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riky2013

Forumer attivo
Il quasi default dell’Argentina non spaventa i mercati e i bond recuperano
Le obbligazioni argentine stanno recuperando da settimane, malgrado il dibattito in corso a Buenos Aires per ristrutturare il debito estero. Gli investitori sembrano avere un eccesso di fiducia sull'esito dell'operazione.
di Giuseppe Timpone , pubblicato il 08 Gennaio 2020 alle ore 15:02
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L’Argentina sta procedendo a una ennesima ristrutturazione del suo debito sovrano su titoli per circa 100 miliardi di dollari. Con l’arrivo alla presidenza di Alberto Fernandez, lo spettro di un terzo default dal 2001 si è materializzato, anche se il ministro dell’Economia, Martin Guzman, ha rassicurato che il governo non avrebbe intenzione di effettuare alcun “haircut”, optando per l’allungamento delle scadenze e l’eventuale taglio delle cedole, sostenendo che Buenos Aires abbia un problema di liquidità e non di sostenibilità del debito, sebbene la mancata soluzione dei problemi economici rischi di portare allo scenario peggiore.




Sta di fatto che dopo essere crollati fino a novembre/dicembre, le obbligazioni in dollari dell’Argentina stanno recuperando. Il bond con scadenza nel 2028 e cedola 5,875% (ISIN: US040114HQ69) è passato da 35 a poco meno di 44; il bond sink con scadenza nel 2033 e cedola 7,82% (ISIN: XS0205545840) ha esibito un rally anche più marcato, risollevandosi dai 45 centesimi a cui era sprofondato e arrivando ai 58 di queste ore. E lo step-up 2038 (ISIN: XS0501195993) prezza oggi 43,4, in recupero dai 37 centesimi minimi toccati. Infine, il bond secolare quota sopra 47, dai 37,5 di metà novembre.

I creditori dell’Argentina faranno i conti con quest’uomo, bond in ripresa

Il mercato starebbe scontando, quindi, l’ipotesi migliore, vale a dire un “roll-over” di circa un paio di anni e semmai la sospensione temporanea dei pagamenti per le cedole. Ma il rischio che gli investitori si stiano mostrando un po’ troppo ottimisti è forte. Oltre a ristrutturare i titoli in dollari ed euro collocati sui mercati internazionali, Buenos Aires dovrà rinegoziare anche i 57 miliardi di dollari di maxi-prestito varato nel 2018 dal Fondo Monetario Internazionale, di cui circa 44 miliardi già sborsati. E l’FMI avallerà la ristrutturazione dei suoi crediti, a patto che prima subiscano le perdite gli investitori privati.

Rischio di perdite più pesanti sui bond
Non solo. L’istituto di Washington difficilmente potrà accettare di vedersi rimborsato dopo anni e magari a tassi d’interesse più bassi per quello che il governo argentino considera essere un semplice problema di liquidità.


Dunque, se accetterà la rinegoziazione dei prestiti, lo farà solo se Buenos Aires imporrà una decisa tagliola ai creditori privati, che arriverebbe a tradursi nel temutissimo taglio del valore nominale dei bond. In alternativa, le scadenze verrebbero allungate di parecchi anni e nel frattempo le cedole anch’esse verrebbero o sospese del tutto o abbassate. A tale proposito, si vocifera di un roll-over di 10 anni.


A farne le spese sarebbero, in particolare, i titoli con durata più breve, perché è evidente che una cosa sarebbe allungare la scadenza di tot anni a un bond con durata residua di 2 anni e altra cosa farlo con un bond a 30 anni. Sul fronte dei credit default swaps a 5 anni, si è passati dai 6.916 punti di inizio dicembre ai 4.394 attuali, implicando un rischio percepito dal mercato assai inferiore, pur comunque elevatissimo, date le probabilità attese di fallimento del 73,2% entro i prossimi 5 anni. D’altronde, le agenzie di rating parlano chiaro: “Caa2” per Moody’s, “CC” per S&P e Fitch.

