AMA SENZA CHIEDERE. ASCOLTA SENZA GIUDICARE. CHIEDI SENZA PRETENDERE. SE POI RIESCI

Credo siano stati i peggiori 8 anni di amministrazione ,,,,,e quando ripenso al nobel per la pace .........


Il vero segreto delle ultime rivelazioni di Wikileaks non sono le diavolerie hi-tech della Cia già immaginate, peraltro, nei film di James Bond.

Il vero segreto nascosto in quelle 7818 pagine sono le conseguenze della privatizzazione dell'intelligence voluta dall'amministrazione Obama.

Una privatizzazione che ha messo l'intelligence statunitense nelle mani di un ristretto gruppo di aziende trasformandola in un ingestibile paradosso.
Il cui simbolo più eclatante è una Cia nata per tutelare i segreti dell'America, ma incapace ormai di proteggere persino i segreti dei propri laboratori.
Dietro le fantascientifiche sperimentazioni del «Direttorato dell'Innovazione Digitale» (Ddi) di Langley
messe in piazza da Wikileaks aleggia il problema, molto più serio, dell'intelligence outsourcing,
ovvero l'appalto dei settori tecnologicamente più evoluti dello spionaggio a compagnie private.
Il processo, iniziato già dopo l'11 settembre, ha raggiunto proporzioni senza precedenti nell'era Obama.

Secondo rivelazioni risAlenti al 2015 l'intelligence outsourcing rappresentava già due anni fa
una torta da 16 miliardi di dollari, capace di dar lavoro ad oltre 45mila dipendenti privati.
Ma l'intrinseca pericolosità del sistema sviluppato e incoraggiato dall'amministrazione democratica
è legato alla concentrazione di questo affare nelle mani di una ristretta elite di grandi aziende.

Secondo il giornalista e scrittore Tim Shorrock autore di «Spies for Hire: The Secret World of Intelligence Outsourcing»
(Spie in affitto, il mondo segreto dell'intelligence su appalto) nell'era di George W. Bush la torta era molto più contenuta
e andava spartita tra un numero molto ampio di piccole e medie aziende dell'hi-tech e della Difesa.
Oggi, invece, l'80 per cento di una torta diventata pluri-miliardaria è controllata
da Leidos, Booz Allen Hamilton, Csra, Saic e Caci International, cinque super aziende trasformatesi nei numi tutelari della sicurezza americana.

Nei palazzi e nei centri di ricerca di questi colossi, su cui il governo federale ha un controllo ormai limitato,
si celano rivalità e invidie, frustrazioni e avidità capaci d'indurre dirigenti o semplici dipendenti
a mettere l'interesse aziendale e personale al di sopra di quello statale.
O più banalmente a utilizzare i segreti con cui vengono a contatto quotidianamente come strumento di rivalsa economica o personale.

Alle dipendenze di Booz Allen Hamilton, una delle cinque «grandi», lavorava, dopo il congedo dalla Cia,
Edward Snowden, la talpa informatica fuggita a Mosca nel 2013 dopo aver svelato a Wikileaks
i programmi per le intercettazioni telefoniche e la sorveglianza internet su scala globale.
E non a caso fonti dell'intelligence citate ieri dal New York Post ammettono che dietro
le devastanti rivelazioni di Wikileaks non c'è «il lavoro di una potenza ostile come la Russia, ma quello di un insider scontento».
 
Queste sono le "buffonarie".

Quello della democrazia diretta e partecitata resta un sogno per Beppe Grillo.

Lo dimostra - ancora una volta - la vicenda di Doride Falduto che, come racconta Repubblica,
correrà per i Cinque Stelle per la poltrona di sindaco di Monza.

Anche se a votare per lei alle primarie online sono state appena 20 persone.
Ma tant'è: la 37enne praticante avvocato ha superato i suoi concorrenti Giovanni Danilo Sindoni (17 voti)
Gino Lammendola (8), Cruciano Nasca (8), Aurelio Camporeale (6), Paolo Piazza (6) e Michele De Carlo (appena uno).

Alla fine, insomma, alle primarie online hanno votato 66 persone.
Sono decisamente pochine per una città che conta quasi 123mila abitanti...
 
Impossibile non chiamarle "buffonarie".

