Fleursdumal
फूल की बुराई
Son riuscito a ritrovare alcuni articoli de LaRepubblica usciti sull'argomento in quei giorni :
la Repubblica - Domenica, 18 ottobre 1987 - pagina 55
di ENRICO FRANCESCHINI
Dopo il crollo di venerdì la Borsa si prepara a riaprire i battenti. Baker: "Niente panico"
LA PAURA DI WALL STREET
Gli esperti temono la fuga dei risparmiatori
DOPO il venerdì nero più brutto della sua storia, Wall Street adesso ha paura di un lunedì nero anche più terribile: gli analisti temono che milioni di piccoli risparmiatori, titolari di miliardi di dollari di investimenti in fondi comuni, si lascino contagiare dal panico durante il fine settimana, e che domani, alla riapertura dei mercati, telefonino ai loro agenti di borsa, ai manager dei loro portafogli, con l' ordine di vendere. Il vicepresidente di una grossa banca d' investimenti riassume questa grande paura con una tipica espressione gergale: I smell blood on the street, sento odore di sangue in strada: strada che, non c' è bisogno di specificare, è ovviamente Wall Street. Nella sola giornata di venerdì, la borsa newyorchese ha perso quota per un valore totale di 145 miliardi di dollari (circa 200 mila miliardi di lire), secondo l' indice Wilshire, che misura l' andamento di oltre 5000 titoli. E dallo scorso 25 agosto, quando l' indicatore Dow Jones (che misura le 30 blue-chips più forti del mercato) toccò il suo apice, la borsa ha perso 486 miliardi di dollari, pari a 650 mila miliardi di lire. La perdita di 108 punti registrata venerdì (la più alta in assoluto per una singola giornata) equivale in percentuale ad un declino del 4,6 per cento, il sesto più grosso del dopoguerra. Per l' intera settimana, il calo è anche più vistoso, 235 punti, pari al 9,49 per cento, che segna un altro record negativo, il maggiore ribasso settimanale dal 1945 ad oggi. Uno sbalzo che si avvicina, per dimensioni e gravità, a quello del 12,82 per cento di un altro lunedì nero, nell' ottobre 1929, quando il crollo di Wall Street aprì la Grande Depressione. Non sempre la caduta della borsa significa una crisi economica (anche se spesso la anticipa di alcuni mesi); ma non c' è dubbio che il terremoto di questi giorni ha dimensioni preoccupanti. La borsa di New York si era abituata da un paio di anni a sussulti di 40 o 50 punti, in parte favoriti da programmi di compravendita computerizzati, che venerdì hanno contribuito a portare il volume delle azioni scambiate ad un nuovo massimo: 338 milioni. Molti autorevoli osservatori ritengono però che l' economia Usa sia oggi infinitamente più sofisticata e stabile di mezzo secolo or sono, e che una crisi non sarà né imminente né del livello della Grande Depressione degli anni 30. L' economia americana rimane in stato di discreta salute; i profitti societari sono forti, l' inflazione cresce ma a ritmo modesto. E nonostante la spettacolare caduta degli ultimi due mesi, bisogna ricordare che il Dow cominciò il 1987 a quota 1900, per cui la chiusura di venerdì rappresenta pur sempre un aumento del 18 per cento su base annua. In questi cinque anni di ascesa, l' indice ha guadagnato il 250 per cento. Non bisogna farsi prendere dal panico ha dichiarato in un' intervista televisiva il ministro del Tesoro James Baker, è un grosso calo, certo, ma da un livello estremamente alto. Gli esperti predicevano da tempo una correzione. Se sarà solo una correzione, una pausa prima che il Toro riprenda la sua corsa, o se sia l' avvento del pessimismo, dell' Orso, a Wall Street, è uno sviluppo che dipende in parte da ciò che la Riserva Federale deciderà nei prossimi giorni. Gira con insistenza la voce che la banca centrale Usa si prepara ad aumentare di nuovo il tasso di sconto, scatenando un' ascesa dei tassi d' interesse che influirebbe negativamente sulla borsa. E intanto un' altra fonte dell' amministrazione Reagan ha smentito al Washington Post che gli Usa intendano forzare ad ogni costo un ulteriore calo del dollaro, per risollevare il deficit commerciale, ma ha anche avvertito minacciosamente la Germania Federale che gli Stati Uniti non intendono seguire Bonn sulla strada della deflazione. L' accordo sull' equilibrio valutario raggiunto dalle potenze occidentali al palazzo del Louvre rischia così di saltare, con una nuova, imprevedibile discesa della divisa Usa.
