio ha ora questa importante possibilità”.

Stazione Reggio Emilia AV Mediopadana


Grazie blackmac.
 

belindo

Guest
Ho messo il link sopra ....dove chi è interessato può trovare le informazioni.
La frase di Moretti è in politichese...
In sostanza è la prima stazione dei treni vicino all'autostrada in italia...
Dovrà conquistarsi sul campo il numero dei treni che passeranno....e qui nasce la sfida....
DAll'autostrada hai proprio visto la stazione Marco.

Perfetto grazie non sapevo nulla, pensavo fosse una specia di magazzino o ricovero per guasti meccanici :eek:
 

braga

Forumer storico
CALATRAVA CALA LA TRAVA – UN ARCHISTAR O UN ARCHI-COLLEZIONISTA DI FLOP? LA STAZIONE MEDIOPADANA È COSTATA 79 MLN € MA CI PIOVE DENTRO…

Dopo il caso del Ponte della Costituzione di Venezia (citato in giudizio dalla Corte dei Conti), l’incidente nella nuova stazione Tav a Reggio Emilia: la fama di Caltrava è ormai legata alla scarsa tenuta degli edifici e ai costi ultra-onerosi: in Spagna a sentire il suo nome, i sindaci fuggono… - -
 

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braga

Forumer storico
Elisabetta Ambrosi per "Il Fatto Quotidiano"
Insomma, ma che volete. Lui Santiago Calatrava, archistar mondiale (ha firmato opere come la Città delle arti e delle scienze di Valencia, l'Auditorium di Tenerife, il Ponte della Costituzione di Venezia), l'aveva detto chiaro e tondo, in un recente incontro ai Musei Vaticani: "La stazione è un non luogo che proprio nella sua fragilità e inconsistenza trova il suo elemento poetico".
Santiago Calatrava E dunque, pazienza se nella nuova stazione Tav Mediopadana di Reggio Emilia, a un giorno dall'inaugurazione, ci piove dentro, perché l'acqua attraversa i 483 metri di onde bianche che delineano la costruzione dell'architetto valenciano (costata 79 milioni di euro, per 14.000 tonnellate di acciaio, una volta e mezzo il peso della Tour Eiffel). Sarà perché gli operai non hanno isolato i vetri col silicone, e si è preferito far partire subito la stazione, dicono gli ingegneri del comune.
MASSIMILIANO FUKSAS SANTIAGO CALATRAVA Ma mentre le Ferrovie dello Stato si sono precipitate a dichiarare che l'incidente "non ha a che fare con un problema strutturale", lui, l'architetto dal cognome profetico alla cerimonia d'inaugurazione ripeteva sereno "io sono solo un piccolo ingranaggio orgoglioso dello spirito che avete avuto".
Lo spirito è tutto, per questo architetto-ingegnere per il quale "le pure tecniche non bastano da sole, sono il vassoio di cui si serve il lirismo". Ed è per questo, forse, che la sua fama ormai è legata alla scarsa tenuta degli edifici e alla sua abilità a far raddoppiare i bilanci (pare che in Spagna a sentire il suo nome ci sia un fuggi fuggi tra i sindaci).
Santiago Calatrava Lo scorso marzo, la Generalitat, l'ente regionale della Comunità valenciana, ha riscontrato difetti strutturali nella copertura del Palazzo delle arti e della scienza di Valencia, costato 6 milioni di euro. Nel 2006 è la volta del crollo delle gradinate del Palazzo dei Congressi di Oviedo, per il quale la magistratura ha condannato Calatrava a una multa da 3,2 milioni di euro, causa "patologie tecniche".
Persino a Gerusalemme, città dell'anima, il suo Ponte delle corde, una struttura imponente a forma di Arpa di re di Davide utilizzata per il transito di una metropolitana leggera, è stata al centro di feroci polemiche, mentre lui spiegava tranquillo di non essere sicuro che "il ponte avrebbe retto al peso della ferrovia".
In Italia, dove Calatrava è una star bipartisan - l'immagine del Ponte sull'autostrada, sempre a Reggio Emilia, è stata concessa dal Comune sia a Fabio Filippi del Pdl che alla festa nazionale del Pd, provocando una lite - il suo nome è celebre per la spettacolare vicenda del Ponte della Costituzione di Venezia, costi lievitati da 4 milioni a 10, per il quale l'architetto è stato citato in giudizio per il 13 novembre dalla Corte dei Conti, che ha chiesto un risarcimento di oltre 1 milione.
il ponte di calatrava a Venezia Carenze progettuali, cadute dei passanti, decine di cause al Comune per indennizzi da insidia. Secondo i periti "il modello matematico" non sarebbe idoneo. Per gli imprenditori che ci hanno lavorato, è stata una vera "maledizione". Calatrava era perso nel dubbio: "La Cappella Sistina è un'architettura o un dipinto?".

Più sicure, e meno a rischio crolli, le opere mai iniziate o finite, come la struttura al servizio di un porto turistico a Salerno. O la Città dello Sport di Tor Vergata, due coperture a forma di conchiglia dal costo di 608 milioni - 200 già spesi - di cui Alemanno celebrava la conclusione in vista delle Olimpiadi di Roma del 2020. "Dopo il Ponte di Bilbao, diventato meta turistica e che lo ha reso famoso, non ha fatto nulla di rilevante", dice l'architetta Eleonora Carrano, che trova la stazione di Reggio Emilia "un plissettato orrendo, di una scenicità sguaiata". E che punta il dito contro "un'architettura spettacolar-cafona, come tutta quelle delle archistar, molto onerosa e soprattutto ormai fuori tempo, vista la crisi che richiederebbe strutture più eleganti ed economiche".
stazione mediopadana a reggio emilia Sarebbe meglio ricordarlo al ministro per gli Affari regionali, Graziano Delrio, che all'inaugurazione della stazione Tav Mediopadana filosofeggiava: "Non sono le strutture o i grandi monumenti a fare le città ma le comunità. Ma questa grande opera ci dice che attraverso le strutture le comunità possono mettere in moto le proprio intelligenze e i territori posso o riscattarsi". Per tutto il resto, ci penserà la Provvidenza. Oppure la Corte dei Conti.
 

braga

Forumer storico
La domanda di questi mesi è sempre la stessa: la tensione montante tra euro-periferia e Berlino spingerà la Germania prima o poi ad abbandonare l’euro?