Bond Argentina, quale ristrutturazione e perché le brevi scadenze fanno peggio

Ci troviamo dinnanzi a un’economia emergente fallita da diversi punti di vista. Il debito pubblico non è sostenibile, manca la crescita del pil, l’inflazione resta su livelli altissimi e i capitali esteri non entrano, né il nuovo governo punta ad attirarli con la sua politica economica isolazionista. Aggiungiamo le vicissitudini legali seguite al default del 2001, risoltesi solamente 15 anni più tardi e dopo un secondo default “tecnico” nel 2014, nonché le difficoltà operative nel procedere a una ristrutturazione che rispetti le differenti Clausole di Azione Collettiva allegate ai titoli emessi prima e dopo il 2016. Ne otteniamo un quadro alquanto fosco, altro che ottimismo!
 

ficodindia

Forumer storico
Il quasi default dell’Argentina non spaventa i mercati e i bond recuperano
Le obbligazioni argentine stanno recuperando da settimane, malgrado il dibattito in corso a Buenos Aires per ristrutturare il debito estero. Gli investitori sembrano avere un eccesso di fiducia sull'esito dell'operazione.
di Giuseppe Timpone , pubblicato il 08 Gennaio 2020 alle ore 15:02
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L’Argentina sta procedendo a una ennesima ristrutturazione del suo debito sovrano su titoli per circa 100 miliardi di dollari. Con l’arrivo alla presidenza di Alberto Fernandez, lo spettro di un terzo default dal 2001 si è materializzato, anche se il ministro dell’Economia, Martin Guzman, ha rassicurato che il governo non avrebbe intenzione di effettuare alcun “haircut”, optando per l’allungamento delle scadenze e l’eventuale taglio delle cedole, sostenendo che Buenos Aires abbia un problema di liquidità e non di sostenibilità del debito, sebbene la mancata soluzione dei problemi economici rischi di portare allo scenario peggiore.




Sta di fatto che dopo essere crollati fino a novembre/dicembre, le obbligazioni in dollari dell’Argentina stanno recuperando. Il bond con scadenza nel 2028 e cedola 5,875% (ISIN: US040114HQ69) è passato da 35 a poco meno di 44; il bond sink con scadenza nel 2033 e cedola 7,82% (ISIN: XS0205545840) ha esibito un rally anche più marcato, risollevandosi dai 45 centesimi a cui era sprofondato e arrivando ai 58 di queste ore. E lo step-up 2038 (ISIN: XS0501195993) prezza oggi 43,4, in recupero dai 37 centesimi minimi toccati. Infine, il bond secolare quota sopra 47, dai 37,5 di metà novembre.

I creditori dell’Argentina faranno i conti con quest’uomo, bond in ripresa

Il mercato starebbe scontando, quindi, l’ipotesi migliore, vale a dire un “roll-over” di circa un paio di anni e semmai la sospensione temporanea dei pagamenti per le cedole. Ma il rischio che gli investitori si stiano mostrando un po’ troppo ottimisti è forte. Oltre a ristrutturare i titoli in dollari ed euro collocati sui mercati internazionali, Buenos Aires dovrà rinegoziare anche i 57 miliardi di dollari di maxi-prestito varato nel 2018 dal Fondo Monetario Internazionale, di cui circa 44 miliardi già sborsati. E l’FMI avallerà la ristrutturazione dei suoi crediti, a patto che prima subiscano le perdite gli investitori privati.

Rischio di perdite più pesanti sui bond
Non solo. L’istituto di Washington difficilmente potrà accettare di vedersi rimborsato dopo anni e magari a tassi d’interesse più bassi per quello che il governo argentino considera essere un semplice problema di liquidità.


Dunque, se accetterà la rinegoziazione dei prestiti, lo farà solo se Buenos Aires imporrà una decisa tagliola ai creditori privati, che arriverebbe a tradursi nel temutissimo taglio del valore nominale dei bond. In alternativa, le scadenze verrebbero allungate di parecchi anni e nel frattempo le cedole anch’esse verrebbero o sospese del tutto o abbassate. A tale proposito, si vocifera di un roll-over di 10 anni.