L'attuale sindaco di una primaria città, ne prese 1600 di voti.....su 2.600.000 abitanti.
ed i risultati sono sotto l'occhio di tutti.
 
Per Alessandro Di Battista vivere bene a Roma, peraltro la città dove già viveva,
con lo stipendio parlamentare autoridotto a 3mila euro non è affatto difficile.

Anche perché in realtà ne guadagna di più, come gli altri «cittadini portavoce» del M5s.
Se il movimento di Grillo è l'unico a restituire meritoriamente parte degli emolumenti (20,5 milioni restituiti finora),
la verità sulle buste paga degli onorevoli grillini è un po' diversa dalla sbandierata modestia francescana.

Si è preso la briga di fare un calcolo approfondito Lorenzo Andraghetti, ex collaboratore parlamentare del M5s
(era assistente del deputato Paolo Bernini, che poi lo cacciò «perché non ero vegano», racconta lui).
«Odio fare i conti in tasca altrui ma ho letto troppe imprecisioni in questi giorni sul tema dello stipendio dei parlamentari del M5S - scrive su Facebook -.
All'epoca in cui lavoravo come collaboratore, quelle rendicontazioni le compilavo personalmente. So come funziona il giochino».

L'ex attivista, poi espulso dal M5s, spiega su Lettera43 il «giochino» degli stipendi grillini,
il cui importo lordo va decurtato della somma delle restituzioni mensili,
ma a cui vanno aggiunte svariate voci accessorie che però vengono dimenticate
quando si chiede conto ai parlamentari M5s di quanto guadagnino
(Di Battista si inventò addirittura un dialogo con la madre, incredula dopo aver sentito in tv
che il figlio guadagnava 10mila euro al mese, salvo poi sentirsi rispondere dal suo Dibba
che era una frottola inventata da Renzi: «Ah, peccato, e io che per un attimo ci avevo pure creduto»).

Diecimila euro di stipendio no, ma neppure solo tremila. Perchè?

Prendiamo l'esempio di Di Maio, rendiconti pubblici alla mano.
«Di Maio riceve entrate sul suo conto corrente per 60 mila 960 euro (stipendio netto),
oltre a 99 mila 892,38 euro di rimborsi forfettari.
Le uscite documentate sono relative esclusivamente ai bonifici da lui fatti, ovvero i 25 mila 122,32 euro all'anno
restituiti per scelta politica dal M5s e poi la quota che il deputato usa per pagare gli assistenti, che ammonta a 44 mila 280 euro annui.
Entrate meno uscite (60.960 +99.892,38 -25.122,32 -44.280) fanno 91 mila 450 euro all'anno. Cioè 7.620 al mese.
Questa è la cifra reale con la quale Di Maio (ma non solo) vive a Roma e che dovrebbe dichiarare quando va in televisione,
al posto dei 3 mila euro netti gridati ai quattro venti pubblicamente».

Per l'altro centravanti dell'attacco M5s, Alessandro Di Battista, a fronte di restituzioni più alte,
lo stipendio è più basso di quello del collega, ma comunque più alto dei famosi 3mila euro: ovvero 5.462 euro al mese.

Mentre un altro big come Roberto Fico, presidente della commissione di Vigilanza Rai,
il calcolo sulle entrate e uscite documentate porta Andraghetti a stimare «al netto di tutto, 6.888 euro al mese».

Sul rimborso forfettario che ricevono i parlamentari, compresi quelli del M5s, per le spese quotidiane,
va tenuto conto che «treni, autobus e aerei sono gratis per i deputati», e quindi «chi inserisce nei capitoli di spesa queste voci, ci sta marciando».
Così pure dichiara spese telefoniche per centinaia di euro mensili, quando è un gioco da ragazzi trovare offerte tutto compreso da 20 euro mensili:
«Chi supera questa cifra è probabile quindi che stia gonfiando le spese».

Il succo dell'analisi è che a guadagnare solo 3mila euro reali al mese sia una minoranza degli onorevoli e senatori M5s.
Tutti gli altri molto di più. Il record però ha un nome e cognome preciso: Francesco Cariello, deputato M5s, from Puglia.
«Cariello è quello che ha restituito meno in assoluto di tutti i parlamentari grillini da inizio legislatura, ma che vive con una media mensile di 8.123 euro».
 