Teorie forse inverosimili vorrebbero che il governo tedesco sia in possesso di un piano B, consistente nel lasciare l’euro e tornare al marco oppure creare un super-euro del Nord, sganciandosi dai Piigs.

Crisi dell’euro Germania: le strade di Berlino

Ma ai tedeschi conviene tornare al marco o costruire una valuta solo dei virtuosi nordici? La risposta più immediata è no. Perché l’euro ha consentito all’allora ormai asfittica locomotiva d’Europa di beneficiare di una moneta comune di valore inferiore a quello del vecchio caro marco, consentendole di ottenere un beneficio in termini di competitività e di fare volare il suo export sia nei confronti degli altri stati dell’Eurozona, sia verso il resto del mondo.
Ma c’è un’altra considerazione ancora più immediata. Se la Germania lasciasse l’euro, quale che sia la sua nuova valuta, essa sarebbe più forte dell’attuale moneta unica, si calcola anche del 40%. Ciò impatterebbe negativamente sul valore dei crediti denominati in euro verso il resto dell’attuale Eurozona e che uno studio di HI Numen Credit Fund ha calcolato in 750 miliardi, pari al 28% del pil tedesco. Si tratta dei prestiti concessi da Berlino alla Grecia, Irlanda, Portogallo, Spagna e Cipro, attraverso la partecipazione ai meccanismi di salvataggio dell’Efsf-ESM. A ciò si aggiungono anche la quota in capo alla Bundesbank, riguardante i titoli di stato Piigs acquistati dalla BCE e il cui credito vantato dalla banca centrale tedesca è pari al 19% del totale, ossia alla sua partecipazione nel capitale dell’Eurotower e i crediti concessi dalle banche commerciali tedesche a imprese oltre i confini della Germania . E ancora ci sono i crediti Ela (Emergency Liquidity Assistance), cioè liquidità fornita alle banche centrali in difficoltà in situazioni di emergenza. Il conto solo a carico dell’economia tedesca sarebbe, appunto, di 750 miliardi, senza contare la rovina a cui andrebbero incontro gli investitori tedeschi che hanno puntato i loro quattrini nel resto dell’unione monetaria, attraverso investimenti diretti (azioni, obbligazioni, acquisti immobiliari, etc).
Pertanto, lo scenario più credibile sarebbe quello di una Germania costretta solo ad abbaiare, ma senza poter mordere. Certo, c’è anche chi ha sostenuto nei mesi passati che Berlino avrebbe già preso in considerazione questi aspetti negativi di una sua eventuale fuoriuscita dall’euro, ma che li avrebbe bilanciati con l’altro grande effetto positivo, ossia di potere acquistare banche e imprese straniere con pochi spiccioli, per via della forte rivalutazione della sua moneta verso le altre valute dell’Eurozona o verso l’euro stesso, se rimanesse in piedi.

Italia e Germania: un solo destino

Da queste considerazioni, tuttavia, emerge un problema di calcolo del rischio finora poco attenzionato. I credit default swaps italiani, ossia i titoli che assicurano dal rischio default dell’Italia, segnalano una probabilità di fallimento del Bel Paese del 20% entro i prossimi 5 anni, a fronte di un appena 2,5% della Germania. Tuttavia, se è vero che il fallimento dell’Italia avrebbe effetti nefasti anche per l’economia teutonica, allora tale rischio andrebbe valutato a carico della Germania intorno all’11%, in quanto correlato al rischio default italiano.
In altri termini, i mercati starebbero eccessivamente penalizzando i BoT e BTp e premiando con altrettanto eccesso i Bund. In termini più razionali, i rendimenti dei primi dovrebbero scendere, mentre quelli dei secondi dovrebbero salire, restringendosi gli spread per le varie scadenze.
Cosa significa questo, che l’Italia potrebbe anche sforare i parametri fiscali concordati con Bruxelles, senza rischiare di potere essere sanzionata, in quanto i suoi guai si riverserebbero parimenti sulla Germania? Non esattamente. Il patto implicito tra gli stati e, però, molto complesso da rispettare e implica che ciascuno faccia bene i compiti a casa propria, attuando le riforme strutturali e risanando i conti pubblici. Solo in cambio di ciò, i tedeschi potrebbero nel medio-lungo termine accettare meccanismi più integrativi sul piano delle economie, come l’unione bancaria e fiscale. Forse, nessuno ha il coraggio di dirlo, perché provocherebbe la reazione indesiderata dei “virtuosi”, ma la soluzione di lungo termine non potrà che essere la mutualizzazione dei debiti (Eurobond), in cambio di una disciplina fiscale vigilata dalle istituzioni europee e certa. Tranne che non si accetti davvero il rischio di una fine dell’euro. 19 giugno 2013, ore 16:23


 

Baro

Umile contadino
Sergio ci sei? Oggi sono veramente nel casino totale, organizzazione di 2 feste paesane, 2 associazioni da condurre, 1 appena nascente, corrieri, telefono...:help:
Mi avevi chiesto qualcosa?
 

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