A farne le spese sarebbero, in particolare, i titoli con durata più breve, perché è evidente che una cosa sarebbe allungare la scadenza di tot anni a un bond con durata residua di 2 anni e altra cosa farlo con un bond a 30 anni. Sul fronte dei credit default swaps a 5 anni, si è passati dai 6.916 punti di inizio dicembre ai 4.394 attuali, implicando un rischio percepito dal mercato assai inferiore, pur comunque elevatissimo, date le probabilità attese di fallimento del 73,2% entro i prossimi 5 anni. D’altronde, le agenzie di rating parlano chiaro: “Caa2” per Moody’s, “CC” per S&P e Fitch.

Bond Argentina, quale ristrutturazione e perché le brevi scadenze fanno peggio

Ci troviamo dinnanzi a un’economia emergente fallita da diversi punti di vista. Il debito pubblico non è sostenibile, manca la crescita del pil, l’inflazione resta su livelli altissimi e i capitali esteri non entrano, né il nuovo governo punta ad attirarli con la sua politica economica isolazionista. Aggiungiamo le vicissitudini legali seguite al default del 2001, risoltesi solamente 15 anni più tardi e dopo un secondo default “tecnico” nel 2014, nonché le difficoltà operative nel procedere a una ristrutturazione che rispetti le differenti Clausole di Azione Collettiva allegate ai titoli emessi prima e dopo il 2016. Ne otteniamo un quadro alquanto fosco, altro che ottimismo!
Il quasi default dell’Argentina non spaventa i mercati e i bond recuperano
Le obbligazioni argentine stanno recuperando da settimane, malgrado il dibattito in corso a Buenos Aires per ristrutturare il debito estero. Gli investitori sembrano avere un eccesso di fiducia sull'esito dell'operazione.
di Giuseppe Timpone , pubblicato il 08 Gennaio 2020 alle ore 15:02
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L’Argentina sta procedendo a una ennesima ristrutturazione del suo debito sovrano su titoli per circa 100 miliardi di dollari. Con l’arrivo alla presidenza di Alberto Fernandez, lo spettro di un terzo default dal 2001 si è materializzato, anche se il ministro dell’Economia, Martin Guzman, ha rassicurato che il governo non avrebbe intenzione di effettuare alcun “haircut”, optando per l’allungamento delle scadenze e l’eventuale taglio delle cedole, sostenendo che Buenos Aires abbia un problema di liquidità e non di sostenibilità del debito, sebbene la mancata soluzione dei problemi economici rischi di portare allo scenario peggiore.




Sta di fatto che dopo essere crollati fino a novembre/dicembre, le obbligazioni in dollari dell’Argentina stanno recuperando. Il bond con scadenza nel 2028 e cedola 5,875% (ISIN: US040114HQ69) è passato da 35 a poco meno di 44; il bond sink con scadenza nel 2033 e cedola 7,82% (ISIN: XS0205545840) ha esibito un rally anche più marcato, risollevandosi dai 45 centesimi a cui era sprofondato e arrivando ai 58 di queste ore. E lo step-up 2038 (ISIN: XS0501195993) prezza oggi 43,4, in recupero dai 37 centesimi minimi toccati. Infine, il bond secolare quota sopra 47, dai 37,5 di metà novembre.

I creditori dell’Argentina faranno i conti con quest’uomo, bond in ripresa

Il mercato starebbe scontando, quindi, l’ipotesi migliore, vale a dire un “roll-over” di circa un paio di anni e semmai la sospensione temporanea dei pagamenti per le cedole. Ma il rischio che gli investitori si stiano mostrando un po’ troppo ottimisti è forte. Oltre a ristrutturare i titoli in dollari ed euro collocati sui mercati internazionali, Buenos Aires dovrà rinegoziare anche i 57 miliardi di dollari di maxi-prestito varato nel 2018 dal Fondo Monetario Internazionale, di cui circa 44 miliardi già sborsati. E l’FMI avallerà la ristrutturazione dei suoi crediti, a patto che prima subiscano le perdite gli investitori privati.