Per Alessandro Di Battista vivere bene a Roma, peraltro la città dove già viveva,
con lo stipendio parlamentare autoridotto a 3mila euro non è affatto difficile.

Anche perché in realtà ne guadagna di più, come gli altri «cittadini portavoce» del M5s.
Se il movimento di Grillo è l'unico a restituire meritoriamente parte degli emolumenti (20,5 milioni restituiti finora),
la verità sulle buste paga degli onorevoli grillini è un po' diversa dalla sbandierata modestia francescana.

Si è preso la briga di fare un calcolo approfondito Lorenzo Andraghetti, ex collaboratore parlamentare del M5s
(era assistente del deputato Paolo Bernini, che poi lo cacciò «perché non ero vegano», racconta lui).
«Odio fare i conti in tasca altrui ma ho letto troppe imprecisioni in questi giorni sul tema dello stipendio dei parlamentari del M5S - scrive su Facebook -.
All'epoca in cui lavoravo come collaboratore, quelle rendicontazioni le compilavo personalmente. So come funziona il giochino».

L'ex attivista, poi espulso dal M5s, spiega su Lettera43 il «giochino» degli stipendi grillini,
il cui importo lordo va decurtato della somma delle restituzioni mensili,
ma a cui vanno aggiunte svariate voci accessorie che però vengono dimenticate
quando si chiede conto ai parlamentari M5s di quanto guadagnino
(Di Battista si inventò addirittura un dialogo con la madre, incredula dopo aver sentito in tv
che il figlio guadagnava 10mila euro al mese, salvo poi sentirsi rispondere dal suo Dibba
che era una frottola inventata da Renzi: «Ah, peccato, e io che per un attimo ci avevo pure creduto»).

Diecimila euro di stipendio no, ma neppure solo tremila. Perchè?

Prendiamo l'esempio di Di Maio, rendiconti pubblici alla mano.
«Di Maio riceve entrate sul suo conto corrente per 60 mila 960 euro (stipendio netto),
oltre a 99 mila 892,38 euro di rimborsi forfettari.
Le uscite documentate sono relative esclusivamente ai bonifici da lui fatti, ovvero i 25 mila 122,32 euro all'anno
restituiti per scelta politica dal M5s e poi la quota che il deputato usa per pagare gli assistenti, che ammonta a 44 mila 280 euro annui.
Entrate meno uscite (60.960 +99.892,38 -25.122,32 -44.280) fanno 91 mila 450 euro all'anno. Cioè 7.620 al mese.
Questa è la cifra reale con la quale Di Maio (ma non solo) vive a Roma e che dovrebbe dichiarare quando va in televisione,
al posto dei 3 mila euro netti gridati ai quattro venti pubblicamente».

Per l'altro centravanti dell'attacco M5s, Alessandro Di Battista, a fronte di restituzioni più alte,
lo stipendio è più basso di quello del collega, ma comunque più alto dei famosi 3mila euro: ovvero 5.462 euro al mese.

Mentre un altro big come Roberto Fico, presidente della commissione di Vigilanza Rai,
il calcolo sulle entrate e uscite documentate porta Andraghetti a stimare «al netto di tutto, 6.888 euro al mese».

Sul rimborso forfettario che ricevono i parlamentari, compresi quelli del M5s, per le spese quotidiane,
va tenuto conto che «treni, autobus e aerei sono gratis per i deputati», e quindi «chi inserisce nei capitoli di spesa queste voci, ci sta marciando».
Così pure dichiara spese telefoniche per centinaia di euro mensili, quando è un gioco da ragazzi trovare offerte tutto compreso da 20 euro mensili:
«Chi supera questa cifra è probabile quindi che stia gonfiando le spese».

Il succo dell'analisi è che a guadagnare solo 3mila euro reali al mese sia una minoranza degli onorevoli e senatori M5s.
Tutti gli altri molto di più. Il record però ha un nome e cognome preciso: Francesco Cariello, deputato M5s, from Puglia.
«Cariello è quello che ha restituito meno in assoluto di tutti i parlamentari grillini da inizio legislatura, ma che vive con una media mensile di 8.123 euro».
25000 euro l'anno restituiti sono già tanta roba. Lo facessero anche gli onorevoli degli altri partiti sarebbe ancora meglio
 

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