Fonti più tarde narrano che nel
642 il generale
ʿAmr b. al-ʿĀṣ, comandante delle truppe arabe che avevano appena conquistato l'Egitto, distrusse la biblioteca di Alessandria e i libri in essa contenuti su ordine del
califfo ʿOmar.
ʿAbd al-Laṭīf al-Baghdādī (1162–1231) - lontanissimo di oltre mezzo millennio rispetto ai tempi del preteso evento - afferma che la biblioteca fu distrutta da ʿAmr, su ordine del secondo Califfo ʿOmar.
[6]
Il racconto - secondo il consueto uso di riproporre o
epitomizzare quanto scritto da storici musulmani delle prime generazioni - è ripetuto anche da
al-Qifti (1172-1248) nella sua
Storia degli Uomini Dotti: si ritiene che sia questo il testo su cui Bar Hebraeus basò la sua versione della storia.
[7]
La più lunga versione del racconto è rintracciabile nella
Historia Compendiosa Dynastiarum, opera dell'autore
siriano di religione cristiana
Barebreo (1226-1286), anche noto come Abū l-Faraj. L'opera (ancora più tarda di quella di fu tradotta in arabo e fu integrata da materiale proveniente da fonti arabe, come si è specificato precedentemente. Nel testo
[8] racconta che un non meglio identificato "Ioannes Grammaticus" chiese ad ʿAmr che fare con i "libri nella biblioteca reale". ʿAmr scrisse a ʿOmar per averne istruzioni e "Il califfo rispose: «In quei libri o ci sono cose già presenti nel
Corano, o ci sono cose che del Corano non fanno parte: se sono presenti nel Corano sono inutili, se non sono presenti allora sono dannose e vanno distrutte». Gli Arabi perciò bruciarono i libri per alimentare le caldaie dei bagni per i soldati ed essi bastarono per sostenere il fuoco per sei mesi