Rischio di perdite più pesanti sui bond
Non solo. L’istituto di Washington difficilmente potrà accettare di vedersi rimborsato dopo anni e magari a tassi d’interesse più bassi per quello che il governo argentino considera essere un semplice problema di liquidità.


Dunque, se accetterà la rinegoziazione dei prestiti, lo farà solo se Buenos Aires imporrà una decisa tagliola ai creditori privati, che arriverebbe a tradursi nel temutissimo taglio del valore nominale dei bond. In alternativa, le scadenze verrebbero allungate di parecchi anni e nel frattempo le cedole anch’esse verrebbero o sospese del tutto o abbassate. A tale proposito, si vocifera di un roll-over di 10 anni.


A farne le spese sarebbero, in particolare, i titoli con durata più breve, perché è evidente che una cosa sarebbe allungare la scadenza di tot anni a un bond con durata residua di 2 anni e altra cosa farlo con un bond a 30 anni. Sul fronte dei credit default swaps a 5 anni, si è passati dai 6.916 punti di inizio dicembre ai 4.394 attuali, implicando un rischio percepito dal mercato assai inferiore, pur comunque elevatissimo, date le probabilità attese di fallimento del 73,2% entro i prossimi 5 anni. D’altronde, le agenzie di rating parlano chiaro: “Caa2” per Moody’s, “CC” per S&P e Fitch.

Bond Argentina, quale ristrutturazione e perché le brevi scadenze fanno peggio

Ci troviamo dinnanzi a un’economia emergente fallita da diversi punti di vista. Il debito pubblico non è sostenibile, manca la crescita del pil, l’inflazione resta su livelli altissimi e i capitali esteri non entrano, né il nuovo governo punta ad attirarli con la sua politica economica isolazionista. Aggiungiamo le vicissitudini legali seguite al default del 2001, risoltesi solamente 15 anni più tardi e dopo un secondo default “tecnico” nel 2014, nonché le difficoltà operative nel procedere a una ristrutturazione che rispetti le differenti Clausole di Azione Collettiva allegate ai titoli emessi prima e dopo il 2016. Ne otteniamo un quadro alquanto fosco, altro che ottimismo!
Il FMI deve considerare le conseguenze di un default o di una ristrutturazione ostile implicando il precipitare dell’Argentina nell’ abisso. Di ciò credo siano in una certa misura consapevoli anche i ladrones mossi dal consueto vezzo del default ma anche dalla conseguente catastrofe ed assoggettamento al FMI.
 

m.m.f

Forumer storico
Il FMI deve considerare le conseguenze di un default o di una ristrutturazione ostile implicando il precipitare dell’Argentina nell’ abisso. Di ciò credo siano in una certa misura consapevoli anche i ladrones mossi dal consueto vezzo del default ma anche dalla conseguente catastrofe ed assoggettamento al FMI.

...purtroppo il disastro è stato nuovamente ripetuto.L'unica certezza che abbiamo , che l'FMI rientrerà di tutto capitale e interessi.:D
 

tommy271

Forumer storico
Infobae: Alberto Fernández rechazó a Stella Lugo como embajadora

El canciller Felipe Solá exigió a la ex ministra que regrese a Caracas. Mientras tanto el gobernante venezolano, que no ha hecho público el nombramiento, insiste en la solicitud diplomática
---------
Bene, non vogliono problemi con gli Stati Uniti , almeno fino a quando non trovano una soluzione con la deuda FMI.

Come più volte sottolineato, Fernandez è un pragmatico ... non un classico peronista.
Tra i suoi maestri c'è Alfonsin.

In politica estera cercherà di tenere una posizione come quella AMLO.
Mi auguro riesca a tenere unita la sua coalizione.
 

tommy271

Forumer storico
Mal arranque de semana para bonos argentinos: se hundieron hasta casi 8%

FINANZAS 13 Enero 2020

Los títulos soberanos cerraron con bajas generalizadas, ante los temores de los inversores luego de que el ministro de Economía dijera que la Nación no contempla hacer un salvataje financiero la Provincia de Buenos Aires, que deberá afrontar en enero importantes vencimientos de deuda.