la Repubblica - Domenica, 18 ottobre 1987 - pagina 55
di ENRICO FRANCESCHINI
Dopo il crollo di venerdì la Borsa si prepara a riaprire i battenti. Baker: "Niente panico"
LA PAURA DI WALL STREET
Gli esperti temono la fuga dei risparmiatori
DOPO il venerdì nero più brutto della sua storia, Wall Street adesso ha paura di un lunedì nero anche più terribile: gli analisti temono che milioni di piccoli risparmiatori, titolari di miliardi di dollari di investimenti in fondi comuni, si lascino contagiare dal panico durante il fine settimana, e che domani, alla riapertura dei mercati, telefonino ai loro agenti di borsa, ai manager dei loro portafogli, con l' ordine di vendere. Il vicepresidente di una grossa banca d' investimenti riassume questa grande paura con una tipica espressione gergale: I smell blood on the street, sento odore di sangue in strada: strada che, non c' è bisogno di specificare, è ovviamente Wall Street. Nella sola giornata di venerdì, la borsa newyorchese ha perso quota per un valore totale di 145 miliardi di dollari (circa 200 mila miliardi di lire), secondo l' indice Wilshire, che misura l' andamento di oltre 5000 titoli. E dallo scorso 25 agosto, quando l' indicatore Dow Jones (che misura le 30 blue-chips più forti del mercato) toccò il suo apice, la borsa ha perso 486 miliardi di dollari, pari a 650 mila miliardi di lire. La perdita di 108 punti registrata venerdì (la più alta in assoluto per una singola giornata) equivale in percentuale ad un declino del 4,6 per cento, il sesto più grosso del dopoguerra. Per l' intera settimana, il calo è anche più vistoso, 235 punti, pari al 9,49 per cento, che segna un altro record negativo, il maggiore ribasso settimanale dal 1945 ad oggi. Uno sbalzo che si avvicina, per dimensioni e gravità, a quello del 12,82 per cento di un altro lunedì nero, nell' ottobre 1929, quando il crollo di Wall Street aprì la Grande Depressione. Non sempre la caduta della borsa significa una crisi economica (anche se spesso la anticipa di alcuni mesi); ma non c' è dubbio che il terremoto di questi giorni ha dimensioni preoccupanti. La borsa di New York si era abituata da un paio di anni a sussulti di 40 o 50 punti, in parte favoriti da programmi di compravendita computerizzati, che venerdì hanno contribuito a portare il volume delle azioni scambiate ad un nuovo massimo: 338 milioni. Molti autorevoli osservatori ritengono però che l' economia Usa sia oggi infinitamente più sofisticata e stabile di mezzo secolo or sono, e che una crisi non sarà né imminente né del livello della Grande Depressione degli anni 30. L' economia americana rimane in stato di discreta salute; i profitti societari sono forti, l' inflazione cresce ma a ritmo modesto. E nonostante la spettacolare caduta degli ultimi due mesi, bisogna ricordare che il Dow cominciò il 1987 a quota 1900, per cui la chiusura di venerdì rappresenta pur sempre un aumento del 18 per cento su base annua. In questi cinque anni di ascesa, l' indice ha guadagnato il 250 per cento. Non bisogna farsi prendere dal panico ha dichiarato in un' intervista televisiva il ministro del Tesoro James Baker, è un grosso calo, certo, ma da un livello estremamente alto. Gli esperti predicevano da tempo una correzione. Se sarà solo una correzione, una pausa prima che il Toro riprenda la sua corsa, o se sia l' avvento del pessimismo, dell' Orso, a Wall Street, è uno sviluppo che dipende in parte da ciò che la Riserva Federale deciderà nei prossimi giorni. Gira con insistenza la voce che la banca centrale Usa si prepara ad aumentare di nuovo il tasso di sconto, scatenando un' ascesa dei tassi d' interesse che influirebbe negativamente sulla borsa. E intanto un' altra fonte dell' amministrazione Reagan ha smentito al Washington Post che gli Usa intendano forzare ad ogni costo un ulteriore calo del dollaro, per risollevare il deficit commerciale, ma ha anche avvertito minacciosamente la Germania Federale che gli Stati Uniti non intendono seguire Bonn sulla strada della deflazione. L' accordo sull' equilibrio valutario raggiunto dalle potenze occidentali al palazzo del Louvre rischia così di saltare, con una nuova, imprevedibile discesa della divisa Usa.