Spesi 50 centesimi...ho preso un piattino Capodimonte, no Ginori, probabile IPA, il marchio anni 1925-1967, personalmente presumo anni 40/50 + 2 tazzine marchio Manifattura di Signa, presumo anno 1950...
Il novecento segnò invece l'inizio della produzione artigianale di ceramiche e terrecotte. Importante fu infatti la fondazione della
Manifattura di Signa che dagli inizi del secolo appena passato fino alla fine del
secondo dopoguerra diede vita ad una crescente e costante economia artigianale. L'attività produttiva ebbe inizio nel
1895 per opera di Angelo e Camillo Bondi, che ripresero già il lavoro svolto in precedenza nella
Società fornace di Signa appartenuta al primo dei due fratelli.
La posizione occupata dalla fabbrica a Signa nella zona de
La Costa che si trova nei pressi del fiume
Arno, fu sostanzialmente strategica vista la vicinanza con la stazione ferroviaria e quindi con la possibilità di trasportare più velocemente le merci in città come
Pisa o
Livorno.
Se i primi modelli consistevano in calchi di sculture celebri, nel corso di pochi anni la Manifattura signese riuscì ad ampliare la propria produzione presentando una serie di arredi per il giardino che ottennero un importante successo nelle esposizioni del
1896 e
1897 presso la
Festa dell'arte e dei fiori a
Firenze. Proprio queste mostre, di rilievo internazionale, permisero ai fratelli Bondi di lanciare i propri prodotti su vasta scala: numerose furono le partecipazioni a varie mostre, come quella del
1898 a
Torino (nel'
Esposizione generale di Torino) e vari furono gli ammiratori di tali opere che strinsero un forte legame di amicizia con i fratelli Bondi, come
Gabriele D'Annunzio e
Giacomo Puccini. Lo stesso poeta fu ospite per molte volte dei fratelli Bondi a Signa e acquistò vari oggetti d'arredo per la sua villa di
Settignano. In particolar modo erano presenti riproduzioni di sculture di arte greca e arte rinascimentale, perfettamente abbinate tra loro, che testimoniavano quanto fosse importante per il poeta il proprio spirito di trasformazione psichica a cui si riferiva come principale obiettivo nelle sue opere a cavallo tra l'
Ottocento e il
Novecento[36].
Per la Manifattura di Signa fu importante la produzione di opere che riuscivano a coniugare l'arte classica e rinascimentale con quella più moderna. Ciò le valse ottime critiche e apprezzamenti da parte di giornalisti dell'epoca durante le varie mostre cui partecipava.
Furono fatte importanti commissioni da parte del tenore
Enrico Caruso, che si valse a lungo delle opere dell'artista
Giuseppe Santelli per la sua villa situata nelle vicinanze di Signa.
Della Manifattura di Signa venne scritto:
«
Conoscete quelle affascinanti imitazioni di ogni sorta di antichità realizzate con una terracotta particolarmente dura e resistente? C'è qui una Manifattura che ha il suo stabilimento a Signa, la cui produzione è perfetta persino nelle tonalità, nel colore e nel suono del bronzo! Fra i suoi più recenti successi c'è Perseo che ha ingannato parecchi conoscitori. E vi sono angeli, Madonne, busti, vasi, caminetti, portali, ninnoli, così numerosi da non poterli menzionare»
(Marion Henry Speilmann
[37])
Non furono risparmiate, però, alcune dure critiche come avvenne durante l'
Esposizione Mondiale di Sant Louis ove una piccola rappresentanza italiana fece parte subendo aspri commenti. Ma proprio attraverso questo tipo di mostre che la Manifattura di Signa riuscì a mostrarsi al pubblico internazionale tanto che numerose personalità di spicco a
Washington richiesero le opere della manifattura per le proprie sontuose ville
[36].
Con la morte di
Camillo Bondi nel
1929, però, iniziò il periodo discendente della produzione della manifattura e conseguì poi al definito declino. Ciò fu dovuto ad un susseguirsi di varie gestioni che, pur riprendendo le tecniche dei fratelli Bondi, non ottennero grande successo. Dopo circa un decennio dalla morte del fondatore, nel giugno del
1940 la produzione passò alle famiglie Fantacci e Montecchi, che cercarono di risollevare la situazione economica della Manifattura con discreti successi i quali, nonostante tutto, non migliorarono la situazione. Tra il
1947 e
1952, passando alla contessa Pallavicini di
Roma, si tentò un riammodernamento degli stabilimenti, che non ebbe effetti positivi: molti degli immobili della Manifattura dovettero essere venduti. Per questa situazione economica precaria la Manifattura di Signa fu costretta a chiudere nel 1952.