Juan Pablo Marino[email protected]








Tras el rally alcista de las últimas semanas, los bonos soberanos argentinos cayeron con fuerza este lunes, con bajas de hasta casi 8%, afectados por el temor de los inversores de que Provincia de Buenos Aires no pueda afrontar sus obligaciones de pago de la deuda durante el primer mes del año.

En ese sentido, los títulos de la provincia de Buenos Aires sufrieron quebrantos de hasta el 6,8% (el BPLDD 2035 lideró las bajas), luego de que el ministro de Economía, Martín Guzmán, dijera el fin de semana en una entrevista a un matutino que la Nación no contempla hacer un salvataje financiero por u$s250 millones (más intereses) a la Provincia el 26 de enero.

Tras las advertencias del gobernador bonaerense, Axel Kicillof, y el llamado a una renegociación, en el mercado esperaban un auxilio de la Nación para pagar los próximos vencimientos y así evitar un default de corto plazo.

Sin embargo, "las declaraciones de Guzmán el fin de semana pusieron un manto de fuertes dudas a este ´acuerdo´ del que se hablaba. El distrito bonaerense tiene vencimientos de deuda por u$s571 millones entre el 19 y el 26 de enero", afirmó Sabrina Corujo, Directora de Portfolio Personal Inversores.

Por su parte, Nery Persichini, jefe de Estrategia de GMA Inversiones advirtió a Ámbito que "un default de la provincia más importante daría una señal negativa no solo en el espectro provincial sino en la curva soberana justo en la antesala de un proceso de renegociación".

De igual forma, según supo este medio, funcionarios del Gobierno provincial están negociando contra reloj con acreedores de la deuda para evitar que la Provincia caiga en default, algo que desde el entorno de Kicillof se descarta de plano. El objetivo sería reperfilar el vencimiento de capital del día 26 de enero, para así "poder conducir las gestiones integrales de forma ordenada, con más tiempo".

"Creemos que la decisión del pago de vencimiento del Buenos Aires 2021 (10,875%) en enero es una decisión compartida con el soberano, y consideramos que un default en PBA llevaría a dificultar las negociaciones de Nación con sus acreedores, por lo cual vemos como poco probable que el Gobierno no considere asistir a la provincia en caso de ser necesario", sostuvieron desde Balanz Capital.

Para Diego Martínez Burzaco, economista de Inversor Global, "finalmente vamos a tener un rescate, porque no van a dejar a caer en default a la provincia Buenos Aires cuando están reduciendo la deuda".

En ese sentido, el mercado sigue aguardando señales sobre la reestructuración de la deuda soberana luego de que el presidente Alberto Fernández dijera que el 31 de marzo es la fecha límite para renegociar los pasivos.

De igual forma, las declaraciones de Guzmán condicionaron a los bonos nominados en dólares soberanos, que perdieron hasta más de 4%. El Bonar 2024 encabezó las pérdidas, con un -4,3%. Además, el Par con legislación argentina bajó un 2,5%; y el Bonar 2020, un 2,3%.

Tal como publicó Ámbito este lunes, el Gobierno nacional iniciará formalmente esta semana en Washington una negociación con el Fondo Monetario Internacional (FMI) para estirar el plazo de repago de la deuda de 44.000 millones de dólares que contrajo la gestión de Maurico Macri en un año.

Está previsto que el director Ejecutivo del Cono Sur ante el FMI, Sergio Chodos, se reúna entre miércoles y jueves en la capital estadounidense con la directora gerente Kristalina Georgieva primero y el venezolano Luis Cubeddu después.

"Entendemos que es clave comenzar acelerar las negociaciones por la deuda, por fuera ya de 'buenas intenciones'. No esperamos una propuesta de muy corto plazo, pero si una posición más oficial y concreta sobre el tema", dijo Corujo.

En lo que respecta al segmento de pesos, se observó una fuerte toma de ganancias más importante, luego de que acumularan alzas de hasta 145% en los primeros 30 días de Alberto Fernández al frente de la Presidencia. El bono que ajusta por la tasa de política monetaria (TJ20) se hundió 7,9%; el TC20 y el TC23 (ajustan por CER) cayeron un 7,3%, y un 6,9%, respectivamente; y el A2M2 (ajustable por CER) cedió un 5,7%.

"El Gobierno tomó por el camino más difícil en materia de manejo de la deuda doméstica denominada en moneda local. La gestión de Fernández decidió buscar la normalización de la curva en pesos 'apostando' a un rollover (prórroga) genuino del mercado basado en la restauración de la confianza", dijo la consultora Delphos Investment.

En ese contexto, el riesgo país de Argentina, medido por el banco JP.Morgan, bajó dos unidades a 1.819 puntos básicos.

"Recomendamos cerrar la mayoría de las posiciones de bonos en dólares luego del excelente desempeño de los últimos meses. A su vez, la evolución de las condiciones monetarias amerita reducir la exposición a moneda local", resaltaron desde el Grupo SBS en un informe.


S&P Merval, presionado por bancos


La semana comenzó con los mercados internacionales mucho más calmos y operando en terreno positivo a raíz de la disminución de las tensiones geopolíticas y de los nuevos avances en la relación entre China y EEUU.

Sin embargo, el índice líder S&P Merval de Bolsas y Mercados Argentinos (BYMA) perdió un 1,7%, a 42.018 unidades, encabezado por la baja registrada en papeles del segmento financiero, tras acumular una mejora del 5,5% durante la semana pasada.

Así, los principales retrocesos fueron liderados por las acciones del Grupo Financiero Galicia (-5%); de Ternium (-3,9%); y del Grupo Supervielle (-3,9%). En contrapartida, lo mejor del día fue para Cablevisión (+5,9%); Comercial del Plata (+5,1%); y Cresud (+3%).

El balance general de empresas arrojó 109 alzas y 30 bajas, en tanto que nueve papeles cerraron sin cambios.

En el panel general, se observaron algunas subas exponenciales de dos dígitos: las acciones de Importadora y Exportadora de la Patagonia (Supermercados La Anónima) se dispararon 26,5%; las de Carboclor, un 14,6%; las de Morixe, un 11,7% (su balance fue bien interpretado por el mercado); y las de Agrometal (+11,2%).

El volumen total negociado en renta variable fue de $1.285 millones, repartido entre $790 millones en acciones y $495 millones en Cedears (su participación ya alcanzó el 38% del total).


Acciones argentinas en Wall Street


En Wall Street, mientras tanto, las acciones argentinas culminaron con mayoría de bajas. Las más importantes fueron registradas por los papeles del Grupo Supervielle (-4,8%); Banco Macro (-4,6%); y Pampa Energía (-4,5%).

Por el contrario, entre los activos con mayores subas aparecieron Ternium (+3,3%); Mercado Libre (+3,2%); y Cresud (+1,6%).


Mercado neoyorquino, con nuevos récords


Wall Street subió este lunes con el Nasdaq y el S&P500 con nuevos récords, en un mercado esperanzado en el acuerdo comercial que Estados unidos y China firmarán este miércoles.

El Nasdaq, de valores tecnológicos, ganó 1% a inéditos 9.273,93 puntos mientras que el S&P500 subió 0,7% hasta 3.288,13; una cifra también histórica. El índice industrial Dow Jones se apreció 0,3% y quedó en 28.907,05 puntos.

Las acciones estuvieron siempre en alza debido al entusiasmo que genera la formalización del primer acuerdo entre China y Estados Unidos para reducir su guerra comercial.

Empero el mercado tomó más impulso luego de informarse que Estados Unidos se encamina a anunciar este mismo lunes que retirará a China de la lista de países que manipulan su moneda para mejorar su competitividad exportadora.

En el mercado de deuda, los bonos del Tesoro a 10 años subían a 1,841% desde 1,820% del viernes.

Mal arranque de semana para bonos argentinos: se hundieron hasta casi 8%

***
Con le dichiarazioni di domenica, Guzman vuole cercare di separare i destini dei debiti provinciali da quelli nazionali.
Difficilmente le sue esternazioni sono avvenute senza il consenso di Fernandez ed il via libera del FMI.
 

tommy271

Forumer storico
El dólar blue siguió congelado, mientras el CCL rozó los $81, y el MEP se acercó a $80

FINANZAS 13 Enero 2020

El informal se mantuvo a $76,50 en cuevas de la city porteña, de acuerdo al relevamiento de Ámbito. En el mercado bursátil, en tanto, el Contado Con Liquidación ascendió $1,29 hasta los $80,90, y el MEP saltó $2,25 a $79,90







Manteniendo la tónica de los últimos días, el blue volvió a cerrar estable este lunes a $76,50, según el relevamiento de Ámbito en cuevas de la city porteña, con lo que la brecha con el dólar "turista" se ubica en un 6,5% por debajo.

En tanto, el Contado con Liquidación (CCL) subió $1,29 (+1,6%) a $81,90, por lo que el spread con el dólar mayorista se ubicó en el 34,9%.

Mientras, el dólar MEP ascendió $2,25 (+2,9%) a $79,90, lo que dejó una brecha del 33,3% respecto a la divisa que opera en el MULC.

"Los tipos de cambio operados por la bolsa subieron en lo que va del mes alrededor de 8,5%, en consonancia con la devaluación encubierta que se realizó luego de la puesta en práctica del impuesto del 30% a la compra de moneda extranjera", comentó Ariel Guzmán, analista de Rava.


Mercado oficial


El dólar solidario -que lleva el recargo del 30% por compra de divisas para atesoramiento o turismo- se mantuvo estable a $81,85, dado que el oficial minorista cerró sin cambios a $62,96, en agencias y bancos de la city porteña, de acuerdo al promedio de Ámbito.

A su vez, el billete en el Banco Nación se mantuvo a $63 (en su canal electrónico de la entidad se ubicó en $62,95).

Por su parte, la divisa mayorista -que opera en el Mercado Único y Libre de Cambios (MULC)- trepó 13 centavos a $59,95, tras haberse mantenido a $59,82 en las últimas seis ruedas.

Los mínimos se anotaron en los $ 59,835 con la primera operación pactada, un centavo noventa arriba del cierre previo. La demanda autorizada fue prevaleciendo en el desarrollo de las operaciones, impulsando subas delos precios que rápidamente se acomodaron por encima de los $ 59,90.

La solidez de la demanda y una ligera disminución de la oferta genuina derivaron en un ajuste importante de la cotización que tocó máximos en $ 59,99, cuando el Banco Central efectuó sus primeras ventas en el mercado.

La presencia oficial abasteció la demanda en forma sostenida hasta que casi sobre el cierre de las operaciones, puntuales ingresos recortaron parte de la suba y acomodaron los valores en los niveles vistos en el final de la sesión.

En este contexto, el volumen total operado subió un 17% a u$s343 millones.


Tasas


El Banco Central de la República Argentina (BCRA) dejó sin cambios, en 52%, la tasa de política monetaria en una única licitación.

El total adjudicado fue de $177.388 millones sobre vencimientos por $175.654 millones y a partir de esta operatoria se generó una contracción de liquidez de $1.733 millones.

En la primera licitación del día, el BCRA convalidó Letras de Liquidez a siete días de plazo a una tasa promedio de corte que se ubicó en 52%, con un monto adjudicado de $177.388 millones.

En la segunda subasta, en la que el BCRA ofreció Leliq a siete días de plazo, la licitación fue declarada desierta.


Futuros y reservas


En el mercado de futuros ROFEX el valor de enero subió un 0,45% ($61,20), febrero un 1,70% ($63,70) y mayo un 3,15% ($70,50) acompañando la suba del spot, con cierta cautela.

El call operó 44,5%, bajando más de 2 puntos respecto al viernes. En swaps cambiarios se pactaron u$s60 millones para tomar y/o colocar fondos en pesos, mediante el uso de compra-venta de dólares para el próximo mañana y el miércoles.

Por último, las reservas internacionales del Banco Central cayeron este lunes u$s59 millones hasta los u$s45.315 millones.

El dólar blue siguió congelado, mientras el CCL rozó los $81, y el MEP se acercó a $80
 

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